Oristano
31 Luglio 2016
Cari amici,
Mi piace chiudere i
post di Luglio parlandovi di una bella iniziativa ecologica, ideata tra
l’altro da due ragazzi sardi: la creazione di uno strumento che riscopre in
chiave moderna una tecnica antica, la pirolisi. Prima di parlarvi però di
questa moderna “riscoperta” di un antico sistema, vediamo insieme cos’è esattamente
la pirolisi e come venne inizialmente applicata dall’uomo questa tecnica.
La pirolisi, chiamata
anche piroscissione, è un processo di decomposizione termochimica (che avviene
in assenza di ossigeno), innescato dalla somministrazione di calore a del materiale
organico, costituito in linea di massima da vari tipi di legno o residui vegetali, provocando
in questo modo la scissione dei legami chimici originari e la riaggregazione in catene
molecolari più semplici. La pirolisi è nota all’uomo fin dall’antichità: gli
Egizi utilizzavano questo processo per la produzione di carbonella da legno. Anche
i nostri carbonai (in particolare toscani) conoscevano bene questo processo,
che applicavano nelle carbonaie, dove i gas di pirolisi fuoriuscivano dal foro
praticato nella volta della carbonaia. Incendiando il gas in uscita dal foro si
ottenevano delle torce di segnalazione che restavano accese per tutto il tempo
di funzionamento della carbonaia.
I primi processi
industriali che utilizzarono questo gas rinveniente dal riscaldamento delle
biomasse risalgono al periodo della rivoluzione industriale di fine Ottocento, avviata
in particolare in Inghilterra. Il primo esperimento di utilizzo del gas di sintesi fu testato su un motore a scoppio nel 1881. I risultati però non furono
eccezionali e risultò più conveniente l’utilizzo di altri combustibili come il
petrolio. Detto questo parliamo ora della riscoperta, in chiave mocerna, di questo antico sistema
di combustione.
L’idea di riprendere in
mano questo processo naturale nacque nell’inverno 2011, quando due ragazzi
sardi studenti fuori sede a Pisa, nell’intento di risparmiare sulla bolletta
del gas si misero a studiare una soluzione più economica per produrre calore e
riscaldare la loro casa. I due sardi dall'ingegno innovativo sono: Ivan Mura,
product designer e studente di Ingegneria aerospaziale all’Università di Pisa (che
per primo ha avuto l’intuizione) e l’amico Davide
Nughes (tecnico elettronico e oggi responsabile IT di Enki Stove). La
soluzione per riscalsarsi i due la trovarono e, visto che l’accorgimento
‘casalingo’ funzionava a dovere, pensarono di trasforma l'idea in business. Detto fatto: crearono una start up
chiamata “Enki Stove”, un'azienda per
progettare, produrre e vendere “bruciatori pirolitici”, ottenendo così energia e calore
dalle comuni biomasse a basso costo (pellet, legna, ramoscelli, pigne); il moderno sistema di
combustione da loro ideato è in grado di ridurre al minimo la produzione di gas nocivi,
inquinanti o responsabili dell’effetto serra.
Grazie al positivo avvio di due
campagne di Crowdfunding, sono ora già disponibili sul mercato due linee di
prodotto: Enki Stove Uno e Wild; la prima composta da tre sistemi
di cottura e riscaldamento per esterni, l’altra da due modelli di fornello da
campo a biomassa. Come spiega Ivan Mura, «La tecnologia alla base di tutti i prodotti
Enki Stove è l’ottimizzazione di un processo già esistente, chiamato “pirolisi
aperta”. Sono venuto a conoscenza di questo processo grazie alla mia passione
per la tecnologia e alle nozioni imparate all’università e, dopo mesi di prove
ed esperimenti, con la consulenza tecnica dell’amico Davide Nughes (tecnico
elettronico e oggi responsabile IT di Enki Stove), sono arrivato alla
costruzione di un dispositivo. Una fonte di calore efficiente, stabile, a basso
costo, semplice da gestire e che non producesse fumi nocivi durante l’intero
processo».
Come spiega ancora Ivan
Mura, questo perfezionato processo di pirolisi è garantito da una particolare
conformazione geometrica della camera di combustione, unito ad un sistema
elettronico che gestisce e modula il flusso dei gas all’interno della camera,
rendendo la pirolisi stabile, sicura e priva di fumi, semplice da utilizzare
anche dal consumatore finale. Questa tecnologia innovativa risulta perfetta per
costruire cucine da esterno, barbecue e fornelli da campo, ma in prospettiva è
sviluppabile anche per mettere a punto riscaldamenti da interno.
La campagna in atto di
equity Crowdfunding ha già raccolto 240 mila euro, in cambio di una
partecipazione del 34% circa nel capitale da parte di 41 nuovi soci. Il capitale
raccolto è servito a strutturare la società e a iniziare la produzione delle
due linee di prodotto. Enki Stove avrà senz’altro un grande successo: recentemente
ha partecipato al concorso indetto da CNRxEXPO, presso la facoltà di Agraria
dell’Università di Milano, dove l’invenzione è stata premiata come “miglior
tecnologia pirolitica”, mentre lo scorso Giugno la start up ha partecipato alla
Summer School in “Advanced Innovation Methods”, organizzata dall’Università di
Pisa nell’ambito del progetto ENDuRE.
Cari amici, da sardo sono
molto orgoglioso che due capaci ragazzi, figli della nostra amata Sardegna, abbiano
avuto idee così innovative, capaci, oltre che di farci risparmiare, di salvaguardare anche l’ambiente. Purtroppo
l'amara constatazione è che tanti ragazzi sardi, anche i più capaci, sono oggi trascurati e messi da parte,
costretti a mendicare un posto di lavoro all’estero per sopravvivere, perchè nell'Isola il lavoro manca del tutto. Tutto questo è veramente ingiusto, e proprio per questi motivi la Sardegna, nonostante il suo alto potenziale economico inespresso, continuerà a restare una Regione,
economicamente parlando, ai margini.
A domani.
Mario
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