lunedì, aprile 29, 2024

SCOPRIAMO IL “BIOHACKING”, LA NUOVA FRONTIERA DEL BENESSERE. UN MODO NUOVO PER AUMENTARE LE NOSTRE CAPACITÀ COGNITIVE E FISICHE.


Oristano 29 aprile 2024

Cari amici,

Sono ancora molti a domandarsi  che cos'è il BIOHACKING di cui tanto si parla! Con questo termine, che significa letteralmente "hackerare la nostra biologia", vengono identificate tutte quelle pratiche, scientifiche e tecniche di nuova  generazione, basate sullo studio e la comprensione dei fenomeni e del funzionamento degli organismi viventi, con lo scopo di ottimizzarli. Il biohacking, in poche parole, consiste nell’utilizzo di quelle pratiche capaci di modificare la nostra chimica e la nostra fisiologia attraverso la scienza, l'auto-sperimentazione e l'apprendimento, col risultato di aumentare le nostre capacità cognitive e fisiche.

Con quale risultato, dunque? Con lo scopo di aumentare il nostro livello di energia. che, di conseguenza, apporta dei benefici e un miglior rafforzamento del nostro corpo. Negli ultimi tempi si sente sempre più spesso parlare di biohacking. Il movimento del biohacking nasce originariamente in America, nella Silicon Valley, e al suo interno annovera diverse correnti di pensiero, alcune delle quali anche estreme, cosa quest’ultima che ha fatto sì che il biohacking  sia da alcuni visto con un certo scetticismo. Eppure in tanti hanno scoperto la sua efficacia, perché attraverso il biohacking si riesce ad ottenere una sorta di autocontrollo e una maggiore capacità di apprendimento, tale da stimolare le capacità cognitive e fisiche.

Amici, questa tecnica è oggi considerata una pratica che aiuta la persona a godere di uno stato di benessere che potenzia le proprie energie vitali e fisiologiche. Chi ha praticato il biohacking sostiene di aver raggiunto uno stato di benessere inedito, legato all’aumento delle potenzialità del proprio organismo. Queste sperimentazioni positive hanno convinto sempre più persone ad avvicinarsi a questa pratica, nella speranza di aumentare non solo il proprio benessere ma anche le proprie aspettative di vita. Tra i benefici del biohacking, infatti, vi è anche quello della longevità.

Certo, l’idea di poter vivere più a lungo, conducendo una vita sana caratterizzata dal pieno equilibrio tra corpo e mente, è il sogno di tutti, ma proviamo a vedere insieme come arrivare a praticare queste tecniche, capaci di dare uno spirito nuovo alla nostra vita. Per iniziare a praticare il biohacking bisogna mettere in atto diverse tecniche. Alcune di esse sono alla portata di tutti e devono essere attuate in maniera graduale. Tra queste vi è la pratica del digiuno intermittente, che fa riferimento ad un regime alimentare che prevede fasi di digiuno ad intervalli controllati.

Un’altra pratica alquanto importante è quella di mantenere una corretta igiene del sonno, ossia utilizzare per bene il rispetto del ritmo circadiano regolare. Il suggerimento più importante è quello di andare a dormire sempre allo stesso orario, praticare una sessione di meditazione prima di andare a dormire, consumare una cena leggera al massimo quattro ore prima di coricarsi ed evitare l’esposizione alla luce blu dei dispositivi elettronici almeno un’ora prima di andare a letto.

Oltre alla “Meditazione”, il biohacking suggerisce di utilizzare la pratica della respirazione profonda, che risulta essenziale per affrontare la vita con una marcia in più. Ogni mattina appena svegli sarebbe opportuno, dopo aver bevuto un paio di bicchieri di acqua, limone e sale, eseguire tre serie da trenta respiri profondi per un totale di 15 minuti, meglio se seduti o sdraiati con le cuffie nelle orecchie. Aiuta a rilassarsi e a ricaricare le energie vitali, in vista della giornata che si va ad affrontare.

Amici, i biohacker consigliano, inoltre, circa trenta secondi di doccia fredda dopo la regolare doccia mattutina: gli shock termici aiutano ad allenare la resilienza e la concentrazione. La sedentarietà è bandita dal biohacking, che sostiene l’esercizio fisico costante, come il raggiungimento di 10.000 passi al giorno all’aria aperta ben riparati dal freddo (ma non troppo perché quest’ultimo può rivelarsi un ottimo alleato per l’organismo).

Cari amici, uno dei principali vantaggi del biohacking è la capacità di personalizzare le tecniche, adattandole alla persona, quindi in grado di soddisfare le sue esigenze individuali. A Roma il 23 dello scorso mese di marzo, organizzato dal biohacker Stefano Santori, si è svolto il “Biohacking Forum 2024”, un evento dedicato al benessere e all'innovazione tecnologica, che ha portato a Roma alcuni dei più noti biohacker internazionali. Tra conferenze, workshop innovativi e presentazione di device di ultima generazione, l'evento ha evidenziato le più recenti scoperte nell'ambito del biohacking. Credo che questa tecnica si diffonderà sempre di più!

A domani.

Mario 

domenica, aprile 28, 2024

LA FORZA E IL VALORE DEL SILENZIO: QUEL MESSAGGIO CHE NON FA RUMORE MA CHE SPESSO VALE PIÙ DI MILLE PAROLE.


Oristano 28 aprile 2024

Cari amici,

Definire il “SILENZIO” non è impresa facile! A sfogliare il vocabolario troviamo: “Assenza di rumori, di suoni, voci e simili, come condizione che si verifica in un ambiente o caratterizza una determinata situazione”. Certo, poiché l’uomo è un animale sociale,  la definizione è senz’altro pertinente, anche se, in realtà, il silenzio è molto di più, in quanto nasconde dietro le quinte molto altro. Partendo dal fatto che viviamo in società, dove gli scambi avvengono principalmente col dialogo, una persona che adotta il silenzio è considerata – a torto, non certo a ragione – praticamente incapace di dialogare, nel senso che non vuole o non ha la competenza per farlo.

Eppure il silenzio, seppure non usi le parole, è capace di esprimere tutta una serie di messaggi, sia in positivo che in negativo. Esso è capace di esprime emozioni anche forti, tanto è vero che un antico proverbio recita che “A volte il silenzio fa più rumore di mille parole”. Può significare, infatti, accettazione o negazione, indifferenza o gioia e dolore. Più spesso il silenzio è espresso in forma negativa, e in questo caso equivale a una sorta di rifiuto, che influisce negativamente sull’autostima di chi la subisce.

Amici, il silenzio è anche l’arma di chi non si sente capito, ed è per questo che trova inutile parlare a chi non lo sa ascoltare, oppure non lo vuole sentire. In realtà il silenzio è spesso utilizzato come una vera “arma” per portare l’altro a tornare sui suoi passi, se vuole farlo. Amici, il silenzio, nella relazione umana, è sempre un forte messaggio, anche se, caso per caso, è sempre da interpretare.

Parlando della vita di relazione, della “vita sociale”, quella che noi tutti oggi viviamo e che è costantemente immersa nel caotico e rumoroso mondo globalizzato; godere di "spicchi di silenzio" è senza dubbio una necessità che dovrebbe riguardare un po’ tutti noi, in quanto questi momenti silenziosi diventano portatori di pace e serenità, tanto da essere considerati una vera e propria medicina. A chi non capita, per esempio, in questo periodo primaverile, di avere voglia di allontanarsi dalla città per andare a fare due passi in campagna, magari con la scusa di andare alla ricerca di asparagi o erbe selvatiche?

Ed ecco, amici, non appena lasciata l’auto, incamminandoci nei sentieri di campagna, sentire la differenza: una sensazione di pace, mentre il silenzio prende il posto del rumore in cui di norma siamo immersi: fastidioso, assordante e alienante. È proprio l’assenza di rumore a farci scoprire e riconoscere la bontà e la bellezza del silenzio, che dona pace e serenità, allentando anche quello stress che la vita di città ogni giorno ci propina. Il silenzio, oltre che rilassarci, ci consente anche di pensare senza distrazioni, di concentrarci.

Purtroppo, amici, la cruda realtà è che siamo talmente abituati ai rumori che la gran parte di noi non ama il silenzio; sembra quasi che il silenzio ci faccia paura, alla stessa stregua della paura del buio. Si, il silenzio ci mette a disagio: un disagio profondo, con la paura di stare da soli con noi stessi e con i nostri pensieri e le debolezze da affrontare. Insomma, stare in silenzio fa paura, nel senso che senza parlare diventiamo insignificanti, non considerati, non visti, non percepiti. Viviamo, purtroppo nell’epoca in cui se non gridiamo, se non ci mostriamo, “non esistiamo”, e il silenzio è considerato la negazione di questa nostra epoca!

Si, amici, il silenzio non ha patria in un mondo, quello che viviamo, in cui per apparire devi fare rumore: per strada, in ufficio, in casa, nei social e in tutti gli altri marchingegni tecnologici che ci avviluppano. Il  silenzio, però, non si è estinto: seppure accantonato, messo all'angolo, è vivo e vegeto! Si è solo, eclissato, si è nascosto nei “Monasteri”, in particolare quelli di clausura, dove frati e monache, da secoli, hanno adottato il silenzio come norma di vita, tanto che trascorrono i 40 giorni della Quaresima in assoluto silenzio. Religioni come il Cristianesimo, l'Ebraismo, l'Islamismo, e l'Induismo, hanno sempre sostenuto la pratica del silenzio, considerato un potente strumento di meditazione e di avvicinamento spirituale alla Divinità.

Cari amici, a mio avviso, un po’ tutti dovremmo riscoprire il valore del silenzio, seppure nella vita odierna non sia una cosa facile; il silenzio ci costringe a riflettere, a guardarci dentro, a fare i conti con i nostri pensieri, con le nostre paure, con i nostri difetti. Per noi, prigionieri della rumorosa vita urbana, però, il silenzio diventa sempre più necessario, consumati come siamo dallo stress e dall’ansia! Ecco perché dovremmo fare di tutto per ritagliarci, nella nostra caotica giornata, almeno dei momenti di silenzio, intorno a noi e dentro di noi; in questo modo riscopriremo il piacere della meditazione silenziosa, che - se vogliamo - ci può riportare verso quella libertà perduta!

A domani.

Mario

sabato, aprile 27, 2024

CON L'AVVENTO DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE LA SETTIMANA LAVORATIVA POTREBBE ESSERE RIDOTTA A 3/4 GIORNI. LO SOSTENGONO 2 DEI PERSONAGGI CHIAVE: BILL GATES, FONDATORE DI MICROSOFT E JAMIE DIMON, AMMINISTRATORE DELEGATO DI JP MORGAN.


Oristano 27 aprile 2024

Cari amici,

Non è certo un segreto che gli strumenti sempre più avanzati creati dall’Intelligenza Artificiale, trasformeranno profondamente la vita economica delle nazioni, in particolare il mondo del lavoro, anche in tempi alquanto brevi. Le ultime scoperte, come ChatGPT, sviluppata da Open AI, hanno dimostrato che i Robot concepiti dall’A.I. sono in grado di svolgere non solo mansioni semplici, come quelle svolte nelle fabbriche robotizzate, ma addirittura funzioni complesse, quelle fino ad ora svolte esclusivamente delle menti umane di alta cultura.

Si, le più recenti applicazioni di intelligenza artificiale sono in grado di svolgere compiti tradizionalmente affidati ai preposti agli alti livelli di comando. Questo avanzare travolgente dell’Intelligenza Artificiale, fa presupporre cambiamenti epocali nel mondo del lavoro, come del resto affermano due (2) delle persone oggi più potenti al mondo in campo informatico: Bill Gates, Fondatore di Microsoft, e Jamie Dimon, Amministratore delegato di JP Morgan.

Entrambi questi plenipotenziari dell’Intelligenza Artificiale, figure di primissimo piano nel suo futuro sviluppo, sono arrivati alla stessa conclusione: l’intelligenza artificiale sta aprendo la strada ad una massiccia operazione di “sostituzione” dell’uomo anche nei campi più delicati e di responsabilità, tanto che una delle previsioni è che la forza umana lavorerà sempre di meno, e quindi, anche in tempi brevi, l’impiego dei lavoratori potrà limitarsi a soli 4 o addirittura  a 3 giorni la settimana.

Il problema, non è di poco conto, in quanto si presta a diverse variabili, sia positive che negative. Se da un lato appare positivo l’utilizzo dell’A.I., in quanto capace di aumentare la produttività aziendale, liberando le persone dai compiti noiosi e ripetitivi (riuscendo in questo modo a ridurre l’impegno lavorativo da 5 a 3/4 giorni la settimana), dall’altro l’accorciamento della settimana lavorativa, dovuto all’utilizzo massiccio dell’Intelligenza Artificiale in sostituzione del lavoro svolto prima dall’uomo, questo, tradotto in termini economici aziendali, significa creare un massiccio aumento della disoccupazione.

Amici, il futuro del lavoro, con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, sta diventando un’incognita mica di poco conto! Circa l’ipotesi “cosa potrà succedere”, gli sbocchi possibili sono  due. A: Positivo, nel caso l’economia regga e i lavoratori possono mantenere lo stesso trattamento economico lavorando la metà del tempo, questo sarà felicemente utilizzato dedicandosi alla famiglia ed agli hobby; B: Negativo, nel caso la riduzione della settimana lavorativa a tre/quattro giorni comporti una drastica riduzione degli stipendi e quindi del tenore di vita di tanti lavoratori, specialmente quelli operanti nei settori meno automatizzabili, vivremo un pauroso aumento della povertà.

Il futuro del lavoro, con il costante avanzare dell’A.I., resta purtroppo alquanto fumoso, aperto a possibili vantaggi, ma anche a pericolosi svantaggi, seri e problematici, che vanno affrontati prima dello scoppio delle problematiche, in quanto capaci di vanificare i possibili vantaggi. Will Stronge, direttore della ricerca di Autonomy, ha dichiarato: "In genere gli studi sull'A.I., sui grandi modelli linguistici e così via, si concentrano esclusivamente sulla redditività o sull'apocalisse occupazionale; questa analisi cerca di dimostrare che quando la tecnologia viene impiegata al massimo delle sue potenzialità e rivolta ad uno scopo preciso, può non solo migliorare le pratiche lavorative, ma anche l'equilibrio tra lavoro e vita privata".

Se Will Stronge vede positivo, non vuol dire che i problemi non ci siano. Che l’Intelligenza Artificiale sia già in grado di apportare grandi benefici nel lavoro è indubbio, ma il problema reale è un altro: Il mondo occidentale vive all’interno di una “Società altamente capitalistica”, dove continuano a confrontarsi – in campi avversi - il capitale e il lavoro. Chi oggi è disposto a pensare che i padroni del capitale siano disposti a sacrificare il maggior guadagno fornito dall’Intelligenza Artificiale, in favore dei lavoratori, che vedrebbero aumentare il loro tempo libero  lavorando praticamente la metà del tempo dedicato oggi al lavoro? Io credo nessuno, per cui potremmo vivere giorni drammatici.

La nostra, purtroppo, non è una società dell’uguaglianza, ma quella della costante lotta tra il Capitale forte e i lavoratori deboli. Io credo che la gran parte delle aziende continuerebbe a fare la parte del leone, caricandosi il minor numero di lavoratori, utilizzando al massimo le macchine; in questo modo terrebbe per se tutto il guadagno e manderebbe a casa milioni di lavoratori. Ci vorrebbe una terza forza per bilanciare tutto questo: uno Stato forte, capace di contrastare quel "capitalismo di rapina" oggi imperante, difendendo la parte da sempre debole: i lavoratori. Ma siamo sicuri che ci sarà questo antidoto? Io ne dubito!

Cari amici, l’Intelligenza Artificiale è la grande incognita che aleggia sul futuro delle nuove generazioni, un avvenire che diventa sempre più problematico; la storia, però, ci insegna che tutto può succedere! A rileggere le pagine del passato, che per motivi simili ha scatenato straordinarie rivolte di popolo, credo che in presenza di una forte disoccupazione, si scatenerebbe il finimondo, travolgendo padroni e macchine! L’A.I. - opportunamente regolamentata - deve essere messa al servizio dell’umanità, non dei pochi padroni del mondo!

A domani.

Mario

 

venerdì, aprile 26, 2024

CELEBRATA IL 23 APRILE LA GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO. CHI LEGGE VIAGGIA NEL TEMPO, E VIVE PIÙ VITE, CHI NON LEGGE NE VIVE UNA SOLA!


Oristano 26 aprile 2024

Cari amici,

Il grande Umberto Eco, filosofo, scrittore e accanito bibliofilo, convinto sostenitore che i libri aiutano la conoscenza, ebbe occasione di scrivere: “Chi non legge, a settanta anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’Infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Credo ci sia poco da discutere, perché quella affermata dal filosofo è una verità sacrosanta.

I libri in realtà sono degli straordinari, veri “biglietti di viaggio”, che ci consentono di conoscere il mondo, sia quello presente che quello passato, di incontrare gente di ogni parte del pianeta, con i loro usi, costumi, tradizioni e modi di vivere. Leggendo una storia, un romanzo, entriamo in un altro mondo, viviamo con gli altri, apprendiamo, ci informiamo. Conosciamo! I libri, in tutte le loro forme, ci permettono di imparare e di tenerci informati; ci intrattengono e ci aiutano a capire il mondo, offrendoci una finestra sul creato.

Per tutte queste ragioni, per invitare alla lettura, è nata nel 1996 la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore, che si celebra ogni anno il 23 di aprile. Questa giornata, nota anche come Giornata del libro e delle rose, è stata istituita dall’Unesco per promuovere la lettura, per mostrare il potere e la bellezza dei libri, la conoscenza dei loro autori e la protezione della proprietà intellettuale attraverso il copyright. Leggere un libro, amici, è da tempo considerata un vero e proprio toccasana per la mente e per l’anima.

Leggere un libro ci dà la possibilità di apprendere praticamente tutto ciò che avviene nel mondo: quello di oggi e quello del passato; è un modo eccellente per conoscere, condividere ciò che, forse, mai avremmo potuto conoscere! Il libro, quindi diventa un “luogo d'incontro condiviso” che ci fa conoscere il presente ed il passato. Il libro, poi, è fonte di sensazioni, stati d’animo ed emozioni, che aprono la nostra mente ed il nostro cuore.  Basti pensare che dal 1961 il libro è diventato anche un eccellente “strumento di terapia” (cura definita dalla Webster International “Biblioterapia”)! Si, amici, ci sono letture che sono state scelte per essere utilizzate come strumenti terapeutici, in medicina e in psichiatria.

Il libro, quindi, non è solo fonte di conoscenza, cari amici lettori, ma anche un prezioso mezzo terapico  per curare la depressione, l’isolamento sociale, l’ansia e lo stress. Insomma, il libro come valido strumento che aiuta chi lo legge a lenire le proprie sofferenze interiori. Un “libro- medicina”, insomma, fonte anche di nuove idee e di stimoli creativi che ci consentono di migliorarci e di evolverci. Ma vediamo ora insieme, i maggiori benefici che possiamo ricavare dalla lettura dei libri. Ecco i più importanti.

1*STIMOLA LA MENTE. Leggere mantiene il cervello sempre attivo e impegnato, stimolando i neuroni con la giusta ginnastica mentale, utile a tenere viva e giovane la nostra mente. 2*RIDUCE LO STRESS. La vita lavorativa è fonte di stress, e leggere un libro è fonte di relax: ci porta in un’altra dimensione che ci fa dimenticare i problemi quotidiani. È come vivere, con la nostra mente, in un altro mondo. 3*MIGLIORA LE NOSTRE CONOSCENZE. Un libro aggiunge conoscenza al nostro bagaglio culturale, quindi alquanto utile per affrontare le sfide che, giorno dopo giorno, la vita ci pone davanti.

4*AUMENTA NOTEVOLMENTE IL NOSTRO VOCABOLARIO. Leggere ci pone davanti a tante parole nuove, che contribuiscono ad arricchire il nostro vocabolario. Ciò migliora il nostro modo di esprimerci, sia nel mondo del lavoro che nella vita sociale, dandoci più capacità e sicurezza. 5*MIGLIORA LA NOSTRA MEMORIA. La lettura delle storie presenti nel libro, fatte di personaggi carichi di pregi e difetti, protagonisti di una trama spesso avvincente, contribuisce ad aumentare il nostro bagaglio di conoscenza e di sapere, aumentando quindi il nostro patrimonio globale.

6*MIGLIORA LE ABILITÀ DI SCRITTURA. Leggere è davvero formativo, e una delle conseguenze è che migliora le nostre capacità di scrittura. La maggiore conoscenza del vocabolario aiuta ad esprimersi con una maggiore proprietà di linguaggio, sia nel lavoro che nelle altre attività. 7*PROVOCA TRANQUILLITÀ E SERENITÀ. Nei nostri momenti liberi, sedersi nell’angolo a noi preferito a leggere un libro, ci crea il giusto rilassamento, dandoci quella pace interiore, quella tranquillità e serenità che ci toglie l’ansia e il nervosismo.

Cari amici, leggere è davvero una grande medicina per la nostra mente, una medicina che in tanti dovremmo riscoprire, perché la vita moderna, imperniata sulla tecnologia, ci ha allontanato dalla lettura. Il grande scrittore Marcel Proust, quanto all’importanza della lettura, la definì in questo modo: “La lettura ci insegna ad accrescere il valore della vita, valore che non abbiamo saputo apprezzare e della cui grandezza solo grazie al libro ci rendiamo conto.”

A domani.

Mario

 

giovedì, aprile 25, 2024

UN MALE ALQUANTO DIFFUSO, LA “TRIPOFOBIA”, OVVERO LA PAURA DEI BUCHI, CHE OSSESSIONA MOLTE PERSONE.


Oristano 25 aprile 2024

Cari amici,

La vita dell’uomo, come possiamo constatare, è da sempre preda di tanti mali: malattie, paure, fobie (spesso irrazionali), che rendono difficile il suo percorso terreno, condizionandolo non poco. Oggi voglio parlare con Voi di una angosciosa paura, che, seppure poco conosciuta, si è già alquanto diffusa: è la “TRIPOFOBIA”. È questa una forma di paura causata dalla visione di particolari oggetti che presentano fori profondi e ravvicinati. Come ad esempio: alveari, spugne da bagno, formaggi con i buchi e molti altri oggetti che si presentano con dei buchi molto vicini e numerosi, tali da far scattare questa irrazionale paura.

È la visione di questa sequenza di buchi, anche in oggetti di uso comune, a far scattare la molla di questa fobia, che, in campo medico, è chiamata proprio “TRIPOFOBIA”, termine che deriva dalla lingua greca (letteralmente "trýpa" che significa "buco" e "phóbos", ovvero "paura"). La scoperta medica di questa particolare paura risale al 2005, e purtroppo la sua diffusione continua a crescere. Pur non essendo invasiva come diverse altre fobie (ad esempio la claustrofobia, l’agorafobia o l’aracnofobia, per citarne solo alcune), è comunque una paura che crea le sue problematiche che, ovviamente, vanno affrontate.

Pur non essendo riconosciuta come vera e propria fobia dall’American Psychiatric Association, la Tripofobia è comunque un importante disagio, che si presenta come una “paura persistente e irrazionale” nei confronti di oggetti che presentano fori ravvicinati e profondi. Nel soggetto che ne soffre questa paura scatena sensazioni di repulsione, avversione e disgusto, fino a generare, nei casi più gravi (spesso nei soggetti più fragili), ansia e panico.

Considerato che il disturbo della Tripofobia è stato oggetto di analisi solo di recente, sono state avanzate diverse ipotesi circa le cause scatenanti. Uno dei primi studi sulla Tripofobia, ha ipotizzato che il disturbo possa essere ricollegato a cause ancestrali. Un gruppo di scienziati dell'Università dell'Essex (coordinato da Geoff Cole e Arnold Wilkins), ha pubblicato nel 2013 sulla rivista Psychological Science l’importante ricerca “Fear of Holes” (“Paura dei buchi”); questo studio sostiene che il disturbo non dipende da cause psichiche, ma da motivi collegati al meccanismo di difesa innato nell’uomo.

Insomma, il disturbo deriverebbe dall’istinto di sopravvivenza dell’uomo, sarebbe la risposta all’ambiente ostile, insito nell’uomo fin dai tempi della preistoria. Alla base di tale ipotesi vi sarebbe il fatto che la visione di un insieme di fori ravvicinati (di qualunque forma, purché vicini) ricorderebbe minacce reali, come animali velenosi, infezioni o parassiti. Agli studi del 2013 hanno fatto seguito quelli del 2017, effettuati da un gruppo di psicologi dell'Università del Kent (Regno Unito), che hanno dato una nuova interpretazione delle cause della Tripofobia.

Secondo questo studio, coordinato dal prof. Tom Kupfer della Scuola di Psicologia dell'ateneo di Canterbury, alla base del disturbo ci sarebbe la paura delle malattie infettive e dei raggruppamenti di parassiti. Di qui, l’avversione verso oggetti circolari o, comunque, ravvicinati. Questi psicologi hanno sottoposto ad un test un campione di 600 persone, metà delle quali tripofobiche. Dopo avergli mostrato due gruppi di immagini (il primo composto da foto di malattie infettive, il secondo da foto che “spaventano” i tripofobici, come bollicine, muri forati, spugne, etc.), è emerso che tutti hanno provato repulsione per le foto del primo gruppo, ma solo i tripofobici hanno provato “disgusto” verso le immagini del secondo gruppo. 

Amici, come possiamo affrontare questa particolare paura? Quali rimedi sono possibili per curare la Tripofobia? Le soluzioni sono simili a quelle utilizzate per gli altri disturbi fobici: l’utilizzo delle terapie cognitivo-comportamentali, affiancate eventualmente da una cura farmacologica. La terapia cognitivo-comportamentale aiuta a controllare il disagio, in modo da raggiungere un certo autocontrollo; è un percorso terapeutico psicologico che aiuta a disattivare i circoli viziosi negativi mentali; la terapia farmacologica, invece, risulta utile per alleviare gli stati depressivi e/o di ansia.

Cari amici, la Tripofobia, in particolare in questa caotica vita moderna, potrebbe trovare sollievo anche utilizzando le tecniche di rilassamento, che agevolano il percorso di desensibilizzazione. Le tecniche di rilassamento, quali il training autogeno, la respirazione e lo yoga, possono essere degli ottimi coadiuvanti al percorso terapeutico, in modo da raggiugere il necessario autocontrollo emotivo.

A domani.

Mario

mercoledì, aprile 24, 2024

LA STORIA DI AMEDEO PETER GIANNINI, L'EMIGRATO ITALIANO NEGLI STATI UNITI CHE PRESTAVA SOLDI AI POVERI E FONDÒ LA BANK OF ITALY, SUCCESSIVAMENTE DIVENTATA BANK OF AMERICA.


Oristano 24 aprile 2024

Cari amici,

L’emigrazione italiana negli Stati Uniti tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento raggiunse livelli alquanto alti, tanto che, in quel periodo, ben oltre 5 milioni di italiani, soprattutto originari delle regioni meridionali, salparono verso l'America. Alla fine dell’Ottocento dalla Liguria, precisamente da Favale di Malvaro, in Val Fontanabuona in Provincia di Genova, a bordo di una delle numerose navi cariche di migranti che ogni giorno abbandonavano l’Europa partirono anche Luigi e Virginia Giannini, diretti oltre oceano in cerca di una vita migliore.

Come prima tappa la giovane coppia, insieme al figlio Amadeo Peter, si insediò in California, prima a San Josè e poi a San Francisco, All’inizio, come per tanti altri emigrati, la vita non fu facile, ma il figlio Peter, intelligente e determinato, riuscì presto a fare fortuna. Forse fu la sua grande determinazione a prendere corpo dopo un terribile evento: suo padre Luigi morì vittima di un tentativo di rapina perpetrato da un messicano ubriaco, che gli chiedeva insistentemente un dollaro. Questo fatto lo segnò indelebilmente, tanto da decidere di dedicare la sua vita a combattere la povertà, derivante in gran parte dall’usura allora praticata. Serio e contabilmente preparato, nel 1902, all’età di 32 anni, era già diventato direttore di una filiale della Cassa di risparmio di San Francisco. In questa filiale molti emigranti si recavano per spedire alle famiglie rimaste in Italia i propri risparmi. Da uomo onesto, Giannini si rese conto della eccessiva spesa richiesta a questa povera gente per trasferire i soldi in Italia. Veniva praticata, infatti, una tassa davvero esosa: era calcolata tra il 5 e il 6 per cento della somma da inviare, tanto che il giovane contabile cercò di rappresentarlo ai titolari della banca ma senza successo.

Con l’esperienza maturata, Giannini si convinse che era possibile fare Banca anche senza strozzare nessuno. La sua idea era quella di dare un aiuto concreto alle persone che, seppure poco abbienti, avevano le giuste idee per avviare delle attività, senza, però, arrivare ad applicare interessi esosi. Il suo sogno era quello di mettere in piedi una Banca etica, finanziando i progetti validi seppure senza chiedere grandi garanzie: a lui sarebbe bastata la serietà e la capacità imprenditoriale dei richiedenti. In questo modo voleva combattere l’usura e il mondo marcio della finanza senza scrupoli che allora dilagava.

Detto fatto. A 32 anni Peter Giannini lasciò l’incarico di direttore nella Cassa di Risparmio di San Francisco e mise in piedi una piccola, nuova banca, che chiamò “Bank of Italy”. Nella sua banca il servizio di trasferimento dei soldi in Italia costava solo il 2 per cento, contro quel 5-6 per cento prima ricordato. La sua era davvero una banca etica: la prima banca popolare ad azionariato diffuso, la cui missione era quella di prestare denaro e fiducia a chi aveva buone idee ma non poteva dare altre garanzie se non la propria, seria, voglia di lavorare. L’azzardo tentato da Peter Giannini ebbe un grande successo, ma ciò non cambiò minimamente la sua visione iniziale: aiutare chi aveva bisogno!

L’uomo emigrato dall’Italia, nato povero ma dotato oltre che di capacità di quel sano altruismo che negli affari è più noto come “ETICA”, in tutta la sua carriera non cedette mai alla cupidigia e al sogno malsano di una ricchezza personale illimitata. La sua banca, all’epoca forse la prima, promosse quella forma di “finanza etica ante litteram” che lo portò spesso a scontrarsi con le grandi lobby bancarie ed economiche senza il minimo timore. Nessuno, però, riuscì a batterlo o corromperlo, tanto che negli scontri ne uscì sempre vincitore, grazie alla fedeltà ai propri valori che mai gli vennero meno, senza mai scendere a compromessi di sorta. La fama, sua e della sua banca, oltrepassò l’oceano e per tanti Giannini era semplicemente “Il banchiere galantuomo”. Anno dopo anno, grazie al suo impegno e alla fortuna, la sua Bank of Italy diventò tanto importante da diventare, poi, quel colosso mondiale che noi oggi conosciamo, la “Bank of America”, ancora oggi ricca di fama in tutto il mondo.

Cari amici, la grande, meravigliosa avventura di Amedeo Peter Giannini potete trovarla in un interessante libro scritto da Giorgio A. Chiarva, che ha per titolo “Amadeo Peter Giannini. Il banchiere galantuomo”. Qui troverete le tantissime cose realizzate da Giannini, l’uomo della finanza etica che diede una possibilità di riscatto anche ai più deboli. Giannini fece cose davvero straordinarie: contribuì alla nascita di Hollywood, della HP Computers, alla costruzione del Golden Gate Bridge, finanziando anche il New Deal e il Piano Marshall. Creò anche la Giannini-Bank of America Foundation, che fu il primo Health Care aziendale. Insomma, amici, in questo libro troverete la storia di un vero, grande uomo!

A domani.

Mario