L’uomo ha sempre comunicato. Non c’è mai stata un’epoca in cui la comunicazione fosse solo linguaggio dei segni o solo “lingua parlata”. Nei millenni dell’evoluzione umana alla rappresentazione visiva ed al linguaggio, che aveva portato a sistemi complessi di grafia, fra ideogrammi, parole, suoni e numeri, si sono poi aggiunte altre innumerevoli strutture espressive fino ad arrivare alle tecniche di oggi. Possiamo chiamare questa evoluzione “la nascita della storia dell’uomo”.
Evoluzione non solo comunicativa che a partire dalle antiche civiltà, quella dei Sumeri, degli Egizi, dei Fenici dei Romani e di tutti quelli che poi si succedettero, segna un cambiamento lento ma inesorabile, che coincide con lo sviluppo dell’agricoltura, il passaggio dei popoli da nomadi a stanziali e la trasformazione dei sistemi di governo delle Comunità su scala più ampia, creando nuove norme e leggi, capaci di una gestione più ampia: da quella delle tribù a quella delle Nazioni. Non si può non comunicare! La comunicazione è un elemento connaturato nell'uomo: nessuno può esistere senza comunicare.
“…la parola è un potente signore che, pur dotato di corpo piccolissimo e invisibile compie le opere più divine. Essa può far cessare il timore, togliere il dolore, dare una gioia, accrescere la compassione. Chi la ascolta è invaso da un brivido, dal terrore, da una compassione che strappa le lacrime e da una struggente brama di dolore. Il fascino divino che suscita la parola è anche generatore di piacere e può liberare dal dolore. La forza dell’incantesimo, accompagnandosi all’opinione dell’anima, la seduce, persuade e trasforma per mezzo del suo incanto.”
Queste parole, se ce ne fosse bisogno, sottolineano il riconoscimento, sin da tempi remoti, della forza della comunicazione nella nostra società.
Dal postulato di Watslavick(1): " Non si può non comunicare", valido più che mai, ne consegue che:" Chi non comunica non esiste".
Oggi, non solo in città ma anche nei centri più sperduti, la pubblicità è cosi diffusa e martellante che fa parte integrante del nostro vivere quotidiano. Credo che inquini anche il nostro sonno. Il mondo intero è pubblicizzato, non solo i suoi prodotti. Nessuno spazio ne è immune. La mattina andando al lavoro in auto ci martella già la radio, con i fatti del giorno; lungo il percorso, dai grandi cartelloni ai bordi delle strade, splendide gigantografie di corpi ammiccanti ci invitano a consumare di tutto e di più. Senza parlare dei settimanali, dei giornali quotidiani, del cinema, della televisione, che, attraverso subdoli messaggi subliminali(2), ci rendono automi consenzienti, spesso senza saperlo. Evoluzione rapida, spesso incontrollabile, che non si sa a quali futuri livelli arriverà.
Ho voluto doverosamente fare questa premessa per introdurre uno dei miei soliti racconti, riferiti al mio periodo giovanile, dove cerco di riportare, a chi non l’ha vissuto, quel modo antico di pubblicizzare e di comunicare che era in uso negli anni del dopoguerra (anni ’50 e ’60) e che si concretizzava attraverso la figura del “Banditore”.
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(1) Paul Watzlawick (Villach, 25 luglio 1921 – Palo Alto, 31 marzo 2007) è stato uno psicologo e filosofo austriaco naturalizzato statunitense, eminente esponente della statunitense Scuola di Palo Alto, nonché seguace del costruttivismo, derivante dal pensiero relativista del costruttivismo filosofico. Inizialmente di formazione psicoanalitica junghiana, successivamente fu tra i fondatori e tra i più importanti esponenti dell'approccio sistemico.
(2) Messaggio subliminale (dal latino sub, sotto, e limen, soglia, in riferimento al confine del pensiero conscio) è un termine mutuato dal linguaggio della pubblicità ma che, in psicologia, si riferisce ad un'informazione che il cervello di una persona assimilerebbe a livello inconscio. Può essere trasmesso attraverso scritte, suoni o immagini che trattano un qualsiasi argomento che nasconde al suo interno - come in un codice cifrato - ulteriori frasi o immagini avulse dal contesto iniziale che rimarrebbero inconsapevolmente nella memoria dell'osservatore.
La pubblicità locale, invece, era appannaggio di una figura che i giovani di oggi non hanno avuto il piacere di conoscere, una figura curiosa, particolare: quella del banditore. Il tempo ha cancellato questo Guru del messaggio, questo gran sacerdote, che con la sua voce forte e suadente, riusciva, unico depositario del messaggio pubblicitario, a reclamizzare i prodotti locali ed a ‘seminare’ tra la popolazione i primi germi del consumismo. La scelta del banditore non era una scelta qualunque. Il soggetto deputato a questo particolare incarico doveva assommare una serie di qualità e caratteristiche non comuni. Oltre una voce chiara e potente doveva essere particolarmente efficace nel ‘messaggio’, persuasivo e invitante, dolce e forte allo stesso tempo, capace di allettare anche quelli più restii ad acquistare il prodotto reclamizzato.Allora era tutto molto diverso. In quegli anni, soprattutto nei piccoli centri, nelle spoglie piazze in terra battuta o acciottolato, illuminate da scarne luci di piccole lampadine a incandescenza montate su plafoniere in ferro-smalto bianco, pochi erano i cartelloni pubblicitari collocati dalle grandi case produttrici di prodotti di largo consumo: reclamizzavano birra (Peroni, Ichnusa) e liquori (Fernet, Cinar, Stock, Martini e poche altre). Questa cartellonistica era realizzata in lamiera smaltata, di piccolo formato e collocata in sede fissa nei luoghi più visibili, principalmente in Piazza. Gli altri mezzi pubblicitari erano ancora poco utilizzati: Se oggi in un giornale di 100 pagine la metà è di pubblicità ieri, forse non raggiungeva neanche il 10 per cento. La diffusione dei giornali, inoltre, era scarsa, la televisione muoveva primi passi e la radio diffondeva, dalle sue enormi casse piene di valvole, gracchianti messaggi pubblicitari di prodotti nazionali.
Questo segnale richiamava giovani e vecchi fuori dalle case, curiosi di ascoltare le novità, oltre che un innumerevole stuolo di bambini. Con la tromba, usata come un ‘pastorale’, iniziava sempre “su bandu” nello stesso modo, indirizzando lo sguardo verso il crocchio delle persone che pendeva dalle sue labbra: “ E si ettada su bandu…”, accompagnando le parole con ampi gesti delle mani che continuavano pomposamente a mantenere la tromba. Le comari ascoltavano attente, in gruppo intorno a lui, nell’attesa di conoscere tutti i particolari e le novità. Terminata la diffusione del messaggio, pur incalzato da mille domande, lentamente, a piedi o a cavallo, continuava “ il giro”, per fermarsi, poi, nel vicinato successivo e continuare a diffondere il messaggio ricevuto.
La ricordo con grande lucidità questa particolare figura che noi ragazzi seguivamo, come in un gioco, per tutto il percorso. Egli era praticamente l’unico depositario delle novità, di quel poco di ‘nuovo’ che in quegli anni si muoveva. Era allo stesso tempo radio, giornale e Gazzetta Ufficiale. Reclamizzava con enfasi sia l’arrivo nel paese dei venditori dei prodotti della montagna che le macellazioni del fine settimana, l’apertura di un nuovo spaccio o l'arrivo dei pesci freschi da Cabras; l’organizzazione delle feste del Paese o l’arrivo nei locali del Comune dell’esattore per la riscossione delle imposte (s’affoghizzu) (3).
Da buon showman adattava tono e intensità della voce al contenuto del messaggio: triste o lieto che fosse. Pesava le parole come un grande attore, arricchendo il messaggio con ampi gesti delle mani e delle braccia e con posture che davano al messaggio un tono di spettacolo. Era un grande trasformista!
Era lui il re del messaggio, regista e attore di una commedia con un unico soggetto.
Chissà se Vespa lo avrebbe invitato a Porta a Porta!
Grazie della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario
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(3) “ S’affoghizzu”, termine che indicava l’imposta da pagare. Il termine che deriva dal verbo sardo “affoghizzare”, preparare il fuoco, sta forse ad indicare che l’esattore portava via, come il fuoco, i pochi risparmi delle famiglie.
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