Oristano
21 Gennaio 2016
Cari amici,
la notizia non è certo
di quelle che confortano, soprattutto quando la fonte è abbastanza attendibile:
si tratta del "World Economic Forum". Nel
‘rapporto annuale’, che quest’anno viene presentato in Svizzera, a Davos, dal
20 al 23 Gennaio, tra le novità contenute una risulta non solo molto importante ma
anche particolarmente insidiosa. Nel rapporto si sostiene che entro il 2020
(data non lontana, parliamo fra 4 anni) oltre 5 milioni di lavoratori verranno
sostituito da macchine pensanti, ovvero da Robot. Questa affermazione non è
solo forte, ma addirittura dirompente: alcuni la considerano già la "Quarta rivoluzione industriale",
che certamente sconvolgerà l’attuale assetto del mondo del lavoro. Protagonisti
di questa 4^ rivoluzione saranno infatti la robotica, le nanotecnologie, la
stampa 3D, le biotecnologie, con i loro grandi sponsor mondiali: le grandi
multinazionali del settore informatico. Per la Microsoft sarà presente al Forum
l’AD Satya Nadella.
Che le precedenti
rivoluzioni industriali siano riuscite a limitare di molto il lavoro manuale (quello
svolto dagli operai), mediante l’utilizzo di macchine sempre più sofisticate, è
cosa nota: i robot, oggi, nei settori altamente automatizzati come quello
automobilistico svolgono quasi il 90 per cento delle mansioni, ma ora è
diverso. La 4^ rivoluzione sta per assestare un “colpo al cuore” ai ‘colletti
bianchi’, gli impiegati, che mai, prima d’ora, avrebbero supposto
di essere fagocitati, messi da parte da “macchine pensanti”, ovvero dai robot di nuova generazione!
Da qui al 2020 saranno proprio le categorie impiegatizie, prima immuni, in
particolare quelle dei settori amministrazione, contabilità e finanza, a subire
dei drastici tagli.
Dalle indagini dei
ricercatori risulta che saranno in primo luogo le donne (…guarda caso!) quelle più a
rischio di perdere il lavoro rispetto agli uomini. Si legge anche che gli impieghi
meno a rischio, quelli considerati più sicuri in un prossimo futuro, sono quelli
scientifici e informatici, i cosiddetti STEM,
acronimo per Science, Technology, Engineering, Mathematics
(matematica, informatica, scienze naturali,
tecnologia); meno a rischo, quindi, le imprese di robotica, fabbriche di stampanti 3D, nanotecnologie,
ingegneria genetica, biotecnologie, internet mobile. In questi campi la
percentuale delle donne impiegate è ancora piuttosto bassa.
L'indagine sui robot "Future Jobs"
presentata a Davos, ricalca dati e previsioni già fatte nei mesi scorsi dalla
Università di Oxford, ricavati analizzando lo sviluppo tecnologico e i
cambiamenti del mercato del lavoro in Cina, Stati Uniti, Giappone, Francia,
Germania, Messico e Regno Unito, che rappresenta il 65% della forza lavoro
mondiale. Entrambe le previsioni coincidono: esse sostengono che, in totale, nell’arco
di 15 anni, andranno persi 7,1 milioni di posti di lavoro, compensati da due
milioni di nuovi posti, con un segno negativo di oltre 5 milioni. Sono statistiche
impressionanti, in un mondo che invece è alla caccia di nuovi posti di lavoro per i
giovani!
Si, cari amici, robotica
e intelligenza artificiale la faranno sempre più da padrone non solo nei lavori di routine, ma anche nel settore
amministrativo e in settori come la telemedicina,
in campo energetico e in quello dei servizi finanziari. Klaus Schwab fondatore del
World Economic Forum, intervistato, ha detto: "I principali beneficiari
dell'innovazione tendono ad essere i fornitori di capitali fisici e
intellettuali come innovatori, azionisti e investitori, il che spiega il
divario crescente di ricchezza tra coloro che dipendono dal capitale e coloro che
dipendono dal lavoro"; "la tecnologia è quindi uno dei motivi
principali della stagnazione o addirittura del calo dei redditi per la
maggioranza della popolazione nei Paesi ad alto reddito".
Insomma, cari amici, l’innovazione
tecnologica finirà per distruggere la maggior parte dei lavori che conosciamo
oggi? Questa domanda, credetemi, non è per niente una provocazione ma un serio dilemma:
siamo sicuri che a questo punto non ci sia bisogno di studiare un nuovo modello economico-sociale? - Gli scenari
futuri sono preoccupanti, e non pochi iniziano a porsi dei dubbi sui benefici
reali di un’automazione sempre più spinta. La prima rivoluzione industriale di
fine 1700 portò, insieme a nuove macchine, anche un nuovo modello organizzativo
della società. La sensazione è che anche nei tempi che stiamo vivendo solamente attraverso un
ripensamento dei modelli lavorativi e sociali, le società più avanzate potranno
essere in grado di gestire gli eserciti di disoccupati che si profilano
all’orizzonte. Intanto, da subito, due cose risulteranno indispensabili: riqualificazione e aggiornamento professionale
dei lavoratori; secondo Klaus Schwab, questi fattori saranno fondamentali per evitare pericolosi
stravolgimenti sociali ed economici.
Il futuro a “Medio
Termine” si presenta ancora più cupo: l’invasione dei robot, di
fantascientifica memoria, da qui a vent’anni potrà dirsi una realtà compiuta. Gli
studi previsionali dicono che in Giappone (il Paese dove i robot sono oltremodo
graditi), non più tardi del 2035 quasi un lavoratore su due, il 49%, sarà
tecnicamente “senz’anima” ovvero un robot. Questa lo si rileva da un’indagine
del Nomura Research Institute, una società di ricerca nipponica, che ha
analizzato circa 600 ruoli professionali e le relative probabilità, in un
ventennio, di robotizzazione delle mansioni. Passando agli altri Stati, anche
per gli Stati Uniti si ipotizza una robotizzazione di non poco conto: una percentuale
del 47%, mentre per il Regno Unito si arriva al 37%.
Cari amici, come ho
detto all’inizio questi sono dati che non infondono certo tranquillità! Personalmente
concordo con quelli che iniziano a porsi dei dubbi sui benefici reali di
un’automazione sempre più spinta. Continuando di questo passo, penso con preoccupazione: cosa faranno gli
eserciti di disoccupati che, pur privi di un lavoro, avranno necessità di
mangiare, bere, vestirsi, trascorrere il tempo e anche divertirsi? Diventeranno un esercito di una pericolosità che, forse, oggi neppure immaginiamo! Non vi è
dubbio che è urgente e necessario un serio ripensamento degli attuali modelli sia
lavorativi che sociali.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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