Oristano
13 Gennaio 2016
Cari amici,
anche i più recenti
dati ISTAT dicono che la donna continua ad essere considerata inferiore all’uomo.
La conferma viene dall’analisi dei dati riferiti al 2014, che evidenziano che
le pensioni delle donne sono ancora molto più basse rispetto a quelle degli uomini.
Si, nonostante tutto, la forte disparità esistente negli assegni previdenziali
tra donne e uomini, permane: le prime, infatti, ricevono una pensione
nettamente inferiore rispetto ai secondi.
A mettere nero su
bianco su un problema che a parole tutti vorrebbero risolvere è il nostro Istituto
di Statistica nel report sulle “Condizioni
di vita dei pensionati”. L’analisi, relativa all’anno 2014, evidenzia che i
pensionati in Italia erano 16,3 milioni e hanno percepito in media un reddito
pensionistico lordo intorno ai 17 mila euro. Numericamente le donne sono
maggioranza: sono il 52,9%. L'importo medio annuo per gli uomini, sempre in
termini lordi, è pari a 20 mila 135 euro, mentre per le donne si ferma a 14
mila 283 euro. In parole povere questo
significa che le donne, mediamente, percepiscono circa 6 mila euro in meno rispetto
ai colleghi maschi!
Inoltre, si legge sempre
nel rapporto dell'ISTAT, "le pensionate che ricevono integrazioni al
minimo sono 2,9 milioni, l'81,4% del totale, un numero di oltre quattro volte
superiore a quello degli uomini (673 mila)". Meno pensionati maschi ma con assegni
più pesanti e che, soprattutto, per molte famiglie rappresentano
l'unica fonte di reddito disponibile. Altro dato interessante è la forte
discrepanza degli assegni legata al titolo di studio: per i titolari di assegni
con un titolo pari alla laurea, il reddito lordo pensionistico (circa 2.490
euro mensili) è più che doppio di quello delle persone senza titolo di studio o
con al più la licenza elementare (1.130 euro).
Altro dato interessante
del rapporto è quello relativo al rischio
povertà. Nelle famiglie dove è presente un pensionato, il ‘rischio’ risulta
essere più basso di quello delle altre famiglie: il 16% contro 22,1%, a indicare
come, in molti casi, il reddito pensionistico possa mettere al riparo da
situazioni di forte disagio economico. Comunque, il rischio di povertà è più elevato
tra i pensionati che vivono soli (22,3%) o con i figli come genitori soli
(17,2%). La situazione risulta più grave quando con il proprio reddito
pensionistico il pensionato deve sostenere anche il peso di altri componenti
adulti che non percepiscono redditi da lavoro: l'Istat stima che circa un terzo
di tali famiglie (31,3%) è a rischio di povertà.
Tornando alla sensibile
differenza pensionistica tra maschi e femmine, di questo «divario pensionistico di genere» come viene tecnicamente definito,
se ne sta occupando anche l’Unione Europea. Il Consiglio dell’UE ha sollecitato
anche di recente i Paesi membri affinché venga quanto prima superato il divario uomo-donna
sulle pensioni. In media questo 'divario' nei Paesi UE è del
38,5%, dice la Relazione della Commissione Europea sulla parità tra donne e uomini riferita al 2014: tre volte la differenza salariale media, che era del 16,5% nel 2012.
Ciò significa che le donne
hanno in media pensioni ridotte di oltre un terzo rispetto agli uomini, cosa che evidenzia, in modo inequivocabile, non solo un minore salario corrisposto ma anche un permanente sfruttamento del lavoro
femminile, con un ulteriore risvolto drammatico: la scarsa autonomia delle
donne in vecchiaia. La Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea ha
recentemente invitato gli Stati membri e la Commissione UE ad «adottare le
misure necessarie» per risolvere la questione, chiedendo di «affrontare il
problema del divario pensionistico nella nuova strategia per la parità di
genere dopo il 2015, nell’ambito della strategia Europa 2020».
Cari amici, i dati
prima riportati dovrebbero far rifletter non poco. Tutti Voi sapete come la
penso sull’universo femminile che, da sempre “sottoposto a sudditanza”, alla
prepotenza e all’arroganza dell’uomo, deve tovare la forza di liberarsi, in modo totale, da
questa soffocante “tutela”. Il recente intervento dell’Unione Europea sugli
Stati membri potrebbe costituire un aiuto anche per noi in Italia: esserci d’aiuto per
poter prendere decisioni che fino ad ora sono state gattopardescamente evitate o scartate. Se l’Europa
fosse una “cosa più seria e concreta” di quello che oggi è, tutto sarebbe più
semplice: solo un’Europa-Nazione potrebbe amalgamare le enormi differenze
ancora esistenti tra Stato e Stato.
Certo, quanto sta portando avanti l'UE va nella direzione giusta: l’eliminazione del divario pensionistico
di genere è sicuramente un «un obiettivo prioritario», ma questo potrà essere
raggiunto solo unitamente ad altre condizioni, come l’aumento del tasso di occupazione delle donne, una strada
questa, però, che deve passare attraverso una reale parità della qualità del posto di
lavoro, della retribuzione e della necessaria conciliazione tra il lavoro e gli
impegni familiari. Alcuni Stati europei su questo fronte sono già all’avanguardia:
riconoscimento pieno del valore del lavoro delle donne (maggior presenza
femminile nelle posizioni decisionali), orari di lavoro flessibili sia per le
donne che per gli uomini, strutture di qualità, accessibili e poco costose per
la custodia dei bambini e le altre persone a carico, e una più equa
ripartizione del lavoro non retribuito tra donne e uomini (che significa che i
lavori domestici vanno equamente distribuiti tra entrambi i coniugi).
Amici miei, pensate
anche Voi che l’Italia è ancora ben lontana da traguardi di questo tipo? Io,
credetemi, non sono mai stato un pessimista, ma in questo caso sono certo che
da noi i tempi saranno ancora molto lunghi! La mia previsione è che 'arriveremo ultimi. Si, perché noi italiani faremo
ancora di tutto per non accettare questa ineluttabile parità: per noi la donna
è sempre, prima di tutto, casalinga…
Ciao, a domani.
Mario
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