sabato, aprile 30, 2022

VIOLENZA DI GENERE E SINDROME DI STOCCOLMA. QUANDO NEL TOSSICO RAPPORTO DI COPPIA LA DONNA CONTINUA AD AMARE IL PARTNER CHE PRATICA SU DI LEI LA VIOLENZA.


Oristano 30 aprile 2022

Cari amici,

Con l'ultimo post di aprile voglio tornare a parlare con Voi di violenza, in particolare di quella sulle donne. Una violenza subdola, sottile e sotterranea, che crea anche dipendenza, come avviene nella così detta “Sindrome di Stoccolma”. Ho già avuto occasione di parlare su questo blog del problema creato da questa sindrome, ma limitandomi a focalizzare il problema sui sequestri di persona. Chi è curioso può andare a leggere quanto scrissi in data 19 marzo 2015, cliccando sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2015/03/la-sindrome-di-stoccolma-quando-chi.html. Quel mio intervento fu alquanto limitato, ripeto, in quanto mi occupai soprattutto delle conseguenze psicologiche ricadenti sulle persone rapite a scopo di estorsione; soggetti che, durante la prigionia, maturavano nei confronti dei loro sequestratori dei sentimenti positivi, che in certi casi sono arrivati addirittura all’amore tra vittima e carnefice.

Oggi, però, la mia riflessione vuole analizzare la sindrome che colpisce le donne nel rapporto di coppia; ovvero quel dramma interiore creato da quei tanti casi di violenza di genere, perpetrati dai compagni di vita violenti. Violenze subdole, fatte di angherie e soprusi, percosse e aggressioni, arrivando perfino alla perdita della vita. Ebbene, anche in molti di questi casi è presente una forma di “Sindrome di Stoccolma”, perché molte donne abusate e preda di violenze non denunciano il loro aggressore, nonostante i traumi subiti. Questo particolare stato di dipendenza psicologico/affettiva della donna verso il suo partner, è costituito da un particolare sentimento positivo nei confronti del suo aggressore, tanto da arrivare a giustificare il comportamento anomalo del partner.

La condizione paradossale di ‘amare’ il proprio carnefice appartiene a quei sintomi noti come dipendenza affettiva correlata al trauma da narcisismo in età adulta. La spinta affettiva e irrazionale verso chi abusa, maltratta, trascura, è stata individuata in ambito criminologico proprio col nome di Sindrome di Stoccolma per i fatti li avvenuti nel 1973 (descritti in dettaglio nel mio post prima citato) che evidenziavano l’attaccamento emotivo verso i rapitori di un gruppo di impiegati di banca rimasti ostaggi per giorni durante una rapina.

Sindrome caratterizzata dall’empatia manifestata dalle vittime nei confronti dell’aggressore, che veniva giustificato e difeso, tanto da desiderare di mantenere un contatto con lui nonostante i soprusi subiti. Sul piano della logica questa sindrome appare insensata e incomprensibile, perciò richiede un esame psico-logico che prenda in considerazione le difese più arcaiche della psiche rispetto al trauma. Ogni minaccia all’integrità è percepita come inspiegabile dall’individuo che la subisce e innesca risposte automatiche finalizzate a conservare quel che resta dell’integrità offesa. Tra queste, nella Sindrome di Stoccolma come nella dipendenza affettiva, spiccano la negazione e la mancata condanna verso l’aggressore.

Amici, all’interno della coppia quando la donna subisce l’aggressione, nella sua mente scatta il meccanismo che cerca una giustificazione alla violenza subita; un processo mentale che cerca di nascondere la realtà, quasi negandone l’esistenza. Ciò accade quando la vittima non vuole credere alla brutalità del suo carnefice e, per salvarsi, ricerca significati sentimentali nel suo agire, per inventarsi una speranza di cambiamento e di salvezza per il futuro. Questa tolleranza, questa giustificazione alla violenza subita, fa sì che le vittime non denuncino il fatto, ostacolando il lavoro degli investigatori con atteggiamenti negativi e reticenti verso le Forze dell’Ordine.

Il risultato della “giustificazione della violenza” ha ben altri risvolti negativi nella vita sociale. Uno dei più importanti è il progressivo isolamento della famiglia, che, come conseguenza, comporta l’aggravarsi della dipendenza psicologica dal partner-aggressore, che in questo modo può continuare a tiranneggiare indisturbato la sua vittima, una volta alienate le altre figure presenti intorno a lei. La risultante? Un doloroso “sequestro simbolico”, un sequestro senza catene, né armi, né prigioni visibili, ma non per questo meno traumatizzante dei reali sequestri di persona ben noti e correlati alla Sindrome di Stoccolma.

Cari amici, purtroppo la violenza sulle donne continua senza sosta; è auspicabile che vengano aumentati gli strumenti atti a sensibilizzare in modo costante chi ne è vittima, fin dalle sue prime manifestazioni. È questa una necessità assoluta, irrinunciabile, che deve essere portata avanti senza tentennamenti: in questo modo molte violenze cesserebbero e non poche vite potrebbero essere salvate.

A domani.

Mario

venerdì, aprile 29, 2022

LO STRANO CERVELLO DELLE PERSONE SOLITARIE. È LUOGO COMUNE PENSARE CHE SIANO PERSONE INFELICI, MA LA REALTÀ È BEN DIVERSA.


Oristano 29 aprile 2022

Cari amici,

Voglio affrontare oggi con questo post una riflessione con Voi sul nostro cervello, quello straordinario computer che ci accompagna fin dalla nascita e che ci consente di vivere in Comunità instaurando relazioni e facendo vita in comune. Certo, perché l’uomo non nato per stare solo, lo troviamo scritto anche nella Bibbia, dove leggiamo che il Creatore del mondo disse: “Non è bene che l’uomo sia solo”. L'uomo infatti è un animale sociale, che vive di sicuro in modo migliore la sua vita in Società, legandosi a singoli e gruppi, sia nel lavoro che nella vita familiare e di relazione. Eppure, se questa è la regola, c'è pure l'eccezione, in quanto i “solitari” esistono e non sono, come alcuni vorrebbero farci credere, dei soggetti particolari, a dir poco infelici, incapaci di vivere con vera gioia lo stare insieme con gli altri.

Questo comportamento "solitario" fa presupporre che “La solitudine” sia qualcosa da temere, da tenere lontana, che spaventa la maggior parte delle persone! Eppure, per alcuni soggetti questa ‘solitudine’ risulta appagante, non solo esiste ma è amata; i solitari, ovvero coloro che concepiscono la vita in modo alquanto diverso dagli altri ci sono e sono felici di esserlo. Sono dei soggetti che riescono a godere della propria compagnia, senza aver bisogno di un continuo interscambio con gli altri, in quanto perfettamente consapevoli dei propri punti di forza e di debolezza. Il risultato è, però, che fare amicizia con questi “eremiti” risulta piuttosto arduo, in quanto sono soggetti ‘difficili’, che non socializzano facilmente con chi li circonda. Tuttavia, gli psicologi sostengono che le persone solitarie possiedono alcune caratteristiche molto interessanti.

A stabilire queste loro speciali caratteristiche è un recente studio pubblicato sul Journal of Cognitive Neuroscience, secondo il quale la regione del cervello chiamata “corpo striato”, che nell’uomo viene attivato da stimoli associati alla ricompensa, è meno attiva nelle persone solitarie; quindi, l’eccitazione dovuta alle “ricompense date dalla socializzazione” non risveglia in loro un grande entusiasmo. Eppure, nonostante la Società li etichetti come soggetti “asociali”, in quanto preferiscono godersi la vita in solitudine, priva di amici, in realtà queste persone non sono infelici, seppure vivano in solitudine. Uno studio, infatti, sostiene che queste persone che preferiscono stare da sole, vedono il mondo in modo alquanto diverso dagli altri, oltre ad avere un potere decisionale e di analisi molto diverso.

Secondo la psicologa Amanda Guyer, del National Institute of Health del Maryland, le persone socialmente isolate hanno una maggiore sensibilità alle interazioni sensoriali ed emotive. Ciò significa che tutto quello che accade in questo contesto di interazione, ha un impatto maggiore su di loro. Per giungere a questa conclusione, la ricercatrice ha condotto uno studio su due gruppi di bambini: uno di bambini riservati e un altro di bambini estroversi. Tutti i bambini hanno partecipato ad un gioco in cui dovevano premere un bottone per vincere dei soldi. I bambini introversi hanno dimostrato un’attività cerebrale (regione striata) fino a tre volte maggiore rispetto al secondo gruppo.

Amici, le persone solitarie, ovvero introverse, seppure ritenute (più a torto che a ragione) persone poco felici, hanno delle caratteristiche superiori rispetto a quelle così dette estroverse; il cervello di una persona introversa è stato accertato che è in grado di adattarsi alle più diverse esperienze grazie alla sua maggiore sensibilità. Per questo motivo, ad esempio, i solitari sono in grado di rispondere più velocemente nei momenti in cui c’è una grande richiesta sociale, come in certi stati di emergenza. Inoltre, nella loro solitudine interiore sono in grado di percepire sottigliezze o dettagli che gli altri ignorano.

Tra i solitari, per esempio, si contano ottimi scrittori, pittori o titolari di altre forme d’arte, poiché il loro cervello amante della solitudine, risulta molto più aperto alla genialità! Diversi geni solitari, come ben sappiamo, sono stati considerati “con qualche vena di pazzia”, anch’essa spesso collegata alla solitudine. “Vivere da soli è il destino di tutte le grandi anime”, affermava con convinzione il grande Arthur Schopenhauer.

Cari amici, c’è un’ultima considerazione importante da fare su questi soggetti. Le persone definite solitarie risultano particolarmente leali, e si circondano di una ristretta cerchia di persone che essi non tradiranno mai! A sostenere questa tesi è il professor Jonathan Cheek, psicologo del Welleseley College, secondo il quale “alcune persone, semplicemente, hanno un minor bisogno di affiliarsi agli altri”; le persone solitarie quindi hanno una maggiore considerazione di se stessi e delle proprie capacità, e nonostante siano perfettamente in grado di relazionarsi con gli altri, preferiscono farlo con moderazione, studiando con attenzione le persone a cui concedere la loro amicizia; di norma si ritrovano con una ristretta cerchia di persone fidate, stabilendo con loro un’amicizia perenne. Che dire amici? C'è molto da imparare dalle persone che amano stare da sole, in quanto risultano più serie e riflessive di molte altre!

A domani.

Mario

giovedì, aprile 28, 2022

NON È PIU' IL PETROLIO L'ORO DEL FUTURO, MA I NOSTRI DATI. L’IMMENSA MINIERA DI INFORMAZIONI, CHE NOI FORNIAMO OGNI GIORNO COLLEGATI IN RETE, COSTITUISCE UN GRANDE, PREZIOSO TESORO!


Oristano 28 aprile 2022

Cari amici,

Tutto (o quasi) è mutabile: ciò che oggi ha un gran valore, domani potrebbe essere carta straccia! La storia dell’uomo lo dimostra inequivocabilmente; ci basti pensare alla grande scoperta del vapore, che consentì alle potenti locomotive di spostarsi per migliaia di chilometri trasportando pesi enormi, oppure a quella del petrolio, che diede un colpo mortale alle scoperte precedenti. L’evoluzione non si ferma, se pensiamo che anche il petrolio appare oggi alla fine della sua carriera. Altre scoperte ci forniranno energia rinnovabile, che manderanno in pensione anche questa materia prima.

Il mondo oggi si muove ad una velocità enormemente superiore rispetto a quella dei secoli scorsi e la gran parte della produzione, del commercio e dei servizi si muove utilizzando la “Rete”, diventata, ormai, qualcosa di insostituibile, senza la quale l’uomo si ritrova assolutamente incapace. Immaginate Voi un mondo senza Internet? Credo proprio di no! Su questa rete immensa, che avvolge l’intero globo terrestre, viaggiano miliardi di miliardi di informazioni, che, costituiscono un patrimonio inestimabile, tanto che gli studiosi considerano questa immensa miniera di dati, più preziosa del petrolio, anzi potremo dire che le informazioni sono il petrolio del futuro!

Certo è un patrimonio non propriamente fisico, fatto di sequenze numeriche, ma possederlo in tutto o in parte, è come possedere qualcosa che vare quanto e più dell’oro, considerata la scarsa regolamentazione del loro utilizzo. Questi dati, infatti, vengono venduti sul mercato a prezzi davvero importanti. Un’attività, dunque, quella del commercio dei dati, estremamente lucrativa, tanto che nel mondo si affacciano grossi Big, come Alphabet (Google), Amazon, Apple, Facebook e Microsoft, considerate le cinque aziende quotate in borsa più importanti del mondo. I loro profitti sono in crescita vertiginosa: i dati confermano che hanno raccolto, in forma aggregata, oltre 25 miliardi di dollari in profitti netti in appena un trimestre!

Che possedere milioni di dati degli utenti costituisca un patrimonio monetizzabile, lo scrisse nero su bianco Clive Humby, data scientist e matematico inglese nel lontano 2006; fu Clive a coniare lo slogan "I dati sono il nuovo petrolio", slogan oggi ancora più forte di ieri. La domanda che sorge spontanea è: “Come fare soldi sui dati, e quali sono soprattutto i benefici per il cittadino produttore di questi dati? Innanzitutto, bisogna partire dal presupposto che sul Web non ci sono benefattori e nulla è dato gratis. Nessuno è disposto a fare il filantropo, e tutto quello che noi cerchiamo e troviamo su Internet e che riteniamo utile, viene ripagato chiedendoci preventivamente tutta una serie di dati che ci riguardano.

Se è pur vero che quando entriamo su Google noi troviamo quello che cerchiamo, così come quando operiamo sui social network, app, siti di e-commerce e altri motori di ricerca, restiamo soddisfatti in quanto sono tutti dati che ci semplificano la vita, consentendoci di vivere al meglio la nostra quotidianità, ormai aggrovigliata sempre più nella tecnologia, è anche vero che ne paghiamo il prezzo.  Questo prezzo è l’aver fornito in precedenza tutti i nostri dati: da quelli anagrafici alla professione, dallo stato civile al numero dei figli, dalle preferenze e gusti personali, alla fede professata. Si amici, queste informazioni, poi, vengono utilizzate dai giganti del web per disegnare i nostri profili, in modo da indirizzarci proposte commerciali che, giocoforza, incontreranno il nostro gradimento.

Scoprire che quando navighiamo nel web, senza che noi ci accorgiamo, viene fatta incetta di tante informazioni che nel mondo reale nessun commerciante oserebbe chiederci, ci fa forse pensare che magari questo sia una nascosta violazione della privacy? Forse sì, forse no. Nonostante l’entrata in vigore del GDPR, il nuovo Regolamento sulla protezione dei dati personali, a distanza di poco più di tre anni dalla sua comparsa, tale impianto normativo mostra le prime incapacità di controllo, le sue insofferenze, dinanzi alle sfide tecnologiche degli ultimi anni: intelligenza artificiale, algoritmi, bioprivacy, sistemi di riconoscimento facciale, fake news e altre tecnologie altamente pervasive. In una evoluzione dell’informazione che è sempre più rapida, anche le regole andrebbero costantemente aggiornate, seppure diventi difficile anche per gli Stati, mettere la museruola alle potenti catene prima indicate!

Cari amici, traghettare i valori della democrazia anche nella nuova società digitale 4.0. non sarà facile. La monetizzazione dei nostri dati, come abbiamo visto, è un fenomeno che certamente ha bisogno di essere meglio analizzato, per poter garantire a tutti una crescita equilibrata delle opportunità e quindi un impatto positivo sullo sviluppo economico e sociale, evitando quelle azioni che contribuiscono alla crescita della disuguaglianza. Proteggere responsabilmente quel patrimonio di informazioni oggi troppo libero, è una necessità ineludibile. Ci vorrà certamente tempo e molta buona volontà, ma sarà necessario farlo!

A domani.

Mario

 

 

mercoledì, aprile 27, 2022

PLASTICA: NUOVE E INTERESSANTI RICERCHE PER RISOLVERE IL PROBLEMA DELL’INQUINAMENTO. SCIENZIATI CINESI E GIAPPONESI HANNO SCOPERTO CHE ALCUNI FUNGHI E BATTERI SONO CAPACI DI DEGRADARE LA PLASTICA.


Oristano 27 aprile 2022

Cari amici,

Che l’inquinamento dei mari e degli oceani, dove ogni anno si riversano oltre 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, sia un problema serissimo lo sappiamo in tanti. Gli scienziati, in ogni parte del mondo sono al lavoro per cercare adeguate soluzioni, seppure molto difficili da trovare. Oggi voglio parlare con Voi di alcune recenti scoperte che potrebbero dare una mano. Due gli importanti studi, uno portato avanti dall'Istituto di Oceanografia, parte dell’Accademia Cinese delle Scienze, e l’altro dal Kyoto Institute of Technology, unitamente ad altri istituti giapponesi.

Secondo il team di ricerca dell'Istituto di Oceanologia cinese, guidato da Sun Chaomin, un particolare fungo marino è in grado di degradare efficacemente il polietilene e altre plastiche, con alcune tipologie che vengono degradate in pezzi in sole due settimane. I ricercatori hanno raccolto oltre 1.000 pezzi di rifiuti di plastica dal 2016 in poi e hanno potuto osservare che su alcuni campioni di plastica era presente un fungo particolare che, in circa quattro mesi, riusciva a provocare una riduzione delle dimensioni della plastica, oltre a cambiarne il colore, trasformando anche il materiale in piccoli frammenti.

L’analisi ha evidenziato le capacità del fungo, che si è confermato capace di degradare la plastica per circa il 95%, oltre ad essere innocuo per l'ambiente. I ricercatori hanno anche migliorato le condizioni di coltura e l'efficienza di degradazione del fungo. Il poliuretano, il poliestere e le plastiche biodegradabili possono essere degradati in frammenti addirittura entro due settimane. Il team di ricerca ha richiesto un brevetto nazionale per il risultato del proprio studio.

Considerato l’immenso riversamento di plastiche negli oceani, questi rifiuti sono ormai di alta pericolosità, in quanto sballottati nell'oceano diventano poi microplastiche che entrano nella catena alimentare globale, rappresentando una grave minaccia per l'ecosistema marino. I funghi marini, dunque, sono considerati un candidato promettente per la degradazione della plastica e possono offrire nuove soluzioni al problema dell'inquinamento plastico globale, ha osservato il ricercatore Sun Chaomin.

L’altro importante studio riguarda il comportamento di certi batteri particolari. A scoprirli è stato il Team guidato da Shosuke Yoshida, del Kyoto Institute of Technology, che ha operato unitamente ad altri colleghi di altri istituti giapponesi. Il risultato, ottenuto, riportato sulla rivista “Science”, è importante perché apre la strada a possibili, nuove soluzioni dei problemi ambientali, dovuti alla dispersione di questo materiale fortemente resistente alla biodegradazione.

Come il PET, la comune plastica con cui vengono prodotte le bottiglie per bevande, che questi batteri pare riescano a idrolizzare. Il risultato potrebbe aprire nuove strade per il riciclaggio di questo materiale, la cui dispersione nell'ambiente rappresenta un problema sempre più gravoso in tutto il mondo. Basti pensare che nel solo 2013, nel mondo sono state prodotte 56 milioni di tonnellate di PET, derivate per il 90 per cento dal petrolio. Si calcola inoltre che solo il 14 per cento circa viene separato e avviato ai processi di riciclaggio. Molti laboratori di ricerca, pertanto, cercano soluzioni possibili, come il reperimento di microrganismi in grado di digerire questo indistruttibile materiale: finora gli unici che sembrano capaci di farlo sono alcune specie di funghi, ma batteri ancora no.

Yoshida e colleghi hanno raccolto 250 campioni di detriti di PET e hanno testato la capacità di alcuni ceppi batterici che utilizzano il PET come fonte primaria di carbonio per vivere. Hanno così identificato un nuovo batterio, battezzato Ideonella sakaiensis 201-F6, che pare in grado di degradare quasi completamente un film sottile di PET dopo sei settimane alla temperatura di 30 gradi. Approfondendo i meccanismi utilizzati dal batterio, gli autori hanno identificato un enzima, denominato ISF6_4831 che, in presenza di acqua, è in grado di scindere il PET in una sostanza intermedia, che a sua volta viene degradata da un secondo enzima. In pratica, questi due enzimi da soli possono scindere il PET nei suoi costituenti fondamentali, e anche se l'intervallo di tempo richiesto è piuttosto lungo, potrebbero comunque trovare un'utile applicazione nelle tecnologie di riciclaggio.

Amici, che sia davvero arrivato il momento di sconfiggere la peste del millennio, chiamata plastica?

A domani.

Mario

martedì, aprile 26, 2022

UNA VERA DELIZIA DEI NOSTRI MARI: IL POLPO ARROSTITO ALLA BRACE. UNA RICETTA SEMPLICE E SFIZIOSA.


Oristano 26 aprile 2022

Cari amici,

Con l’arrivo della primavera cominciano, sempre più numerose, le uscite fuori porta; uscite, per noi che abbiamo il Sinis e le sue bellissime coste a portata di mano, dirette in particolare verso il mare. Le nostre spiagge, lo sappiamo bene, sono quanto di meglio la natura può offrirci, e, oltre al mare, anche una bella fetta dei suoi prodotti ittici, tra cui i gustosi polpi che in realtà da noi abbondano. Il polpo è un ottimo prodotto del mare che si presta ad essere cucinato in mille maniere: dall’insalata alla cottura al sugo, ottimo per accompagnare primi e secondi piatti, più che saporiti.

Ebbene, una delle ricette che apprezzo molto è quella semplice ma allo stesso tempo particolarmente gustosa: “Il polpo alla brace”. Non so quanti di Voi lo abbiano provato, ma Vi posso assicurare che risulta gustosissimo, capace di accontentare anche i palati più raffinati. Si, oggi per Voi riporto questa antica ricetta (un tempo i pescatori lo arrostivano su una roccia posta al centro di un fuocherello a riva, condito solo con del sale), sicuro che stimolerà la Vostra curiosa fantasia, e che vorrete davvero provarla! Eccola.

RICETTA DEL POLPO CUCINATO ARROSTO ALLA BRACE.

La ricetta del polpo arrosto è davvero una bella idea da presentare agli amici, magari riuniti per una delle prime uscite primaverili. Con questa ricetta si porta in tavola un secondo piatto di mare che risulta incredibilmente leggero, ma dal sapore talmente gustoso da leccarsi i baffi! Rispetto ad altre preparazioni possiamo addirittura considerare questa ricetta di grande semplicità e leggerezza; a tavola questo piatto può essere accompagnato da patate, verdure arrostite e insalate di vario tipo. Ecco come lo possiamo preparare.

INGREDIENTI (PER 3/4 PERSONE)

1 polpo da 2 kg, 50/70 ml circa di olio extravergine di oliva, qualche rametto di origano secco, origano fresco, sale e pepe in quantità secondo i gusti.

PREPARAZIONE

Dopo aver scelto un bel polpo al mercato o dal pescatore di fiducia, pulitelo per bene e poi mettetelo in una busta per alimenti in freezer per 3/4 giorni (quest’operazione è necessaria per rendere le carni del polpo molto più morbide e tenere). Il giorno destinato alla cottura, fatelo prima scongelare e poi mettetelo in pentola con acqua fredda, dove dovrà cuocere per 20/25 minuti circa, dopo che l’acqua inizia a bollire. Per far arricciare i tentacoli, appena l’acqua ha raggiunto il bollore, prendete il polpo per la testa e immergete i tentacoli più volte in pentola per pochi secondi.

Trascorsi i 20/25 minuti di cottura (a volte è necessario allungare un po’ il tempo), accertatevi che il polpo sia abbastanza morbido e aggiungete il sale a vostro gusto. Spegnete ora il fuoco e lasciate il polpo immerso nella sua acqua di cottura per un’oretta circa, dopo di che, di tanto in tanto, controllate anche la morbidezza con una forchetta. Infine, scolatelo in un piatto e fatelo raffreddare. Ora in una terrina larga preparate una marinata mescolando l’olio con sale, pepe, e origano; trasferite poi il polpo nella terrina della marinata, lasciando riposare in frigorifero per circa 30 minuti.

Se avete un barbecue all’esterno, preparate il fuoco e iniziate a riscaldare la griglia (possibilmente quella doppia che consente di girare il polpo ogni tanto durante la cottura). Scolate il polpo dalla sua marinata mettendo da parte l’intingolo che servirà anche dopo. Sistemate il polpo nella doppia griglia che poggerete poi sulla brace, girando spesso il polpo perché possa dorarsi al meglio; il tempo di cottura è di circa 6-8 minuti, nei quali spennellerete ogni tanto il polpo con la salsina rimasta. Ora il polpo arrosto è pronto per essere servito a tavola, magari su un bel tagliere di legno con i bordi, e Voi, con un affilato coltello, taglierete il polpo a tocchetti, facendo felici i Vostri ospiti! Potete anche aggiungere dell’origano fresco tritato nei piatti, rendendo questo piatto ancora più delizioso e profumato. Come vino consiglio un bel Karmis fresco di cantina. Buon appetito cari amici.

A domani.

Mario

 

 

lunedì, aprile 25, 2022

BUONI POSTALI FRUTTIFERI E PRESCRIZIONE: C’È CHI, A VOLTE SENZA SAPERLO, HA PERSO I RISPARMI DI UNA VITA!


Oristano 25 aprile 2022

Cari amici,

Avviata dall’Adiconsum è in corso presso l’Antitrust un’istruttoria circa il mancato pagamento di Buoni fruttiferi postali di numerosi risparmiatori che si sono visti volatizzare i risparmi di una vita. L’istruttoria, che dovrebbe esaurirsi in circa 3 mesi, riguarda il mancato rimborso di titoli presentati oltre 10 anni dopo la scadenza, e quindi incappati nella così detta “Prescrizione”.  Casi spinosi, alcuni per importi intorno ai 100 mila euro, che hanno riguardato anche risparmiatori dell’Oristanese, tra cui dei pensionati. Ma vediamo meglio come è regolata la “prescrizione” dei titoli di credito postali.

La “PRESCRIZIONE”, ovvero il mancato rimborso del capitale e degli interessi relativi ai titoli di credito postali (Buoni fruttiferi) in possesso del sottoscrittore, è regolata dal D.M. 19/12/2000. Questo Decreto, testualmente, all’art. 8, primo comma, prevede che «i diritti dei titolari dei Buoni Fruttiferi Postali si prescrivono a favore dell’emittente, trascorsi dieci anni dalla data di scadenza del titolo». Il problema, però, non è così semplice, risultando ben più complesso di quanto appare. Il cliente, all'atto della sottoscrizione, deve essere sempre edotto di questa possibilità, per quanto remota, e questa conoscenza deve risultare con certezza, ovvero da atto scritto.

Secondo l’Adiconsum, al momento della sottoscrizione dei Buoni fruttiferi emessi da Poste Italiane, non tutti i clienti sarebbero stati adeguatamente informati della scadenza e della possibile, conseguente prescrizione, come di norma deve avvenire nell’acquisto dei prodotti di investimento. Per questa ragione l’Adiconsum si è prima rivolta all’Arbitro bancario finanziario e poi all’Antitrust, che ha aperto l’istruttoria prima menzionata, su un’ipotesi di “pratiche commerciali scorrette”, contro Poste Italiane. Salvo proroghe, il procedimento si dovrebbe concludere entro fine luglio.

Poste Italiane, interpellata, ha dichiarato di aver già consegnato all’Antitrust la documentazione richiesta. L’Adiconsum Sardegna ha subito presentato all’Autorità una richiesta di accesso agli atti, così da poter visionare il materiale e valutare l’entità del fenomeno. Giorgio Vargiu, Presidente di Adiconsum Sardegna, ha dichiarato: “Dovremmo ricevere presto la documentazione”; a sottoscrivere i buoni fruttiferi non sono stati grandi investitori, ma semplici risparmiatori, convinti che Poste Italiane fosse un salvadanaio sicuro”.

Il problema è davvero serio, e riguarda in particolare i Buoni fruttiferi postali cartacei. Molte persone si sono lamentate apprendendo di aver perso i risparmi di una vita, in quanto mancanti di dimestichezza finanziaria. Certamente è necessaria da parte dell'emittente una maggiore informazione, che deve essere sempre dettagliata e corretta. Prima di sapere davvero come andrà a finire, ovvero se questi investitori poco accorti dovranno rassegnarsi a perdere il frutto di tanto lavoro, si aspetta la sentenza dell’Antitrust. La verifica riguarderà certamente l’analisi dei fascicoli di sottoscrizione dei Buoni, dove dovrebbe esistere, regolarmente sottoscritto, il Foglio Informatico Analitico (FIA), previsto nel D.M. del 19.12. 2000, che Poste Italiane era tenuta a far sottoscrivere al cliente, tenendone copia, e contenente tutte le condizioni contrattuali, tra cui la scadenza del buono. Essa spesso non era indicata nel retro del buono, ragione per cui il titolare non ne aveva conoscenza.

Cari amici, nella mia vita ho fatto il manager bancario, per cui credo che quanto oggi affermo sia davvero giusto e necessario, se vogliamo incentivare il risparmio. L'ETICA, LA CORRETTEZZA E LA TRASPARENZA devono essere sempre alla base di ogni rapporto finanziario. Vendere e comprare danaro, potrebbe apparire un mestiere facile ma non lo è; farlo in maniera poco accorta, senza dare la massima informazione sull’investimento che si vuole effettuare, può soddisfare l’oggi ma costerà ben più caro domani! Solo i comportamenti seri e corretti, improntati alla massima chiarezza, creano fiducia e pagano sempre!

A domani.

Mario

domenica, aprile 24, 2022

CREATA DAI RICERCATORI DELL'UNIVERSITÀ DI CAGLIARI "ACTIVE LABEL", UNA RIVOLUZIONARIA “ETICHETTA INTELLIGENTE”.


Oristano 24 aprile 2022

Cari amici,

Una straordinaria e rivoluzionaria “etichetta intelligente” è stata realizzata dai ricercatori dell’Università di Cagliari. Il suo nome è “Active label” ed è destinata a cambiare radicalmente il trasporto e la distribuzione dei prodotti agroalimentari. A fare la straordinaria scoperta è stato un gruppo di ricercatori guidato da Carlo Ricci, coordinatore scientifico del progetto. Frutto dell’innovativo lavoro che ha preso il nome di ‘Active label’, una particolare un'etichetta intelligente, di dimensioni inferiori a un centimetro quadro, in grado di avere un forte impatto sul trasporto e la distribuzione dei prodotti agroalimentari.

Carlo Ricci

“Contiene materiali capaci di individuare le variazioni della temperatura nel tempo e rende possibile la verifica delle condizioni di trasporto e stoccaggio" - ha spiegato Carlo Ricci, precisando anche che “Active label è in grado di verificare se è stato rispettato l'intervallo di temperatura ottimale di conservazione, di un determinato materiale edibile o sensibile alla temperatura. Questo permette di certificare la qualità e la sicurezza del prodotto confezionato, consentendo anche di ricalcolare la data di scadenza del bene e di limitare dunque gli sprechi”.

Il team di guidato da Carlo Ricci (hanno collaborato al progetto Active label, tra gli altri, Carlo Maria Carbonaro e Daniele Chiriu), che opera nella Cittadella universitaria a Monserrato, ha già brevettato il progetto, premiato tra i migliori tre d’Italia a Roma. Il progetto è nato con un investimento di 210 mila euro ricevuti nell’ambito dei primi contratti denominati Proof of concept, finanziati da Eureka! TT, fondo gestito da Eureka Venture, la prima venture capital asset management company italiana indipendente focalizzata nella ricerca scientifica e nel trasferimento tecnologico.

Il Prorettore Territorio e innovazione dell’Università di Cagliari, Fabrizio Pilo, dopo la riuscita del progetto ha così commentato: “L’ateneo ha accettato la sfida di Eureka ed è stato in grado di trovare le modalità per utilizzare capitali esterni per il trasferimento tecnologico. Sono molto soddisfatto per questo investimento. Ci muoviamo su ambiti inerenti all’ingegneria dei materiali avanzati. Abbiamo idee, strutture e figure all’altezza per una sfida molto motivante e competitiva”.

Struttura universitaria di Monserrato

Il team di Active Label è forte e motivato. Quanto ha realizzato garantisce il pieno raggiungimento dei risultati in un ambito, ad esempio nella filiera agroalimentare, ricco di prospettive di mercato e in attesa di nuove idee per innovarsi". "La mia soddisfazione per questo investimento - ha ribadito il Prof. Pilo, Prorettore Territorio e innovazione dell’Università di Cagliari - è grande; l’Ateneo ha accettato la sfida di Eureka ed è stato in grado di trovare le modalità per utilizzare capitali esterni per il trasferimento tecnologico. Abbiamo un gran numero di POC (Proof of Concept è l'esercizio principale per misurare, sondare e testare l'idea o il presupposto che sta alla base del successo di un progetto) concettuali, che spero possano presto seguire agevolmente le orme di Active Label”.

Carlo Ricci, tra leggi fisiche e ambiente

Cari amici, la Sardegna, io lo so bene, ha le capacità e le professionalità per raggiungere traguardi importanti; se è pur vero, come a molti è noto, che a livello nazionale siamo poco privilegiati, le eccellenze sarde, comunque, arrivano sempre al traguardo! Chissà che vette avremmo raggiunto, se avessimo avuto il giusto e dovuto supporto!

A domani.

Mario