Oristano 30 Gennaio 2013
Cari amici,
la riflessione di oggi affronta un tema particolarmente preoccupante che riguarda certamente tutti noi: l’evoluzione “anomala” del sistema finanziario. Preoccupazione “globale” che non riguarda solo noi italiani, in ansia per il futuro della più antica banca italiana, il Monte dei Paschi di Siena, nelle cui casse è depositata una buona fetta del risparmio di tante famiglie, ma i risparmiatori di tutto il mondo.
Ad impensierire il risparmiatore-formica è lo stravolgimento degli strumenti finanziari messi in atto, quasi come in un gioco, dai maghi della “finanza creativa” che, passando disinvoltamente dall’economia reale a quella virtuale, hanno costruito castelli di carta sulla sabbia, facendo volatilizzare i sudati risparmi di numerose famiglie.
Giocare sui risparmi degli altri, cari amici, è un gioco indegno ed aberrante, portato avanti da quotati manager che, invece, avrebbero dovuto agire in modo ben più etico!
L’uomo, è pur vero, ha sempre amato il gioco. Fin da epoca remota re e imperatori, principi e nobili, classi sociali alte e infime, hanno cercato sempre di giocare con la sorte. Dai dadi alle scommesse, dalle corse degli animali alle manifestazioni sportive: tutto quello che era rischio creava, e ancora oggi crea, un morboso interesse a “rischiare”, a sfidare la sorte, scommettendo sull’esito, favorevole o meno, del risultato. Nel tempo questo bisogno dell’uomo di anticipare, “prevedere” il futuro, rischiando anche intere fortune, non è cambiato. Non solo. Nel tempo è avvenuto l’allargamento del raggio d’azione delle “previsioni dell’alea”, includendo anche l’andamento futuro dell’economia. Il gioco, quindi, è passato dalle scommesse giocose, fini a se stesse, anche a quelle che invece coinvolgevano l’economia reale, scommettendo sull’andamento delle stagioni, dei raccolti, e di quant’altro poteva avere oscillazioni. A questo fine sono nati appositi strumenti capaci di mitigare o annullare il rischio, dietro pagamento di un corrispettivo definito.
Strumenti, dunque, nati per cautelarsi sui rischi che nei vari campi dell’economia reale si corrono, al fine diminuirne la rischiosità. Da utile, però, lo strumento finanziario creato si è trasformato in un aberrante gioco che, come un grande mostro, si è rivoltato contro i suoi stessi improvvidi creatori. Dai primi contratti di copertura, i “Futures”, nati per stabilizzare il prezzo dei cereali, si è arrivati a moltiplicare lo strumento iniziale, “creando” ad imitazione altri nuovi strumenti dai nomi più fantasiosi. : Cds, swap, Interest Rate Swap e numerosi altri. Dal previdente scopo iniziale la fantasia della “Finanza Creativa” ha, di volta in volta, messo in campo marchingegni nuovi, capaci di mettere l’economia reale in secondo piano, in favore di un’inesistente economia “virtuale” . Le cifre che evidenziano questi strumenti, diffusi ormai in tutto il mondo, sono impressionanti: gli strumenti derivati valgono oggi 637 mila miliardi di dollari, circa dieci volte il PIL mondiale, e hanno scatenato i maggiori scandali economici degli ultimi anni, a partire dai mutui “Sub Prime”. I “derivati”, come possiamo immaginare, sono strumenti ad altissimo rischio, ma i guadagni che garantiscono (in casi di previsione positiva) li rendono difficili da abbandonare. Rischi pericolosissimi che finora hanno causato buchi pesanti nei bilanci di alcune delle più grandi banche: dai colossi di Wall Street al recente caso della più antica banca italiana, il Monte dei Paschi di Siena.
Credo che il piccolo risparmiatore, quello abituato a portare il modesto risparmio frutto del suo lavoro in banca, sia curioso (non solo Lui, in verità) di sapere qualcosa di più su questi infernali strumenti che, arbitrariamente e senza il suo consenso, mettono in serio rischio e pericolo la solidità della “sua Banca”, quella che custodisce i suoi sudati risparmi. E’ pensando di fare cosa utile che ho deciso di mettere nero su bianco quanto è a mia conoscenza sugli “STRUMENTI DERIVATI”.
In finanza, è denominato strumento derivato (o anche, semplicemente derivato) ogni contratto o titolo il cui prezzo sia basato sul valore di mercato di uno o più beni (quali, ad esempio, azioni, indici finanziari, valute, tassi d'interesse), di cui è riferimento e che costituisce il “bene reale sottostante”. Questi beni di riferimento possono avere diversa natura: può trattarsi come detto di azioni, di obbligazioni, indici finanziari, prodotti di commodity come il petrolio, il grano o altro bene reale, anche se esistono derivati basati sulle più diverse variabili, perfino sulla quantità di neve caduta in una determinata zona o sulle precipitazioni o variazioni climatiche. I derivati sono normalmente oggetto di contrattazione in molti mercati finanziari regolamentati, ma non in esclusiva. Essi, infatti, sono anche massicciamente trattati in mercati al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati alternativi alle borse vere e proprie, detti over the counter: si tratta di mercati creati da istituzioni finanziarie e da professionisti tramite reti telematiche e, quindi, non regolamentati. La notevole diffusione raggiunta recentemente dagli strumenti derivati è dovuta alla “globalizzazione dei mercati” ed alla contestuale introduzione dei computer che permette di svolgere velocemente il complesso calcolo di prezzi che sono relazionati tra loro.
Derivati, quindi, nati come strumenti capaci di “coprire un rischio” (hedging). L’operazione di utilizzo di un “derivato” è semplice: basta impostarla in modo da creare l’effetto opposto rispetto all'operazione che si vuole coprire (ad esempio, una opzione put può coprire il rischio di un acquisto di uno strumento finanziario; se le quotazioni calano, l'opzione put aumenta di valore più che proporzionalmente, riducendo la perdita maturata del sottostante). In questa configurazione risultano molto utili per coprirsi dai rischi di prezzo (oscillazioni del prezzo del sottostante), tasso (modifica dei tassi di interesse) o cambio (oscillazioni del tasso di cambio). Nel corso degli anni l’uso dei derivati si è esteso ad altre aree, come ad esempio quella della copertura dei rischi di credito. Sono nati così i credit default swap, che ora sono tra i derivati più diffusi. Con questo strumento una delle due parti si “assicura” contro l’eventualità di un default di una terza parte, cioè di un suo fallimento. Il pesante allarme derivati è scattato con la crisi finanziaria del 2008, causata appunto da una categoria particolare di questi strumenti finanziari. Tali derivati erano costruiti sui mutui che sarebbero diventati presto spazzatura perché i sottoscrittori, che li avevano ottenuti a prezzi bassissimi (sub-prime), non avrebbero saputo più come pagarli. La crisi del settore immobiliare ha quindi trascinato con sé il mercato dei derivati e lo stesso settore bancario, scatenando poi una reazione a catena. Nonostante le nefaste conseguenze, che hanno causato buchi pesantissimi nei bilanci di alcune delle più grandi banche di tutto il mondo, l’uso dei derivati non è calato ed ora ha fatto scoppiare i bilanci della più antica banca italiana: il Monte dei Paschi di Siena.
Il rischio di un derivato, cari amici, è qualcosa di difficile da stimare poiché la funzione di pay-off dipende da una variabile sottostante di cui non è nota la distribuzione di probabilità. Se apparentemente il rischio è limitato al capitale investito, questa è solo ipotesi, poiché mentre con le opzioni è possibile perdere al massimo il valore di acquisto dell'opzione (l'intero capitale, se si comprano senza copertura), nel caso dei future non è infrequente poter subire perdite superiori rispetto all'intero capitale. Ad esempio, acquistando un future call di un bene che subisca un notevole apprezzamento (ci si è impegnati ad acquistare una certa quantità di una commodity, nel futuro, ad un prezzo non noto): se il prezzo di quest'ultima sale alle stelle, le perdite possono essere potenzialmente illimitate!
Nel recente caso che sta impensierendo l’opinione pubblica italiana, avvelenando anche la campagna elettorale in corso, lo “Strumento Derivato” usato da MPS era basato sui mutui ipotecari. Il caso, esploso in tutta la sua gravità dopo il 20 gennaio con le dimissioni di Giuseppe Mussari dalla presidenza dell’Abi, si basava su una operazione in derivati nota con il nome di Alexandria. Il contratto, stipulato tra Mps e la nota banca giapponese Nomura, avrebbe consentito una correzione nel bilancio di Mps di 220 milioni di euro. L’operazione Alexandria sarebbe servita alla banca senese di Rocca Salimbeni per abbellire i conti del 2009, scaricando su Nomura le perdite di un derivato basato su rischiosi mutui ipotecari. L’operazione, però, non finiva li. Un patto rimasto segreto tra MPS e Nomura avrebbe consentito ai giapponesi di riversare su MPS la perdita, attraverso un contratto a lungo termine, non trasmesso dall’allora vertice di Mps, guidato da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, ai revisori dei conti Kpmg e a Bankitalia.
La tempesta scatenatasi su MontePaschi si arricchisce anche di ipotesi ancora più allarmanti: un giro di tangenti legate alle passate e presenti operazioni spericolate in “derivati”. Una traccia la si rileva in un vecchio rapporto della Guardia di finanza, protocollato con la data del 12 maggio 2010 e inviato alla Procura di Milano. Vi si racconta per filo e per segno la storia di come una filiale estera del Monte dei Paschi fece da tramite per un'operazione apparentemente senza senso. Una banca tedesca, la Dresdner Bank, emette dei derivati, il Montepaschi li compra e poi li rivende alla stessa Dresdner, dopo averli - come dire - ripuliti dai rischi. Una stecca da 600mila euro prende la strada di una fiduciaria svizzera, la Lutifin Services. L'indagine svolta dalla Finanza ed il rapporto relativo, però, non decollano, e le accuse a Baldassarre e al suo vice vengono archiviate. In MPS le operazioni sui derivati, nonostante tutto, continuano senza limitazioni: oggi sono al vaglio degli inquirenti altre pesanti operazioni poco chiare, come 8 bonifici per 17 miliardi di euro che da Siena si dirigono verso Londra, Amsterdam e Madrid. Per i PM che indagano e cercano di seguire il tortuoso percorso, oltre 2 miliardi dei 17 rientrano in Italia con lo scudo fiscale: sono una probabile mazzetta?
Credo che ci sia poco da commentare. Quando nell’economia e nella finanza non si applicano quelle norme di corretta gestione, di trasparenza e di etica è necessario porre, da parte delle Autorità di vigilanza, concreti argini per la salvaguardia del pubblico risparmio garantito dalla nostra Costituzione. Quando anche la più antica banca italiana, con una antica è nobile tradizione, ha tradito il suo passato, non è più tempo per stare a guardare. Quando il suo orgoglioso motto "Riferire ogni comportamento all'etica della responsabilità, che impegna ad essere sempre orientati al servizio, all'integrità e alla trasparenza, alla correttezza negli affari", che costituiva l'incipit della sua “Carta dei Valori”, è stato stravolto e stracciato da amministratori senza scrupoli , è tempo di “Reali e concreti cambiamenti”.
L’etica deve tornare a governare l’economia.
Tutti, a parole, sostengono che è tempo di “Cambiare l’Italia” ma è necessario farlo con i fatti, non con le parole!
Chissà se gli italiani hanno preso coscienza che in giro ci sono troppi furbetti che come “il Gatto e la Volpe” cercano di allettare e depredare “Pinocchio”. E’ tempo per gli italiani di chiudere per sempre il libro delle “favole” e operare concretamente, con forza e determinazione, per “ ricostruire la squadra” (abbiamo gli strumenti per farlo, non estraniamoci delegando ad altri), augurandosi che sarà capace di rivitalizzare l’economia, eliminare gli sprechi e ridare serenità, dignità e lavoro, a partire dalle nuove generazioni.
Grazie della Vostra attenzione.
Mario
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