Oristano
26 Gennaio 2016
Cari amici,
ho letto con attenzione
l’articolo di Lello Caravano, pubblicato Sabato 23 Gennaio sul quotidiano
L’Unione Sarda nella pagina ‘Ambiente, Flora e Fauna’, sulle proprietà e le grandi
virtù dell’olio di lentischio o lentisco. Il mio interesse derivava dal fatto
che, oltre che conoscere bene la pianta che lo produce, avevo già parlato
ampiamente nel mio blog di quest’olio, conosciuto e utilizzato dai sardi fin da
epoca nuragica (chi è curioso, può andare a leggere il post del 28 Settembre
2010 cliccando su questo link: http://amicomario.blogspot.it/2010/09/lolio-di-lentischio-un-antico-e-moderno.html).
Chi va a leggere quanto
da me scritto potrà scoprire (o riscoprire), tornando con la mente indietro nel
tempo, quale scarso valore gli fosse attribuito in passato, considerato solo un
succedaneo del “vero olio”, quello d’oliva. Era utilizzato dalle famiglie
povere, che lo ricavavano andando in campagna a raccogliere, con grande
sacrificio, i preziosi fruttini rossi e neri, attraverso una tecnica collaudata:
due persone, una delle quali sfregava abilmente (in sardo questo lavoro era
chiamato proprio “andai a frigai”) con
le mani i numerosi grappoli allocati tra le verdi e profumate foglie della pianta, mentre l’altra con un recipiente raccoglieva il
prodotto. L’olio che se ne ricavava era usato nell’alimentazione di quelle
famiglie che non potevano permettersi di comprare quello ricavato dalle olive, in
quanto risultava troppo costoso; questo succedeva in particolare negli anni del
dopoguerra, quando anche alimentarsi per molti era proprio un problema.
Chi l’avrebbe mai
detto che l’olio di lentischio (o lentisco), così negletto e trascurato, col
passare del tempo si sarebbe presa la sua bella rivincita, surclassando in
valore e utilizzo quello dell’olio d’oliva? Eppure è successo, e noi sardi
dovremmo esserne davvero orgogliosi! È come se avessimo abbandonato per secoli
un brillante, ritenendolo un coccio di vetro. Eppure, i presupposti perché
quest’olio non fosse considerato un semplice olio alimentare di scarsa qualità,
c’erano tutti: anche in passato, infatti, la medicina popolare lo usava con
successo come rimedio per tanti mali. Ripassiamo insieme, allora, le belle
virtù del Lentischio, arbusto ancora presente in tutta la nostra Isola, parte
integrante della nostra meravigliosa macchia mediterranea, il cui olio è oggi
diventato protagonista: insomma una pianta che, da “Cenerentola”, è diventata “Principessa”.
Il lentischio,
“Pistacia lentiscus”, è un arbusto sempreverde, appartenente alla famiglia
delle Anacardiaceae; il suo profumo è intenso, resinoso e fortemente aromatico,
tipico della macchia mediterranea, praticamente diffusa in Sardegna dalla
pianura alle zone montuose. Questo arbusto è considerato anche una pianta
miglioratrice del terreno in quanto lo rifornisce di sostanze organiche e ioni
minerali che favoriscono la nascita di altre piante. Proprio per questi motivi
la specie è considerata importante anche dal punto di vista ecologico, perché facilita
il recupero e l'evoluzione di aree degradate. Il lentischio ha foglie minute, di
un colore verde scuro intenso, mentre i frutti, riuniti in infiorescenze a
pannocchia, sono portati da individui distinti, poiché la specie è dioica. I frutti sono di piccolo formato (sono delle piccole
bacche a sfera), e durante la maturazione passano dal colore bianco, al rosso,
al viola scuro, quasi nero a maturazione completa, che avviene in autunno (le
bacche del lentischio si colgono nello stesso periodo della raccolta delle
olive).
Nell'Isola, cessato il periodo di
crisi del dopoguerra, con la grande diffusione degli oliveti anche in Sardegna,
il consumo alimentare dell’olio di lentischio prima diminuì, poi subì un drastico calo:
praticamente un totale abbandono per uso alimentare, restando confinato in campo medicamentoso, uso che nella cultura sarda non è mai cessato, anche se, col passaggio dalla civiltà contadina a quella moderna, la gran parte delle vecchie pratiche di medicina
popolare sono praticamente cadute in disuso per l’utilizzo dei nuovi farmaci sintetici.
Il lentischio per i
nostri avi era invece un vero toccasana! Ai tempi della civiltà contadina le foglie erano utilizzate per la concia delle pelli, considerata la
loro ricchezza in tannini, mentre i giovani rametti teneri venivano utilizzati come
deodoranti e antitraspiranti per la sudorazione eccessiva dei piedi, in quanto
l'azione astringente dei tannini frenava la sudorazione ed eliminava gli odori
sgradevoli, anche se scuriva leggermente la pelle; un decotto di foglie e
rametti teneri, aggiunto all'acqua del bagno, serviva a diminuire l'eccessiva
sudorazione di tutto il corpo. E non è tutto, perché sia l’olio che altre parti
della pianta erano utilizzate anche per curare gli animali: l’olio era un
ottimo rimedio anche per la zoppia degli ovini.
Quest’olio dal profumo
e dal gusto forte era considerato particolarmente benefico per la pelle (con
ottime proprietà cicatrizzanti): era abitualmente usato come rimedio per i foruncoli, l'herpes e le
piccole fissurazioni delle dita; in caso di orticaria e di allergie, si facevano
bollire le foglie di Lentischio assieme a quelle di Mirto, ricavandone un
impasto utilizzato per fare impacchi lenitivi e decongestionanti. La resina, che si ricava
incidendo il fusto e che si rapprende in piccole gocce, risultava anch’essa molto utile; raccolti i granuli (conosciuti
come Mastice di Chio, dall'isola che in passato fu la maggiore produttrice ed
esportatrice di questa resina), si conservavano in barattoli ben chiusi e venivano utilizzati come antisettico. Oggi sembrerà curioso, ma in passato in caso di infiammazioni della bocca venivano masticati come una sorta di
chewing gum, per l'azione antisettica benefica sul cavo orale; il suo uso, infatti, aiutava a calmare e rassodare le gengive infiammate,
e a purificare l'alito. Il suo principio attivo è ancora oggi utilizzato: la resina del lentischio è un componente del moderno chewing gum, trova utilizzazione in
profumeria, e, in odontotecnica, è usato come ingrediente di paste per
otturazioni e mastici per dentiere.
Ebbene, cari amici, questo saggio utilizzo del lentischio, che in passato era solo frutto della saggezza popolare, oggi finalmente,
grazie anche all’inventiva dei nostri giovani, è tornato prepotentemente alla ribalta. Si, perché alcune nostre trascurate
‘eccellenze’, grazie ai moderni studi delle nostre Università, stanno tornando in auge. Questo ha fatto sì che molti giovani siano stati invogliati a riscoprire, ovviamente in
chiave moderna, l’agricoltura da tempo abbandonata, contribuendo a salvare diversi nostri
grandi “tesori”, tra cui l'olio di lentischio. In questo modo questo prezioso olio è tornato prepotentemente alla
ribalta, più di prima e meglio di prima, proprio per le sue eccellenti e uniche proprietà! Insomma, una vera riscoperta
di antichi saperi e sapori! Come
scrive Lello Caravano nel suo apprezzato articolo prima citato, “…una-due
gocce per condire insalate e minestre, una-due gocce nell’acqua per l’igiene
orale, una-due gocce per lenire dolori muscolari. E dire che una volta lo
chiamavano l’olio delle lucerne o il condimento dei poveri…”.
Sono davvero felice (io
che da ragazzo, come ho scritto nei miei libri, l’ho gustato appieno) che
l’olio di lentischio sia stato valorizzato per quello che merita! Ora, ricco della
sua tradizione millenaria, ha ritrovato il suo posto, quello destinato ai grandi:
gli è stato riconosciuto quel posto d’onore che gli competeva di diritto, in virtù delle
sua eccellenti proprietà nutrizionali e salutistiche, oltre che per le sue capacità di armonizzare
il territorio che colonizza, nel pieno rispetto della salvaguardia del nostro
ambiente naturale.
È proprio vero, posso
affermarlo ancora una volta, che non c'è futuro senza legami con il passato! Il percorso verso il futuro è, senza reticenze, fatto di unione, di abbracci, tra vecchio e nuovo: ll sapiente intreccio tra saggezza popolare,
madre natura e i moderni studi scientifici, ne sono la dimostrazione più evidente. Questa la via da seguire! In questo modo anche la nostra Isola potrà cogliere quelle reali opportunità di
sviluppo del territorio che i nostri giovani tanto attendono. Ad un'unica condizione, lo ribadisco: quella di andare verso il futuro senza rinnegare il passato! È osservando
con orgoglio il nostro passato e attingendo al suo antico sapere, che possiamo
proiettarci senza timore verso il futuro. Spero che i giovani sappiano
interpretare saggiamente questo consiglio.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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