Oristano
25 Luglio 2016
Cari amici,
Che la sanità pubblica
sia un pozzo senza fondo, con sprechi all’inverosimile, non sarò certo io il
primo a dirlo! Ma se per cercare di mettere un tampone alla falla, anziché eliminare
gli sprechi veri si cerchi di togliere ai malati anche la possibilità di fare
gli esami di prevenzione (per evitare guai molto più seri e costosi) mi era
sembrato fin dal primo momento una mossa non solo sbagliata ma portatrice di
conseguenze ben più gravi, nel periodo medio-lungo.
Nel Settembre dello
scorso anno il Governo ha emanato un provvedimento, definito “Decreto Appropriatezza
“, che, di fatto, ha abolito il ticket (costringendo i pazienti a fare gli esami a proprie spese) per circa 203 prestazioni sanitarie, provocando
a cascata un una valanga di lamentele, in particolare proveniente dai ceti meno
abbienti. La norma, meglio nota come Decreto Lorenzin dal nome del Ministro per
la salute, ora sta per essere rivisto, in quanto ci si è resi conto che andava
a minare i livelli essenziali di assistenza sanitaria. Il Decreto, infatti,
poneva delle condizioni molto stringenti per la prescrizione delle prestazioni
fuori tutela: assommerebbero addirittura a circa 22 milioni le prestazioni
mediche a rischio, la maggior parte delle quali costituite da analisi.
I cittadini penalizzati
dal decreto, pensate, sono un vero e proprio esercito: dalla signora cinquantenne che
si è sentita rifiutare la “ricetta rossa” per una risonanza magnetica alla
schiena, al quarantenne che non ha potuto ripetere l’esame consueto del
colesterolo, dalla giovane donna a cui viene negata una mammografia di
controllo, al bambino che necessita di essere sottoposto a test allergologici,
che deve farsi fare la ricetta non solo dal pediatra, ma anche dallo
specialista allergologo. Non va meglio neanche a chi riesce a farsi fare la
tanto agognata prescrizione: ad esempio, una persona in grave sovrappeso che
deve sottoporsi ad accertamenti, per quanto abbia diritto alla ricetta, d’ora in
poi non pagherà più i soliti 20 euro di compartecipazione (16 analisi
distribuite su due ricette, 10 euro a ricetta) ma dovrà sborsare 50 euro.
L’importo corrisponde alle 5 ricette rosse su cui, secondo il decreto, vanno
distribuite le analisi. E l’elenco potrebbe continuare per molte altre
possibili patologie.
La normativa, proprio
per poter costituire un imperativo inderogabile, ha previsto sanzioni elevate nei
confronti dei medici di base che avessero autorizzato delle prestazioni
sanitarie non strettamente necessarie. Il paziente che avesse comunque voluto
procedere all’indagine, di conseguenza non avrebbe potuto usufruire del ticket,
ma farsi carico del 100% della spesa ricorrendo al proprio portafoglio. Al malumore
dei pazienti si somma, ovviamente, quello dei medici, terrorizzati e
preoccupati per il loro futuro, cosa questa che ha gettato nel caos ambulatori
e ospedali. Sono troppe, infatti, le incertezze sull’appropriatezza delle
prescrizioni e sulle condizioni di erogabilità, anche se non sono le uniche
ragioni per le quali i medici alla fine si rifiutano di autorizzare le prescrizioni su ricetta rossa.
Considerato il caos
totale in cui si sono trovati medici e pazienti, al Governo pare che ora non resti
altro da fare che innestare la marcia indietro, modificando la
normativa. Si parla già di una revisione completa, sia sui criteri di scelta
degli esami “incriminati” fuori tutela, sia sui criteri di appropriatezza e sulle
condizioni di erogabilità. Il Ministro Lorenzin ha già annunciato l’emanazione di una circolare applicativa, che dovrebbe servire a
rimediare alle difficoltà tecniche nella prescrizione delle ricette.
Per cambiare il Decreto, però, la circolare
non è certo sufficiente: dovrà essere emanato un altro atto avente forza di
legge: molto probabilmente la nuova normativa troverà spazio nel DPCM sui nuovi
Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Certo il Decreto, per mille ragioni, non
sarà adottato dall’oggi al domani, ed i disagi, per i cittadini, non
termineranno a breve. Ma la notizia è già fonte di speranza per i tanti
pazienti che avevano, giocoforza, abbandonato di fare gli esami di prevenzione.
I medici, speriamo a
breve, dovrebbero tornare dunque liberi di prescrivere "tutto quanto
ritenuto necessario per la tutela della salute, sulla base delle evidenze
scientifiche". Insomma, dovrebbe venire ripristinata la piena autonomia
del medico di famiglia nell'indicare sulla ricetta tutte quelle prestazioni
sanitarie che, secondo il proprio insindacabile giudizio, sono considerate
necessarie per ogni singolo paziente.
Cari amici, anche
questo “pasticciaccio” è sinonimo del super caos oggi imperante nella nostra
disastrata sanità. In questo caso (come in tanti altri…) per risparmiare è
stato messo in soffitta il vecchio e sano principio che “è meglio prevenire che curare”, tagliando, come al solito, all’italiana:
togliendo ai più deboli e lasciando intatte le rendite di posizione degli ‘intoccabili’,
quelli che dello spreco hanno fatto e continuano a fare il loro business.
Credetemi, sono tanti
gli italiani che la pensano come me: sarà possibile continuare ancora a lungo
su questa strada?
A domani.
Mario
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