domenica, agosto 25, 2024

LE “PERSIANE”, UN UTILISSIMO COMPLEMENTO DELLE NOSTRE FINESTRE. LA LORO INVENZIONE HA SECOLI DI STORIA E NASCE IN PERSIA.


Oristano 25 agosto 2024

Cari amici,

Le “PERSIANE”, oggi come ieri, sono un ottimo completamento delle nostre finestre, utilizzate nella gran parte delle abitazioni e degli uffici. Realizzate originariamente in legno, oggi le troviamo realizzate in tanti altri materiali, dal PVC all’alluminio. Si tratta, infatti, di un elemento importante per la salute della casa, in quanto le persiane proteggono dal caldo in estate e dal freddo durante l’inverno. Un complemento alquanto importante, dunque, ma ci siamo mai chiesti come sia nata e da dove arriva la persiana? Vediamolo insieme.

La storia delle persiane è curiosa e affascinante, e nasce nella lontana Persia (oggi Iran). Nei secoli scorsi era Venezia a dominare il commercio con i Paesi dell’Oriente, e sembra proprio che siano stati i commercianti veneziani a portare per primi in Europa (tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo) le “Persiane”, tant’è che si diffusero velocemente, proprio con il nome derivato dal luogo d’origine. In Persia, dicono le malelingue, che la persiana sia nata dalla forte gelosia dei mariti persiani (tant’è che “gelosia”, è anche il nome che viene dato a questo infisso). L’uomo persiano, troppo gelosi della propria moglie, pare che avesse escogitato questo stratagemma proprio per impedirle di mostrarsi alla finestra!

A Venezia le persiane si diffusero presto, e in poco tempo diventarono un aristocratico simbolo di privacy e di bellezza, che poi si diffuse in tante altre città, tra cui, in particolare, Genova. A Genova (pensando ai genovesi, da sempre grandi taccagni…), nel 1798 nacque una curiosa tassa sulle finestre; le case con meno di sei finestre non pagavano nulla, mentre quelle con più finestre sì. E i liguri? Per non pagare, iniziarono a murare e dipingere le finestre! Ecco la ragione per cui nei colorati edifici storici liguri si trovano tante finestre disegnate! Amici, ed è da allora, che le persiane e le finestre vengono chiamate... imposte! L'arte genovese di dipingere le finestre sulle facciate sì diffuse poi un po' ovunque.

Amici, l’evoluzione e la diffusione della persiana nei Paesi Mediterranei avvenne anche per merito del fisico inglese Edward Bevan, che brevettò il sistema di costruzione nel 1769; il congegno da lui ideato era costituito da lame mobili di legno, inserite in un telaio, che potevano essere azionate per mezzo di una corda e di  una puleggia. Ed è curioso che sia stato proprio un inglese a brevettare questo sistema, quando è risaputo che in molti Paesi nordici le persiane sono state sempre assenti.

Come mai, direte Voi? Se funzionano così bene da noi, perché in questi Paesi nordici non vengono utilizzate? Per quanto riguarda la differenza di utilizzo con i Paesi del nord Europa (non solo quelli più a nord, ma anche Paesi Bassi, Belgio, Germania) sembra ci siano due ragioni. La prima ragione è un problema funzionale: poiché nel freddo Nord le finestre tendono a intrappolare il poco sole che le raggiunge, in quelli più a Sud lo si deve evitare per non surriscaldare gli spazi in cui si vive e si lavora. La seconda ragione, invece, deriva dalla correnti protestanti - luteranesimo e calvinismo - che si insediarono in quelle zone d'Europa, dettami religiosi che cambiarono radicalmente la concezione della privacy tra la gente. Lì, come afferma l'architetto José María Mateo, di Martín Lejarraga Oficina de Arquitectura, “nascondersi dietro una tenda o una persiana potrebbe voler dire che si sta nascondendo qualcosa di peccaminoso".

Amici la storia della persiana è davvero curiosa e intrigante! Come accennato, in origine costruita in legno, col passare del tempo, fu realizzata in altri materiali: dal ferro all’alluminio (intorno al 1850), per arrivare ai giorni nostri, che vede la persiana realizzata in PVC e anche in acciaio zincato. Quanto alla loro forma, le persiane, essendo degli infissi caratterizzati da lamelle inclinate che lasciano passare la luce dell’esterno dentro le abitazioni, le lamelle possono essere fisse oppure orientabili, ovvero modulabili a seconda della quantità di luce che si vuole diffondere all’interno dell’ambiente. Inoltre, oggi, possono essere scorrevoli, avvolgibili o elettriche. La scelta è vasta e copre ogni particolare esigenza.

Amici, io le persiane le ho sia nella casa dove abito che in quella al mare. Sono indubbiamente un accessorio funzionale e utile, per cui credo che averle in casa sia davvero una scelta saggia!

A domani.

Mario

 

sabato, agosto 24, 2024

UN'INTERESSANTE, SAPIDA RICETTA ESTIVA: ZUCCHINE RIPIENE DI CARNE.


Oristano 24 agosto 2024

Cari amici,

L’estate è la stagione che ci gratifica con una grande varietà di verdure: belle, fresche e coloratissime, sane e nutrienti, che contribuiscono anche a disintossicare l’organismo dai freddi mesi dell’inverno. Inserite nella nostra alimentazione questi vegetali ristorano non solo il corpo ma anche la mente, fornendo al nostro organismo tanti equilibrati elementi nutrizionali che ridanno gioia e vitalità a corpo e mente.

Amici, seguire il ritmo delle stagioni a tavola significa mangiare genuino, aiutando l’ambiente: i prodotti di stagione sono più sani e saporiti, perché maturati al sole e spesso sono locali. Insomma, fanno bene all’organismo, perché frutta e verdura di stagione sono ricche di preziosi nutrienti, danno una mano al nostro ambiente e sono pure così buoni! Oggi voglio parlare con Voi di ZUCCHINE, un ortaggio leggero e povero di calorie. Basti pensare che 100 grammi di zucchine crude apportano all'organismo solo 11 calorie.

Le zucchine (che appartengono alla famiglia delle “Cucurbitacee”, al pari di melone e zucca) sono tra gli ortaggi più amati, soprattutto in estate (si raccolgono soprattutto in questa stagione). Sane e golose, semplici da preparare, si possono gustare in tanti modi tutto l’anno. Non dimentichiamo, poi, che di zucchine (ne esistono diverse varietà)! Tutte sono una fonte preziosa di sali minerali e vitamine e contengono amminoacidi utili all’organismo per formare le proteine. Sono anche diuretiche e poco caloriche, insomma, un vero toccasana per la salute.

La ricetta che voglio consigliere a Voi oggi è quella delle “ZUCCHINE RIPIENE DI CARNE”, un gradito piatto unico che, col caldo estivo, può essere consumato anche freddo. Le Zucchine ripiene di carne, cotte in padella o al forno, sono un piatto tutto da gustare. Si tratta di un piatto completo, semplice da preparare, adatto per la bella stagione. Seppure non siamo dei perfetti chef, proviamo a cimentarci nella preparazione, utilizzando solo un po’ di attenzione e di pazienza.  Ecco a Voi la ricetta.

GLI INGREDIENTI  (per 4 persone) : 4 zucchine belle grosse, 500 gr. di carne macinata di vitello, 70 gr. di parmigiano grattugiato, 50 gr. di pane grattugiato, prezzemolo, basilico sedano, cipolla, sale q.b., olio EVO q.b., polpa di pomodoro  400 gr..

PREPARAZIONE. Prendere le zucchine, tagliare la calotta superiore e preparare dei pezzi (a forma di tazza), provvedendo con attenzione allo svuotamento del contenuto interno  delle zucchine, utilizzando un cucchiaino. Conservare la parte della polpa levata e poi tritarla. Se le zucchine fossero troppo dure, scottarle in acqua salata bollente per qualche minuto, poi scolarle a testa in giù.

Ora prendete una padella capiente, versate dell’olio EVO, e fate appassire la cipolla tritata finemente; aggiungete la polpa delle zucchine e la carne macinata, salate e fate insaporire. Abbassate la fiamma e aggiungete il parmigiano grattugiato, il pangrattato, il prezzemolo, il sedano e il basilico tritati. Ora miscelate per bene il composto, e una volta amalgamato iniziate a riempire le zucchine svuotate. Al termine potete mettere un pizzico di parmigiano grattugiato grosso in cima.

Al termine, sistemate le zucchine in una teglia ben oliata e, per chi piace, con l'aggiunta della polpa sminuzzata di pomodoro. Cuocete poi in forno a 180 gradi per 60 minuti. Dopo aver lasciato raffreddare potete servire a tavola. Se non volete consumare subito questo piatto, potete anche conservarlo in frigo: è ottimo anche gustato freddo. Un consiglio: un piatto così andrebbe accompagnato da un vino rosato fresco e frizzante come un Nieddera del Sinis! Buon appetito!!!
Le mie zucchine ripiene

A domani e Buona Estate, cari lettori!!!

Mario

 

venerdì, agosto 23, 2024

LO “STREET FOOD” UN MODO MODERNO DI MANGIARE? ASSOLUTAMENTE NO, È STATO INVENTATO A FIRENZE SECOLI PRIMA DEL KEBAB!


Oristano 23 agosto 2024

Cari amici,

C’è in giro la convinzione che lo “STREET FOOD” sia un veloce modo moderno di mangiare, originato da una vita frenetica, condotta in alienanti città dove si vive sempre di corsa, col cuore in gola, carichi di stress! Un pasto veloce, senza godere di quella naturale “pausa pranzo” casalinga, che in precedenza consentiva di condurre una vita che noi oggi, con invidia, consideriamo “al rallentatore”. Invece, il così detto Street Food non è assolutamente un’invenzione moderna, ma affonda le sue radici addirittura nel Medioevo. Questa bella storia l’ho scoperta su Internet, grazie ad un articolo scritto da Antonio Maria Guerra.

Antonio Maria Guerra, food & wine writer, cuoco e sommelier AIS (Associazione Italiana Sommelier) è un grande cultore dell’alimentazione, profondamente convinto che il cibo sia una forma d'arte, vera e propria espressione creativa; cura con attenzione il suo sito personale di cultura enogastronomica, che costituisce il compendio delle sue conoscenze e passioni. Sul “pezzo” che ho avuto il piacere di leggere, tornando indietro nel tempo, per la precisione al Trecento – Quattrocento, Antonio parla di un particolare cibo da strada, il “LAMPREDOTTO”, costituito da un panino farcito con interiora di bovino.

Indubbiamente il LAMPREDOTTO è una preparazione povera, ma non per questo poco gustosa. Una specialità squisita, seppure sinonimo di grande povertà. Di certo un’alimentazione ben diversa dalle magnifiche tavole imbandite dalle classi nobili dell’epoca, specchio una società in cui il ceto più abbiente poteva permettersi banchetti fastosi, impreziositi da prelibatezze di ogni tipo, mentre quello più povero doveva arrangiarsi con gli scarti. Necessità che, però, alimentarono la fantasia del popolino che riuscì a realizzare ricette povere ma di gusto.

Fu proprio questa necessità alimentare a portare allo sviluppo della lavorazione delle interiora bovine, tra le quali il cosiddetto abomaso: il principale ingrediente del LAMPREDOTTO. Numerose testimonianze attestano la vendita di quest’ultimo presso i mercati fiorentini già nel Medioevo, epoca in cui, come già detto, erano soprattutto gli strati più umili della popolazione a mangiarlo. Una curiosità: sembrerebbe, anche se non esistono certezze in merito, che il nome lampredotto fu coniato proprio in quel periodo, quando la pietanza divenne il sostituto economico della lampreda, un pesce che, allora, era presente anche nell’Arno e non mancava mai dalla tavola dei nobili.

A confezionare questi panini ben farciti con le interiora erano i “TRIPPAI”, veri e propri “artigiani del gusto”, che con grande sensibilità ed esperienza, riuscivano a soddisfare le esigenze del popolino, in modo eccellente. I Trippai divennero dei professionisti importanti, tanto che nel Quattrocento venne costituita la loro corporazione. Essi, si muovevano a Firenze spingendo dei semplici carretti di legno, attrezzati per servire il pubblico. Non di rado il mestiere veniva trasmesso da padre in figlio, dando vita ad una tradizione che perdura ancora oggi, anche se i carri sono stati sostituiti da piccole strutture, i cosiddetti banchini.

A noi, curiosi protagonisti del Terzo Millennio, viene da chiederci: Come avveniva la preparazione del lampredotto? A spiegarlo è stato Orazio, titolare (di quarta generazione) del Trippaio Del Porcellino, in attività fin dal 1893 e situato in pieno centro cittadino. Si comincia con la cottura della carne in un brodo vegetale a base di sedano, carote e cipolla. A parte viene preparato un soffritto al quale, una volta dorato, sono aggiunti progressivamente vino rosso, bietola (per la variante “in zimino”), il lampredotto bollito ed infine del pomodoro. Quando il composto è finalmente cotto, lo si serve all’interno del tipico panino morbido di forma tonda, il “Semelle”. Non di rado capita che il tutto sia ulteriormente insaporito grazie all’aggiunta della tradizionale salsa verde toscana, realizzata con abbondante prezzemolo, mollica di pane raffermo, uova, aglio, acciughe, aceto (e/o limone), olio di oliva, sale e pepe.

Cari amici, oggi, come conferma Orazio, grazie al passa parola ed ai social, in tanti vogliono provare il Lampredotto, rendendolo di fatto un simbolo della gastronomia locale. Insomma, il Lampredotto, ben prima che fosse coniato il termine STREET FOOD, contribuì a sfamare generazioni di fiorentini, che gustavano con grande piacere un panino farcito con le interiora di bovino. Una preparazione povera, ma non per questo poco gustosa! Il Presente, non dimentichiamolo mai, affonda le sue radici nel passato!

A domani.

Mario

giovedì, agosto 22, 2024

MITICA SARDEGNA: TRA NURAGHI, DOMUS DE JANAS, TOMBE DI GIGANTI E ROCCE LEGGENDARIE...OLTRE AD UN MARE D’INCANTO!


Oristano 22 agosto 2024

Cari amici,

La Sardegna, terra antichissima, forse un brandello della famosa Atlantide, è un’isola davvero magica! Costellata di Nuraghi, costruzioni praticamente uniche al mondo (sono oltre 8mila), di Domus de Janas e Tombe di giganti, è certamente un autentico museo a cielo aperto, con tanti segreti ancora da svelare. In questa terra, dove non sai se a stupirti maggiormente sono  i paesaggi mozzafiato oppure le sue straordinarie coste, dove fare il bagno è praticamente una favola, dove in ogni villaggio che incontri fai la scoperta di saperi e sapori unici al mondo, i suoi ospitali abitanti sono capaci, oltre che darti il meglio, di raccontarti anche curiose leggende legate al territorio.

La Sardegna è un’isola che ti stupisce ogni giorno, che ti fa scoprire terra, mare, natura e storia, oltre ad eccellente gastronomia. Spesso battuta dal vento, la Sardegna, che in passato ha ospitato numerosi vulcani, presenta rocce modellate in maniera incredibile, dall’Elefante di Castelsardo alla Sfinge della Gallura, una roccia particolarissima, un maestoso monolite di granito che, in posa solitaria,  si eleva come una grande scultura (è alto 10 metri e largo 12), riccamente modellata dal salso vento sardo. Ebbene, amici, su questa strana scultura naturale, è nata una curiosa leggenda che ora voglio raccontarvi.

Alla cosiddetta SFINGE DELLA GALLURA, posta nelle campagne di Arzachena,  è stato dato anche un nome particolare: è chiamata anche PUNTA DI MALTINU (in gallurese Maltinu è Martino). Ma andiamo con ordine. La roccia, posta in una zona collinare a circa 3 km da Arzachena, è sita in un terreno privato, tant’è che per un periodo è rimasta praticamente poco nota ai più. Dalla roccia è possibile ammirare la bella valle circostante. Modellata nei secoli dal vento, ha assunto la denominazione di “SFINGE” per la curiosa somiglianza con quella d’Egitto, in quanto, seppure con una certa fantasia, è possibile cogliere la forma di un volto umano, che sembra osservare proprio l’orizzonte.

Seppure opera della natura, che spesso sa modellare quanto l’uomo, questa somiglianza umana ha fatto nascere negli anziani del luogo una storia-leggenda, in quanto nel viso scavato dal vento essi hanno individuato un pastore del luogo che tempo prima era morto ai piedi della grande pietra. Questo pastore (siamo agli inizi del 1900), di nome Martino (ziu Maltinu), era uno che aveva vissuto e dedicato tutta la sua vita alla montagna, vivendo in beata solitudine. Viveva del frutto del suo lavoro di allevatore e di cacciagione.

Uomo serio e probo, affabile e cortese, sempre pronto a condividere i suoi beni con le persone di passaggio, viveva beato e felice in quella campagna, senza mai desiderare di vivere in una casa calda, in quanto lontana dalla sua amata valle. La vita, però, come ben sappiamo ha una sua fine e, anche per Martino, arrivò. Un triste giorno le persone che andavano abitualmente a trovarlo non lo trovarono. Si misero a cercarlo e lo trovarono senza vita, seduto sotto il monolito con un’espressione serena in volto, addormentatosi nel sonno della morte proprio tra le sue amate colline, per lui per tanti anni la sua casa!

Martino, col volto sereno, continuava ad osservare la sua valle, e gli amici capirono con quanto amore aveva amato quel luogo e quella roccia, che, quasi divinamente, assunse le sembianze del suo volto. Insomma, Martino, per tutti quegli amici era stato incorporato in quella grande roccia, che ora presentava a tutti il suo volto e anche la sua anima! Ecco perché il curioso visitatore che oggi attraversa la valle, si ferma ad osservare la roccia pensando anche a colui che l’aveva così tanto amata: “ZIU MALTINU”!

Cari amici, una storia che di certo fa sognare e che anche per questo motivo ogni anno attira tanti visitatori. La Sardegna è un luogo unico e straordinario, sicuramente ineguagliabile, e, chi viene in Sardegna non dimenticherà mai non solo le sue bellezze, ma anche la sua storia e le sue leggende!

A domani, cari lettori.

Mario

 

mercoledì, agosto 21, 2024

IL CURIOSO, INTERESSANTE TEST PSICOLOGICO CHE METTE ALLA PROVA E SVELA MOLTE COSE DEL TUO CARATTERE...


Oristano 21 agosto 2024

Cari amici,

Il concetto di “SIMBOLO”, nella psicologia, occupa un ruolo centrale, in particolare grazie al contributo di eminenti, illustri studiosi come Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Il termine “simbolo” ha antiche radici semantiche, particolarmente profonde. La parola, infatti, deriva in maniera diretta dal latino symbolum, che a sua volta è un prestito dal greco antico sýmbolon (“segno”). Questo stesso termine è a sua volta derivato da un’altra parola greca symballo, formata dai termini “insieme” e “gettare”; traducibile in italiano con la formula “mettere insieme”.

Ebbene, per comprendere appieno il senso di questa parola, è essenziale esplorare le diverse prospettive attraverso cui gli psicoanalisti hanno interpretato il simbolo nel contesto della mente umana. Nell’ambito della psicoanalisi si parla di simbolismo per indicare quei «segni» che sono una diretta sintesi dell’inconscio. Il simbolismo psicoanalitico venne inteso originariamente da Sigmund Freud come la rappresentazione manifesta di contenuti celati nell’inconscio.

Nell’era attuale, dove spopolano tanti social, il web pullula di test, e, in particolare “PSICOADVISOR”, è stato il primo format a proporre test psicologici per immagini ed è l’unico che nel realizzarli sfrutta il simbolismo inconscio. Tuttavia, si tratta pur sempre di test psicologici a scopo ludico: un modo alternativo per provare a guardare dentro se stessi, confrontarsi con il profilo delineato e riflettere sulle proprie risorse. I test, di norma, si basano su risposte istintive, immagini di luoghi magari popolati da animali, in grado di sollecitare una scelta.

Questa volta il test psicologico che voglio fornire a Voi lettori, che ho trovato nella mia quotidiana passeggiata nel Web, è curioso e divertente, e prevede una scelta fatta su una bella foto di una foresta ricca di tanti animali. La domanda a chi legge è: qual è l’animale che vedi per primo? La risposta che verrà data a questa domanda è in grado di svelare le inconsce preoccupazioni. Indubbiamente il test risulta abbastanza simpatico, e di certo sarete curiosi di farlo ai vostri amici! Intanto provate a farlo!

Amici, sono tanti i problemi che si debbono affrontare che un po’ tutti siamo carichi di preoccupazioni. La gran parte di queste preoccupazioni e paure si nascondono nei meandri della nostra mente alquanto in profondità, per cui spesso non riusciamo ad avere la piena consapevolezza di cosa ci preoccupa in quel momento. Ecco il test che può aiutarci a capire cosa ci sta preoccupando veramente, proviamo almeno per curiosità a farlo: guardiamo velocemente questa foto, si tratta di una foresta con tanti animali; ebbene il primo di questi che ci colpisce, che ci attira, ci rivelerà qual è la nostra più grande preoccupazione che ci tormenta.

Se la persona che fa il test viene attratta in primis dalla Pantera, significa che la preoccupazione più grande riguarda il rapporto col partner. Sicuramente inizia a sentirsi "un vuoto", come se il rapporto con lui/lei si stesse sfilacciando. Per riuscire a recuperare il rapporto conviene parlare di più con la persona che si ama, cercando di aprirsi e di spiegare al partner tutto ciò che fa star male. A volte basta solo comunicare col partner nel modo corretto, in modo da ripristinare una relazione che si sta raffreddando.

Se, invece, il primo animale individuato è il Leone, la preoccupazione più grande è lo stress, ovvero si è a rischio di burnout. Si è stanchi, soverchiati dalle responsabilità, e questo spinge verso un perenne stato di caos o confusione che impedisce la gestione corrente. L’istinto spinge sempre ad addossarsi tutti i problemi e le responsabilità, ma mai dimenticare che trascurando se stessi non si aiuta nessuno. Meglio fermarsi, anche se gli altri pensano che siete forte, quindi. Ogni tanto, meglio essere egoisti e mettersi al centro del mondo.

Chi, invece, individua per primo il Pappagallo, significa che la preoccupazione più grande è la paura di rimanere soli. Spesso in questi casi si utilizzano troppo e male i social network: si ho così l’illusione di avere tanti amici, ma di fatto, in realtà, si è perso il contatto umano con le altre persone. Significa che la persona si sta isolando troppo, ed è necessario evitarlo. Il consiglio: mettere da parte il cellulare e riprendere a parlare fisicamente con le persone  per davvero!

Se chi fa il test individua per primi gli Uccelli, la sua preoccupazione più grande è che la persona si è creata un muro che la separa dalle altre persone. È necessario, pertanto, rompere quel muro e ricominciare a parlare senza indugio dei propri sentimenti alle persone, imparando a fidarsi di più. Va bene essere indipendenti, ma avere qualcuno con cui confidarsi non vuol dire essere deboli. Non siamo fatti per stare da soli.

La persona che individua per prima le Giraffe, è un soggetto la cui preoccupazione più grande è costituita dal lavoro. È una persona insicura, soprattutto economicamente parlando. Certo, è un periodo critico, di crisi, ma bisogna pensare che è normale sentirsi così, e che non si è mai soli. Certo, il mondo del lavoro è competitivo, ma, mantenendo la calma e il sangue freddo, si può superare anche questo difficile periodo. Un aiuto può arrivare dalla tecnologia: meglio aggiornarsi il più possibile e fare ciò che fa sentire realizzati. L'alternativa? Cercare di trovare un lavoro che renda felici e che appassioni.

Infine, chi individua per prima le Zebre, ha, come preoccupazione più grande, la salute. La persona è letteralmente ossessionata dalla salute sua e della famiglia. Queste continue preoccupazioni spingono a vivere in maniera sana, ma portano anche a vivere continuamente con l’ansia o a diventare ossessivi. È necessario pensare che non si può avere sempre tutto sotto controllo, soprattutto le malattie, per cui è inutile preoccuparsi troppo per qualcosa su cui non si può avere il totale controllo.

Cari amici, questo test psicologico è un giochino simpatico e carino, che a me è piaciuto molto e che potete anche utilizzare con i vostri amici, condividendolo in chat. Sarà indubbiamente motivo di divertimento, ma anche di sana riflessione.

A domani.

Mario

martedì, agosto 20, 2024

FESTA ANTICA QUELLA DEL “FERRAGOSTO”, NATA A ROMA NEL 18 A.C. ISTITUITA DALL’IMPERATORE OTTAVIANO AUGUSTO. IN SARDEGNA RESISTE UNA LEGGENDA: QUELLA DE “SU TRAIGOLZU”.


Oristano 20 agosto 2024

Cari amici,

L’estate è notoriamente il vero periodo del riposo; in particolare agosto, è il mese nel quale la gran parte dei lavoratori vorrebbe andare in ferie. In questo caldo mese estivo, c’è una festa importante: quella di FERRAGOSTO! È questo un giorno di festa e di riposo, dai più sognato, desiderato e tanto atteso! I curiosi si chiedono: “Ma come e quando è nata questa festa”? La risposta, in realtà ha radici lontane. Vediamole.

Il termine Ferragosto deriva da “FERIAE AUGUSTI” (letteralmente “il riposo di Augusto”). A istituire questa festa fu proprio l’imperatore Ottaviano Augusto nel 18 a.C. con il preciso intento di celebrare la fine dei lavori agricoli e, finalmente, dedicarsi al meritato relax. I festeggiamenti si svolgevano seguendo la consolidata tradizione dei Consualia, dedicati a Conso (Consus), che per i Romani era il dio della terra e della fertilità. Un giusto periodo di riposo, dunque, vissuto proprio come un intervallo dai pesanti lavori dei campi.

Nell’antica Roma la festa era attesa con grande piacere; iniziava ai primi del mese, e durava diversi giorni, durante i quali si organizzava letteralmente di tutto: dalle Corse di cavalli, ai banchetti luculliani, dalle sfide sportive alle varie celebrazioni svolte nelle vie addobbate di fiori. Insomma, una festa a tutto tondo, che interessava tutta la città, che festeggiava facendo molteplici auguri ai proprietari terrieri, felici per il buon raccolto, e che ricambiavano gli auguri con ricche mance.

Questa gradita festività estiva si consolidò nel tempo in modo talmente forte che la sua importanza durò nei secoli, arrivando, anche se in modo evoluto, fino a noi, trasformata da celebrazione pagana in ricorrenza religiosa. Come ben sappiamo i cristiani recuperarono moltissime festività pagane, adattandole nella nuova religione. Come avvenne con i Saturnalia, la ricorrenza che celebrava il solstizio d’inverno e la nascita della nuova natura, che, con il cristianesimo, divenne la festività del Natale. Con la festa delle FERIAE AUGUSTI, avvenne più o meno lo stesso: il Ferragosto, nella religione cristiana, divenne la festa dell’Assunzione di Maria, ovvero l’ascesa della madre di Gesù in Paradiso con anima e corpo.

Al giorno d’oggi questa giornata è considerata un momento cruciale dell'estate, simbolo di pausa, trascorsa tra viaggi e serate con gli amici. Ferragosto, insomma, sinonimo di relax e riflessione, un ponte tra la spensieratezza estiva e il ritorno alla routine quotidiana. Una festa ricercata e gradita, tanto che il 15 agosto, non resta che scegliere “come festeggiare”: tra grigliate, giornata al mare, pranzo in famiglia o festa di paese! Tante le opzioni, purché ci si riposi, o almeno si provi a farlo.

Amici lettori, voglio concludere questo post parlandovi di una curiosa leggenda sarda legata al Ferragosto: quella de SU TRAIGOLZU, un mostro leggendario che emerge dalle profondità marine nel giorno di Ferragosto. La leggenda narra di un mostro marino, somigliante ad un minotauro, che, prigioniero e incatenato nelle profondità marine, per un solo giorno all’anno gli è concesso di liberarsi dalle catene per andare alla ricerca di anime da portare via con se negli abissi.

Secondo le credenze popolari, SU TRAIGOLZU emerge dagli abissi alla mezzanotte tra il 14 e il 15 agosto, per poi tornare prigioniero alla mezzanotte tra il 15 e il 16. Durante queste 24 ore, la terribile creatura andava alla ricerca delle sue vittime, in modo particolare durante tutta la giornata di Ferragosto. Ragion per cui era rischioso e sconsigliato fare il bagno al mare, in quanto su Traigolzu poteva cogliere di sorpresa, trascinando sott’acqua e affogando la sua vittima.

Amici, le leggende nascono in particolare come spauracchio per i bambini più vivaci, sperando di renderli un po’ più buoni. Ebbene, Su Traigolzu, una volta calato il sole, nelle poche ore di libertà concesse vagava per le vie e tra le case tirandosi dietro le sue grosse catene, in cerca di anime e corpi, terrorizzando intere comunità. Questa figura mitologica sembrerebbe aver avuto origine nel paese di Sindia, in provincia di Nuoro, dove si dice che si continui a manifestare la notte del 15 agosto per le vie del paese.

A Sindia, infatti, Su Traigolzu è tornato ad essere una maschera del carnevale, che ha ripreso a sfilare per le vie del paese. Questa terrificante maschera era presente, secondo alcune testimonianze, fino al termine degli anni ’20 del secolo scorso, per poi sparire completamente dimenticata; nel 2011, però, grazie alle preziose testimonianze degli anziani questa maschera è stata ricostruita e riproposta con grande successo.

Cari amici, la Sardegna, lo ripeto da tempo, non è solo mare, ma un grande contenitore di arte, cultura, storia, gastronomia, feste e folclore! La Sardegna è davvero unica, per cui consiglio a tanti di venirla a scoprire!

A domani.

Mario