Oristano 6 agosto 2025
Cari amici,
La SOLITUDINE è un male dei nostri giorni alquanto pericoloso. A mettere il dito nella piaga ci ha pensato
anche il COVID, che ha accelerato quel triste stato di solitudine presente in particolare
negli anziani; un male capace di creare non solo tristezza interiore, ma anche seri
danni al nostro cervello. Si, l’amara realtà è che la solitudine non danneggia
solo l’umore, ma crea pericolosi danni al nostro cervello che può letteralmente arrivare a rimpicciolire! Un recente studio ha evidenziato e documentato, per la prima
volta, che, trascorrere lunghi periodi senza contatti umani, provoca cambiamenti
fisici misurabili nella struttura cerebrale.
I dottori Mathias
Basner e David R. Roalf, operativi presso l’Università della Pennsylvania,
per effettuare questa particolare ricerca hanno utilizzato tecnologie di
imaging avanzate per documentare i cambiamenti neurologici in tempo reale. La
scoperta è arrivata dall’analisi condotta su 25 persone che hanno vissuto un
anno intero nella base antartica Concordia, completamente isolate dal resto del
mondo. Durante questo periodo, i ricercatori hanno osservato una riduzione
effettiva del volume cerebrale. Il confronto delle scansioni
cerebrali effettuate prima e dopo i cinque mesi di isolamento, hanno mostrato
una diminuzione della materia grigia in aree legate a memoria, orientamento ed
emozioni, come l’ippocampo e il talamo. I ventricoli cerebrali si sono
ingranditi, segnale di perdita di tessuto, con ripresa parziale nel tempo. Chi
ha dormito meglio e fatto più attività fisica ha perso meno volume cerebrale,
dimostrando che sonno ed esercizio fisico proteggono il cervello.
Amici, passando alla
realtà che tutti noi viviamo ai nostri giorni, possiamo vedere che risultati
simili si riscontrano anche tra gli anziani socialmente isolati, confermando
che la solitudine cronica danneggia il cervello indipendentemente
dall’ambiente. Lo studio ha confermato che anche nella vita quotidiana, restare
connessi con gli altri, fare vita sociale, muoversi e dormire bene, aiuta a
preservare le funzioni cognitive. L’isolamento non è solo una questione
emotiva: ha effetti misurabili sul corpo e sul cervello.
Tralasciando il problema degli astronauti prima evidenziato, e focalizzando l’attenzione sulla solitudine dei nostri
anziani, uno studio giapponese, effettuato su oltre 8.800 anziani, ha rilevato
che le persone con meno contatti sociali presentavano un volume cerebrale
totale inferiore dello 0,5% rispetto ai coetanei più socialmente attivi. Anche
l’ippocampo e l’amigdala risultavano ridotti. Altre ricerche simili hanno
collegato la solitudine cronica ad un assottigliamento del tessuto
nell’ippocampo anteriore e ad una riduzione dello spessore della corteccia
cerebrale. Gli effetti dell’isolamento sociale sul cervello, dunque, è
accertato che si manifestano sia nelle distese ghiacciate dell’Antartide che
negli appartamenti delle città moderne!
Amici, eliminare la
solitudine degli anziani è, ormai, una priorità sociale da gestire nel modo
giusto. Per esempio, possiamo aiutare gli anziani a socializzare realizzando
strutture di soggiorno (o ricovero) privilegiando gli spazi comuni, luoghi progettati in modo da poter favorire
incontri casuali o i saloni mensa, luoghi alquanto socializzanti, che potrebbero
aiutare a stare insieme in armonia e anche a proteggere il cervello, proprio
come la palestra proteggeva gli esploratori polari. Stimolare la socialità a
tutte le età gioverebbe a salvaguardare la nostra salute, presente e futura! Coltivare
relazioni sociali è la strada maestra da seguire, in quanto risultano essere concrete
strategie di protezione neurologica documentate scientificamente.
Cari amici, vivere la
solitudine come isolamento significa rinunciare alla vita, significa perdere il
gusto di vivere, di meravigliarsi, di immaginare nuovi orizzonti esistenziali,
ovvero morire dentro, prima dell'arrivo della morte vera, quella fisica. Chiudersi in se stessi, è un lasciarsi
andare, un mettere la propria esistenza su di un piano inclinato verso la fine,
in quanto si è persa la speranza. È un VIVERE SENZA VIVERE!
A domani.
Mario
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