Oristano 15 agosto 2023
Cari amici,
Oggi è FERRAGOSTO, per cui auguro buona e tranquilla giornata di festa a tutti Voi! Oggi dedico il post a parlare di proverbi: eccone uno. Già nel lontanissimo
passato il valore della “pausa” (sia nel parlare che nello scrivere) ha
rivestito grande importanza. Nella parte scritta la pausa è costituita dalla
virgola o dal punto, ed evita così delle errate interpretazioni. Una frase celebre latina,
pronunciata dalla Sibilla Cumana, è nota ai più: “Ibis, redibis non
morieris in bello”; era diretta ad un soldato che si apprestava ad andare
in battaglia e che aveva deciso di consultare l'oracolo sull'esito della
propria missione. La frase, pronunciata dalla Sibilla senza particolari inflessioni
(senza pause), come del resto tutti i responsi oracolari, era volutamente
ambigua ("sibillina", appunto) e si prestava ad una duplice
interpretazione, a seconda di come si vuole porre la pausa o la punteggiatura.
Se, infatti, nel responso
della Sibilla si pone la pausa prima di "non" (ibis, redibis, non
morieris in bello), il significato del responso risulta positivo: "Andrai,
ritornerai e non morirai in guerra", mentre spostando la pausa (o la
virgola) dopo la negazione (ibis, redibis non, morieris in bello), il senso
risulta essere sovvertito nel suo contrario: "Andrai, non ritornerai e
morirai in guerra". Ho voluto usare questa premessa perché oggi voglio
parlarvi di una frase/proverbio ancora molto nota: “PER UN PUNTO MARTIN
PERSE LA CAPPA”. Ecco la storia di come è nato questo proverbio.
La storia si riferisce
alla disavventura di Martino, un frate del 1500, che era abate del monastero
di Asello. Egli, volendo abbellire la sua abbazia, decise di scrivere nel
portone dell’ingresso principale dell’Abbazia una bella frase di “Benvenuto”.
La frase era questa: “Porta patens esto. Nulli claudatur honesto”, cioè,
"La porta resti aperta. Non sia chiusa a nessun uomo onesto". Indubbiamente
un messaggio che esprimeva generosità e carità davvero cristiane. Detto fatto.
L’Abbate, uomo attivo col “fai da te”, si munisce di vernice e pennello e
salito sulla scala inizia a scrivere la frase.
Complice probabilmente la
stanchezza o la distrazione, sbagliò però la posizione del punto e scrisse: “Porta
patens esto nulli. Claudatur honesto”, cioè, "La porta non resti
aperta per nessuno. Sia chiusa all'(uomo) onesto". Immaginate cosa
successe quando si iniziò a leggere la scritta! I guai per il povero Martino
non si limitarono alla figuraccia. La notizia di un messaggio così contrario
alla Caritas Christiana, infatti, raggiunse le alte sfere ecclesiastiche, che
decretarono l'immediata sollevazione dell'abate Martino dalla carica di Priore in
quanto non più degno dell’investitura religiosa; lo privarono della cappa (cioè,
del mantello), che di tale dignità era il simbolo dell’autorità rivestita.
A cercare di rimediare all'errore
di Martino provvide il suo successore, il nuovo Abbate, che fece modificare il
cartello inospitale correggendolo e completandolo con la frase: “Uno pro
puncto caruit Martinus Asello (o Ob solum punctum ...). Quindi “Per un punto Martin perse la cappa”. Amici, a
volte basta un piccolissimo “punto” a farci perdere onore e dignità! Ancora
oggi, infatti, è ben presente il detto che fece perdere la cappa a fra Martino.
“Per un punto Martin perse la cappa”, è ancora oggi un modo di dire curioso,
che vuole significare che uno sbaglio di scarsa importanza può portare a delle
ripercussioni talora disastrose!
Cari amici, è proprio
vero che la gran parte dei proverbi risale e deriva da fatti realmente
accaduti, e che, in realtà, dovrebbero servire a farci riflettere, a cercare di
essere più attenti e vigili, evitando di cadere negli stessi errori. Cosa,
purtroppo, semplice a dirsi…ma non certo a farsi!
A domani, amici lettori.
Mario
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