Oristano
9 Luglio 2016
Cari amici,
Volenti o nolenti viviamo
nel mondo dell’immagine, dell'apparire! Ormai l’essere (o il non essere) è del tutto relativo:
l’importante non è come si è ma come si appare: far vedere agli altri che ci siamo,
che siamo presenti, perché (come recitano gli attuali manuali di comunicazione) “se non sei presente e non comunichi, non esisti”.
Comunicare, dunque, trasmettendo in particolare per immagini, modello che è riuscito
prepotentemente a sostituire la precedente comunicazione scritta e addirittura
quella verbale. Chi ha grande dimestichezza con i social network (basta Facebook,
per constatarlo) si accorge della montagna di foto, in particolare selfie, che riempiono
in un baleno le bacheche, spesso prive di alcun commento. La cosa importante infatti
è mostrarsi: dire al mondo che in quel luogo, in quella manifestazione c’eravamo!
Ecco, la cosa più importante
non è la motivazione della presenza ma la presenza in se stessa! Il bisogno che
coviamo dentro di noi è solo quello di far sapere agli altri che “noi c’eravamo”, tutto il resto non conta. In effetti la mania dell’esibire
la nostra presenza non è nata oggi, ma ha avuto dei precedenti importanti, che
voglio ricordare ai più giovani. Quando la televisione era ancora ben lontana
dalla perfezione di oggi (non c’era mica il full HD) e i cameramen sia della
Rai che delle altre TV inquadravano i personaggi famosi, intervistandoli e
mostrandoli al grande pubblico televisivo, c’erano sempre dei particolari
soggetti (come Gabriele Paolini) che, scansando tutti i controlli si mischiavano alle persone famose
inquadrate per essere riprese con loro. La gioia stava tutta lì: far
sapere agli amici del quartiere che erano usciti in televisione!
Oggi la perfezione
raggiunta dai mezzi di comunicazione è tale che con l’autoscatto (quasi sempre in
alta definizione), possibile con tantissimi modelli di telefonino, si può
trasmettere la propria immagine al gruppo di amici (collegati in Whats App) in tempo reale,
ripresa unitamente a quella dei propri beniamini, o a personaggi importanti (famosi,
ad esempio, come il Papa). La parola d’ordine sembra essere solo questa: mi auto-scatto dunque esisto. Si,
cari amici, nell’epoca della comunicazione globale, per testimoniare il proprio esistere basta un click ed è
subito “selfie”!
Questa moderna
fenomenologia, erede di quella precedente prima ricordata, resta legata comunque
indissolubilmente alla propria immagine, che ha avuto l’onore di essere anche certificata e premiata dal prestigioso Oxford Dictionaries, che ha promosso ufficialmente
il nuovo vocabolo “selfie” come parola dell’anno, avendo raggiunto una
popolarità addirittura del 17 mila %. Come possiamo spiegarcelo questo
straordinario successo che sotto certi aspetti ha letteralmente cambiato la
nostra vita? Una delle motivazioni è certamente la sempre maggiore diffusione
raggiunta dai social network.
È proprio all’interno
di queste “piazze virtuali” (Facebook per prima) che tutti i frequentatori, in
particolare i nostri amici, riescono, momento per momento, a sapere tutto di
noi: dove siamo, cosa facciamo, cosa mangiamo, come ci divertiamo. È attraverso
i tanti “mi piace” che sollecitiamo loro, che si misura sia la nostra presenza
che il gradimento che riscuotiamo. Con la diffusione su larga scala dei social
network e degli smartphone, l’auto-scatto fotografico è divenuto vero fenomeno
di massa e, come spesso succede per le nuove pratiche di costume, ha avuto
bisogno di essere battezzato con un nome nuovo: Selfie, appunto.
Orami la gente si
incontra non più realmente, nelle vie
e nelle piazze, ma virtualmente in queste piazze-piattaforma: da Facebook a
Twitter passando soprattutto per Instagram, social quest’ultimo che invita
esplicitamente sin dalla sua homepage a immortalare e condividere i momenti più
belli, attraverso foto e video. Dalle star del pop a quelle del calcio, dai
presentatori del mondo dello spettacolo ai personaggi della politica, nessuno
si è risparmiato nella pratica virale dell’auto-scatto, neanche il Papa,
coinvolto assieme a gruppi di pellegrini, in particolare di studenti, a
condividere la moda del selfie.
Che si tratti, come
alcuni sostengono, di una nuova forma culturale di massa, io personalmente
dubito molto. A mio modesto parere questa moderna pratica narcisistica del
Selfie altro non è che un generalizzato fenomeno di costume che, come tale,
tenderà ad affievolirsi e piano piano a scomparire appena se ne presenterà un
altro, magari più appetibile e intrigante. A ben pensare il selfie è un modo
molto banale di esibire la propria solitudine, nascondendola dietro
immagini che ci ritraggono con altri, ma che in realtà sono dei perfetti
estranei.
Su Internet ho trovato
una bella battuta che conferma quanto detto: “Che poi i selfie servono solo a
far sapere agli altri quanto siamo soli: non abbiamo nemmeno un amico che ci
scatta la foto...”. (Manuela Reich, su Twitter).
Ahahahahaha.....credo che sia proprio vero! A domani.
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