martedì, febbraio 26, 2013

ELEZIONI 2013: TUTTI I NODI DELLA VECCHIA POLITICA VENGONO AL PETTINE….E ADESSO? UNA TRISTE STORIA ITALIANA.

Oristano 26 Febbraio 2013


Cari amici,

credo che ieri notte pochi abbiano dormito sonni tranquilli.

Il nuovo scenario che si presenta di fronte ai milioni di italiani che sono andati alle urne è di una complessità unica. Definirla ingovernabilità è riduttivo, se pensiamo che i vecchi partiti, arroccati su posizioni precostituite, non sono disponibili al dialogo ne tra di loro ne con il nuovo movimento 5Stelle, nato e cresciuto a dismisura proprio per arginare i riti della vecchia politica, zeppa di corruzione e marciume. Sarà difficile, credo, provare a tappare le falle ad una barca che ormai non galleggia più. L’Italia si è rotta!
Credo, però, che molti sottovalutino le conseguenze di questa nuova situazione che non riguarda solo il nostro piccolo “orticello”, la nostra situazione interna italiana, ma interessi un quadro ben più vasto e temibile. La nostra economia, appesantita da un debito pubblico stratosferico, non potrà che affondare per gli effetti di una speculazione internazionale che potrebbe nuovamente accanirsi sull’Italia e portare i tassi a due cifre! Credo che questa tornata elettorale non abbia ne vinti ne vincitori. Un’Italia spaccata in due, con una differenza tra PD e PDL di una manciata di voti, e con il partito del “malcontento popolare”, il Movimento 5 Stelle, primo partito della Nazione, c’è poco da stare allegri.
Ieri notte ho seguito le varie trasmissioni che in un lungo collegamento hanno trasmesso lo spoglio delle schede. Mi hanno disgustato i vari leader dei partiti che, intervistati, anziché preoccuparsi del temibile stallo in cui l’Italia stava per trovarsi, pontificavano sulla brillante capacità del loro numero uno di “recuperare” i voti, spesso in modo subdolo e fraudolento, dalle famiglie già pesantemente massacrate dai sacrifici imposti da una situazione ai limiti del collasso. Ognuno sembrava preoccupato del proprio tornaconto personale, anziché della diminuita possibilità dell’intera nazione di uscire da una crisi che vede davanti a se una lunga recessione, con una ulteriore ventilata disoccupazione, e conseguentemente zero lavoro per i giovani!
Credo che siamo, nonostante i sacrifici già fatti, di fronte ad un nuovo baratro di cui nessuno può prevedere le disastrose conseguenze che potrebbero calarci addosso. Spero in un lampo di lucidità dei responsabili degli schieramenti politici che solo l’imminente pericolo di “morte certa” per la nostra Nazione può dare, quando tutte le altre strade sembrano precluse. Non sarà facile ma sarà necessario che i vari Bersani, Berlusconi e Monti prendano atto del fallimento della “vecchia politica” e si siedano ad un tavolo con il rappresentante del forte malcontento, Grillo, il vero vincitore di queste elezioni, che invito a prendere atto della pesante responsabilità cadutagli addosso dalla valanga di voti popolari ottenuti. Solo un alto senso di responsabilità da parte di tutti potrà salvare un’Italia ormai sull’orlo del precipizio, dal fondo del quale non basterebbero anni per risalire la china.
Solo una lucida analisi dei propri errori potrà portare i partiti ad un dialogo proficuo tra vinti e vincitori; dialogo limitato anche solo alle poche ma urgenti cose da fare, sia in campo nazionale che internazionale, per poter continuare a stare onorevolmente in Europa non da sudditi ma da protagonisti. E’ necessario mettere le basi per una giusta correzione di rotta che veda in primo luogo una necessaria crescita economica capace di dare lavoro ai giovani e far uscire il Paese dalla recessione. Poi si potrà anche tornare a dare la parola al popolo con una nuova consultazione. Se non saremo capaci di fare questo con grande umiltà credo che dovremo, davvero, rassegnarci a pagare un prezzo altissimo, soprattutto a farlo pagare ai giovani ed alle generazioni future.

Nessuno potrà “lavarsene le mani”, nessuno potrà fare come Pilato che mandò a morte il Cristo per codardia. Speriamo che la saggezza prevalga: l’Italia si può ancora salvare.

Grazie della Vostra attenzione.

Mario

                                  

martedì, febbraio 19, 2013

FALSI STEREOTIPI. IL ROTARY NON E’ UNA MASSONERIA. I CLUB “DI SERVIZIO”, COME IL ROTARY, NON SONO LOGGE. LO SOSTENGO DA ROTARIANO CONVINTO.

Oristano 18 Febbraio 2013

Cari amici,

sono da oltre vent’anni rotariano e, con entusiasmo, continuo il mio impegno in questa Associazione che apprezzo per il suo impegno nel mondo. In questi vent’anni il mio senso di appartenenza è solo migliorato. Sono anche un cristiano militante, operativo anche in strutture ecclesiali, e credo che la mia doppia identità, laica e cattolica, non solo non sia incompatibile ma addirittura complementare, l’una all’altra. Mi sono deciso a fare con Voi questa riflessione spinto da un recente e “fastidioso” fatto. In una riunione che affrontava problemi sociali ed alla quale partecipavano anche associazioni di servizio come quella a cui appartengo, alcune persone con grande faciloneria sostenevano che il Rotary, come altre associazioni “di servizio”, nell’apparente disponibilità di facciata a “fare del bene” all’esterno, svolgevano, invece, ben altro compito nella Società: quello di raggruppamento elitario, dedito in particolare a “farsi del bene”, con lo scopo principale di portare avanti i propri interessi personali. Insomma, in conclusione, che queste associazioni altro non erano che una seconda massoneria.

A prescindere che approvo l’associazionismo in tutte le sue forme, purché indirizzate al bene comune, mi crea disagio e fastidio il semplicistico “etichettare” persone e strutture che non si conoscono, mediante stereotipi. E’ luogo comune che Rotary, Lions, Soroptimist ed altri siano club elitari, dove si riuniscono persone di un ristretto ceto sociale. Questo fa presupporre, a chi non vi ha accesso, fantasie spesso fuori luogo. La mente umana, è vero, per semplificare agisce per stereotipi ed è per questo che noi vediamo in ogni zingaro un ladro ed in ogni extracomunitario un soggetto da evitare e possibilmente da rimpatriare. E’ con lo stesso ragionamento che viene applicata l’equazione Rotary uguale Massoneria.  
Cari amici, la mia conoscenza delle associazioni, credo non sia superficiale. A coloro che non lo sanno ricordo che terminata l’attività lavorativa sono tornato all’Università, dove, ampliando le mie conoscenze sociologiche ho conseguito diverse lauree in Scienze della Comunicazione, in Editoria Comunicazione multimediale e giornalismo e in Politiche Pubbliche e Governance. Una delle mie tesi di laurea è stata proprio uno “studio sociologico sul Rotary”, associazione di servizio “no profit”. Questo lavoro mi ha consentito sia di conoscere meglio il Rotary che l’associazionismo in generale, sviluppatosi in America già nell’800. Lo studio effettuato mi ha consentito di conoscere le motivazioni che hanno portato alla nascita del Rotary, costituito a Chicago nel Febbraio del 1905, e la sua successiva diffusione. Il Rotary è stata la prima “associazione di servizio” al mondo, capostipite di una serie di altre che hanno seguito le sue orme. Associazione, il Rotary, nata ben diversa dalle altre semplici associazioni di volontariato già diffuse in America nel precedente secolo, ma anche dalle preesistenti associazioni massoniche, già presenti ed operanti anche negli Stati Uniti nel periodo in cui nacque il Rotary.

Ogni associazione nasce con scopi ed obiettivi precisi da raggiungere: le semplici associazioni di volontariato per dare assistenza e soccorso in tutti i campi a chi è in difficoltà; le associazioni di servizio come il Rotary, per sopperire ad esigenze più mirate, mettendo a frutto le singole capacità e disponibilità dei soci; le associazioni massoniche, presenti nella Società anche ben prima del 1700 (Il 24 giugno 1717 fu ufficialmente fondata a Londra la Gran Loggia con lo scopo di federare le logge che operavano nel distretto di Londra senza collegamenti tra loro), come “associazioni iniziatiche” e di fratellanza a base etica e morale. Le varie associazioni si sono sviluppate, ognuna per proprio conto, seguendo percorsi e sentieri diversi, perseguendo fini che, pur nell’apparente vicinanza, avevano motivazioni di fondo di grande diversità. Per meglio conoscere, almeno nei punti salienti, queste tre forme principali di “associazione”, cerco ora, con Voi, di fare gli opportuni “distinguo”. Iniziando dalle associazioni libere, a seguire con le associazioni “di servizio” ed infine, a chiudere, con quelle massoniche.

Associazioni libere.

Le associazioni volontarie, come scrive Alexis de Toqueville nella sua importante opera “Democrazia in America”, nascono e si sviluppano in America già prima dell’800. L’America è una società nuova, a differenza dell’Europa senza re, principi e nobili, e questa libertà fa si che ogni cittadino, che non può contare sull’aiuto dei “potenti”, sin da piccolo impara a saper risolvere da sé i problemi, riunendosi con altri in modo spontaneo. Nascono cosi, liberamente, associazioni di persone per difendere interessi nei più svariati campi: commerciali, politici, letterari, religiosi, sindacali, ricreativi, assistenziali e cosi via. E’ questa l’America della massima libertà associativa, senza vincoli. Lo Stato, in questa fase, è uno Stato minimale, al quale ci si rivolge solo per dirimere le questioni veramente importanti. Una delle forme più nobili ed importanti dell’associazionismo americano dei primi del ‘900 fu “l’Esercito della Salvezza”, associazione che ha mantenuto nel tempo la sua efficacia, e che ancora si distingue per impegno e dedizione dei suoi appartenenti. In queste forme “libere” di associazionismo l’ingresso è aperto a tutti gli interessati, senza vincoli di età, censo, o quant’altro, con un unico impegno: il rispetto delle regole stabilite dall’associazione.
Associazioni di servizio.

Due le differenze importanti tra le libere associazioni e quelle cosi dette “di servizio”: la “cooptazione” e la “rappresentanza”. In quelle di servizio (Rotary, Lions, Soroptimist e cosi via) si entra solo dietro presentazione di un socio (cooptazione) che garantisce la capacità del nuovo entrante di inserirsi, senza fatica, insieme agli altri già soci. Questo perché essendo il collante principale l’amicizia, l’ingresso non selezionato potrebbe non essere a tutti gradito. Altro vincolo importante è la rappresentanza: si entra rappresentando una categoria (dirigente d’azienda, medico, ingegnere, ottico, e cosi via). Il Rotary, quindi, a differenza delle libere associazioni, non è un gruppo indistinto di persone con lo spirito missionario dedito a fare del bene al prossimo nel mondo, ma una selezionata “squadra” di uomini e donne ai vertici delle loro professioni che, attraverso l’amicizia, cercano di orientare le loro capacità e professionalità verso chi è meno fortunato, offrendo quel “disinteressato servizio”, al di sopra del proprio interesse personale.

Il Rotary nasce agli inizi del ‘900 proprio con lo scopo di “dare servizio”, in un contesto sociale particolarmente bisognoso, privo com’era di legami sociali amichevoli. Il Rotary, attraverso la riscoperta ed il miglioramento dell’amicizia tra i soci, intendeva “mettere insieme” ed a disposizione la professionalità dei soci per fini e scopi sociali. Anche oggi all’articolo IV dello statuto di ogni Rotary club si legge che lo scopo del Rotary è quello di “diffondere l’ideale del servire, inteso come motore e propulsore di ogni attività”. L’invito fatto dal Rotary ai propri soci di improntare l’attività professionale esercitata, applicando i più alti principi di etica economica e sociale, era ai primi del ‘900 da considerarsi assolutamente rivoluzionario. In quell’epoca, infatti, tutto era finalizzato a ottenere il massimo profitto ed a raggiungere esclusivamente l’interesse personale. Un’associazione nata, quindi, per condividere l’amicizia, la tolleranza, l’etica professionale e la disponibilità al servizio, nel rispetto di precise regole di appartenenza e di rappresentanza.

Associazioni massoniche.

La Massoneria, definita anche Arte Reale, è un’associazione iniziatica e di fratellanza a base etica e morale, sicuramente nata anche prima del 1.700. I princìpi massonici discendono dalle Costituzioni dei Liberi Muratori, redatte da James Anderson nel 1723, e le cui regole fondano la tradizione universale della Massoneria. Essi sono dunque principi, o norme ideali, che non possono essere messi in discussione o essere cambiati, pena l'uscita dalla tradizione stessa e dalla idealità massonica. La Massoneria promuove tra i suoi aderenti la ricerca incessante della verità per realizzare la fratellanza universale del genere umano. Attraverso i suoi affiliati finalizza la sua azione sul piano etico sviluppando i valori universali (lealtà, amicizia, fedeltà, sincerità, bontà, altruismo) della società umana e consolidando i propri ideali con l’astensione da ogni proposizione dogmatica o di fanatismo nello spirito di una tolleranza universale e quella materiale su progetti d’azione benefica nei confronti degli affiliati e, nella società civile, dei bisognosi. Tutto questo svolto nella massima segretezza. I massoni hanno sempre attribuito ai loro incontri e riunioni di loggia la più assoluta segretezza. Il suo carattere confidenziale e discreto, ha sempre connotato all’esterno la massoneria come un gruppo “chiuso”, a se stante, sotto certi aspetti dominante nei confronti di chi non vi apparteneva. Riferendosi all'attività massonica si parla di "segretezza", poiché nella cultura massonica è preciso il dovere di non rivelare all'esterno ciò che viene svolto nel tempio dalle logge riunite ritualmente. La massoneria è dunque considerata una vera e propria “società segreta”, anche se i massoni sostengono che sarebbe meglio descriverla come una "società con segreti". Il livello di segretezza varia da zona a zona. Nelle nazioni anglofone la maggior parte dei massoni rende pubblica la propria affiliazione, gli edifici massonici sono chiaramente individuati e gli orari delle riunioni sono generalmente di dominio pubblico. In altre nazioni, dove la massoneria è stata soppressa dal governo, la segretezza può essere molto più praticata. Perfino nel mondo anglofono i dettagli precisi dei rituali non vengono resi pubblici, e i massoni hanno un sistema segreto di "metodi di riconoscimento", come la stretta di mano segreta massonica, tramite la quale i massoni possono riconoscersi tra loro "nel buio come nella luce". Molte sono le giustificazioni addotte dai massoni in ordine alla riservatezza che caratterizza la vita interna dell'organizzazione. La principale di esse è che la massoneria è un ordine iniziatico cui si accede passando attraverso diversi livelli di indagine e conoscenza delle questioni etiche e filosofiche, ossia si procede tramite iniziazioni, le quali permettono il riconoscimento del livello spirituale raggiunto; conoscere in anticipo gli eventi pregiudicherebbe l'efficacia di questo sistema.

                       
Cari amici, fatto questo breve ma necessario percorso di confronto conoscitivo su queste tre diverse forme associative, vorrei ora arrivare alla mia conclusione, partita dalle motivazioni esposte nella premessa. Ogni associazione ha la sua organizzazione e chi intende aderirvi lo fa liberamente e spontaneamente, direttamente o accettando la chiamata. Ho pieno rispetto per qualsiasi struttura, purché dedita al raggiungimento di obiettivi leciti e di “interesse generale”. Migliorare le condizioni di chi è meno fortunato, di chi ha bisogno di aiuto e sostegno, è certamente un nobile scopo, come altrettanto importante è il “modo” in cui le azioni messe in atto si concretizzano. Tra le tre forme associative esaminate ero e sono sempre più convinto che la forma che più soddisfa la mia visione altruistica è quella delle “Associazioni di Servizio”. Soprattutto per le seguenti ragioni.

Nel mondo del volontariato è preminente il concetto altruistico dell’homo donator, attraverso la piena applicazione della logica filosofica del Dono. Questa logica del dono, come gli studiosi del MAUSS (Mouvement Anti-Utilitariste dans les Sciences Sociales) hanno ampiamente osservato e riscontrato, afferma che il valore del dono, parte integrante del rituale delle società arcaiche, può valere anche per la società contemporanea. Nel volontariato gli appartenenti donano e si donano, indistintamente nella logica evangelica del dare missionario. Ammirevole come sforzo ma spesso poco concreto, senza investire in futuro.

Nel mondo delle associazioni “di servizio” come il Rotary si opera, invece, attraverso l’applicazione dei principi economici, nel rispetto dell’etica economica e sociale, muovendosi nella logica dell’homo oeconomicus. E’ l’applicazione etica dell’economia, e il miglioramento della coscienza umana che passa dall’egoismo all’altruismo, senza trasformare, però, l’homo oeconomicus in homo donator! Il rotariano è un uomo che è parte integrante della sfera economica mondiale. Esso eleva il proprio lavoro applicando alti principi di etica negli affari e nelle professioni, è orientato costantemente a servire l’interesse generale, è tollerante e comprensivo nei confronti della diversità culturali, sociali, politiche e religiose. Homo oeconomicus, dunque, ma etico e non egoista, che svolge il suo servizio costantemente orientato alla cooperazione, con il fine ultimo del miglioramento delle condizioni umane ed il raggiungimento della pace nel mondo. Il tutto alla luce del sole, senza nascondere alla mano destra ciò che fa la sinistra!


Nel mondo delle associazioni massoniche, invece, la segretezza ha sempre giocato un ruolo determinante, che ha fatto immaginare agli “esterni” scopi nascosti. Segretezza ritenuta capace di contenere pericoli per la Società, sia civile che religiosa. In particolare per la Chiesa l’appartenenza alla massoneria è ritenuta inconciliabile, e più volte questa inconciliabilità è stata espressa solennemente. Anche la gran parte dei Governi ritiene questa segretezza inconciliabile con la necessità di trasparenza. La massoneria è stata a lungo accusata di “complottare in segretezza”, di avere un forte potere occulto, orientato al "dominio del mondo" e capace di controllare o influenzare segretamente la politica mondiale. I massoni, a ragione o a torto, sono spesso accusati di costituire una potente lobby, dedita ad un costante scambio di favori e raccomandazioni, allo scopo di favorire in ogni modo i propri membri. L’attività benefica esterna sarebbe solo un paravento esteriore.

Cari amici, ho detto in apertura che sono rotariano da oltre vent’anni e che sono orgoglioso della mia appartenenza. Non sono mai stato massone, anche se non ho nulla, personalmente, contro l’associazione. Credo che come in tutte le associazioni vi siano “Buoni” e “Cattivi” soci. Conosco e sono amico di alcuni massoni ai quali accredito uno spiccato senso altruistico e che hanno messo in atto interventi straordinariamente efficaci nei confronti di chi ha bisogno! Come spesso ho avuto modo di dire non è l’abito che fa il monaco!

Grazie a tutti dell’attenzione.

Mario

                           

martedì, febbraio 12, 2013

RAGIONE E SENTIMENTO. PERCHE’ CURIOSITA’ ED EMOZIONE SONO ELEMENTI IMPORTANTI.

Oristano 12 Febbraio 2013

Cari amici,

un recente fatto “personale” mi ha creato un rivoluzionamento interiore di forte spessore: UN’EMOZIONE. Un fatto che ha messo in “conflitto” la due componenti essenziali della vita insite in ciascuno di noi: la Ragione ed il Sentimento. Ma quale valore rivestono ragione e sentimento nella vita dell’uomo? Perché, spesso, sono in conflitto? Perché l’uomo, in preda a forti emozioni interiori, carico delle “spinte” conflittuali derivate, spesso fa prevalere l’una sull’altra? Perché il sentimento, nella gran parte delle volte, prevale superando le barriere della ragione?

                                    
Credo che ciascuno di noi nel corso della sua vita abbia vissuto intensamente delle forti emozioni, capaci di annullare la logica della razionalità per abbandonarsi, invece, a quella senza raziocinio dei sentimenti. Chi non ha avuto, fin da giovane, un improvviso impulso “sentimentale”, fuori da ogni logica? Credo nessuno. Impulso emozionale che, chiarisco subito, non è limitato esclusivamente al fattore “amoroso”, all’attrazione o alla repulsione  verso una persona dell’altro sesso, ma riguarda anche “emozioni” rivolte alle cose: un paesaggio, una statua, una costruzione, una musica, un oggetto, un avvenimento. La curiosità e l’emozione sono strumenti che hanno consentito all’uomo di superare la rigida barriera della ragione. L’uomo curioso, che si emoziona, è capace di andare oltre la “ratio” di sperimentare processi nuovi, di percorrere nuovi sentieri: senza emozione e curiosità l’uomo non avrebbe mai fatto i grandi progressi che hanno fatto la sua storia.
ALBERT EINSTEIN (Denis Brian, Einstein: A Life, Wiley, New York 1996, p. 234.) sosteneva che: “…La più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero. Sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza. L'uomo per il quale non è più familiare il sentimento del mistero, che ha perso la facoltà di meravigliarsi e umiliarsi davanti alla creazione è come un uomo morto, o almeno cieco [...]. Nessuno si può sottrarre a un sentimento di reverente commozione contemplando i misteri dell'eternità e della stupenda struttura della realtà. È sufficiente che l'uomo tenti di comprendere soltanto un po' di questi misteri giorno dopo giorno senza mai demordere, senza mai perdere questa sacra curiosità...”. Emozionarsi, quindi è vitale per l’uomo!

Emozione e sentimento, dunque, protagonisti indiscussi. Ma, cari amici, quanto dura un’emozione ? Proviamo a esaminare le differenze tra emozione e sentimento. Innanzitutto: l'emozione è un sentimento o il sentimento è una emozione? Ci si può perdere, se vogliamo, nei meandri della filosofia e/o in quelli della semantica! Proviamo, poi, a calcolare. Quanto dura una emozione ? Difficile calcolarlo, Forse un attimo o forse un’eternità! Ci si sposa in preda ad una emozione, si congetturano anni e anni di vita futura insieme, spesso si sottoscrivono mutui trentennali in funzione di essa (che poi spesso sono l'unica cosa che tiene insieme la coppia "per onore di firma"), si fanno figli in preda a questa emozione , anche se poi negli anni non sempre i due "emozionati" resteranno egualmente fedeli ai figli procreati insieme, trascurandoli. In preda a questa emozione si acquisiscono parenti , amici e frequentazioni. Emozione che prevale sulla “ratio”, sull’onda del sentimento.
Le emozioni, però, ed a volte anche i sentimenti, con il tempo si affievoliscono: la routine, il logorio della vita moderna (come diceva la pubblicità di un famoso amaro anni fa) consumano anche un’emozione “forte”, fino a spegnerla. E allora che si fa ? Normalmente ci si arrende. Si “getta la spugna”, si getta via l’emozione alle ortiche, senza riflettere, quasi buttando via il bambino con l’acqua sporca!

Viviamo un mondo troppo complicato per costringerci a combattere faticosamente per mantenere “quella realtà emozionale” in cui avevamo creduto. D'altronde perché percorrere una strada in salita quando abbiamo ampia scelta di strade che ci si presentano davanti come comode discese o tranquilli percorsi pianeggianti ? E’ più comodo rinunciare che combattere. Ma torniamo alla durata delle emozioni. Quanto dura, davvero, un’emozione? Beh, può davvero durare tutta una vita, come testimoniano gli innamorati che si lasciano morire al venire a mancare del proprio amato, o durare una notte sola come una falena. La differenza sta nel peso e nell’ampiezza dell’emozione vissuta. Di quanto quest’emozione sia stata “Vera”. E se questa emozione è stata vera è necessario difenderla con le mani e con i denti fino all'ultimo giorno della nostra vita, difenderla contro tutto e tutti, senza restare ammaliati dai bagliori di comode falene. Per essa dobbiamo combattere. Sempre. Sia per l'emozione fugace che per quella di lunga durata; per quella di un solo giorno come per quella di una vita intera: non farebbe differenza alcuna. Sarebbe, sempre e comunque, la giusta difesa della nostra emozione, unica e irripetibile, che farà “parte di Noi” fino alla fine tutti i nostri giorni, come ricordo o come quotidianità.

Tu lettore, che mi segui curioso, rifletti sempre sulle Tue emozioni! Vivile con intensità, sappile gestire senza timore: sono loro il vero sale della vita! La Tua vita! Ricordati che è sempre e solo Tua!
Grazie a tutti dell’attenzione.

Mario
                           

lunedì, febbraio 11, 2013

UN AVVENIMENTO STRAORDINARIO CHE HA TURBATO TUTTO IL MONDO: IL PAPA, BENEDETTO XVI, SI E’ DIMESSO DA VESCOVO DI ROMA E SUCCESSORE DI PIETRO!


Oristano 11 Febbraio 2013
Cari amici,

la notizia è di quelle che lasciano tutti senza fiato: le dimissioni del Papa. Un avvenimento incredibile, emozionante ed allo stesso tempo che incute timore. A turbarci è il perché di un gesto che ha pochi precedenti nella storia millenaria della Chiesa. Tutto il mondo si interroga, si chiede se le motivazioni siano solo quelle esposte nella lettera. Da cristiano non intendo aggiungere nulla ad una decisione che, se è stata presa, è certamente stata a lungo ponderata e meditata. Certamente Dio, di cui il Santo Padre è Vicario in terra, con la Sua infinita sapienza, saprà scegliere un successore valido e capace di continuare a portare con grande forza il Suo Verbo nel mondo.


Ecco il testo della lettera oggi resa pubblica dal Papa.

"Carissimi Fratelli,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio".

Testo proveniente dalla pagina:
http://it.radiovaticana.va/articolo.asp?c=663814 del sito Radio Vaticana.


Grazie della Vostra attenzione
Mario 


                             

sabato, febbraio 09, 2013

ORISTANO, LA MAGIA DELLA SARTIGLIA.

Oristano 9 Febbraio 2013

Cari amici,

domani è la Domenica della Sartiglia. Un rituale che da secoli si ripete e che affascina sempre. Ho una passione particolare che questo spettacolo che, unico nel suo genere, ripercorre riti che legano la tradizione pagana a quella cristiana. Ho anche sognato di essere, anch’io, protagonista di questa splendida manifestazione. Protagonista virtuale, ovviamente, perché i sogni di cavaliere li fa anche chi a cavallo non ci sa andare...come me. Ecco, invece, il sogno realizzato di un cavaliere vero, che ha vissuto, anche nell’animo, questa splendida opportunità.

                         

IO, “COMPONIDORI”, MESSAGGERO CELESTE.



Avevo cullato un sogno. Un sogno bellissimo e apparentemente impossibile che, quasi per incanto, si era avverato: Avevo guidato la “Sartiglia”, ero diventato Componidori!

Steso sul letto, dopo una intensa e faticosissima giornata, ero ancora come in “trance”, in una dimensione nella quale non mi ero mai trovato. Non solo non provavo il desiderio del sonno ma il mio corpo, pur provato dalla giornata trascorsa in groppa al mio cavallo, non sentiva minimamente la stanchezza. Una marea di emozioni ancora mi pervadeva. Non solo quelle relative alla giornata appena trascorsa ma anche quelle dei preparativi, quelle dei miei sogni di bambino che, affascinato dalla Sartiglia, sognava un giorno di poterla fare, non da semplice cavaliere ma da Componidori!

Immobile sul letto, con gli occhi sbarrati nel buio, mi rivedevo bambino. Il mio sogno, il mio desiderio più grande, era quello di entrare a far parte di quella schiera di cavalieri che si cimentavano in quella corsa fantastica guidata da quel bellissimo essere, vestito come un Dio, che si chiamava Componidori. Di lui tutto mi affascinava ma in modo particolare la maschera. Era per me un vero mistero quella maschera dallo sguardo perso nell’infinito. Una maschera senza sesso, senza identità, come se appartenesse ad un altro mondo. Forse su Componidori era un essere divino: ne uomo ne donna ma un messaggero celeste, inviato sulla terra per portare all’uomo un messaggio soprannaturale. I bambini, i ragazzi sognano: ma sogna anche il ragazzo diventato uomo, nella cui mente il sogno non si spegne. Guai all’uomo che non ha un sogno!

La mia lucida riflessione notturna ripercorreva il sentiero della mia vita. Riassaporai la mia determinata voglia di andare a cavallo. I primi passi, le prime esperienze i primi successi da cavaliere. Intanto la passione cresceva. Gli studi, l’università, le amicizie, i primi amori, tutto quel bagaglio, tutte quelle esperienze di vita, pur appaganti, non intaccarono mai la mia “voglia di Sartiglia” che covava come un fuoco sotto la cenere dentro di me. Il mio sogno fatto da bambino era ancora perfettamente integro, intatto, e, pur abilmente celato, quel fuoco continuava ad alimentarsi.

Con un tuffo al cuore rividi il momento in cui il Gremio mi comunicò di avermi scelto per guidare la corsa: sarei stato io il Componidori. L’emozione di quel momento riapriva ancora il mio cuore togliendomi quasi il fiato. Come in un film accelerato rividi gli abbracci, gli auguri, la consegna del cero, la veglia della notte precedente. La cosa strana e curiosa insieme era che rivedevo tutto questo quasi da spettatore, come se osservassi questi avvenimenti dall’esterno e riuscissi, come in un misterioso sdoppiamento tra me ed il mio “alter Ego”, ad osservarmi.

Lucidamente rivissi, quasi al rallentatore, l’intensa giornata appena portata a termine. Il grande andirivieni delle persone, che mi ruotavano intorno: Il Majorali, i miei primi aiutanti, su segundu e su terzu, sa massaia manna e is massaieddas. Io ero pervaso da qualcosa che non riuscivo, però, a definire. Era una sensazione che non avevo mai provato prima. Non era paura e neanche ansia da prestazione. Dialogavo con gli altri quasi in modo distaccato, anche con quelli con i quali avevo un rapporto di grande affettuosità. Insomma ero diverso dal solito.

                           
Mi rividi all’improvviso sulla sedia della vestizione, attorniato da indaffarate massaias che mi circondavano, ognuna con una parte dei “panni” che avrei indossato. Credo che descrivere cosa si prova in quei momenti non sia umanamente possibile. Il tuo sguardo, non ancora ottenebrato dalla maschera, osserva, quasi come un estraneo, l’immensa folla che ti circonda. E’ un qualcosa che ti intimorisce e ti affascina allo stesso tempo. Mentre il rituale si compie, mentre cento mani ti sfiorano, quasi ti accarezzano, mentre rassettano la camicia bianca , sistemano il corsetto, cuciono, stringono, legano, ti bendano ai lati del viso per appoggiarti la maschera, senti dentro di te, quasi come un rombo di tuono ed un lampo improvviso che ti abbaglia: è la magia della trasformazione. Quel lampo improvviso che ti scuote come un fuscello, che annulla la tua umanità e ti trasforma in creatura divina. La figura che tutti ora guardano con commozione non sei più tu, cavaliere umano, mortale, ma un “Alter Ego” prestato per un giorno agli Dei, trasformato in messaggero celeste, a cui è concessa, anche se solo per un giorno la divinità.
Ora, dall’interno di quella maschera androgina, osservo il popolo osannante, proprio da sovrano, reso forte e capace, per guidare i cavalieri alla sfida della sorte. Mi sento diverso, mi accorgo che i miei gesti sono guidati da una forza superiore: non sono io ma il messaggero celeste che, attraverso la maschera, porta il messaggio divino che comunicherà agli uomini il loro prossimo destino, fausto o infausto che sia.

La sequenza delle immagini si accavalla nella mia mente. Il lento passaggio sotto la stella, l’incrocio delle spade, le veloci discese alla stella. Forse sarà un anno fortunato, ho preso la stella e diversi cavalieri l’hanno infilzata con perizia. Rivedo anche i motti di stizza di chi non ha avuto la spada per cimentarsi nella sfida. Non ho usato simpatie e antipatie: ho operato guidato da una luce e da un impulso che non era il mio ma quello trasmessomi. Al calar della sera, dopo una giornata intensa e tormentata, ho benedetto la folla con “sa pippia de maju”, strumento che, come sacerdote di un antico rito, concede a Su Componidori di portare agli umani la divina benedizione.

                       
Ecco il rito è compiuto. Ora il lungo corteo dei cavalieri mi riaccompagna al luogo da dove siamo partiti: quello della vestizione. Con un balzo lascio il cavallo, mio fedele compagno per tutta la giornata, e risalgo su quel palco che ha visto molte ore prima la mia trasformazione. Seduto sulla stessa sedia le massaias, con abili mani, ritrasformano me, Componidori per un giorno, in cavaliere umano. Sento le mani che si accavallano su di me, mentre, con gli occhi chiusi sento ancora quel tuono, ora lontano, e rivedo quel lampo di luce che velocemente si allontana. Le mani abili della Massaia Manna mi tolgono la maschera e, ancora col viso fasciato, riapro gli occhi mentre un grande applauso, accompagnato dal rullo dei tamburi e dagli squilli di tromba, mi rende omaggio. Il popolo, felice, saluta il suo re ridiventato uomo.

Un grande brindisi con il classico bicchiere di vernaccia augura a tutti una felice Buona Annata!

Credo che un’esperienza cosi grande, unica, resti indelebilmente incisa nel cuore di quelli che hanno avuto la gioia ed il privilegio di vivere, da Componidori, un giorno speciale: un giorno da Semidio, da Messaggero Celeste!

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Spero il racconto Vi sia piaciuto!

Mario

                       


mercoledì, febbraio 06, 2013

E’ ARRIVATO IL CARNEVALE: “SEMEL IN ANNO LICET INSANIRE”.



Oristano 6 Febbraio 2012


Cari amici,
anche quest’anno il carnevale puntualmente è arrivato. Per noi, poi, di Oristano, il Carnevale ha un sapore particolare: quello della Sartiglia. Ho già avuto modo di parlare di Sartiglia questi anni scorsi, oggi vorrei riflettere con Voi sulle origini del Carnevale, questo antichissimo rito pagano che anche in Sardegna continua ad affascinare, sempre.

Le prime notizie sul Carnevale lo evidenziano come un vero e proprio rito religioso e risalgono ai tempi degli Egiziani. All'epoca dei faraoni, il popolo, indossando delle maschere e intonando inni e lodi, accompagnava una sfilata di buoi che venivano sacrificati in onore del dio Nilo. I Greci, invece, dedicavano il rito al dio del vino Dionisio, mentre nel mondo romano le feste popolari legate al carnevale erano dedicate al Dio Bacco, i Baccanali. Questi festeggiamenti  si svolgevano lungo le strade della città e prevedevano l'uso di maschere, tra fiumi di vino e danze. Famosa era anche la festa di Cerere e Proserpina, che si svolgeva di notte, in cui giovani e vecchi, nobili e plebei si univano, senza riverenza, nell’entusiasmo dei festeggiamenti. Festeggiamenti che proseguivano anche a marzo e dicembre con i Saturnali, le feste sacre a Saturno, padre degli dei, che si svolgevano nell'arco di circa sette giorni durante i quali gli schiavi diventavano padroni e viceversa, dove il "Re della Festa", eletto dal popolo, organizzava i giochi nelle piazze, e dove negli spettacoli i gladiatori intrattenevano il pubblico.

                        
Con il cristianesimo questi riti persero il carattere magico e rituale e rimasero semplicemente come forme di divertimento popolare. Durante il Tardo Medioevo il travestimento si diffuse nei carnevali delle città. In quelle sedi il mascherarsi permetteva lo scambio di ruoli, il burlarsi di figure gerarchiche, le caricature di vizi o malcostumi, con quelle stesse maschere che sono poi diventate simbolo di città e di debolezze umane. Nel Rinascimento i festeggiamenti in occasione del Carnevale furono introdotti anche nelle corti europee ed assunsero forme più raffinate, legate anche al teatro, alla danza e alla musica. La festa carnevalesca raggiungerà il massimo splendore nel XVI secolo, nelle strade della Firenze di Lorenzo dei Medici. Danze, lunghe sfilate di carri allegorici e costumi sfarzosi segnarono una svolta di questa festa, amatissima nella cultura rinascimentale. Con gli attori della Commedia dell'Arte, alla fine del '500, alcuni dei tipici personaggi carnevaleschi prendono forma e vengono trasformati in  " maschere" che penetrano nella tradizione collettiva e ci accompagnano ancora oggi. Carnevale e maschera, quindi, elementi inscindibili.
L'uso della maschera come possiamo vedere è quindi antichissimo e fa parte, fin dall’origine, della storia degli uomini. Utilizzata fin dalla preistoria per rituali religiosi, la maschera diventa strumento indispensabile nelle rappresentazioni teatrali e accompagna le feste popolari come il carnevale. Il termine “maschera” probabilmente deriva dal latino medioevale màsca, strega, tuttora utilizzato in tal senso nella lingua piemontese. Si trova traccia dell'origine del termine nell'antico alto tedesco e nel provenzale masc, stregone. Dal significato originale si giunge successivamente a quello di fantasma, larva, aspetto camuffato per incutere paura. Alcuni la fanno derivare dalla locuzione araba maschara o mascharat, buffonata, burla. Scopo della maschera è quello di nascondere le fattezze umane e, nel corso delle cerimonie religiose, quello di essere il mezzo per unire l’uomo a Dio. Nel teatro la maschera, prima nel teatro greco e successivamente in quello romano, assume la funzione di “trasformazione” dell’attore nel personaggio messo in scena, per sottolineare la personalità ed il carattere, caratteristica che si perpetua nel tempo fino al fiorire in Italia della "Commedia dell'Arte".
L’etimologia della parola Carnevale è tuttora molto discussa: potrebbe derivare da “Carnem Levare” (tradizione medievale di consumare un banchetto di "addio alla carne" la sera precedente il mercoledì delle Ceneri, saziandosi fino alla nausea prima dei digiuni quaresimali) o da “Carnalia” (feste romane in onore di Saturno), o da “Carna-aval” (un invito a non mangiare carne) o ancora c'è chi la farebbe risalire al “Carrus Navalis” (carri a forma di nave usati a Roma nelle processioni di purificazione). In lingua sarda, la parola Carnevale viene indicata con carrasecare e deriva da carre de secare, cioè “carne viva da smembrare”. Il termine, di derivazione mitologica, ricorda i riti praticati dai fedeli del Dio Dioniso che dilaniavano capretti e torelli ancora vivi, per ricordare la morte del loro Dio che era stato sbranato dai titani.

                         
Il Carnevale sardo è un rito sentito, una cerimonia festosa, celebrata entusiasticamente anche nei paesi interni dell’isola, dove si organizzano ogni anno eventi e spettacoli tipici in cui ci si diverte mascherandosi, gareggiando, ballando, mangiando e bevendo più del solito. Il ballo rappresenta in Sardegna un elemento veramente insostituibile del carnevale, che crea un impatto di forte unione sociale; durante questo periodo, si balla tanto e lo fanno tutti: donne e uomini, anziani e adulti, giovani e bambini. Il Carnevale sardo presenta tuttora tratti antichissimi, a volte anche tristi e violenti. È molto diverso dai carnevali italiani più famosi di Venezia o di Viareggio, ma altrettanto affascinante e curioso. Sull’isola questa festa ha diversi aspetti tragici e si basa sul concetto di morte e di rinascita. Inoltre ci sono diversi riferimenti alla pioggia e all’acqua, al mondo agricolo, nonché alla commemorazione di Dioniso, il Dio della vegetazione e dell’estasi, che tutti gli anni muore e rinasce nel ciclo naturale di eterno ritorno. Seguire il Carnevale in Sardegna significa fare un tuffo nella preistoria. Le antiche maschere sono vestite di pelli e cariche di campanacci. Fino al 1700 invece dei campanacci c’erano ossa di animali. I figuranti indossano maschere di legno, di sughero, di cuoio, oppure hanno il volto annerito dal sughero bruciato o dal carbone. Sebbene oggi non si immolino più capretti e torelli vivi da smembrare ed offrire al dio Dionisio, rimane molto di questo antico rito. Nei gesti, negli strumenti sonori e agricoli, nelle maschere e nei campanacci che portano sul dorso, nei lacci che si usavano per catturare, legare e immobilizzare le prede, nei ritmi e nel tipico incedere delle danze zoppicanti dei figuranti, tutto riporta ad un passato oscuro e crudele.
Il carnevale rappresenta ed incarna l’esorcizzazione del normale, del quotidiano, attraverso il rito scanzonato della “festa”. Festa che, in tutte le epoche e nelle pur diverse realtà culturali, ha rappresentato e rappresenta un elemento molto importante dell'esistenza umana. Festa che, una tantum, è retta dal principio della parità in cui non vi è alcuna differenza tra ricco e povero, vecchio e bambino, uomo e donna. In tale contesto le ansie del quotidiano vengono cancellate e si vive un mondo magico di spensieratezza e allegria: “SEMEL  IN  ANNO  LICET  INSANIRE”. Espressione forte, questa, il cui significato è "una volta all’anno è lecito impazzire"; detto che divenne proverbiale nel Medioevo. Questa locuzione è legata ad una sorta di rito collettivo che ricorre in molte culture, soprattutto occidentali. In un ben definito periodo di ogni anno tutti sono autorizzati a non rispettare le convenzioni religiose e sociali, a comportarsi quasi come se fossero altre persone. Possiamo sostenere che durante la festa le regole, le norme in vigore sono “sospese”. La festa rappresenta per la collettività un momento di apertura in cui cadono i ruoli e i normali comportamenti. Il mondo "alla rovescia" appare un mito che evoca la realtà. A Carnevale ci si diverte gareggiando, mascherandosi, mischiandosi, servi e padroni, mangiando e bevendo insieme senza timori o riverenze e, soprattutto ballando.
Il significato cosmologico del carnascialesco “rovesciamento dei ruoli”, con il paludamento ed il mascheramento che rende “diversi” ed “uguali” allo stesso tempo, riproduce anche l’alternarsi ciclico del tempo, delle stagioni: dal Caos rinasce, rifiorisce, una nuova stagione; al caos segue sempre una nuova creazione del Cosmo. Creazione che mette sempre in relazione il terreno con i Divino. Il carnevale, infatti, si inquadra in un ciclico dinamismo di significato mitico: è la circolazione degli spiriti tra cielo, terra e inferi. Il Carnevale riconduce a una dimensione metafisica che riguarda l’uomo e il suo destino. In primavera, quando la terra comincia a manifestare la propria energia, il Carnevale segna un passaggio aperto tra il cielo e la terra abitata dai vivi. Le anime, per non diventare pericolose, devono essere onorate e per questo si prestano loro dei corpi provvisori: essi sono le maschere che hanno quindi spesso un significato apotropaico, in quanto chi le indossa assume le caratteristiche dell'essere "soprannaturale " rappresentato. Il Componidori della nostra Sartiglia oristanese, il semidio che dietro la sua maschera è figura mitica per un giorno, impersona perfettamente questa trasfigurazione tra cielo e terra.


Tante le maschere che in Sardegna onorano il Carnevale. Ecco le più importanti.

Mamuthones e Issohadores – Mamoiada

Portatrice di una storia che si perde nella memoria, la maschera dei Mamuthones è sicuramente il più grande simbolo del carnevale sardo, essendo oramai nota oltre i confini isolani ed europei per il suo forte valore simbolico e l’alone di mistero che ancora la circonda.

Boes e Merdules – Ottana

Anche a Ottana, culla di uno dei carnevali più noti ed autentici della Sardegna, due maschere si accompagnano e si fronteggiano nel rituale. I Boes (buoi) dalle lunghe corna taurine, ricoperti del vello di pecora bianco e dai pesanti e grandi campanacci, sono tenuti per le redini dai Merdules, figure umane ma dai volti inquietanti e deformi. Entrambe le maschere, realizzate generalmente in legno di pero, sono dette “Carazzas”.

Thurpos – Orotelli

I “Thurpos”, figura dionisiaca di uomini-animali ciechi, sono maschere di origine arcaica con sottintesi fini propiziatori, derivanti dalla necessità dell’uomo di ricercare un aiuto dalle divinità nelle difficoltà del quotidiano.

S'Attittidu – Bosa

La bizzarra maschera bosana, protagonista del martedì grasso, è una figura di madre vestita a lutto e con un bambolotto in braccio, che si aggira per il paese cantando “S’Attittidu” appunto, un lamento tra funebre ed il satirico con cui chiede “unu tikkirigheddu po su pitzinnu”: del latte per il proprio bambino malnutrito. Malnutrizione dovuta ai bagordi della sconsiderata madre, che lo ha abbandonato per andarsi a “divertire” nei giorni del carnevale!

Sartiglia - Su Componidori
Su Componidori, una sorta di cavaliere semi-dio, è l’enigmatica figura a capo della Sartiglia, una spettacolare corsa alla stella di origine medievale che si corre a Oristano ogni anno l’ultima domenica e il martedì di carnevale. Su Componidori – dallo spagnolo “Componedor” – durante il momento solenne della Vestizione indossa per la prima volta una maschera androgina di terracotta, calzari in pelle, camicia bianca, un velo bianco sul capo e un cappello a cilindro nero. Con quest’aspetto sceglierà e guiderà gli altri cavalieri mascherati che avranno l’onore di correre nel tentativo di infilzare con la spada una stella a cinque punte.

                         
Tanti gli altri centri che festeggiano il carnevale: dalle maschere del Cagliaritano (Is Cerbus di Sinnai e Is Mustayonis e s’Orcu Foresu di Sestu) a quelle dell’Ogliastra (Su Maimulu di Ulassai), dalle altre del Nuorese (Su Harrasehare Lodinesu, Su Bundu di Orani, S’Urtzu e Mamutzones di Aritzo, Maschera a gattu di Sarule, Il Carnevale di Ovodda, Sos Tumbarinos di Gavoi, etc.) a quelle dell’Oristanese (Mamutzones di Samugheo, Sos Cotzulados di Cuglieri, Sos Corriolos di Neoneli ed altri). Non c’è centro piccolo o grande che non festeggi in modo proprio una festa che, almeno per un giorno, faccia dimenticare il solito, il tran tran quotidiano.

Nel calendario liturgico cristiano, il Carnevale è il periodo compreso fra l’Epifania e l’inizio della Quaresima. Nella tradizione popolare, tuttavia, Carnevale copre soltanto i giorni detti “grassi”: dal giovedì al martedì prima del Mercoledì delle Ceneri, che segna appunto l’inizio della quaresima. Domani è Giovedì grasso, primo giorno Carnevale, quindi di festa e di baldoria. Sarà gioiosa Sartiglia anche quest’anno ad Oristano. La città si prepara all’evento. Domenica e Martedì il Componidori, androgino sovrano della corsa, anello di congiunzione tra l’uomo e Dio, cercherà di portare al popolo buoni auspici per questo nuovo anno!

Speriamo che Dio sia particolarmente benevolo, considerati i tempi che stiamo attraversando! Ne abbiamo veramente bisogno di un ottimo “Messaggero”, che sappia chiedere e ottenere i favori del Creatore!

Grazie, amici, della Vostra sempre gradita attenzione.

Mario


domenica, febbraio 03, 2013

COMUNICARE OGGI: BLOG E SOCIAL NETWORK. COME LA MODERNA “FOLLA SOLITARIA” HA SOSTITUITO L’AGORA’ REALE CON QUELLA VIRTUALE.



Oristano 3 Febbraio 2013
Cari amici,  
quand’ero ragazzo i mezzo di comunicazione di massa (come noi oggi abitualmente li definiamo) erano molto scarsi. Poche le radio nelle case, pochissimi i telefoni, ubicati in un esercizio pubblico, niente TV, telefonini cellulari o computer. La comunicazione avveniva in modo “fisico”, naturale, più o meno cordiale, senza fantascientifici mezzi elettrici o elettronici. Eppure l’uomo è, per sua natura, un essere sociale e la Società umana ha, da sempre, costante bisogno di comunicare per stare insieme, per convivere,  per raggiungere i suoi obiettivi. Per fare questo l’uomo ha cercato di migliorare costantemente i mezzi di comunicazione, necessari  per raggiungere velocemente gli altri individui, soprattutto quelli lontani. Dall'antichità ad oggi, il sistema di comunicazione fra gli esseri umani è diventato sempre più complesso,  ed oggi noi assistiamo ad una comunicazione fortemente tecnologica, capace di una costante interazione, in audio e video, anche a distanze lontanissime ed in tempo reale. 

La globalizzazione ha portato con se la trasformazione del mondo in un unico villaggio globale, dove la “Rete”, immensa moltitudine di collegamenti in tempo reale, consente di collegare l’intero mondo in un istante. All’illusione che tutto questo crea, di annullamento del tempo e dello spazio, fa da contraltare un’altra realtà arida e terribile: il costante aumento della “socialità virtuale” a scapito della “socialità reale”. Quante volte, in attesa nelle stazioni ferroviarie o negli aeroporti, abbiamo osservato quella fiumana di gente che pur sfiorandosi, toccandosi, continuava a transitare in assoluta solitudine, immersa nei propri pensieri, ignorandosi l’un l’altro, come prigionieri di un sortilegio che impediva il dialogo? Si, cari amici, gli spazi di antica memoria, le piazze,  luoghi di ritrovo dove si svolgeva la vita sociale, sono oggi solo luoghi di “transito”, attraversati da quella folla solitaria cosi ben descritta da Riesman nel suo libro “La folla solitaria”. Libro simbolo dell’uomo moderno che ha perso la sua individualità per diventare “uomo-massa”, eterodiretto, educato alla scuola del conformismo, schiacciato dal bisogno di approvazione e di successo, abitante di un mondo governato dalle apparenze, e che, spogliato della propria individualità, si ritrova anonimo, solo  e disarmato, nella moltitudine che gli si affolla intorno.

Questa arida trasformazione epocale ha portato l’uomo a costruirsi altri “luoghi virtuali” di incontro e di comunicazione, perché il suo Io, almeno sulla comunicazione, non ha mai voluto abdicare! Ecco allora la prima sostituzione: il moltiplicarsi delle comunicazioni via telefono, attraverso l’invio e la ricezione di una moltitudine di SMS, messaggi telegrafici che utilizzano, soprattutto in campo giovanile,  anche un nuovo sintetico linguaggio. A seguire l’utilizzo pieno del nuovo straordinario strumento: Internet. La “rete” ha aperto nuovi spazi e nuovi luoghi di informazione e di relazione, costruendo uno scenario ben diverso dal precedente. Interne ha creato un mondo “virtuale”, parallelo a quello reale, di impressionante impatto e di massiccio utilizzo. I recenti dati statistici evidenziano che nel mondo gli host collegati nel 2012 erano 908.586.000. Gli utenti italiani connessi a internet sono passati dai 38 milioni del 2011 a 41 milioni nel 2012. Circa l’utilizzo fatto della rete si evidenzia che chi naviga su Internet lo usa abitualmente per effettuare la ricerca di informazioni di suo interesse, (97,4%) e per inviare e riceve mail (94,1%). Quasi il 50%  degli internauti legge un Blog (49,3%), chatta (45,2%), gioca con i videogiochi online (40,6%), scarica musica/film/giochi/video (38,3%) e legge e scrive su un forum (35,6%). I social network vengono frequentati dal 71,9% degli utilizzatori della rete e il  63% fa acquisti online grazie a offerte e  sconti.
Blog, Chat, Forum e Social Network, i nuovi strumenti  di comunicazione e di incontro in essere!


Il blog, in particolare, è lo strumento che ha liberalizzato la possibilità di esprimere senza censure il proprio pensiero. Operazione prima difficile e costosa e che oggi, invece, consente, praticamente senza costi, di far conoscere a milioni di persone la propria “voce”. La parola blog nasce dalla contrazione di web-log, un termine tratto dal lessico nautico che sta a significare “diario in rete”. Ed effettivamente, alla sua comparsa, il blog aveva la caratteristica principale di essere una sorta di “diario segreto”, quello in cui si scrivono i pensieri più intimi, o le avventure del quotidiano. Solo che il diario non era più cartaceo, non aveva lucchetto e chiave da nascondere con cura, ma veniva condiviso con tutti gli utenti interessati a leggere. I blog in voga oggi, invece, sono quelli di informazione, sul modello giornalistico. La motivazione principale, probabilmente, è quella di raccontare i fatti con il proprio pensiero, con la propria opinione, in quanto spesso la realtà ufficiale viene percepita come faziosa o incompleta. I blogger, invece, hanno la possibilità di esprimere in totale libertà le loro idee, di riportare la notizia come meglio credono, perché sono indipendenti e hanno come scopo principale l’informazione libera. O almeno così dovrebbe essere. Libertà, quella dei blogger attuali, che si tenta di imbrigliare, di controllare, di assoggettare insomma alla legge sulla stampa, che risale al 1948.

Quella degli eventuali limiti di espressione da imporre ai titolari di blog è una questione spinosa e controversa. In Italia si è tentato di equipararli alle pubblicazioni cartacee, applicando ad essi la relativa normativa sulla stampa. Di recente, però, una sentenza della Cassazione ha stabilito che i blog di informazione giornalistica non hanno l’obbligo, a differenza dei giornali “convenzionali”, di registrazione e quindi i loro autori non sono punibili secondo le stesse tipologie di infrazione. Questa sentenza ha sancito la diversità del blog rispetto al giornale, tutelandone indirettamente la libertà di espressione, ma allo stesso tempo smorzandone la carica informativa. Come attestare la veridicità di una notizia riportata? Come tutelare le fonti di una notizia? Come appellarsi al diritto di cronaca e di critica? Come tutelarsi da un’eventuale notizia compromettente diffusa da un blog? Domande a cui non è facile dare risposte. Districarsi nella selva dell’informazione giornalistica online non è sicuramente una questione facile da affrontare. E’ certo, però, che i blog rimangono un canale fondamentale di espressione. La loro libertà ne è una caratteristica forse imprescindibile e limitarne o inquadrarne la possibilità di espressione sarebbe forse come ucciderne l’essenza più autentica, oltre che un compito obiettivamente arduo da affrontare. Basti pensare alla Cina. Persino uno dei Paesi con il controllo più serrato dell’opinione pubblica, che vieta a milioni di persone l’uso di facebook, twitter e youtube, non riesce ad arginare la “fuga di informazioni” che vengono dai numerosi microblog, gli unici canali di informazione ancora liberi all’interno del rigidissimo sistema di controllo cinese.

Oggi, l’avvento dei social network, che consentono una condivisione molto più capillare e immediata dei pensieri, si dice che abbia causato una certa diminuzione dei blog. Secondo il mio punto di vista questo non corrisponde al vero. Facebook e Twitter non sono diventati, tutto ad un tratto, nemici del blog, anzi essi sono uno strumento prezioso che aiuta il blogger a diffondere il suo pensiero, anziché ucciderlo! Molti blogger li usano, infatti, per meglio far conoscere i propri post, per coinvolgere un numero maggiore di lettori sul proprio blog. Cosa che faccio anch’io. Sono strumenti che si usano per attrarre più lettori possibili. Certo, ognuno fa della rete l’uso che più lo interessa. Ognuno sceglie tra un Blog,  Twitter o Facebook, da soli o insieme. Molto, certamente, dipende da quello che si vuole fare. Se voglio diffondere contenuti, video o foto, per avere un riscontro immediato, senza approfondimento, allora il blog non credo sia la scelta giusta: devo aprire una discussione su Facebook o Twitter. Se voglio far riflettere, se voglio creare consapevolezza su un fatto, se voglio creare un approfondimento su un argomento, parlare ad un pubblico di questa o quella tematica, o più semplicemente scrivere per il gusto di farlo, ecco che il blog rimane la scelta più adeguata e viva. Oggi, secondo i dati sempre aggiornati da BlogPulse, i blog sono oltre 156 milioni (circa 2 milioni in Italia). Non mi sembra che siano pochini, che ne dite?

Anche i Social Network sono in perenne crescita. Secondo un recente sondaggio/intervista Facebook è il social network più diffuso, Twitter si colloca al secondo posto, usato da quasi un intervistato su 3 (31,7%), mentre al terzo posto c’è Linkedin (16,1%) e  Pinterest (4,5%). Il 91,2% degli italiani che usa Facebook lo fa per guardare le attività e le foto degli amici, l’89,1% per tenersi in contatto con i propri amici, il 69,2% per condividere le proprie esperienze postando foto e video, il 68,1%  usa le chat per discutere di fatti personali, il 68,1% lo usa per tenersi aggiornato su eventi e incontri, il 57% per condividere link interessanti. Infine sul tema degli incontri online più di un terzo di chi usa Internet (34,8%) ha incontrato dal vivo una persona conosciuta su Internet; il 38,3% è diventato amico di qualcuno conosciuto su Internet, mentre il 16,9% riferisce di aver avuto una storia d’amore con una persona conosciuta in Rete.
Cari amici, come vedete l’uomo continua, senza sosta a comunicare. Per me “comunicare” è addirittura essenziale, vitale, quasi come respirare. Questo blog che state leggendo ha circa 5 anni di vita e circa 400 lettori al giorno. Credo che l’avvento dei social network non lo sostituirà, perché gli uni e gli altri viaggiano su binari diversi. Non amo Facebook ( lo considero con poca privacy) ma sono su Twitter. Uso quest’ultimo per reclamizzare e far conoscere il mio blog. Credo che i due strumenti, insieme, possano darmi ancora la possibilità di continuare a dire agli altri le cose che penso.
Grazie della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario