Oristano
1 Febbraio 2013
Cari
amici,
la
chiacchierata di ieri con una mia cara amica mi spinge a parlarvi oggi di un
argomento sempre più spesso sulle pagine dei giornali: la violenza perpetrata
verso le donne. Questa violenza, messa in atto in una miriade di subdole maniere,
spazia dalla violenza fisica a quella psicologica, dalla privazione delle
libertà, anche le più elementari, allo stalking, con danni spesso irreparabili.
A questo bisogna aggiungere, poi, un
dato ancora più preoccupante: l’omertà. Potrebbe sembrare addirittura
incredibile ma oltre il 90% dei casi di violenza non viene denunciato!
Atteggiamento,
quello dell'omertà, derivante sia dalla qualità dell’autore della violenza (marito o compagno) che dal
luogo dove la violenza stessa è stata perpetrata (l’abitazione familiare), in ossequio a
quell’antico pudore che solo una donna conosce in tutta la sua interezza. “VIOLENZA”
domestica, violenza familiare, dunque, di dimensioni molto più ampie dei numeri
ufficiali, di cui conosciamo solo la punta dell’iceberg, chiusa per anni, o
addirittura per sempre, all’interno delle pareti domestiche. Solo l’atto violento
estremo della morte o la necessità di ricorrere ad urgenti cure mediche, spesso
la mette allo scoperto, mettendo in luce situazioni sotterranee prima coperte
da pietose e banali “giustificazioni” (“ho sbattuto contro una porta o uno
spigolo in casa”), addotte per mascherare e nascondere una realtà quotidiana non
lontana da quella medioevale.
Spesso anche
l’arrivo in ospedale di una vittima di queste violenze è ulteriore motivo di
ansia e vergogna. Difficile quando si è in uno stato prostrazione o sofferenza,
nel corpo e nell’anima, avere la forza di accusare l’aggressore (marito o compagno)
o inventare cause fantasiose del danno subito, spesso al limite della
credibilità. Oggi, però, grazie alla brillante idea di una cardiologa di
Grosseto, la Dottoressa Vittoria Doretti, un nuovo strumento si è aggiunto in
favore delle donne vittime di violenza, e in grado di contribuire a squarciare
quel velo di omertà che da sempre copre le nefandezze compiute in famiglia
dagli uomini. La Doretti, cardiologa anestesista di una piccola Asl locale,
quella di Grosseto, ha capito che era necessario garantire un’accoglienza
diversa da quella standard a chi aveva subito una violenza.
L’innovativa
idea della D.ssa Doretti prende il nome di “Codice Rosa”, un ulteriore “codice”
che si aggiunge ai normali codici di triage del pronto soccorso (rosso, giallo,
verde e bianco/azzurro) e identifica uno specifico percorso di accesso alle
cure, riservato alle vittime di violenze: donne, bambini, anziani, immigrati,
omosessuali. Il codice viene assegnato da personale appositamente formato, in
grado di riconoscere i segnali, non sempre evidenti, di una violenza subita
anche se non dichiarata. I questi casi entra in funzione una task force
composta da personale sanitario (medici, infermieri, psicologi) e forze
dell'ordine, mettendo in atto una importante assistenza psicologica che spesso risulta
addirittura prevalente rispetto alle cure fisiche praticate.
L’iniziativa
partita da Grossetto presto si estende: iniziano a sperimentare il nuovo “Codice
Rosa” i vari pronto soccorso delle Asl della Toscana prima e del Piemonte poi, istituendo
il nuovo servizio in molti degli ospedali dipendenti. Oggi la Doretti è
responsabile del “codice rosa” di tutte le Asl della Toscana ed ha garantito
che tutti i Pronto soccorso della Regione si stanno attrezzando per prestare il nuovo servizio.
Anche in
Sardegna, dal Novembre scorso, è partita la sperimentazione sul “Codice Rosa”. Messo
in atto prima dalla Asl di Cagliari, è partito presso il Pronto Soccorso del
San Giovanni di Dio; successivamente anche nella Asl di Nuoro si è dato vita
all’esperimento. Codice Rosa, quindi come nuovo strumento di tutela per dare “assistenza prioritaria” alle donne vittime
di violenza e stalking. Ci si augura che anche le altre Asl sarde recepiscano
subito il problema e istituiscano questo ulteriore supporto in favore di
persone deboli ed indifese.
A quando il “CODICE ROSA” anche alla Asl di
ORISTANO? Speriamo presto.
I dati
relativi all’ultimo anno appena trascorso sono impressionanti e dimostrano che
la violenza, verso le donne in particolare, è in continuo aumento. Nel 2012, in Italia, sono state 107 le donne morte ammazzate per mano di un ex,
del marito o del compagno. Mano assassina alla quale non può essere più
permesso, da parte di nessuna donna, di nascondersi dietro il paravento della
parola “amore”, perché l’amore malato non è amore. Altre iniziative legislative
debbono essere messe in atto per la reale protezione delle persone indifese.
Certamente qualcosa già si è fatto con
l'introduzione del reato di stalking e con una maggiore sensibilizzazione, anche
attraverso i media, ma il traguardo è ancora lontano. L'Istat ha comunicato che
in Italia ogni tre morti violente una riguarda una donna, vittima per mano del
partner; gli atti complessivi di violenza verso le donne ammontano a oltre 14
milioni. Nonostante la pesantezza dei numeri il dato più inquietante è che
oltre il 90% dei reati non viene denunciato, con livelli di “omertà familiare” che
fanno pensare al medioevo.
L’attuazione
del progetto “codice rosa” anche nella nostra Regione Sardegna è un ulteriore “segno
di civiltà” nella lotta contro ogni forma di violenza, anche quella
psicologica, attuata verso le donne e più in generale verso le categorie più
deboli. Tutti i progressi compiuti a favore delle donne vittime di violenza
sono stati resi possibili grazie alla caparbietà di donne tenaci (come la D.ssa
Vittoria Doretti) che hanno saputo trovare strumenti innovativi per sensibilizzare
sia le vittime che la popolazione, ed alle costanti iniziative attuate dalle
associazioni che da sempre sono in prima fila per debellare questa piaga.
Iniziative che si sono concretizzate con diverse normative di Legge.
Con la
legge 23 aprile 2009 n.38 (“Conversione in legge con modificazioni del
decreto-legge 23 febbraio 2009 n.11), recante misure urgenti in materia di
sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di
atti persecutori “ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.95 del 24 aprile 2009
è stato compiuto un importante passo in avanti per tutelare le donne vittime di
violenza e di atti persecutori. Inoltre il Senato ha votato all’unanimità, il
20 settembre 2012, una mozione unitaria firmata per invitare il governo a
ratificare la Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 sulla prevenzione e
la lotta nei confronti delle donne e la violenza domestica, che ha come
obiettivi principali la protezione delle donne verso ogni forma di violenza, l’eliminazione
della discriminazione per la concreta attuazione della parità tra i sessi, la
promozione della cooperazione internazionale e la predisposizione di politiche
per la protezione e l’assistenza alle vittime.
Il mondo
è ancora pieno di violenza e di molestie nei confronti delle donne. Bisogna,
però, avere il coraggio di non accettare, di reagire, di denunciare. E’
necessario smascherare l’uomo lupo rivestito da agnello! Voglio qui ricordare l’episodio,
ampiamente riportato dai Media, della deputata turca Fatma Salaman che volle presentarsi
in Parlamento con il volto tumefatto per esibire senza timore di fronte al
mondo la violenza subita dal marito. Le sue foto, che anno fatto il giro del
mondo, sono un esempio “forte” per tutte le donne che subiscono violenza
domestica, invitandole a fare altrettanto. Ella non solo ha denunciato il
marito, ma ha anche chiesto il divorzio.
La
palude della violenza è grande e insidiosa e le donne lo sanno! Ma questo, come
è avvenuto per tanti altri diritti in passato negati, non le deve fermare e non
le fermerà! Esse hanno la forza di reagire e reagiranno, vincendo certamente la
Loro battaglia! Quello fatto finora è poco: lungo è il cammino per arrivare
alla meta. Ma la caparbietà delle donne
arriverà al traguardo!
Grazie dell’attenzione
Mario
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