Oristano
26 Luglio 2016
Cari amici,
A parte il fatto che la
lingua italiana, a detta di molti esperti, è fra le più difficili e complesse da apprendere,
è anche vero che molte parole nella nostra lingua si somigliano troppo, pur esprimendo pensieri e
concetti molto diversi. Sia parlando che
scrivendo, può capitare di scambiare una vocale o una consonante, e il
risultato, come si può immaginare, è capace di creare ilarità a non finire. Pochi
esempi potrebbero bastare a confermare il filo del mio discorso.
Dire che “La
situazione è grave ma non grammatica”, dove la consonante g al posto della d gioca un ruolo molto birichino, oppure, parlando di Sigmund Freud
il padre della psicanalisi, che i suoi studi potevano “curare l’osteria” anziché “l’isteria”,
sono errori in grado di scatenare, sia nel lettore che nell'ascoltatore, un’ilarità
poco controllabile! Insomma, che lo scambio di consonante o vocale, sia stato fatto volutamente
o per casualità, ottiene comunque come risultante il fatto che riesce sempre a mettere in
difficoltà: non solo gli studenti ma anche i professori.
Perché, direte Voi, oggi ho ‘preso
in mano’ un argomento così classicheggiante, che riporta ai tempi della
scuola, quando ormai già dalle scuole medie lo studio della lingua (grammatica e analisi logica) è solo acqua passata? Perché, in effetti, una vera riforma della scuola nel
nostro Paese non c'è mai stata, non è mai decollata, e l’ignoranza, come un cancro corrosivo,
continua ad avanzare inesorabile, creando studenti poco acculturati, professori poco preparati,
professionisti che si esprimono con un linguaggio elementare e politici che
mischiano gergo e lingua come una salsa al peperoncino.
Si, cari amici, ironicamente si potrebbe dire che la
situazione, in effetti, “è grave ma non g(d)rammatica,
come sostiene il prof Andrea De Benedetti, che in un suo puntiglioso libro fotografa, impietosamente,
l’italiano massacrato da scrittori e politici che sbagliano le consonanti e
storpiano i congiuntivi, dando colpa, come è giusto che sia, ad una mancata,
seria riforma linguistica. In questo libro, che per titolo porta proprio “La situazione è grammatica (Einaudi, 136
pagine, 12,00 euro), in modo ironico e impietoso Egli ripercorre i correnti ‘sentieri sbagliati’ della nostra
lingua: dall’erroneo uso del congiuntivo, alla mancata esatta pronuncia delle
parole, dal corretto uso della preposizione dopo i verbi a molti altri dettagli
linguistici, che invitano a riprendere in mano quel manuale obsoleto che si
chiamava “grammatica”.
Al giorno d’oggi
manuali come grammatica e analisi logica sono considerati testi obsoleti, proprio superati:
tanto c’è il computer che dovrebbe, da buon assistente attento, guidarci e
prenderci per mano. Non è così che la pensa, però, il professor De Benedetti, che nel
suo libro cerca di stimolarci a riprenderla in mano. La lingua, quella italiana
in particolare, dice il professore, è fatta di mille piccole variabili; “Sono
i dettagli che fanno una grammatica”, sostiene con forza. Consonanti
eufoniche, plurali assassini in -cie e -gie, apostrofi e accenti. L'uso
corretto dell'accento grave o acuto è una bestia nera della lingua francese, ma
anche in italiano ha il suo piccolo ruolo, ignoto a tanti giornalisti e
scrittori, che continuano a domandarsi come mai sulle tastiere dei computer compaiano
sia una è che una é.
Per molti uno spreco
apparente, visto che i composti di che (perché, poiché, affinché) vogliono
l'accento acuto insieme a un’altra manciata di parole elencate da De Benedetti.
Il professore, però, nel suo libro non attacca e non insulta nessuno. Nei 18
capitoletti che compongono il libro riesce però a indignarsi, per il modo in
cui la nostra lingua viene bistrattata, ma senza tuonare da una cattedra. Anzi,
appare fin troppo comprensivo con i moderni 'ignoranti'. Dice, infatti, “In giro si leggono cose come situazzione? Bene, la colpa è del suono
di quella z che all'orecchio sembra doppio, ma nella scrittura non lo è. Da
piccoli, quando si sbagliava a scuola, l'arcigna maestra correggeva senza
spiegare l'errore, anche perché era lei stessa a ignorare i processi
etimologici che portano a scrivere con zione
parole che pronunciamo come se fossero scritte zzione, limitandosi a dire uno sbrigativo ‘perché si’”.
Cari amici, L'italiano
come ho detto prima è una lingua difficile, la cui situazione è peggiorata
dall'esistenza di tante varianti regionali e dall'assenza di un controllo
centrale. L’Italia è uno dei pochi Paesi a non aver avuto una riforma
linguistica ufficiale. Altrove lo Stato ha provveduto a mettere ordine nella grammatica e
nell'ortografia; dal Portogallo all'Olanda, dalla Germania alla Cina dove il
passaggio dal cinese tradizionale a quello semplificato partì con Mao. Da noi
vige l'anarchia, e questo fa sì che ognuno pensa di essere portatore della
lingua più pura. E allora teniamoci senza vergogna studenti universitari,
professori, professionisti e politici che parlano senza regole (grammaticali),
al massimo abbozzando un sorriso per i loro errori. Insomma, se un professore o un politico,
parlando di Garibaldi sostengono con enfasi che l’eroe dei due mondi “percosse” l’Italia, anziché “percorse” l’Italia, potremmo pensare
ad una particolare e originale interpretazione dell’avventura garibaldina: quella di un eroe che non solo
attraversò l'Italia in lungo e in largo per cercare di unificarla, ma che, in qualche modo ‘la percosse’…a
modo suo!
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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