sabato, novembre 17, 2018

LA RIFORMA DELLA SANTÀ IN SARDEGNA. DALLA STROMBAZZATA “BUONA RIFORMA” AD UNA “RIFORMA… ALLA BUONA”!


Oristano 17 Novembre 2018
Cari amici,
Credo che chi si era convinto che la riforma della sanità nell’Isola avrebbe portato un effettivo miglioramento dell’assistenza sanitaria in Sardegna, in particolare di quella ospedaliera, si sia già abbondantemente dovuto ricredere. Personalmente mi è venuto da pensare alla tanto reclamizzata ultima riforma della scuola, pomposamente definita dal Governo Renzi “Buona Scuola”, che si è rivelata, invece, a detta di una parte consistente dei docenti e delle famiglie, nel migliore dei casi una “Scuola alla buona”.
Eppure i proclami iniziali sulla riforma sanitaria decantavano i cambiamenti introdotti come qualcosa di epocale, che, portati avanti con la chiamata in Sardegna di sapienti ’luminari’ del settore (sicuramente pagati fior di pesanti euro), avrebbero trasformato, con un colpo di bacchetta magica, le precedenti strutture accorpandole in un unico calderone, eliminando così le precedenti inefficienze e creando un servizio d’eccellenza.
Tanti di noi, seppure con molti dubbi, all’inizio hanno dato credito all’ipotesi di trasformazione in positivo della situazione esistente, considerato anche il corposo budget riservato dalla Regione per le spese della sanità, che da solo fagocita circa la metà dell’intero bilancio regionale. Ora, dopo il recente avvio di trasformazione e accorpamento, le pecche del nuovo sistema iniziano a vedersi tutte e il territorio si ritrova già privato anche di quei “servizi essenziali” prima esistenti. Pecche che hanno creato pubbliche dimostrazioni, e,  di conseguenza, la popolazione unitamente ai suoi rappresentanti ha iniziato a sollevarsi, dimostrando grande insoddisfazione.
La convinzione condivisa è che con la trasformazione in atto anziché migliorare lo status precedente, molte zone siano cadute ben più in basso! Insomma, il coro di lamentele dimostra, senza ombra di dubbio, che molti territori, usando un vecchio detto, siano caduti “dalla padella nella brace”. 
Uno di questi territori è senz’altro quello della Provincia di Oristano, a partire proprio dal capoluogo.
Di recente, circa a metà Novembre, il malessere in Provincia è montato nuovamente alla grande e i sindaci del territorio hanno deciso di effettuare una “Nuova marcia” su Cagliari, destinazione la sede della Regione, per dimostrare tutta la loro insoddisfazione e cercare di difendere il paventato declassamento degli ospedali di Oristano, Ghilarza e Bosa. La mobilitazione si è fatta più forte e decisa dopo aver saputo dei tagli a presidi e servizi, che privano gli utenti della zona del precedente servizio in essere, con problemi reali di non poco conto.
Per questo motivo il 14 scorso i Sindaci del territorio sono stati convocati ad Oristano dal Sindaco del capoluogo Andrea Lutzu, in qualità di Presidente del Distretto sanitario oristanese. Presente alla riunione anche una delegazione del Comitato civico di Ghilarza (che da settimane lotta per garantire la presenza dell’ospedale ghilarzese), il Presidente dell’Ordine dei medici, Dr. Antonio Sulis e l’Associazione Cittadinanzattiva.
Nel corso della riunione si è deciso di convocare anche tutti i Distretti sanitari della Provincia per preparare la nuova protesta e soprattutto per unire le forze. All’incontro, svoltosi nei locali del Comune di Oristano, è intervenuto anche il direttore dell’ASSL di Oristano Dr. Mariano Meloni, che ha assicurato il suo interessamento per portare a soluzione alcuni del problemi denunciati.
Il Dr. Antonio Sulis, quale Presidente dell’Ordine dei medici, ha invece ribadito il serio pericolo derivante dalla carenza di personale, che crea difficili problematiche sia nell’organizzazione dei servizi che nel regolare funzionamento dei presidi ospedalieri, e nei servizi sanitari in generale.
Cari amici, ho sempre sostenuto che alle intenzioni e ai proclami debbono seguire i fatti; se alle belle parole non seguono fatti concreti, in grado di apportare un miglioramento, è certamente meglio lasciare le cose come stavano prima. Una riforma importante come quella di cui parliamo, studiata a tavolino e calata dall’alto, catapultata sul territorio in forma impositiva, senza essere stata prima discussa e concordata con chi la deve vivere, è sicuro che non potrà portare buoni frutti.
Spesso dimentichiamo che la Sardegna è un territorio vasto e poco abitato, con strade e mezzi di comunicazione addirittura antidiluviani, dove muoversi in caso di necessità ed urgenza richiede tempi a volte incompatibili per la salvaguardia della vita umana. Una riforma studiata “a tavolino”, basata esclusivamente sui numeri (come lo scarso numero delle nascite nell’ospedale de La Maddalena, isola ben difficile da raggiungere in caso di necessità), che non tenga conto delle altre condizioni pregiudizievoli per la salute, non può essere accoglibile! Il valore della vita umana va ben oltre l'aridità dei numeri, non può essere sacrificata al semplice calcolo del profitto! Stante questo, allora, è meglio che certe riforme algebriche vengano accantonate, perché il danno risultante sarebbe sicuramente superiore al guadagno.
Amici, questi tristi problemi della sanità sarda sono, a mio avviso, quella goccia che forse farà traboccare il vaso. Ai nostri abbandonati paesi dell'interno non bastano le tristi situazioni che continuano a crearsi, come la cancellazione di scuole, di uffici postali, di banche e di altri servizi essenziali: ora perderanno anche la possibilità di avere, relativamente vicine, le cure necessarie alla propria salute. Ma allora siamo proprio arrivati “alla frutta”!
Chi ha orecchie da intendere…intenda!
A domani.
Mario

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