Oristano 15 Gennaio 2015
Cari amici,
in un mio recente post
su questo blog (vedi, http://www.amicomario.blogspot.it/2016/01/cervello-e-memoria-per-avere-un.html
), parlando di cervello e memoria, ho scritto che per mantenere “in forma” il
nostro cervello è necessario tenerlo allenato in continuazione, come si fa con il
corpo. Ebbene, a parte i necessari esercizi che quotidianamente dovremmo
praticare, una recente scoperta ci aiuterà ulteriormentea conservare
al meglio la nostra memoria. Di recente, infatti, è stata scoperta una proteina in grado di consolidare
la nostra memoria, in particolare quella a lungo termine.
Un gruppo di
ricercatori del Dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari
dell'Università Statale di Milano ha scoperto una particolare proteina capace
di custodire i recettori delle sinapsi,
responsabili del corretto funzionamento del cervello. Lo studio, svolto in
collaborazione con l'Università del Piemonte Orientale e le Università di
Bordeaux e Newcastle, può rappresentare una svolta per la realizzazione di
farmaci che sfruttino le funzioni della proteina per salvaguardare la memoria.
Questa proteina, nota come Rabphilin-3°,
è in grado di legare i recettori di glutammato, strumenti importanti per il
consolidamento della memoria a lungo termine.
Questa ricerca, già
pubblicata sulla rivista Nature, è focalizzata proprio sul ruolo dell'acido
glutammico, un aminoacido fondamentale per il metabolismo del cervello, considerato
il principale neurotrasmettitore eccitatorio a livello del sistema nervoso
centrale. Studio importantissimo, in quanto molte malattie neurodegenerative,
tra cui Alzheimer e Parkinson, sono caratterizzate proprio da una alterazione
della funzionalità dei recettori per il glutammato a livello delle sinapsi. Il
gruppo di ricercatori dell'università statale di Milano, coordinati da Fabrizio
Gardoni e da Monica Di Luca, si occupano da molti anni proprio dello studio
dell'impatto della disfunzione sinaptica nelle malattie del sistema nervoso
centrale.
I risultati ottenuti
con questo studio aggiungono un ulteriore importante tassello
nell'identificazione di nuovi possibili farmaci per combattere le numerose
malattie del sistema nervoso centrale, in particolare quelle neurodegenerative,
caratterizzate appunto da una alterazione della funzionalità dei recettori a
livello delle sinapsi. La recente scoperta non è frutto del caso: in Italia lo
studio delle neuroscienze è stato sempre all’avanguardia! I ricercatori
italiani sono al vertice nel panorama della ricerca internazionale da almeno un
secolo. Rita Levi Montalcini è stata il personaggio più rappresentativo degli
ultimi decenni, ma prima di Lei altri ricercatori hanno dato lustro ai nostri
laboratori.
Ci basti pensare che,
dei sei premi Nobel per la medicina vinti da italiani, ben due sono stati
attribuiti a neuro scienziati; già agli inizi del secolo scorso, nel 1906, il
riconoscimento andò a Camillo Golgi per le ricerche sull'anatomia del cervello, e ancora oggi centinaia di ricercatori proseguono con successo questa bella tradizione.
Alcuni di loro sono autori di scoperte ritenute fondamentali, che hanno aperto
la strada a nuovi filoni di ricerca, e gli studi della struttura del cervello e
delle sue cellule, con i meccanismi che ne governano il funzionamento, sono il
settore nel quale la nostra ricerca ha prodotto e continua a produrre risultati
tra i più brillanti.
Tra gli attuali neuro-scienziati
italiani più quotati nelle graduatorie internazionali (quelle che valutano l'attività
scientifica dei singoli ricercatori), una delle figure apicali è quella di Pietro
De Camilli. Dopo la laurea all'università Milano, Camilli da molti anni svolge
la sua attività negli Stati Uniti, dove ha condotto studi fondamentali che lo
hanno portato a chiarire alcuni aspetti del funzionamento delle sinapsi, le
strutture situate fra un neurone e l'altro, responsabili della propagazione
dell'impulso nervoso. Inoltre, Camilli ha fondato e dirige il programma di studi sulla
neurobiologia molecolare e le malattie neurovegetative nell'Università di Yale,
dove è uno degli studiosi più noti. A renderlo popolare è stata la scoperta dei
neuroni a specchio, avvenuta nel 1992, che ha aperto la strada ad un nuovo
campo di studi, di cui oggi si occupano numerosi laboratori in tutto il
mondo.
Cari amici, con
l’avanzare degli studi specifici come quelli ora evidenziati, credo che
malattie come il Parkinson e l’Alzheimer, frutto della degenerazione
neurologica del nostro cervello (che inizia con l'alterazione della proteina che
fa perdere plasticità alle sinapsi), siano destinate ad essere presto debellate.
Sarà una grande vittoria, perché se è vero che la morte è qualcosa che
impaurisce tutti noi a prescindere dall’età, le malattie invalidanti a livello
cognitivo sono una terribile piaga che “uccide”, ancora prima della morte
fisica.
Ben vengano, dunque, scoperte
importanti come quella di cui abbiamo parlato oggi.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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