mercoledì, dicembre 10, 2014

UNA TRISTE E PERICOLOSA INVOLUZIONE EDUCATIVA: QUANDO IL BULLO È DONNA. LE COLPEVOLI “ASSENZE” SIA DELLA SCUOLA CHE DEI GENITORI.



Oristano 10 Dicembre 2014
Cari amici,
Quando si parla di bullismo solitamente si pensa alle prevaricanti azioni portate avanti da giovani figure maschili, in particolare in ambito scolastico, anche se negli ultimi tempi le cose sono cambiate e anche di parecchio! La realtà odierna annovera moltissime azioni di bullismo messo in atto da figure femminili, adolescenti o addirittura preadolescenti, con la messa in atto di tutta una serie di comportamenti vessatori nei confronti di loro coetanee. Il bullismo al femminile, c’è da precisare, non sempre prevede l'uso della forza fisica, anche se esso può essere ugualmente pericoloso e dannoso per chi lo subisce.
Il bullismo al maschile, come ben sappiamo, utilizza quasi sempre la violenza fisica: i maschi “dominanti” (come avviene nel regno animale), si divertono a picchiare le loro vittime, spesso anche filmando queste azioni con il cellulare, per vantarsi successivamente davanti agli altri ragazzi del loro  potere e così consolidarlo in un’area sempre più vasta.
Il bullismo al femminile, invece, è più sottile e subdolo, a volte quasi invisibile. Chi non appartiene al “gruppo” spesso lo ignora o lo sottovaluta, Infatti le bulle femmine, non usando solitamente la violenza fisica, utilizzano di preferenza quella verbale, anche se apparentemente mono dannosa di quella fisica. I contenuti possono essere insulti oppure vere e proprie maldicenze nei confronti della vittima: anomali (ovviamente falsi ) comportamenti sessuali, indicanti disponibilità o addirittura omosessualità. A tutto questo si aggiungono altri comportamenti “non verbali” per denigrare la vittima e tenerla sotto controllo: come sguardi carichi di derisione o falsi sorrisi, che celano cattive intenzioni, sempre con lo scopo di impaurire e creare disagio. Come ultimo atto le bulle escludono completamente la vittima dal gruppo.
La Società si interroga su questo fenomeno che appare in crescendo. È quasi superfluo ribadire quanto questi comportamenti siano da ritenere deleteri, sia a livello fisico sia psicologico, perché possono avere serie conseguenze sulla costruzione della personalità della vittima che si trova in quella fase delicata della “formazione” della sua personalità e quindi della sua vita. A questo punto dobbiamo capire, per poter far fronte nel modo migliore a questo serio problema sociale, quale rimedio si potrebbe adottare, partendo proprio dalle famiglie delle bulle.
Spesso le origini del bullismo dipendono dal tipo di educazione ricevuta in famiglia. Un comportamento aggressivo può più facilmente nascere in una famiglia dove è mancato l’affetto da piccoli, oppure dove i rapporti in casa sono stati gestiti in modo aggressivo sia da parte di fratelli o sorelle sia da parte dei genitori. Se in casa il “modo” di gestire i problemi ricade nell'uso della violenza fisica o verbale, senza possibilità di confronto o dialogo, i figli probabilmente useranno lo stesso metodo nel loro mondo! La famiglia è, quindi, il primo punto di intervento.
Ovviamente il secondo punto di intervento non può che essere la scuola. Tra scuola è famiglia è necessario ripristinare quel connubio da tempo mancante. Quando una ragazza in casa ottiene troppo facilmente ciò che desidera, con genitori che magari cedono per mancanza di polso o per non volersi confrontare con la figlia, il rischio è che la giovane ripeta lo stesso comportamento anche nell’ambito scolastico, cercando di imporre la propria volontà alla vittima designata. E’ qui che scatta il meccanismo del lavoro che deve essere portato "avanti insieme” dalla famiglia e dalla scuola.
Solo attraverso questo lavoro comune, possiamo pensare di frenare prima e debellare poi, un male che sta imperversando nella nostra società giovanile, con risvolti di pericolosità che, forse, non abbiamo ancora compreso appieno. La scuola, (alla pari della famiglia), deve tornare quanto prima al suo sacro ruolo di fonte primaria dell’educazione dei giovani, ruolo che viene certamente prima di quello nozionistico. Senza insegnare l’educazione è inutile che si “insegni” formalmente un nozionismo che non porta da nessuna parte!
La famiglia deve riprendere in mano “le redini” della reale e concreta “educazione” dei propri figli, che, dobbiamo dirlo con forza, non sono un “suo bene personale” ma soggetti indipendenti, titolari di diritti e doveri propri, sia nei confronti sia della famiglia che della Società! Noi genitori abbiamo il compito, considerato che ci siamo caricati l’onere di farli venire al mondo, di educarli nel modo migliore, non per soddisfare il nostro egoistico bisogno di possesso, ma quello di svolgere l’altruistico compito “educativo e formativo”, che Dio ci ha assegnato, per la perpetuazione della specie. Nessuno può tirarsi indietro!
Allora, da buoni genitori, cerchiamo, ogni giorno, di fare nel modo migliore la nostra parte!
Mario

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