lunedì, agosto 04, 2025

UN RITORNO AL PASSATO: IN ITALIA, DOPO 40 ANNI, RIAPRONO DIVERSE MINIERE, ALCUNE ANCHE IN SARDEGNA. I CORSI E I RICORSI DELLA STORIA.


Oristano 4 agosto 2025

Cari amici,

Si fa in fretta dire che certe decisioni prese sono definitive! Tutto in questo mondo è relativo, e, nonostante sia difficile pensare ad un “Ritorno al passato”, a volte succede, forse perchè a volte si deve “FARE DI NECESSITÀ VIRTÙ”. Si, come sta avvenendo, per esempio, con la riapertura di diversi siti minerari dismessi, tra i quali alcuni presenti nella nostra antica Sardegna, dove in passato l’estrazione mineraria era un’attività di grandissimo spessore. Ma vediamo meglio nei dettagli la motivazione di questa decisione.

In Italia, circa quarant'anni fa, il settore estrattivo fu messo a riposo e le miniere abbandonate. La concorrenza economica da parte di altri siti minerari stranieri, ne aveva messo in discussione l’economicità, e ciò portò, alla dismissione della gran parte delle miniere attive. Ora, in conseguenza della necessità di approvvigionamento di nuovi materiali presenti in questi siti, come le “Terre rare” di cui siamo fortemente dipendenti dall’estero, il Governo italiano ha approvato un primo programma di ri-esplorazione delle ex-miniere di casa nostra. Il Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica ha già dato il via libera a 14 progetti di ricerca, distribuiti in diverse regioni, dal Piemonte alla Sardegna.

L'iniziativa, che ha coinvolto oltre 400 specialisti, con un investimento iniziale di 3,5 milioni di euro, è coordinata dal SERVIZIO GEOLOGICO D'ITALIA DELL'ISPRA, e punta a ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche, essenziali per la transizione energetica. Seppure gli analisti del settore (in realtà sono gli stessi che negli anni Ottanta spinsero per la chiusura delle miniere italiane), si siano dimostrati scettici sui tempi di realizzazione e sull'effettiva capacità di competere con i mercati internazionali, l’iniziativa di accertare la presenza e la possibilità estrattiva dei minerali utili in alcune miniere, va avanti.

Indubbiamente nella fattibilità del progetto “pesa molto” il nodo dei tempi di sviluppo, spesso incompatibili con gli obiettivi politici. Servono in media dai 7 ai 15 anni per passare dalla scoperta di un giacimento all'entrata in funzione di una filiera produttiva completa; un percorso che nelle democrazie occidentali risulta ancora più lento a causa dei vincoli ambientali e delle lungaggini burocratiche. Nel frattempo, la domanda di LITIO, per esempio, è destinata a crescere di diciotto volte entro il 2030, ma anche i progetti più avanzati faticano a rispettare le tempistiche. E non è solo un problema di tempi.

Lo stanziamento iniziale, destinato  alla prima fase di esplorazione delle possibili risorse esistenti, appare scarsa, rispetto agli obiettivi: i 3,5 milioni di euro messi a disposizione inizialmente, appaiono modesti se confrontati con gli investimenti necessari per sviluppare progetti minerari competitivi. L'esperienza internazionale indica che servono centinaia di milioni di euro per portare una miniera dalla fase esplorativa alla produzione commerciale, cifre che l'Italia dovrà trovare in un contesto di bilanci pubblici sotto pressione.

In Italia, stante la BUROCRAZIA alienante (è tra le peggiori al mondo), non sarà facile riaprire i siti minerari dismessi. Ferma la necessità di cercare di ridurre la dipendenza da altri Paesi, per avere in casa la disponibilità di materie prime critiche come quelle necessarie per la transizione ecologica e digitale, sarà dura arrivare in tempi brevi a reperire e utilizzare quelle di casa nostra. Certo, l’iniziativa è legata alla strategia europea di diversificare le fonti di approvvigionamento e garantire una maggiore autonomia strategica, soprattutto per quanto riguarda litio, grafite, cobalto e altre terre rare.

La Sardegna, amici, risulta alquanto coinvolta in questo progetto. La miniera di Silius, per esempio, è uno dei primi siti ad essere riaperti, essendo presenti importanti giacimenti di fluorite, un minerale strategico per le batterie agli ioni di litio. Anche il progetto URBES, finanziato dal PNRR, si muove sulla stessa lunghezza d’onda, e mira a recuperare materie prime dai rifiuti estrattivi delle vecchie miniere, con particolare attenzione alla bonifica di siti inquinati come quello di Montevecchio in Sardegna. Certo, i tempi non saranno brevi, ma la strada da seguire è certamente quella dell’utilizzo dei materiali di casa nostra.

Cari amici, la Sardegna, dunque, potrà tornare, nel settore minerario, protagonista come in passato. Nell’isola sono tanti i minerali presenti: tungsteno, terre rare e rame nella miniera di Funtana Raminosa; nella miniera di Silius, invece, sono presenti la fluorite e altre terre rare. Anche nell'area di Furtei, situata a sud del paese omonimo, ci potrebbero essere terre rare, insieme a minerali come barite e fluorite. Infine, anche la miniera di Buddusò, nota per l'estrazione di granito, potrebbe contenere terre rare come sottoprodotto. Che dire, amici lettori, potrebbe esserci un positivo ritorno minerario, capace di creare lavoro ai giovani inoccupati della nostra isola!

A domani.

Mario

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