Oristano
25 Gennaio 2016
Cari amici,
il recente accoglimento
(parziale) da parte della Consulta della richiesta di referendum sulle
trivelle, voluto da nove Consigli Regionali, in seguito all’approvazione da
parte del Governo del “Decreto sblocca Italia”, che di fatto ha sottratto all’autonomia
delle singole Regioni la decisione (concessione del VIA, valutazione impatto
ambientale) sulla richiesta di perforazioni petrolifere, se da un lato fa fare
un primo respiro di sollievo, non risolve, comunque, il problema. Vediamo in
dettaglio i fatti.
L’articolo 38 della
legge voluta dal Governo Renzi (più nota come Decreto sblocca Italia)
stabilisce che, in caso di «progetti d’interesse nazionale primario e
strategico», la competenza regionale del rilascio della valutazione d’impatto
ambientale (VIA) sulle «attività di prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale», passa a quella
nazionale, con la conseguenza di espropriare di fatto, su questi punti
specifici, tutte le Regioni della possibilità di decidere in materia di tutela
ambientale.
Il decreto “Sblocca
Italia”, come si sa, istituisce un regime di “manica larga” sulle valutazioni
d’impatto ambientale delle «grandi opere» considerate di «interesse
strategico», dalla Tav in Val di Susa sino alle nuove autostrade come la
Napoli-Bari. Il contenuto del decreto, però, non riguarda soltanto
infrastrutture e trasporti, ma anche il settore della produzione di energia, in
particolare l’autorizzazione alle trivellazioni a mare. In Sardegna, per
esempio, l’approvazione del decreto governativo mette a rischio la nostra autonomia,
formalmente “a statuto speciale”, nel delicato settore ambientale. L’articolo
38 prima menzionato, infatti, potrebbe ribaltare il «no» dei cittadini di
Arborea al Progetto Eleonora, potenzialmente in grado di distruggere l’area
naturalistica di S’Ena Arrubia.
La recente sentenza
della Consulta, che ha autorizzato lo svolgimento del referendum richiesto dai
nove Consigli Regionali richiedenti, non esaurisce il problema, in quanto i quesiti
referendari proposti erano ben sei! La Corte Costituzionale ha dichiarato
ammissibile solo quello riguardante la durata delle autorizzazioni alle
esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti petroliferi già rilasciate. In un
primo tempo l'Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione li aveva accolti
tutti e sei, ma a seguito dell’introduzione da parte del Governo di una serie
di nuove norme, tra cui il divieto di trivellazioni entro le 12 miglia marine,
alla fine ha ritenuto ammissibile solo il sesto: il quesito riguardante la
norma che prevede che i permessi e le concessioni già rilasciati abbiano la
"durata della vita utile del giacimento".
Senza entrare nel
merito (una disquisizione su vantaggi e svantaggi delle perforazioni sui nostri
mari, rispetto al necessario acquisto all’estero, sarebbe lunga e anche poco
produttiva, considerato che il modestissimo risparmio conseguito a seguito di
ulteriori ritrovamenti, comporterebbe spese ben più consistenti per rimediare
agli enormi danni causati all’ambiente e al turismo), oggi voglio riflettere
con Voi non del caso specifico che, pur importante, è secondario rispetto ad un
bene ben più grande: quello della libera
determinazione dei popoli sul loro avvenire nella loro terra.
La Sardegna, credo di
averlo affermato innumerevoli volte è stata per molti secoli “Colonia” e,
purtroppo continua ad esserlo. La nostra autonomia, ben prevista dalla
Costituzione, è solo un bel termine ma che produce pochi effetti pratici. Se è
vero, come è vero, che siamo parte integrante dell’Italia, vorrei che mi si
dimostrasse che siamo – a tutti gli effetti – uguali agli altri cittadini delle
altre Regioni sui vantaggi e gli svantaggi dell’appartenenza! E che non siamo
uguali, che non abbiamo gli stessi diritti, lo tocchiamo con mano tutti i
giorni. Dalle servitù militari (in Sardegna è dislocato il 60% delle servitù
nazionali) alla continuità territoriale che non esiste proprio, senza parlare dell’autonomia
finanziaria impositiva, il cui contenzioso con lo Stato dura da non so più da
quanto tempo e della concreta possibilità di utilizzare l’Isola (nonostante la
totale indisponibilità dimostrata da tutti i sardi) anche per quel “deposito
unico” di scorie nucleari che, a dar corpo alle voci, si sta già predisponendo.
Ora lo Stato intenderebbe
espropriarci anche le decisioni relative all’autonomia in materia
ambientale! Credo che anche la nota
grande pazienza dei sardi sia arrivata al limite! Il vaso è colmo oltre misura!
Una cosa mi meraviglia: l’opportunismo dell’attuale Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che all’inizio avevo considerato la persona capace di far riprendere quota
all’Italia dopo un periodo di lunga crisi. Se è vero che come “pacchetto voti”
la Sardegna conta solo come una ricca città del Nord, credo sia opportuno non
dimenticare che i sardi sono testardi oltre misura: amano e odiano con
un’intensità molto forte, capace di vincere anche quando meno te lo aspetti. Un
esempio pratico lo possiamo leggere nella storia: i romani mai riuscirono a
domare i sardi del centro-Sardegna, i barbaricini, che anche se in pochi
riuscirono a tener testa all’invasore.
La Sardegna, cari
amici, merita ben altro che una nuova “perdente” industrializzazione! Ci
bastino gli errori del passato (meglio definirli orrori): Portovesme con
l’alluminio, Sarroch con la raffineria, Porto Torres e Ottana. La vocazione
dell’Isola sarebbe dovuta essere, considerata la sua stupenda collocazione
geografica, quella agricola (produzione di bio-qualità di eccellenza),
turistica (non solo mare ma storia e archeologia), e naturalistica (dalle oasi
naturali alla grande biodiversità, dai fenicotteri agli aironi), fruibile
praticamente per tutto l’anno.
Chiudo con grande
amarezza, riportando quanto scritto da Costantino Cossu, sul Manifesto, che in
due battute taglienti evidenzia nel titolo del post, senza bisogno di ulteriori
commenti, il problema:
“Sardegna,
se la trivella vale più degli aironi…”.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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