Oristano 1 Novembre 2018
Cari amici,
I cagliaritani per
molti anni hanno ben conosciuto il locale “La
Fattoria”, essendo stata una delle pizzerie più conosciute di Cagliari, e per
un lungo periodo anche la sede del Buffalo Ranch e dei suoi scatenati balli di
gruppo. Posto in una zona prestigiosa del capoluogo, in via dei Conversi, di
fronte alla zona umida e allo stagno di Molentargius ai piedi di Monteurpinu,
questo grande, antico complesso, è un classico esempio di monumento in stile
catalano-aragonese rurale. Eppure versa oggi in stato di triste abbandono. Un vero “pugno
nello stomaco”, se consideriamo che questo complesso edilizio affonda le sue
radici nel tempo, essendo nato come monastero addirittura nel secolo XVI.
Si, amici, la struttua odierna de “La Fattoria”
era all’origine una parte di un grande convento benedettino del XVI secolo, e, senza ombra di dubbio, uno
dei preziosi esempi architettonici edificati secondo le regole di San Benedetto
da Norcia; edifici come questo sono presenti anche in altre parti della Sardegna (Saccargia, Torres, Tergu,
Bonarcado, Nora, S. Lorenzo e S. Saturnino), che fortunatamente sono giunti in buone condizioni fino a noi.
Originariamente, dunque, ad abitare questo antico complesso furono dei giovani
monaci non sacerdoti, denominati Conversi,
che vivevano secondo la Regola di San Benedetto da Norcia, un modo spartano di vivere dettato ai monaci
che inizialmente lo seguirono a Montecassino, con l'obbligo di vivere secondo la ferrea regola “Ora et Labora”.
In questo magnifico luogo
i giovani votati alla vita monastica si trascorrevano la loro esistenza non solo pregando ma anche dedicandosi all’arte ed alla cultura (redigendo i famosi e preziosi codici
miniati), così come all’agricoltura, alla pastorizia ed alla pesca. Ancor oggi,
chi si reca all’interno del prezioso manufatto, si ritrova immerso in un’aria mistica: sembra
quasi di cogliere gli echi dei passi e delle preghiere dei novizi.
È noto, però, che nulla è immutabile, fermo e duraturo nel tempo. Il convento col trascorrere del tempo, in particolare a causa di persecuzioni subite da parte di movimenti anticlericali e massonici, fu abbandonato dai monaci e, una volta chiuso, rischiò di andare in rovina. Si salvò parecchio tempo dopo grazie all’intervento conservativo avviato da Giovanni Battista Lobina, nonno e bisnonno degli attuali proprietari, che acquistò il complesso immobiliare nel XIX secolo per destinarlo inizialmente a magazzino, ove riporre le grandi botti di vino prodotto dalle sue vigne, e, in genere, come deposito di attrezzi e derrate derivanti dall'attività agro-pastorale svolta.
È noto, però, che nulla è immutabile, fermo e duraturo nel tempo. Il convento col trascorrere del tempo, in particolare a causa di persecuzioni subite da parte di movimenti anticlericali e massonici, fu abbandonato dai monaci e, una volta chiuso, rischiò di andare in rovina. Si salvò parecchio tempo dopo grazie all’intervento conservativo avviato da Giovanni Battista Lobina, nonno e bisnonno degli attuali proprietari, che acquistò il complesso immobiliare nel XIX secolo per destinarlo inizialmente a magazzino, ove riporre le grandi botti di vino prodotto dalle sue vigne, e, in genere, come deposito di attrezzi e derrate derivanti dall'attività agro-pastorale svolta.
In questo modo il
complesso fu salvato e ancora oggi la città di Cagliari può esibire la storica
testimonianza della laboriosa ed emblematica antica cultura monastica. Cagliari in
realtà non ha mai dimenticato questi monaci
Conversi, tant’è che la via posta fra Monteurpinu e Genneruxi e che arriva
fino a via dell’Abbazia, proprio in loro ricordo fu denominata Via dei Conversi.
Dopo la morte di
Giovanni Battista Lobina, “La Fattoria” fu rilevata dal figlio Giovanni, padre
e nonno degli attuali proprietari, il quale continuò a servirsene quale
fabbricato rurale al servizio delle proprie aziende agro-pastorali,
impiantandovi coltivazioni di grano ed uva, oltre che utilizzare l’ampio
complesso, quale riservata ed ospitale residenza estiva per il proprio
numeroso nucleo familiare. Questo ex convento fu ammirato e più volte visitato,
tra gli altri, anche dall’eminente Cardinale Sebastiano Baggio, che ne
riconobbe la pregevole fattura e l’incantevole posizione geografica, essendo
incastonato in una delle zone naturalistiche più pregevoli del Mediterraneo.
Con il declino della
civiltà contadina e l’avvento dell’industrializzazione, però, l’attività svolta in
precedenza dai Lobina ebbe fine. Il mancato utilizzo agricolo portò i
proprietari a dare il complesso in affitto, che per lungo tempo fu utilizzato come pizzeria, gradita e frequentata dai cagiaritani. «La nostra famiglia», come ebbe modo di spiegare in un'intervista Alberto Lobina,
uno dei proprietari, «non ha mai gestito la struttura ma l'ha sempre affittata.
Qualche anno fa, però, abbiamo deciso di venderla. Per questo motivo non
abbiamo rinnovato il contratto all'ultimo gestore». Così Sandro Angius, il
vecchio titolare, se ne è dovuto andare.
Chiusa l'attività commerciale di pizzeria, oggi la struttura versa nuovamente in condizioni di triste abbandono; la
strada che porta al suo ingresso è chiusa da una sbarra, e la struttura appare
immersa fra rovi ed erbacce infestanti. Una foresta urbana, che avviluppa e nasconde la vecchia, bella struttura; dove
prima c'erano i tavolini del locale, ora crescono rigogliosi cespugli e piante.
È incredibile pensare che solo qualche anno fa era un luogo animato e
frequentatissimo: anche la strada di accesso è stata invasa dalle piante e
la porta d'ingresso è semi-nascosta da rigogliosi cespugli. A chi lo osserva da lontano, sembra che l’ex convento
dorma un sonno profondo, in attesa di un nuovo risveglio.
Cari amici, quando ho
saputo di questa storia, mi è venuto un po’ il magone. Ho pensato: è possibile
mai che in un luogo così bello, una struttura storica così interessante,
seppure di proprietà privata, possa andare in rovina, essere abbandonata? Possibile che l’Ente
pubblico, la Sovrintendenza in primis, insomma, le autorità preposte alla salvaguardia del
nostro patrimonio, non possano davvero fare nulla? Se così fosse, sarebbe
davvero una tristissima realtà. I beni identitari, nel mio concetto, andrebbero
sempre salvaguardati, a prescindere da chi ne risulti proprietario!
A domani.
Mario
1 commento:
Anche a me dispiace tantissimo l'ho frequentata per anni e la pizza per me era una delle più buone a Cagliari un pezzo di storia che chissà se tornerà . Speriamo che qualche riccone la possa acquistare e riprendere l'attività.😢😢♥️♥️
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