giovedì, agosto 06, 2020

MONETE CARTACEE E MONETE DIGITALI: ANCHE L’EURO SI PREPARA A COMPETERE AD ARMI PARI NEL MONDO DELLE CRIPTOVALUTE E DELLA FINANZA INTERNAZIONALE.


Oristano 6 agosto 2020
Cari amici,
Ormai la moneta cartacea sembra destinata a subire attacchi sempre più forti e micidiali: le criptovalute come il bitcoin si diffondono come un virus e fermarle è addirittura impossibile. Ed ecco allora che le Banche centrali si preparano ad affrontare il serio pericolo creato, lanciandosi anch’esse sul mercato delle criptovalute.  In questa lotta si sta inserendo, come del resto appare logico, la BCE che si sta preparando al lancio dell’euro digitale. Questa recente novità (il primo test è già in atto in Francia) che è destinata a rivoluzionare il mondo della finanza, appare come una sfida, lanciata da Francoforte ai big delle valute digitali.
Ho già trattato l'argomento delle criptovalute su questo blog il 2 gennaio 2018, chi avesse la curiosità di andarlo a leggere può cliccare sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2018/01/il-bitcoin-sulle-montagne-russe-ascesa.html.
Vediamo intanto le differenze tra il nuovo prodotto della BCE ed i Bitcoin e quali sono gli obiettivi che si propone. A far decidere l’alta direzione di Francoforte certamente l’annuncio dell’ingresso sul mercato della LIBRA di Facebook, progetto che ha messo in allarme le Banche centrali di tutto il mondo, con il serio rischio di perdere la sovranità monetaria delle monete cartacee. Da un sondaggio condotto dalla Bank of International Settlement è emerso che oltre 50 Istituti centrali sono al lavoro per il lancio di valute digitali, tra cui appunto la Bce.
La decisione presa di recente è stata un po’ una sorpresa, in quanto neanche un anno fa il numero uno di BCE Christine Lagarde appariva scettica sulla possibilità di lanciare un Euro digitale, dichiarando che “avrebbe soppesato attentamente l’eventualità di introdurre sul mercato un Euro digitale". Però nel mondo della finanza ciò che si dice oggi può non valere domani, in quanto le movimentazioni finanziarie sono talmente labili e variabili da far cambiare registro anche in tempi brevissimi. Ma vediamo cosa significa, “tecnicamente” l’emissione di un euro digitale.
In realtà una valuta virtuale, non stampata e non tangibile può essere ben assimilata alle diverse criptovalute esistenti, gestite su blockchain decentralizzate, ovvero su reti informatiche che non vengono controllate da una autorità centrale. Grazie alla blockchain decentralizzata le nuove monete digitali sono in grado di garantire l’anonimato delle transazioni. Lo scambio di somme di denaro può avvenire senza la possibilità di identificare gli attori. E questa è la principale differenza con le monete tradizionali che invece sono controllate da un’autorità centrale!
Queste cripto-monete, rispetto ai pagamenti digitali che già si effettuano utilizzando carte di credito o conti correnti online, le cui transazioni sono sempre riconducibili a delle persone fisiche o giuridiche, non sono attribuibili a nessun operatore né fisico né giuridico. A questo punto, però sorge un amletico dubbio: le criptovalute controllate da banche centrali, potranno veramente garantire l’anonimato? I dubbi in realtà ci sono.
Tornando all’Euro digitale, per esempio, questa valuta non verrebbe gestita (come i bitcoin) su una blockchain decentralizzata, ma su una rete controllata dalla stessa BCE, che potrebbe in questo modo monitorare i movimenti finanziari ed eventualmente bloccare i fondi. A questo punto c’è chi sostiene che l'euro digitale sarebbe una specie di “cavallo di Troia” che avrebbe come obiettivo primario non la creazione di una vera e propria criptovaluta decentralizzata, ma semplicemente un concorrente delle monete digitali esistenti e in rampa di lancio.
Allora a che pro le banche centrali entrerebbero nel mondo delle valute virtuali? In realtà i risultati sarebbero due: blindare la sovranità monetaria e favorire la diffusione dei pagamenti digitali al posto dei contanti grazie alla possibilità, offerta a tutti i consumatori, di poter utilizzare direttamente gli smartphone. Ancora oggi il 76% delle transazioni nell'area euro avvengono tramite banconote e questo rende difficile il contrasto dell'evasione fiscale.
Cari amici, la lotta finanziaria non trova certo stasi, anzi in futuro sarà ancora più accesa. La mossa delle Banche Centrali e quindi della nostra BCE è messa in atto per competere al meglio nell’ambito delle moderne economie di mercato, con il primario obiettivo di proteggere il benessere della collettività.
Quanto allo stato dell’arte, le ultime notizie sull’euro digitale parlano di una accelerazione del progetto. La valuta è in fase di test in Francia dove la BCE, in collaborazione con Société Générale, ha effettuato una transazione di 40 milioni di euro su una rete blockchain. È certamente un momento storico importante, perché l’euro digitale avrà certamente un forte impatto sul mondo della finanza (valute, strumenti di investimento), sulle banche, sulle imprese e sui consumatori.
Speriamo bene, cari amici. A domani.
Mario


mercoledì, agosto 05, 2020

PANDEMIA DA CORONAVIRUS: LA QUARANTENA È RIUSCITA A CREARE ANCHE QUALCOSA DI POSITIVO: I NOSTRI MARI NE HANNO BENEFICIATO E SONO PIÙ PULITI!


Oristano 5 agosto 2020
Cari amici,
Se è pur vero che la quarantena ha creato non pochi problemi, costringendo per oltre 2 mesi la gran parte degli italiani a stare chiusi in casa, con conseguenti ripercussioni psico-fisiche di non poco conto, è anche vero che questa stasi, questa sosta forzata, qualcosa di positivo questa quarantena l’ha raggiunta: i nostri mari  per esempio ne hanno beneficiato in modo concreto e tangibile.
Dal monitoraggio dei mari italiani, effettuato dopo il Lockdown, i risultati hanno stupito non poco gli esperti: su 457 stazioni analizzate (dove sono stati fatti i prelievi), le acque sono risultate molto più limpide di prima, tanto che attualmente godiamo di una situazione nel complesso migliore, relativamente alle sostanze legate alle attività produttive. È questo il primo quadro che emerge dal monitoraggio straordinario effettuato dal Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA) e dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto.
È stato lo stesso Ministro Sergio Costa a dichiarare: “Lo scopo di questa indagine straordinaria era proprio quello di conoscere lo stato di salute dei nostri mari a ridosso del Lockdown per avere evidenza scientifica di quello che già i nostri occhi potevano verificare, ovvero mari più limpidi e un ambiente più pulito. Oggi questi dati ci danno conferma di tutto questo. Il nostro impegno ora è fare sì che questi standard di qualità siano mantenuti nella costruzione di una nuova normalità green”.
In diverse Regioni la trasparenza è risultata con valori superiori alle medie stagionali. In alcuni tratti del ponente ligure la visibilità della colonna d'acqua ora arriva fino a 15 metri di profondità, rispetto ai 10 delle precedenti stagioni. Insomma, dopo le terrificanti immagini di mascherine e guanti gettati via senza alcun rispetto per l’ambiente e finiti dappertutto, soprattutto in mare, eravamo tutti preoccupati per lo stato di salute delle nostre coste, e invece, a sorpresa si è verificato un netto miglioramento dello stato delle acque.
Si, amici, il fermo di buona parte delle attività, ha consentito al mare di respirare e godere di momenti di calma e tranquillità. È aumentata la trasparenza delle acque in molte località: dalle coste del Tirreno a quelle dell'Adriatico (nelle acque della Campania è diminuito significativamente anche l'inquinamento acustico). L'Arpa regionale ha verificato come l'assenza in mare di imbarcazioni, e ancor più degli idrogetti, abbia influito sul comportamento di molti animali marini. Un quadro su cui ha influito non solo l'assenza delle attività umane, ma anche la scarsità delle piogge e particolari fattori meteo-climatici che hanno riversato in mare una quantità minore di solidi sospesi.
Sulla presenza di metalli, fitofarmaci, solventi e altre sostanze legate alle attività produttive, oltre che i principali parametri chimici, correlabili con gli apporti organici riversati in mare (come fosforo e azoto che influiscono significativamente sulle condizioni trofiche e sono una delle cause di alterazione delle acque marine costiere), il monitoraggio ha rilevato una minore quantità di nutrienti rispetto agli anni passati.
Cari amici, il mare pulito è la prova che l’uomo è il diretto responsabile di quello che sta accadendo al nostro pianeta. I dati confortanti appena rilevati se da un lato ci fanno dare un grosso respiro di sollievo, ci fanno anche riflettere e pensare a cosa accadrà nuovamente, quando ci sarà il “via libera del Governo” alla totale rimessa in moto dei processi produttivi. Probabilmente in poco tempo ci sarà un graduale ritorno alla situazione precedente, a meno che non vengano messi in atto severi e adeguati provvedimenti correttivi.
Si, per qualche tempo potremo ancora godere di un mare più bello, pulito e limpido, per poi tornare se non ci saranno i correttivi alla situazione che ci accompagna da anni. 
Allora, amici, questo è un buon momento per riflettere e capire quali interventi possano essere messi in atto per garantire una migliore qualità delle acque, in modo tale da poter mantenere anche in futuro la situazione attuale. È un’occasione unica e sarebbe davvero un peccato sprecarla!
Grazie amici della Vostra sempre gradita attenzione! A domani.
Mario



martedì, agosto 04, 2020

I MINERALI PIÙ RARI AL MONDO? SONO IN SARDEGNA! L’ISOLA, DA SEMPRE TERRA DOVE LA MINERALOGIA è DI CASA, PER LA VARIETÀ DEI MINERALI PRESENTI.



Oristano 4 Agosto 2020

Cari amici,
La Sardegna è terra antica, quasi certamente un piccolo lembo residuale di quelle prime terre emerse, dove sono presenti, seppure non in grande quantità, una incredibile varietà di minerali. L’avevano scoperto gli antichi conquistatori che nella nostra isola i minerali per ricavare i metalli abbondavano, tanto che i romani nel periodo della loro dominazione in Sardegna inviavano “ad metalla” i prigionieri nelle miniere sarde, per estrarre rame, oro, argento e quant'altro. Anche il passato recente ha visto ancora attive in Sardegna diverse miniere: nell’Iglesiente, nel Guspinese e nel Nord Sardegna, anche se poi, per ragioni che ben conosciamo, le attività estrattive vennero chiuse definitivamente.
Gli studi sui minerali presenti nell'isola, però, sono continuati senza sosta (e continuano tutt'ora…), tanto che abbastanza di recente è stato scoperto un minerale davvero eccezionale, praticamente unico al mondo, che ha preso il nome di Ichnusaite, in onore dell’antico nome della nostra isola, Ichnusa. Questo minerale è stato scoperto nel 2013 nel sud dell’isola, nei dintorni di Sarroch, e, dopo una lunga serie di analisi, è stato incluso dagli esperti tra i 2550 minerali più rari di tutto il pianeta. Scientificamente l'Ichnusaite è un molibdato idrato di torio, composto da una mescolanza tra torio radioattivo e molibdeno.
Ritrovato tra le rocce di Punta Su Seinargiu vicino Sarroch, a pochi chilometri da Cagliari, questo minerale non risulta esistere in nessuna altra parte nel mondo, e, proprio per questo che al momento può essere considerato una vera rarità, molto più raro del diamante! La scoperta è stata resa nota sulla rivista scientifica American Mineralogist, e la catalogazione è stata condotta dal Dr. Robert Hazen, del Carnegie Institution of Washington, e dal professor Jesse Ausubel, della Rockfeller University di New York. “Se desideraste regalare alla vostra fidanzata un anello davvero raro, unico al mondo, non regalate un diamante ma una Ichnusaite sarda” – ha affermato con insolita ironia il dottor Hazen. Per ora, quello scoperto, resta l’unico esemplare di Ichnusaite al mondo.
Sono circa 2.550 i minerali più rari dei diamanti. Spesso microscopici, per molti di loro la quantità totale presente sull’intero pianeta starebbe addirittura in un ditale! Nessuno è stato rinvenuto in più di cinque località in tutto il mondo. I più rari fra i più rari sono 25: alcuni presenti in uno solo luogo sulla faccia della Terra. Come l'Ichnusaite sarda, di cui come detto si conosce un unico esemplare. L’Ichnusaite, affine alla Nuragheite, un altro minerale rarissimo anch’esso presente in Sardegna, viene studiata per scoprire l’alterazione del combustibile esausto delle centrali nucleari e l’eventuale rilascio di radioattività durante lo stoccaggio.
In realtà non tutti i 2.550 minerali rari e preziosi si prestano ad essere lavorati per diventare dei costosi gioielli. “Ci sono alcuni maestri gioiellieri a cui piacerebbe lavorare su questi minerali per forgiare i diademi del XXI secolo” – è stato commentato, però queste gemme rarissime spesso si trovano in quantità limitatissime, come detto, e non tutte sono adatte ad essere montate su un anello, perché qualcuna tende a sciogliersi, altre ad evaporare, altre ancora a disidratarsi. “Alcune si decompongono perfino al sole, come i vampiri” – precisano gli studiosi. “Esse formano una tempesta perfetta di condizioni”.
Cari amici, a cosa serve allora fare queste scoperte definite tra l’altro di grande importanza? Il minerale, dicono gli esperti, è una combinazione di elementi chimici che cristallizzano; sono importantissimi perché ci raccontano la formazione e l’evoluzione del nostro pianeta. Quando si formò il sistema solare i minerali presenti sulla Terra erano solo una dozzina mentre oggi sono oltre cinquemila e due terzi di essi sono legati direttamente o indirettamente all'attività biologica. Quelli rari, in particolar modo, ci raccontano le condizioni precise di un determinato momento della storia, perché per formarsi hanno avuto bisogno di presupposti perfetti quali temperatura e pressione soggette a parametri ristrettissimi! Ecco la vera importanza di queste straordinarie scoperte scientifiche, a cui la terra sarda non è certo estranea!
Amici, ho iniziato questo post dicendo che la Sardegna è di certo una delle più antiche terre emerse, dove abbonda ogni tipo di minerale, dai più comuni ai più rari. Allora sapete che vi dico? Chissà che qualche altro minerale non ancora rinvenuto sia, forse, nascosto proprio qui, tra le nostre antiche rocce!
A domani.
Mario



lunedì, agosto 03, 2020

PIEMONTE: LA SPLENDIDA BELLEZZA DEL MONFERRATO, CON I SUOI VINI SPECIALI E LE ANTICHE STORIE, A PARTIRE DA QUELLA DI ALERAMO.


Il Monferrato
Oristano 3 Agosto 2020
Cari amici,
Piemonte e Sardegna sono due Regioni che hanno avuto nel passato legami speciali. Basterebbe tornare per un attimo al Regno Sardo Piemontese per prendere atto di un connubio che non fu certo casuale. Ebbene, col passare del tempo le Regioni d’Italia si sono organizzate ognuna nel modo migliore, e c’è chi ha saputo cogliere dal passato spunti importanti e produttivi e chi invece è rimasto a guardare. Si, oggi voglio parlare proprio del Piemonte, in particolare del Monferrato, splendida località che ha saputo valorizzare in modo eccellente quanto, attingendo dal passato, poteva giovargli nell'oggi.
Il Monferrato è una terra speciale. Una terra ricca di storia con un’enogastronomia d’eccellenza, una terra che oggi attira i visitatori e li chiama per condurli ad un turismo senza fretta, capace di rilassarli e di incuriosirli, sia culturalmente che con i suoi piatti e i suoi vini, eccellenti e dal fascino particolare, ed infine facendoli partecipi della sua particolare e antica storia. Il Monferrato,amici, è la terra di Aleramo e degli "Infernot", oggi patrimonio dell'Unesco.

Come scrive Tiziano Gaia (Torino 1975), giornalista e responsabile delle pubblicazioni enologiche del movimento Slow Food, direttore del comitato scientifico del WiMu, il Museo del Vino a Barolo, e collaboratore della rivista internazionale «Decanter», la leggenda di Aleramo risale al periodo del Sacro Romano Impero. Si racconta che l’imperatore Ottone I, sceso in terra d’Italia per sedare una rivolta, reclutò tra i propri scudieri un giovane soldato originario di Acqui Terme. Il suo nome era Aleramo. Audace e di bell’aspetto, il soldato si innamorò, ricambiato, di Adelasia, la figlia prediletta dell’imperatore, e insieme a lei fuggì in Liguria, temendo la disapprovazione di Ottone verso la loro unione.
Aleramo, dopo aver fondato Alaxia in onore della principessa (l’odierna Alassio) e aver difeso strenuamente le coste liguri dalle incursioni saracene, non solo fu perdonato dall’imperatore, ma nominato marchese. I suoi possedimenti sarebbero stati vasti quanto il territorio che egli fosse riuscito a percorrere a cavallo in tre giorni e tre notti. Quella favolosa cavalcata, su e giù per i colli e per le valli tra Liguria e basso Piemonte, delimitò i confini (e sancì la nascita) del Monferrato. Correva l’anno 958 e si racconta anche che il nome Monferrato sia derivato da un incidente di percorso di Aleramo, costretto a “ferrare” il cavallo con un mattone, “Mun” nella lingua locale dell’epoca.
A prescindere dalla leggenda, il Monferrato può essere considerato oggi, turisticamente parlando, il possibile astro nascente di un certo modo di viaggiare e gustare “lento”, che, nei mesi e forse anni a venire, sarà quanto di meglio vorremo per noi stessi in fatto di vacanze e week end. Il Monferrato è abbastanza vasto. Il suo territorio occupa buona parte delle province di Alessandria e Asti. Colline fertili dove è di casa la vite e il suo eccellente prodotto: il vino. I suoi colli son davvero i colli del vino. Vitigno principe è il grignolino, da cui si ottiene un rosso speziato, fresco e dalla bevibilità trascinante. Gino Veronelli, in una memorabile descrizione dei primi anni Settanta, definì il Grignolino “anarchico e testa balorda”.
In passato, questo e altri vini venivano conservati in appositi locali posti al di sotto delle abitazioni, scavati a colpi di piccone direttamente nel tufo. Si tratta degli Infernot, oggi patrimonio mondiale dell’umanità, posti all’interno dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato. Da Vignale, sede di un dinamico club Unesco, si può partire per un tour alla scoperta di queste antiche tracce della civiltà contadina, la cui conclusione ideale è l’Ecomuseo della pietra da cantone di Cella Monte. Il circuito degli Infernot è ben segnalato, e il mezzo ideale per percorrerlo è la bicicletta.
Oltre al grignolino, procedendo progressivamente verso sud, gli amanti del vino hanno in Ovada, patria del Dolcetto, e in Gavi, terra dell’omonimo vino bianco prodotto da uve cortese, due mete irrinunciabili. I castelli di Tagliolo e Cremolino sono ottimamente conservati e offrono interessanti programmi di visita e di attività culturale. Da non perdere, al culmine di una strada panoramica che da Grazzano passa per i centri di Casorzo e Grana, è il paese di Montemagno, che ha segnato il confine tra il Marchesato del Monferrato e i possedimenti di Asti per quasi tutto il Medioevo: ne è testimonianza il sontuoso castello, simbolo della zona.
È questa la parte del Monferrato maggiormente «esultante di vigne». Due varietà hanno segnato la storia, l’economia e il costume sociale di quest’area: il barbera, per quanto riguarda le colline intorno a Nizza, e il moscato, che ha in Canelli la sua capitale mondiale. Le colline del barbera rappresentano un altro sito targato Unesco. Proprio a Canelli, utilizzando il suo pregiato moscato bianco, Carlo Gancia inventò, nel lontano 1865, lo “Champagne italiano”, dopo aver carpito i segreti produttivi dai francesi e averli adattati alla tipologia d’uva locale: il moscato bianco di Canelli.
Cari amici, oggi ho voluto riportare questa bella storia, pensando alla nostra Sardegna ed all’antico legame proprio col Piemonte. Ci sono Regioni che hanno saputo valorizzare quanto la natura ha loro regalato e quanto la storia sociale e culturale ha maggiorato, come valore aggiunto. In questo caso mentre il Piemonte ha fatto passi da Gigante, proviamo, senza girarci intorno, a porci questa domanda:
“Che cosa ha cercato di realizzare, nei molti anni che è Regione Autonoma, la nostra Sardegna che sarebbe, credo, molto più titolata del Piemonte per storia, cultura, tradizioni e fertilità del suo suolo, a creare quel volano da loro utilizzato”? A me sembra molto poco.
Credo che su questa domanda dovremmo riflettere in tanti e cercare di dare nuove risposte a problemi che da tempo sono sul tappeto ma che non affrontiamo mai con la dovuta forza ed il necessario coraggio! La mia speranza è che i giovani facciano quello che noi non siamo riusciti a fare!
A domani.
Mario




domenica, agosto 02, 2020

FORSE NON SAI CHE…COME RISOLVERE I PICCOLI PROBLEMI, CHE A VOLTE CI METTONO IN DIFFICOLTÀ.


Oristano 2 Agosto 2020
Cari amici,
D’estate viviamo molto di più all'aperto, meno vestiti, e certamente siamo portati a muoverci anche in ambienti meno noti e di cui spesso ignoriamo i pericoli. Dal mare alla montagna, dalla campagna ai luoghi poco frequentati, ci possiamo ritrovare anche ad aver bisogno di quei presìdi medici che se mancano ci creano anche seri problemi.  Ecco, allora, un piccolo compendio di consigli, ovvero dei semplici suggerimenti per risolvere situazioni a volte anche preoccupanti.
Al mare o in campagna preparando il barbecue, per esempio, piccole ferite e ustioni, come le possiamo trattare e curare? Sicuramente senza perdere la calma e con un pizzico di fantasia. Quanto alle ferite, bisogna distinguere, tra abrasioni, escoriazioni, ferite da punta, ferite da taglio, ferite lacere, ferite lacero-contuse. Le abrasioni, come spiegano medici e farmacisti, sono lesioni superficiali della pelle senza fuoriuscita di sangue, a differenza delle escoriazioni; le ferite da punta, come indica il nome, sono provocate da oggetti appuntiti; le ferite da taglio da oggetti taglienti con bordi regolari e le ferite lacere da oggetti taglienti con bordi irregolari e a volte scollati; le ferite lacero-contuse, infine, sono quelle che presentano anche una contusione, provocata da oggetti taglienti con bordi irregolari.
Ci sono poi le emorragie, che sono causate dalla lesione di un vaso sanguigno, capillare, vena o arteria. A seconda del vaso reciso, l’emorragia è classificata come capillare, arteriosa o venosa. Nella prima il sangue, che è di colore rosso vivo, “si raccoglie lentamente nella ferita in piccola quantità”. Nella seconda il sangue, ricco di ossigeno e di colore rosso vivo, “fuoriesce con getto evidente e intermittente in sincronia con il battito cardiaco”. Nella terza, infine, il sangue, che è di colore rosso scuro, “fuoriesce con un getto che può essere abbondante ma debole, con scarsa pressione”. In caso di forte emorragia è necessario rivolgersi a un Pronto Soccorso.
Tra i rischi delle lesioni cutanee c’è il tetano, un’infezione dannosa per il sistema nervoso causata da una tossina del batterio Chlostridium tetani. È credenza comune che sia la ruggine a causarlo, come quella di un vecchio chiodo o di un filo spinato, ma non è proprio la ruggine! Come spiegano all’Istituto Superiore della Sanità parlando del Chlostridium tetani: “Le spore del pericoloso batterio sono presenti in quantità particolarmente elevate nelle feci degli animali, soprattutto degli equini, e conseguentemente nella terra, quindi in campagna e nei giardini. Il filo spinato arrugginito, perciò, è pericoloso solo in quanto può contaminarsi facilmente, ma i graffi con le spine delle rose o di altre piante che crescono nella terra, e in generale con qualunque oggetto sporco, sono altrettanto pericolosi”.
L’unica arma contro il tetano è il vaccino. Il trattamento antitetanico deve essere eseguito entro 24 ore dall’incidente, come può essere il contatto con oggetti sporchi e arrugginiti o con la terra e l’asfalto. Dopo la pulizia e la disinfezione della ferita, spiegano ancora gli esperti, in caso di incertezza sulla precedente vaccinazione, è necessario, su indicazione medica, ripeterla, insieme all’inoculazione di immunoglobine antitetaniche.
Se siamo al mare, un aiuto per la guarigione delle piccole ferite ce lo può dare anche l’acqua di mare, grazie ai suoi sali minerali, purché non contaminata da batteri e sostanze chimiche; se di buona qualità, infatti, l’acqua marina, contrariamente a quanto si pensa, non macera le ferite ma le disinfetta, eliminando le impurità. Un altro consiglio è quello di controllare sempre le ferite; se dopo qualche giorno dalla medicazione appare arrossamento, gonfiore, calore nella zona circostante la lesione, se si sente dolore o bruciore con molta probabilità c’è un’infezione ed a questo punto si rende necessario rivolgersi al medico che prescriverà la terapia specifica più idonea che potrebbe anche includere la somministrazione di antibiotici.
Tipiche del periodo estivo al mare sono anche le ustioni e le scottature da una cattiva esposizione, per cui è necessario proteggersi con le apposite creme. Inutile usare, per esempio, quelle dell’anno prima: le creme solari, come spiega sempre l’ISSalute, hanno generalmente un periodo di validità dopo l’apertura, cioè di norma 12 mesi. Nelle confezioni c’è scritto il periodo di tempo entro il quale un prodotto può essere utilizzato dopo l’apertura, anche se apparentemente l’odore, l’aspetto e la consistenza non sono cambiati.
Cari amici, avere cura del proprio corpo significa evitare problematiche che, a volte, da semplici possono diventare anche complicate e capaci di crearci dei problemi davvero seri. Con un po’ di accortezza possiamo certamente porvi rimedio e godere di un periodo di riposo e di vacanze sereno e rilassante.
A domani.
Mario



sabato, agosto 01, 2020

L’AVVENIRE DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: È USCITO DAI LABORATORI IL PRIMO SCIENZIATO ROBOT! HA DELLE CAPACITÀ INCREDIBILI!


Oristano 1° Agosto 2020
Cari amici,
Se ho chiuso i post di Luglio con i ricordi del nostro antico e glorioso passato, voglio iniziare quelli di Agosto parlando di futuro ed in particolare di robotica. Che l’intelligenza artificiale stia facendo ogni giorno passi da gigante è una realtà ormai incontrovertibile. Ma i passi ultimi, quelli recentissimi, fanno restare proprio di stucco! In laboratorio è stato messo a punto il primo scienziato-robot, che è in grado di operare in autonomia ed ha già effettuato da solo circa 688 esperimenti, arrivando persino a fare una nuova scoperta! Questo straordinario robot è stato sviluppato e testato nei laboratori dell’Università di Liverpool.
Questo Robot-Scienziato, pensate, è stato in grado in soli otto giorni di svolgere alla perfezione gli esperimenti richiesti, e durante il suo lavoro ha addirittura individuato un efficace catalizzatore chimico prima sconosciuto, maggiormente reattivo, rispetto a quelli precedentemente conosciuti, ben sei volte di più. Questo umanoide, per ora senza nome, nato ad opera di un gruppo di ricercatori dell’Università di Liverpool guidati dal professor Andrew Cooper, sta lasciando tutti di stucco!  Di lui ha parlato anche l’autorevole rivista Nature, che ne ha descritto le sue straordinarie capacità.
Negli otto giorni in cui è stato testato, questo automa ha effettuato ben 319 movimenti, 6.500 manipolazioni, ha percorso 2,17 chilometri, operando incessantemente per un totale di 172-192 ore di lavoro; nessun riposo, tuttavia, per l’umanoide, se non per il tempo necessario a ricaricare le batterie. Abbastanza simile per dimensioni all’uomo, (è alto un metro e 75 ma è pesante circa 400 chili), è risultato in grado di operare con estrema rapidità e accuratezza. Insomma un vero fenomeno!
Gli scienziati lo hanno equipaggiato con un sofisticato algoritmo di intelligenza artificiale che gli consente di andare ben oltre i limiti dei suoi colleghi in carne e ossa; la macchina sa svolgere tutti i compiti dell'esperimento, come pesare solidi, dispensare liquidi, rimuovere aria dal recipiente, avviare una reazione catalitica e quantificare i prodotti della reazione. Il suo cervello usa un algoritmo di ricerca che gli permette di valutare oltre 98 milioni di possibili esperimenti, scegliendo, infine, il più efficace per raggiungere l’obiettivo.
Il professor Cooper, guida dei ricercatori, ha così commentato: «La nostra strategia è stata quella di automatizzare il ricercatore, più che gli strumenti, che sono già perfettamente operativi. Questo nuovo strumento non è solo un’altra macchina nel laboratorio, ma un nuovo membro della squadra, in particolare super potente, che lascia ai ricercatori umani più tempo libero per pensare creativamente». Insomma, il Robot-Scienziato sarà una grande ed efficace risorsa per il futuro, perché se «istruito» a dovere, il robot può potenzialmente essere in grado di integrarsi alla grande in qualsiasi laboratorio, non solo in ambito chimico.
La creazione del primo robot-scienziato dotato di intelligenza artificiale, cambierà notevolmente il lavoro degli istituti di ricerca; basti pensare che questi scienziati-robot hanno la capacità di eseguire esperimenti 1000 volte più velocemente di un ricercatore umano! L’Università di Liverpool nel comunicare al mondo la riuscita dell’esperimento si è così espressa: “Avete un esperimento troppo difficile da fare? Assumete un robot-scienziato mobile”. Inizia proprio così il comunicato con cui l’Università di Liverpool (dove è presente anche un video della macchina in azione) e il gruppo di ricercatori guidati da Andrew Cooper hanno presentato il loro progetto, che cambierà e anche di molto il lavoro dei laboratori di ricerca.
Cari amici, in realtà in questo particolare settore dell’automazione i passi avanti sono stati costanti e sempre più avanzati. Nella prima fase a perdere o cambiare lavoro furono i lavoratori manuali, sia in Europa che in America o in Oriente, con l’avanzare costante della rivoluzione industriale, ora ad essere rimpiazzati da un robot sono e saranno ben altre categorie! L’intelligenza artificiale non sostituirà solo taxisti o camionisti, caccerà scienziati dai laboratori, infermieri dagli ospedali, docenti e ricercatori dalle università, giornalisti dalle redazioni!
Che dire poi delle ‘relazioni sociali’ come quelle in capo alle receptionist degli alberghi? Come non ammirare Amelia, robot dal viso di elegante bionda manager scandinava, che manda a memoria un manuale di 300 pagine in 30 secondi, risponde a migliaia di telefonate in contemporanea, dialogando cortese e forbita in 20 diverse lingue? I Robot qualunque cosa ne pensiamo, saranno gioia e dolori nel nostro futuro! Bisognerà necessariamente capire in che modo trovare una pacifica coesistenza con noi umani.
Non sarà facile, ma se l’uomo vuole salvarsi dovrà necessariamente provarci.
A domani.
Mario