Oristano
19 Gennaio 2016
Cari amici,
nella vita di tutti i
giorni difficilmente cerchiamo di mostrarci per quello che siamo! Più che
mostrare la nostra realtà, farci vedere "veri", col nostro bagaglio di umanità, cerchiamo di “apparire”,
esibendo un “noi” che non esiste. Insomma, cerchiamo di mostrare la persona che
avremmo voluto essere, per far sì che gli altri possano vederci diversi: quelli
“esibiti”, non quelli “reali”. In effetti questo essere attori, questo trasformismo che scivola velocemente
dall’essere all’apparire, è un gioco costante, e, anche se poi volessimo tornare
indietro, ci risulterebbe abbastanza difficile farlo; si, perché una volta che
abbiamo indossato costantemente ‘panni diversi’ sul palcoscenico della nostra
esistenza, è difficile recuperare in modo indolore quelli veri, reali.
Ho fatto questa
premessa perché oggi voglio parlarvi proprio di questo: del costante avanzare
in tutti i campi della realtà virtuale,
che stranamente sembra procedere senza trovare ostacoli. Procediamo con ordine. Intanto, cosa intendiamo concettualmente per
realtà virtuale? A differenza del mondo
vero, reale, quello virtuale altro non è che un mondo fittizio, creato dalla tecnologia, che permette però all’utente
di catapultarsi all’interno come in un sogno. Ci basti come esempio fare il paragone con i videogiochi, che tanto attiravano e ancora attirano i nostri ragazzi. Oggi inoltre,
grazie al costante miglioramento tecnologico, come ad esempio i modernissimi
visori tridimensionali indossati come occhiali, possiamo avere l'impressione di toccare con mano
una realtà virtuale apparentemente molto vicina a quella reale, anche se invece si tratta solo di fantasia.
Questo recente strumento visivo
avanzato, chiamato Oculus Rift, è un
visore dalle dimensioni piuttosto generose che porta con sé un display, due
lenti in grado di creare un effetto stereoscopico, più una moltitudine di
sensori di movimento in grado di rendere, a chi lo usa, un’esperienza virtuale
verosimile (giroscopi, magnetometri, etc.). Già in circolazione, Oculus Rift è
forse il primo prodotto “consumer” in grado di proporre un’esperienza di questo
genere. Dopo il successo iniziale dell’innovativo prodotto, grandi quantità di
denaro sono state spese per rendere la realtà virtuale alla portata di molti, riscontrando un gradimento che continua
ad avanzare senza incontrare ostacoli.
Cari amici, la prima
impressione provata da chi usa Oculus Rift è quella di avere il
mondo a portata di mano (sarebbe meglio dire a portata di visione): un gradevole passaggio ad un mondo che, se pur virtuale, si presenta ingannevolmente verosimile, identico a
quello reale. Tante le realtà che con Oculus possono essere sperimentate: vuoi diventare
un banchiere? Una specie di monopoli te lo farà credere per la durata del
gioco. Vuoi passare una serata “bollente” con la ragazza (o il ragazzo) dei tuoi
sogni? Indossa caschetto, guanti e altri strumenti atti a sollecitare i sensi e
puoi sognare di averla vissuta, come nella realtà. L’illusione creata è quasi reale,
quasi si fosse entrati in possesso della lampada di Aladino! La soddisfazione virtuale dei propri desideri, dei sogni, sembra essere a portata di mano, anche se, parafrasando un frase celebre, sono
solo sogni e… “i sogni muoiono all’alba”!
Lucidamente, a cervello
sgombro, questa realtà virtuale tanto agognata fa sorgere in modo spontaneo
tante domande: perché molte persone hanno bisogno di passare dalla realtà alla
finzione? Perché scatta il desiderio di fingere di essere qualcuno? Perché
l’insoddisfazione ci porta a sognare, anziché rimboccarci le maniche e con
caparbietà cercare di migliorare la nostra vita? Perché sognare (col visore), di
“vivere” un’avventura romantica virtuale in salotto, anziché uscire e tentare l'approccio conoscendo nuove persone? Perché socializzare “virtualmente” tramite Internet, quando è
possibile farlo concretamente nella vita di tutti i giorni? Non è facile rispondere in modo esaustivo, forse anche perché, a differenza della vita reale, quella “virtuale” appare più semplice e meno
complicata!
Eppure la realtà
virtuale non è tutta da demonizzare, da buttar via. Vi sono aspetti anche molto positivi di queste nuove tecnologie, applicabili
con successo in diversi campi della vita reale. I "simulatori di realtà" in effetti non
servono solo a farci sognare, a farci uscire idealmente da una grigia realtà, ma possono
darci anche un aiuto concreto nella vita pratica. Molti i campi dove la realtà
virtuale può essere d’ausilio. In odontoiatria, per esempio, nessuno dovrà più
fare da cavia agli studenti laureandi: col programma “Virtual Dental Implant
Training Simulation” gli studenti potranno esercitarsi su un paziente virtuale; un
errore, come l’anestesia fatta nel posto sbagliato, induce il paziente vero ad urlare per il dolore, ma è meglio, tramite il simulatore, provocare grida virtuali al posto di
quelle reali.
Sempre restando in
campo medico, le vittime di ictus, per esempio, potranno contare su una
riabilitazione costante per la riconquista dell’uso degli arti colpiti da
paresi. In Spagna si sta conducendo uno studio pilota secondo il quale, tramite
Microsoft Kinect, i pazienti attraverso un “alter ego” virtuale potranno controllare
i movimenti del proprio corpo, che verranno stimolati a muoversi seguendo quelli simulati
dal proprio alter ego virtuale. Spinti infatti dal desiderio di raggiungere gli
obiettivi, i pazienti inizieranno a muovere gli arti immedesimandosi e mimando quelli eseguiti dall’arto virtuale, che “ingannerà” il cervello, considerandolo un proprio arto e ottimizzando
così la possibile riabilitazione.
Anche nello sport la
realtà virtuale può risultare d’aiuto, diventando, per esempio, un buon coach
per allenare la squadra. In America i Dallas Cowboys, squadra di football,
hanno stipulato un contratto biennale con una società di tecnologia specializzata
in piattaforme VR, con lo scopo di aiutare la squadra durante gli allenamenti;
tramite un visore, i giocatori possono osservare lo svolgimento del gioco da una prospettiva in prima persona e decidere di conseguenza quando
scattare. Il programma, testato presso la Stanford University e utilizzato dai
Dallas C. (che hanno notato miglioramenti sensibili), potrebbe presto venire adottato da altre squadre. Tantissimi altri campi potrebbero beneficiare di questa moderna tecnologia per migliorare le proprie prestazioni.
Cari amici, come succede in
tutte le innovazioni ci sono sempre i pro e i contro: insomma, ogni medaglia ha
il suo rovescio. La realtà virtuale potrà certamente essere di aiuto e di
supporto per molte delle attività portate avanti dall’uomo, anche se ne può fare un uso negativo, un uso
improprio. Nel caso trattato oggi, quello che maggiormente preoccupa
è il costante allontanamento dell’uomo dalla realtà quotidiana, per cercare di vivere una “second
life” virtuale, parallela. L’uomo deve vivere più di realtà che di sogni! Deve
prima di tutto essere conscio che relazionarsi con la realtà, con le persone reali,
è sempre più positivo e appagante che farlo virtualmente con le loro immagini. Chi ha imboccato la
strada del virtuale per il reale, deve lucidamente convincersi dell'errore fatto e iniziare un percorso a ritroso, che può
essere faticoso e anche non breve, ma sarà utile e necessario farlo.
Siamo partiti oggi riflettendo
sul fatto che la gran parte di noi ha bisogno di apparire migliore di quello che è, cercando di
costruire e far vivere un "alter ego" mistificato, ma è sicuramente uno sbaglio: l’illusione,
amici miei, è come la nebbia: al primo sole svanisce e ci ritroviamo poi più infelici di prima. Viviamo, allora, con serenità la nostra vita, riportiamo a terra l’aquilone dei nostri sogni che
abbiamo cercato di far volare alto, e riprendiamo con umiltà a fare strada con i piedi ben saldi per terra. Sara un passaggio
difficile ma inevitabile, se vogliamo davvero percorrere la strada giusta,
quella faticosa, anche irta di spine, ma vera, reale.
Ciao, amici, a domani.
Mario
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