Oristano 3 maggio 2020
Cari amici,
Che l'aloe fosse una
pianta che per sue capacità curative non aveva eguali, lo avevano già constato
migliaia di anni fa. Gli effetti benefici dei derivati di questa pianta erano già
noti circa 1500 anni prima di Cristo, nella Mesopotamia,
nell'Egitto dei Faraoni e poi tra gli antichi greci e romani. L’uso era
riferito ai diversi problemi di salute dell’epoca, soprattutto quelli legati
alle affezioni della pelle. I medici del passato ne apprezzavano l'effetto
cicatrizzante, che rendeva l'Aloe vera adatta a curare piccole ferite,
escoriazioni e bruciature.
Nei secoli successivi i
suoi componenti assunsero un ruolo importante anche come antibatterico e
lassativo. L’Aloe, dunque, felicemente considerato un efficace rimedio popolare
durato molti secoli. Successivamente maturò anche l'idea che l'aloe potesse
risultare utile anche per curare il cancro. Uno dei principali sostenitori di
questa teoria, non dimostrata però da studi scientifici negli esseri umani, fu Padre
Romano Zago, un frate francescano nato in Brasile nel 1932, che in una
sua pubblicazione descrisse le proprietà quasi "miracolose" di questa
pianta, capace di curare rapidamente anche i tumori in fase avanzata.
Come succede in casi come
questo, la pubblicazione fece non poco scalpore, e servì ad accelerare gli
studi sulla pianta da parte degli scienziati. I risultati, però, nonostante i
numerosi studi, non hanno ancora ottenuto risultati convincenti; la teoria del
francescano, pertanto, rimane ancora tutta da dimostrare. Gli studi però
continuano, e determinati componenti dell’Aloe sono costantemente testati sia
nella cura che nella prevenzione di questa terribile malattia.
L'Aloe vera, amici, è una
pianta oggi piuttosto comune anche in Italia. Le sue foglie spesse e carnose la
fanno assomigliare a un cactus, ma dal punto di vista della classificazione
botanica è molto più simile all'aglio e alla cipolla. Del genere Aloe esistono
moltissime specie, di cui la più nota è senza dubbio l’Aloe vera. I prodotti
derivati più comuni sono il gel contenuto nella parte centrale della foglia e
una sostanza chiamata lattice che si trova invece immediatamente sotto la parte
verde ed esterna della foglia. Il succo che cola dalla foglia contiene quindi
entrambe le sostanze.
Il Gel ricavato dalla
pianta costituisce la base per il confezionamento di creme utili nel trattamento
di alcuni problemi cutanei, come piccole ferite o bruciature non proprio gravi.
Come per altre piante anche l’utilizzo dell’Aloe non è esente da rischi.
Nonostante i contenuti delle piante siamo ritenuti spesso innocui perché
"naturali", anche i prodotti contenenti Aloe, in casi particolari, possono
interferire con l'azione di alcuni farmaci e causare di conseguenza gravi
problemi alla salute.
Cari amici, nonostante
nessuna base scientifica certa confermi che i componenti dell’Aloe possiedano degli
effetti antitumorali, gli studi continuano. Di recente, il laboratorio di
Neuropatologia Molecolare dell’Unità di Neuropatologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed
di Pozzilli, nella sua ricerca ha evidenziato che l’estratto dell'aloe potrebbe
diventare un ottimo alleato nella guerra contro il cancro al cervello, il
glioblastoma multiforme; lo studio, tutto italiano, ha dimostrato infatti che questo
estratto è in grado di inibire la crescita tumorale. Lo studio è stato pubblicato
sulla rivista Environmental Toxicology con la firma della dottoressa Antonella
Arcella.
La dottoressa Arcella ha
spiegato che la sperimentazione fatta si è concentrata su un estratto di Aloe-emodina,
che già in passato aveva evidenziato delle proprietà antineoplastiche, che
però non erano state testate su cellule di glioblastoma. I test eseguiti dagli
scienziati italiani “in vitro” e anche in “vivo”, hanno evidenziato che
l'aloe-emodina era in effetti in grado di causare una inibizione della crescita
tumorale nelle cellule coltivate in laboratorio, così come nei modelli animali
in cui la sostanza è riuscita a limitare lo sviluppo della malattia.
Il glioblastoma
multiforme, amici, è considerato il più grave e comune tumore al cervello degli
adulti ed ha un trattamento che di solito è chirurgico, al quale si associano
chemio e radioterapia. Le cellule di questo cancro però sono molto invasive,
riescono a reagire e adattarsi, incrementando il rischio di recidiva che spesso
ha una prognosi molto negativa. Gli studi proseguono e, seppure non si possa ancora
cantare vittoria, i ricercatori, sono entusiasti dei risultati ottenuti; fanno ovviamente
sapere che saranno necessari ulteriori studi per capire se questa sostanza
possa essere effettivamente utilizzata come coadiuvante alle terapie
attualmente impiegate.
“Ci sarà naturalmente
bisogno di approfondire l’azione della molecola – ha
spiegato la ricercatrice – e di valutare l’effetto dell’aloe-emodina associato
al Temodal (attuale farmaco per la terapia del tumore cerebrale) e
analizzare gli eventuali effetti tossici su cellule normali, prima di poter
pensare ad un uso clinico. La prospettiva che ci si apre, però, è molto
interessante: l’aloe emodina potrebbe diventare un’arma in più contro il
glioblastoma”.
A domani, amici.
Mario
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