Oristano 23 agosto 2021
Cari amici,
Dopo i recenti, sanguinosi
crolli di ponti e viadotti, in particolare il Ponte Morandi di Genova, ci si è
posti seriamente il problema della qualità del cemento moderno, in apparenza solido,
sicuro e di lunga durata, ma che, invece, in realtà dopo pochi decenni inizia a deteriorarsi creando danni e tragedie di dimensioni anche colossali. Gli scienziati e i
ricercatori, che amano sempre fare analisi e controlli, si sono posti il
problema del perché, invece, le antiche costruzioni romane, realizzate con un cemento all’apparenza
più semplice e meno resistente sia ancora efficace e compatto dopo millenni. Si,
amici, sono passati 2000 anni e le costruzioni realizzate con ‘calcestruzzo romano’
sono ancora solide, ovvero le migliori al mondo.
“Inespugnabile
alle onde marine e ogni giorno più resistente del giorno precedente”, così
descriveva Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia (77 d.C.), le
caratteristiche di quell’impasto che sarebbe rimasto intatto per migliaia di
anni. Una previsione, la sua, che le strutture in calcestruzzo costruite nei
porti, dove sono esposte all'impatto costante delle onde di acqua salata,
diventano "ogni giorno più forti e resistenti, come una sola massa di
pietra impermeabile". Lo
scrittore romano non stava per niente esagerando. E per anni gli scienziati si
sono chiesti come fosse possibile che le costruzioni romane, realizzate con le
prime forme di calcestruzzo, rimanessero così solide nel tempo mentre quelle
moderne si sbriciolavano dopo qualche decennio.
Questa antica solidità
cementizia ha incuriosito non poco gli scienziati, tanto che un team di geologi
e geofisici dell'università dello Utah ha voluto andare a fondo del problema. La
geologa e geofisica Marie Jackson ha analizzato a fondo il porto romano della
baia di Pozzuoli a Napoli. Gli studi durati alcuni anni l'hanno portata alla
conclusione che il segreto fosse da ricercare nel mix fra cenere vulcanica,
malta, tufo e acqua con cui venivano realizzate le opere. Lei e i suoi
colleghi, che hanno pubblicato il nuovo studio sulla rivista Mineralogist,
hanno scoperto che l'ingrediente segreto che rende indistruttibili i porti romani
attraverso un processo chimico è proprio l'acqua di mare. Questa entrando in
contatto con la cenere vulcanica permette ai minerali di crescere, dando vita a
composizioni ricche di silice, simile ai cristalli delle rocce vulcaniche.
Questi cristalli fortificano la cementazione e aumentano così la resistenza del
calcestruzzo.
Il segreto della
indistruttibilità del materiale romano sta dunque nella miscela di acqua
salmastra, calce e cenere vulcanica, un mix che mantiene la capacità di continuare
a mineralizzare nel tempo. A ogni frattura di erosione la pozzolana - che non a
caso prende il nome dalla città campana di Pozzuoli - reinnesta la reazione che
produce cristalli di ricompattamento. Questo tipo di cemento è stato utilizzato
in una quantità di costruzioni, comprese quelle monumentali come il Pantheon a
Roma, ma gli scienziati non avevano mai capito come questa miscela potesse
resistere all'effetto erosivo e corrosivo del mare. Amici, il cemento romano,
dunque, oggetto di studio da parte di molti scienziati di tutto il mondo, che
rimangono tutt’oggi affascinati dalle straordinarie caratteristiche del
conglomerato. Nonostante questo, però, la “ricetta” di questo cemento resta
quasi un mistero: sebbene siano stati scoperti gli “ingredienti”, le dosi
rimangono ancora incerte. Tuttavia, seppure le quantità e i dosaggi rimangono ancora sconosciuti, almeno
gli elementi del cemento romano ora sono ben noti.
Vitruvio |
Il primo ingrediente
fondamentale del cemento romano era la calce viva, realizzata dalla cottura di
pietre calcaree. Alla calce veniva poi aggiunta acqua, in quantità non nota, e
si mescolava successivamente l’impasto con la cenere vulcanica, ottenendo una
malta resistente; secondo l’architetto e ingegnere del primo secolo a.C.
Vitruvio, il rapporto ideale per realizzare un’ottima miscela era tre parti di
cenere vulcanica e una parte di calce. Ottenuta la malta essa veniva poi
mescolata con pezzi di mattoni o tufo, proprio come oggi vengono aggiunti gli
aggregati inerti all’impasto cementizio.
Ora i ricercatori,
insieme all'ingegnere geologico Tom Adams, vogliono provare a sviluppare la
composizione del calcestruzzo romana sulle future costruzioni marittime. Tra
gli obiettivi ci potrebbe essere la laguna di Swansea in Gran Bretagna dove si
pensa di sfruttare l'energia delle maree: "Un prototipo di cemento
romano potrebbe rimanere intatto per secoli permettendo, tra l'altro, di
recuperare anche i costi sostenuti per la costruzione". "In
realtà - spiega Jackson - normalmente questo processo di corrosione sarebbe
negativo per i moderni materiali. Invece in quelli di allora funziona e
prospera. Non è detto che si possa applicare la formula in tutti gli impianti
futuri, ma vogliamo provarci".
Cari amici, visto il
grande successo duraturo di questo conglomerato, con il quale sono stati
costruiti anche importanti edifici, come il possente Pantheon di Roma, oppure, senza
andare a cercare altrove, come fu costruita la nostra Tharros, che conserva tracce
indelebili di questo sistema costruttivo, che ancora oggi presenta pochissimi segni di deterioramento. Il
calcestruzzo romano, vecchio di duemila anni, fa invidia alle più sofisticate tecniche
di costruzione odierne e sottolinea quanto i romani siano stati un popolo
rivoluzionario anche nel settore dell’ingegneria e delle costruzioni.
A domani, amici lettori.
Mario
ROMA, IL PANTHEON |
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