venerdì, maggio 17, 2013

IL GREMIO DEI CONTADINI FESTEGGIA DOMANI 18 MAGGIO IL SUO PATRONO: SANT’ISIDORO.

Oristano 17 Maggio 2013
Cari amici,
Il Gremio dei Contadini festeggia domani il Suo Patrono, Sant’Isidoro. Pur senza offuscare il suo primo riferimento, San Giovanni, a cui da sempre il Gremio è devoto e che porta il Suo nome, Sant’Isidoro, patrono della categoria dei contadini, è stato da sempre tenuto in alta considerazione. Festeggiato consuetudinariamente a metà Maggio, la festa si è consolidata e tramandata per secoli. Anticamente alla festa religiosa era abbinata la festa civile che si celebrava con delle corse di cavalli berberi, che si svolgevano nei vasti spazi intorno alla Chiesa di San Giovanni. La festa fu poi dimenticata per anni, e ripristinata nel maggio del 1997, grazie all’interessamento della Commissione Cultura del Gremio. Domani, quindi, il Gremio al gran completo, al termine della funzione religiosa, intratterrà i numerosi partecipanti al sacro rito, offrendo Loro il tradizionale rinfresco in onore del Santo.
Ho ritenuto opportuno, per evitare che i giovani ne perdano la memoria, ricordare questo umile Santo, Isidoro, contadino spagnolo salito, pur povero e analfabeta, agli onori degli altari. Questo Santo nacque a Madrid intorno al 1070 e lasciò giovanissimo la casa paterna per essere impiegato come contadino. Grazie al suo impegno i campi, che fino allora rendevano poco, diedero molto frutto. Nonostante lavorasse duramente la terra, partecipava ogni giorno all'Eucaristia e dedicava molto spazio alla preghiera, tanto che alcuni colleghi invidiosi lo accusarono, peraltro ingiustamente, di togliere ore al lavoro. Quando Madrid fu conquistata dagli Almoravidi si rifugiò a Torrelaguna dove sposò la giovane Maria. Un matrimonio che fu sempre contraddistinto dalla grande attenzione verso i più poveri, con cui condividevano il poco che possedevano (anche lei diventerà Santa). Nessuno si allontanava da Isidoro senza aver ricevuto qualcosa. Entrambi, sostenendosi a vicenda, continuarono la loro opera di carità, chiamati dal Signore anche a sopportare i grandi dolori della vita, come quello cocente della morte in tenerissima età del loro unico figlio. Isidoro muore il 15 Maggio del 1130 e seppellito, senza particolari onori, nel cimitero madrileno di Sant’Andrea. Isidoro, però, anche dalla nuda terra di quel campo continua a “fare la carità”, dispensando grazie e favori a chi lo invocava, al punto che, quarant’anni dopo, a furor di popolo, il suo corpo incorrotto venne riesumato e portato nella chiesa di S. Andrea. A canonizzarlo, però, nessuno ci pensava. Cinque secoli dopo un grosso miracolo a Lui attribuito ed in favore del re Filippo II, sbloccò la situazione. Il 12 marzo del 1622 papa Gregorio XV gli concesse la gloria degli altari insieme a quattro “grossi” santi (Filippo Neri, Teresa d’Avila, Ignazio di Loyola e Francesco Saverio). Una comunanza con i grandi della Chiesa, tra i quali, qui in terra, l’illetterato contadino si sarebbe sentito un po’ a disagio! La sua canonizzazione, come recita l’enciclopedia dei santi, portò Isidoro a diventare il “patrono del mondo agricolo.




 Due quindi, cari amici, i grandi protettori del Gremio di San Giovanni, uno dei pochi sopravvissuti ad Oristano, che fino alla prima metà del XIX secolo, contava ben sette Gremi: Muratori, Scarpari, Ferrari, Falegnami, Figoli, Sarti e Contadini. Di queste antiche Corporazioni ne sono arrivate ai nostri giorni solo tre, che continuano a mantenere la stessa denominazione di “Gremi”. Sono ora operativi: la Società dei Muratori di Santa Lucia, la Società dei Falegnami di San Giuseppe e la Società dei Contadini di San Giovanni Battista. Di quest’ultima si ricorda che uno dei suoi compiti principali è quello di organizzare la “Sartiglia” dell’ultima domenica di carnevale, oltre che celebrare tutte le tradizionali feste religiose tradizionali: a Maggio quella di Sant’Isidoro, a Giugno quella della natività di San Giovanni Battista, onorare con la bandiera la partecipazione al Corpus Domini a Giugno, oltre che custodire la Chiesa di San Giovanni dei fiori, sede ufficiale del Gremio.
Cari amici, sarebbe troppo lungo proseguire, ora, con le notizie storiche inerenti le origini di questo Gremio, sui suoi simboli (la bandiera), sulle sue tradizioni e sulla sua Chiesa di San Giovanni, il cui impianto originario risale all’epoca giudicale: la prima fonte storica certa è del 1301. Lo farò nella prossima chiacchierata, cosi da completare il discorso odierno.
A presto!
Mario

                          

martedì, maggio 14, 2013

RIPETUTA VIOLENZA, ANCHE ESTREMA, SULLE DONNE: FENOMENO IN CRESCITA, PER QUALE MOTIVO?


Oristano 14 Maggio 2013
Cari amici,
non passa giorno, ormai, che nuovi fatti di violenza sulle donne non vengano portati a conoscenza dell’opinione pubblica, allertata da giornali, radio, televisione, internet e altri mezzi di comunicazione di massa. Un’escalation che continua, nonostante i provvedimenti anche recenti, che si cerca di mettere in atto. Ci si domanda il perché di tanta violenza, espressa nei modi più diversi: dalle molestie verbali a quelle telefoniche, dalle aggressioni per strada alla violenza fisica in famiglia, fino all’atto più terribile: la morte. Il fenomeno non è riservato, come spesso si immagina, a fasce deboli della popolazione, in ambienti dove il degrado è  più evidente, ma riguarda tutte le classi sociali, anche le più elevate. E’ interessante notare come, anche ai livelli più alti di istruzione, i condizionamenti e le discriminazioni tradizionali verso le donne, tornino a far sentire il loro peso proprio là dove più esplicita è l’intenzione di sradicarli. Il recente caso che ha riguardato Oscar Pistorius, che a Pretoria avrebbe ucciso la sua bella fidanzata Reeva, in un raptus dovuto alla gelosia, è solo l' ultimo degli ormai numerosissimi casi di cronaca che riguardano quello che ormai è chiamato dai media, con un brutto termine,  “Femminicidio”.
Quali le ragioni di un’esplosione di violenza cosi forte e apparentemente ingiustificata ci domandiamo! Ormai tale inquietante fenomeno di donne sempre più spesso aggredite, vilipese e massacrate dai loro mariti, compagni, fidanzati o anche stretti familiari, per i motivi più futili, quali gelosie e rancori, sembra quasi evidenziare che ogni scusa sia buona per ammazzare una donna!
In Italia solo nell'ultimo anno, si calcola che ci sia stata una vittima ogni due giorni. Questo fenomeno è davvero allarmante e i dati dovrebbero far riflettere sull' esigenza di tornare ai tempi in cui le donne e i bambini erano intoccabili. Nessun motivo giustifica questo barbaro comportamento maschile. Il movente più attribuito è la gelosia. Per gli uomini le donne “troppo indipendenti” sono un problema, perché considerate oggetto del desiderio di altri uomini e perché difficili da controllare, e questo può far perdere la testa ad un uomo ossessivamente geloso.

Le donne, però, non sono oggetti, sono persone esattamente come noi uomini, e non c'è alcun motivo per picchiare, violentare o stuprare una donna privandola per sempre non solo della sua dignità di donna, ma anche e soprattutto del suo amore verso gli uomini, che dopo episodi simili non potrà mai essere lo stesso di prima. “Ma come si fa a uccidere una ragazza per un litigio?”, si è chiesto il padre di Vanessa Scialfa, la giovane di Enna vittima del fidanzato con cui era andata a convivere da pochi mesi. Perché tale bieca violenza che inspiegabilmente esplode all’interno dei legami più intimi? Qual è il  mistero del perverso legame tra opposti, tra odio e amore, tra rabbia e tenerezza, presente da sempre nei legami di coppia e nelle relazioni familiari, sentimento che spesso sfocia in esplosioni incontrollabili, e delle sue cause così misteriose e così insondabili? Difficile da scoprire, perché altrimenti sarebbe facile trovare la giusta soluzione!
“Il femminicidio si può fermare”, sostengono quelli che ritengono che la facile soluzione del problema sia l’inasprimento delle pene. Ma la soluzione non è cosi a portata di mano. E’ necessario partire da lontano, smorzare la millenaria pulsione aggressiva della cultura maschilista, così diffusa, e da sempre portata a considerare la donna un naturale possesso dell'uomo. Ciò significa che, se scartiamo l’ipotesi di una connaturata malvagità del sesso maschile, possiamo ragionevolmente pensare che solo un radicale cambiamento culturale può essere la soluzione. Solo una sostanziale evoluzione dello stile relazionale tra i due sessi, con l'adozione di “relazioni più umane” tra uomini e donne, derivate più dalla cultura e dall’educazione che dalle leggi, può portare a quel cambiamento epocale che cerchiamo. In sintesi una cultura fatta di rispetto paritario, di conoscenza reciproca, pur nella diversità dei ruoli: solo cosi il fenomeno del cosiddetto “femminicidio” potrà prima  sgonfiarsi e poi estinguersi.
Non c’è dubbio che, da alcuni anni a questa parte, le iniziative volte a prevenire la violenza contro le donne si sono moltiplicate, riuscendo, anche nel migliore dei casi, a coinvolgere le Istituzioni. E’ anche vero che anche a livello istituzionale nuove normative sono state messe in atto. L’ultima proposta del ministro Anna Maria Cancellieri di dotare di  un "Braccialetto elettronico” lo stalker sottoposto a provvedimento di interdizione, per evitare che possa nuovamente avvicinarsi alla propria vittima, può rappresentare una delle misure  aggiuntive alla normativa in vigore. Resta prioritario, però, il fattore culturale. Solo partendo dall’educazione sin dai primi anni dalla scuola, dalla collaborazione di tutti, singoli ed istituzioni, una atavica cultura maschilista, potrà essere debellata. Cultura arcaica, ancora convinta di avere il diritto alla supremazia maschile sulla donna! Solo una nuova forma culturale paritaria potrà riuscire a far abbandonare e cancellare, poi, definitivamente il brutale concetto di “possesso” sulla donna. Le donne sono persone, non cose!

Cari amici, solo quando un uomo ed una donna potranno, sorridendo, prendersi per mano, guardarsi negli occhi e dirsi entrambi: “io ho bisogno di te, come Tu hai bisogno di me”, solo allora, ad armi pari, potremo dire che, insieme, potrà essere vinta la grande sfida: quella dell’amore, della parità, dell’uguaglianza, valori che porteranno alla pace in tutto il mondo.
Non aspettiamo che siano gli altri a fare! Cominciamo da noi, dai gesti più semplici. Tutti possiamo e dobbiamo lanciare e accogliere la sfida, cominciando a sorridere di più, ad essere più gentili, affettuosi, comprensivi. A partire da casa nostra.
Grazie della Vostra cortese attenzione.
Mario


venerdì, maggio 10, 2013

PIANETA GIOVANI. IL SESSO? 1 GIOVANE SU 3 E’ INSODDISFATTO!

Oristano 10 Maggio 2013
Cari amici,
le statistiche spesso, mettendo il dito nella piaga, accertano realtà che in superficie poco appaiono, o che, comunque, non raggiungono livelli a volte ben più profondi. In questa quarta riflessione sul mondo dei giovani, quel “pianeta giovani”, che tanto teoricamente affascina noi adulti, per la libertà ed il permessivismo che nella nostra generazione assolutamente non c’era, si scoprono “cose” che mai avremo immaginato. Innegabilmente il periodo storico che stiamo vivendo è un periodo difficile e naturalmente i giovani ne fanno le spese. Questi risultano essere sempre più sfiduciati e fragili, come abbiamo visto anche nelle precedenti analisi su questo blog: insoddisfatti sia nell’adozione dell’abbigliamento che in quello dell’accettazione del proprio corpo, ma anche (chi l’avrebbe mai detto?) insoddisfatti a livello sessuale!
E’ un quadro non certo roseo, quello che emerge dall’ultimo sondaggio nazionale promosso dal progetto Scegli tu, effettuato dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) e condotto, a Gennaio 2011, su 600 under 35. I risultati non sono proprio incoraggianti: un giovane su 3 dichiara infatti di non essere soddisfatto dalla propria vita sessuale. L’insoddisfazione sessuale, dall’analisi, non è più un problema solamente femminile, coinvolgendo il 29% dei giovani maschi contro il 35% delle femmine. Tra i problemi maggiormente lamentati dalla donne ci sono: calo del desiderio (26%), dolore durante i rapporti (21%) e ansia da prestazione (9%). Quest’ultimo problema è un fenomeno nuovo per le donne, probabilmente dovuto alle maggiori pressioni in campo sia fisico che prestazionale che ora pesano anche sulle donne, ed ad una aumentata paura di intraprendere una gravidanza indesiderata. Il sesso non è più visto come una fonte di piacere e gratificazione ma come una prestazione da affrontare e verso cui non ci sente naturalmente portati, come in realtà dovrebbe essere. Il 32% dei maschi ammette di soffrire talvolta di eiaculazione precoce, il 27% di difficoltà di erezione.
“I problemi sessuali nascono spesso da stili di vita sbagliati – spiega la prof.ssa Alessandra Graziottin, direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia del San Raffaele Resnati di Milano -, comportamenti sottovalutati o addirittura erroneamente scambiati come ‘amici’ dell’eros. È il caso dell’alcol: per il 63% dei maschi e il 51% delle femmine rappresenta un aiuto efficace. Invece, quando se ne abusa, causa impotenza e calo della libido, oltre ad aumentare soprattutto nelle donne il rischio di rapporti precoci, non protetti e subiti”.


L’analisi rileva anche che è ancora scarsa la considerazione verso l’uso del preservativo, che è invece indispensabile per difendersi dalle malattie sessualmente trasmissibili. Solo il 15% gli attribuisce un valore positivo, mentre risulta che un 42% di ragazze dichiarano di aver contratto almeno una volta una malattia a trasmissione sessuale. Anche la conoscenza in campo sessuale dei nostri giovani è piuttosto scarsa per loro stessa ammissione: fra i maschi, il 16% si dichiara poco o per nulla competente, percentuale che sale al 20% fra le femmine.
Spiegare i corretti comportamenti in chiave legata alla felicità di coppia, sostiene la Graziottin, è importante per toccare nel vivo i giovani e convincerli davvero a cambiare abitudini. La priorità è senz’altro cambiare i comportamenti contraccettivi, insufficienti per entrambi. Anche perché esistono nuove formulazioni di pillola estremamente ben tollerate e in grado di dare benefici aggiuntivi. Lo scarso uso del preservativo ha aumentato la contrazione di malattie sessualmente trasmissibili: fra i maschi le più diffuse sono i condilomi, l’herpes e la clamidia, fra le femmine la candida e la vaginosi batterica.

“Questi dati riflettono la scarsa attenzione che nel nostro Paese viene dedicata all’educazione sessuale, in famiglia e a scuola – afferma la Graziottin -, una materia che è direttamente legata ad altre, come quella alimentare o fisica. 4 uomini su 10 dicono di mangiare abitualmente cibi non sani e solo il 31% pratica sport con continuità. Fra le donne questo dato è ancora peggiore, appena una su 4. Spiegare i corretti comportamenti in chiave legata alla felicità di coppia è importante per toccare nel vivo i giovani e convincerli davvero a cambiare abitudini.” Dovremo dare più importanza e peso all’educazione alla sessualità, perché farlo è il primo passo per permettere ai giovani di godere di una sessualità felicemente consapevole e scevra da dubbi, paure e sensi di colpa.
Sono almeno dieci i comportamenti sbagliati portati avanti dai giovani, sostiene la Graziottin. “Dieci comportamenti sbagliati che minacciano la coppia, ma i ragazzi non lo sanno e spesso li confondono per amici”, avverte la professoressa Alessandra Graziottin, che al San Raffaele di Milano tocca con mano tutti i giorni queste problematiche. Non è solo l’alcol, usato come detto prima dal 63% dei maschi e dal 51% delle femmine, a rappresentare un falso aiuto per superare le défaillances tra le lenzuola. ricorda l’esperta: a questo bisogna aggiungere il fumo, le droghe, il sesso non protetto (che causa ansia in entrambi i partner), la dieta scorretta, la sedentarietà, lo stress, il dolore, la mancanza di sonno e l’abuso di tecnologia, tutti veri e propri “nemici da combattere”.
Per le giovani coppie, sul portale www.sceglitu.it è possibile ampliare la conoscenza (la campagna conoscitiva di educazione sessuale è stata lanciata per San Valentino) e gli approfondimenti relativi ai 10 nemici del sesso e come difendersi dai falsi aiuti; è possibile anche partecipare a un gioco online per testare l’intesa di coppia ma soprattutto capire quanto si deve essere consapevoli dell’importanza di prendersi cura del proprio corpo e ricevere gratis le due guide dedicate a lui e lei per esplorare la sessualità dal punto di vista del partner, con una parte dedicata alla fisiologia, le domande che non si osano fare e un focus sulla contraccezione.
Cari amici, come avete potuto constatare i “dolori del sesso” cominciano già in gioventù, sfatando il mito che l’insoddisfazione sessuale fosse riservata solo alla senilità! I tempi cambiano: noi che giovani non siamo più, lo sappiamo bene, se pensiamo alle grandi differenze comportamentali in campo sessuale tra gli anni ’60 del secolo scorso e quelli odierni, ma al “cambiare dei tempi” deve corrispondere un altrettanto “cambiamento ed aggiornamento dei comportamenti”, se vogliamo che, come in altre cose che con Voi abbiamo esaminato, quello che era “un sommo desiderio”, un piacere agognato e desiderato, diventi, invece, dolore e triste insoddisfazione.
Grazie, cari amici,  della Vostra attenzione che mi conforta e mi spinge a continuare il dialogo con Voi su questo spazio.
Esaurito il “Pianeta Giovani”, altre riflessioni, a Dio piacendo, continueremo a fare “insieme”.
Ciao!
Mario


giovedì, maggio 09, 2013

PIANETA GIOVANI. IL MIO CORPO NON MI PIACE! MI RIFACCIO O NON MI RIFACCIO?

Oristano 8 maggio 2013
Cari amici,
siamo arrivati alla terza puntata delle riflessioni sul pianeta giovani. L’argomento, che sono convinto rivesta un’importanza anche superiore agli altri due già esaminati, è quello della “Chirurgia estetica” e della crescente richiesta di interventi chirurgici estetici, fatta, in particolare,  dai giovanissimi di entrambi i sessi. Un dato eclatante: una ragazza su due è disposta a ricorrere alla chirurgia estetica, che tradotto in pratica significa che circa il 50% degli adolescenti, giovani tra 16 e 21 anni, non disdegna l'idea di un intervento chirurgico per diventare più gradevoli e accettabili! Sono cifre, cari amici, da capogiro!
Si osserva costantemente una cura del proprio corpo talmente ossessiva da ritenersi patologica. “Corpo, corpo delle mie brame…”, è la prima cosa che ogni giovane controlla ogni mattina appena si alza.  E’ lo specchio il nostro giudice più severo! Appena ci svegliamo, lo andiamo a salutare, entrando in bagno. È lui che fa inorridire, le nostre teen ager, che le condanna mostrando loro quanto sono “brutte”, “grasse”, “mostruose”, “sgraziate”, “deformi”, se paragonate alle belle forme esibite dalle ragazze di copertina dei settimanali, che esse sfogliano con avidità, o allo snello corpo delle veline televisive, esposte in tutti i modi come delle Escort in vetrina. Oramai la moda e lo stile di vita a cui ci hanno abituati i bombardamenti mediatici, costanti e irrefrenabili, vogliono, esigono, pretendono e impongono che il proprio aspetto fisico, diventi, in qualsiasi modo,  esteticamente perfetto.
Ecco, allora, che sottoponiamo il nostro corpo a ogni sorta di “tortura” fisica pur di renderlo bello, armonioso, snello, abbronzato, proporzionato, in una parola… invidiabile. Ma le cure ordinarie, spesso, non bastano. Ecco, allora, scattare l’imperativo della chirurgia estetica, che adesca clienti anche giovanissime, insoddisfatte del proprio seno, del proprio naso, del proprio mento, ecc., promettendo Loro di acquisirne uno nuovo di zecca, il più appropriato e attraente che ci sia!


Il ritocco fisico, cari amici, è diventato, insomma, lo stratagemma idoneo a sopperire alle insoddisfazioni che derivano dal mancato apprezzamento del nostro corpo e dall’insoddisfazione del nostro aspetto fisico, difetti che tormentano nel profondo uomini e donne, siano essi o esse giovanissime o più mature. Eppure lo sappiamo bene che le foto delle ragazze o modelle, che compaiono sulle pagine di giornali e riviste sono ritoccate al computer per apparire al top. La loro bellezza è fittizia, ideale, falsata e pertanto artefatta e ingannevole. Nulla di quello che notiamo, stupiti, sulle copertine è reale! Eppure ci rodiamo l’anima pur di assomigliare a quell’attore o attrice del piccolo o grande schermo, che, per mestiere, devono essere belli e attraenti. E’ una specie di corsa patologica a migliorarsi,  una moda assillante, una tendenza irrinunciabile, un imperativo assoluto: rifarsi il seno o il naso o la bocca, perché, se no, non siamo “in”, ma certamente “out” !

L’industria, il marketing e la pubblicità hanno fatto del corpo una gallina dalle uova d’oro. Per i chirurghi che si occupano dei ritocchi fisici è una pacchia: in America il guadagno annuo per gli interventi specialistici di questo genere ammonta ad oltre 15 milioni di dollari. Certamente l’Italia non è in secondo piano. Questa tendenza a modificare le proprie fattezze ha messo piede anche in Oriente, dove sono sempre più numerose le adolescenti che si fanno rifare gli occhi e le palpebre all’occidentale, oppure si fanno addirittura allungare le gambe con particolari strumenti ortopedici di trazione. La chirurgia estetica, dunque, alimenta un giro d’affari globale da capogiro, approfittando delle idiosincrasie sull’aspetto fisico, degli adolescenti in particolare. Senza ignorare, per questi ultimi, un altro fenomeno, strettamente legato e ugualmente preoccupante: quello dell’anoressia e della bulimia, in cui cadono tantissime adolescenti, che si abituano in modo anomalo a rimettere il cibo ingurgitato pur di apparire più sexy, più snelle possibile, per fare colpo.
Preoccupa seriamente il numero crescente di giovani che ricorrono alla chirurgia plastica. La statistica ufficiale è impietosa: sono quasi 90mila le adolescenti, questo il dato che emerge dal Rapporto Eurispes sull’infanzia del 2010, che vi hanno fatto ricorso; erano 45mila nel 2002. Questo dato è specchio, spiegano i sociologi, di un disagio esistenziale che oscilla tra insicurezza e difficoltà di rapporti. Pietro Lorenzetti, chirurgo plastico, afferma che sempre più teenagers chiedono l'aumento del volume delle labbra. L'intervento al seno adesso è vietato per le minorenni se non per motivi medici e allora si punta alla liposuzione: addome, cosce, fianchi, glutei. Come già ricordato prima, al 50 per cento delle giovani donne di età compresa tra i 16 e i 21 anni non dispiace affatto l'idea di un intervento di chirurgia estetica che le faccia diventare più magre o semplicemente più carine. Una possibilità, questa, presa in considerazione anche dal 46 per cento delle giovanissime, ossia le ragazze tra gli 11 e i 16 anni. Grande popolarità hanno, inoltre, le diete dimagranti, assai diffuse già nel gruppo delle giovanissime (42 per cento) e praticamente “la norma” tra quelle più grandi (66 per cento). In pratica, le nuove generazioni considerano i ritocchi o modifiche al proprio corpo come qualcosa di semplice, come fosse bere un bicchier d’acqua!
Cari amici, è una gioventù, quella delle nuove generazioni, molto insicura e ansiosa. Il benessere, vissuto fin dai primi giorni della loro esistenza, ha fatto di loro dei personaggi fragili, insicuri, e soprattutto amanti dell’immagine più che dell’essere. Ci sono valori ben più alti di quello dell’immagine del proprio corpo. L’aspetto fisico ha le sue priorità, certo! Il corpo deve apparire bello e armonioso, giusto! Ben vengano, quindi, la ginnastica e la cosmesi, e, se necessario, anche l’intervento chirurgico, ma senza esagerare! Del resto, giustamente, gli antichi romani usavano dire: “Mens sana in Corpore sano”. Per l’appunto, come la mettiamo, cari giovani,  con la mente e con l’anima? Alla loro bellezza non ci pensiamo proprio?
Meditate, ragazzi, meditate….
Grazie della Vostra sempre gradita attenzione, ricordandovi che manca ancora un tassello per chiudere le riflessioni sul “Pianeta Giovani”: quello relativo al sesso.
A presto!
Mario

domenica, maggio 05, 2013

PIANETA GIOVANI. IL TATUAGGIO, SOLO SIMBOLO DI APPARTENENZA O QUALCOS’ALTRO?

Oristano 5 Maggio 2013
Cari amici,
nella mia precedente riflessione del 2 Maggio, sempre relativa al “Pianeta Giovani”, ho esaminato le tendenze giovanili, relativamente alla moda ed all’abbigliamento. Il mio esame ha riguardato soprattutto le motivazioni che sono alla base della differenziazione: quelle relative al “distacco”,  alla separazione, dal mondo degli adulti e dal loro modo di vivere, partendo dal vestire; una specie di “rottura” dalla generazione che li ha preceduti e dalla quale si vogliono distinguere. Uno dei veicoli (non l’unico) per esercitare questa “rottura” è appunto costituito dall’abbigliamento. Un altro, ugualmente importante è quello di tatuarsi il corpo. E’ del tatuaggio, infatti, che oggi parleremo.
Questo bisogno dei giovani di “andare controcorrente” è presente soprattutto tra gli adolescenti, che cercano di esprimere le loro preferenze, ancora poco marcate in quanto in fase di crescita e quindi non consolidate, in modo caotico e poco chiaro. Fase, quella adolescenziale, incerta, dove le preferenze devono ancora maturare. Età in cui devono ancora consolidarsi gusti e soprattutto certezze, permanendo in Loro, però, il forte bisogno di distinguersi, di differenziarsi dagli adulti, rifiutando di conformarsi, alla precedente generazione. In questi giovani privi di certezze, in cerca di autostima, il fastidioso rifiuto del presente, del “dejà vu”, li spinge a cercare qualcosa di diverso, anche se sbagliato. Ecco, allora, la ricerca, anche trasgressiva, di cambiamento, per  apparire “diversi”, forti e decisi, non acquiescenti. Comportamento apparentemente forte ma che, spesso, nasconde paure, insicurezze, disagi e difficoltà. La paura inconscia di affrontare  il mondo, anziché spingerli verso l’ala protettiva della “vissuta” generazione precedente, li porta, invece a cercare una solidarietà di gruppo, dove, scomparsa o sminuita la logica ed il pensiero individuale, prevale quella del gruppo: si sta insieme ascoltando la stessa musica, vestendosi nella stessa maniera, trasgredendo, spesso anche pericolosamente ( le prime volte si spinella o ci si droga in gruppo), tutti insieme.
Il gruppo è una realtà che, spesso, assorbe l’identità individuale. Appartenere ad un “gruppo” per molti è essenziale. Uno dei segni “visibili” dell’appartenenza ad un gruppo, oltre l’abbigliamento, è il tatuaggio. Cristina Koch, esperta psicoterapeuta che opera a Milano sostiene che “L'esigenza di tatuarsi nasce da un positivo recupero del rapporto col corpo. Ci si riappropria di sé per fare del proprio corpo una identità, una bandiera. Paradossalmente, si fa ciò per entrare in un gruppo: il branco, i coetanei, ma anche il mondo adulto. Una sorta di rito di iniziazione moderno, che passa anche attraverso il bisogno di provare quel dolore che la nostra società rifiuta e nega. A volte è una dimostrazione d'amore estrema. Ma, più in generale, da tutte le esperienze di iniziazione, dal primo giorno di scuola, al militare, al primo rapporto sessuale, in fondo si esce con qualche segno, qualche cicatrice indelebile, magari solo psicologica».
Tatuarsi è nella natura stessa dell’uomo. La storia del tatuaggio conferma che da sempre l’uomo ha usato il proprio corpo per comunicare eventi importanti. La sua è una storia millenaria. È tatuato l'uomo di Similaun, la mummia di un viandante che risale al 5000 a.C.: mostra dieci linee parallele sulla schiena e una croce, nella parte interna del ginocchio. In Egitto sono state trovate bambole di argilla tatuate che risalgono al 4000 a.C. Da qui, il tatuaggio simbolico si sarebbe diffuso a Creta, in Grecia, in Persia, in Arabia, in Asia, nella Cina Meridionale e in Giappone. I Celti, 3000 anni fa si tatuavano sul corpo i simboli delle divinità. A Roma, i legionari portavano sul braccio il nome del loro generale e la data d'ingaggio. Il tatuaggio divenne poi il contrassegno degli schiavi e dei malfattori, mentre i primi cristiani, costretti alla clandestinità, lo utilizzavano come simbolo di fede e di riconoscimento. Finché, nel 787, papa Adriano emanò una bolla che lo metteva dal bando, seguendo il dettato di un passo del Vecchio testamento (Levitico 19), e il tatuaggio venne riservato alle adultere e ai criminali. I nobili del nord Europa, però continuavano a farselo fare, come pure i pellegrini che si recano nei luoghi sacri della cristianità. Il grande rilancio del tatuaggio avvenne con il boom delle esplorazioni geografiche, tra il XV e il XVII secolo. Il capitano James Cook, intorno al 1775, riportò in patria la tecnica tahitiana di pungere la pelle e riempire le incisioni con pigmenti colorati e la stessa parola tatuaggio, che deriva da "tatau", cioè scrivere sul corpo.
Anche in Oriente quest’arte raggiunge livelli elevatissimi. Il Giappone è un Paese che sviluppa l’arte del tatuaggio in modo molto raffinato: l'irezumi , l’arte giapponese del tatuarsi, tocca livelli eccezionali fra il XVII e il XVIII secolo, quando la borghesia mercantile, che non può permettersi i costosissimi kimono di seta e di broccato riservati all'aristocrazia, si rifà tatuandosi il corpo in gran segreto, con draghi, fiori, animali e figure umane. Più tardi, i tatuaggi diventano popolari soprattutto fra le classi più povere, utilizzati anche per simulare l'abbigliamento da quelle classi sociali che, per necessità della propria attività, indossavano pochissime vesti. L'irezumi ad un certo punto raggiunge una tale diffusione che diviene un “diktat estetico”, perché il corpo non decorato viene addirittura considerato sgradevole.

Nello stesso periodo, la moda del tatuaggio dilaga rapidamente anche in Europa. Marinai e soldati si portano addosso ricordi di viaggio, la devozione alla moglie, ai figli, alla patria lontana, o dimostrazioni di forza e di coraggio. Nella seconda metà dell'Ottocento appaiono in Europa i primi tatuatori professionisti, nelle vicinanze di porti e caserme. Nel 1891 Samuel O. Reilly brevetta la prima macchina elettrica per tatuare: il 95 per cento dei militari e il 90 per cento degli arruolati in Marina negli Stati Uniti si fanno tatuare. Il tatuaggio nel periodo nazista raggiunge anche alti livelli di orrore: il tatuaggio viene utilizzato per numerare gli ebrei nei campi di concentramento.
In tempi più recenti, dopo la seconda guerra mondiale (negli Anni Cinquanta del secolo scorso), l’interesse per il tatuaggio (a parte  la solita nobiltà che per vezzo continua ad usarli) cala rapidamente, per riprendere corpo negli Anni Settanta e Ottanta, diffondendosi tra i gruppi giovanili underground: punk, motociclisti, musicisti rock. Negli Anni Novanta la voglia di tatuarsi cresce ancora, trasformandosi in “fenomeno di massa”, contagiando il pianeta giovani, in particolare gli adolescenti. Ma, direte Voi, perché i ragazzi di oggi hanno sviluppato una particolare predilezione per i tatuaggi? E’ un atto di ribellione verso il mondo degli adulti o la riscoperta dell’antica tradizione? Difficile dirlo, forse è un mix di entrambi.
I ragazzi oggi in gran parte si tatuano per anticonformismo, rifiuto dell'omologazione, ribellione.

Eppure il tatuaggio, in origine, era nato come “rispetto della tradizione” e come segno di appartenenza a un gruppo, quindi per “Omologazione”, non per rottura di questa! Sembra esserci contraddizione, quindi, tra l’antica tradizione e le odierne motivazioni. È curioso anche il fatto che una volta chi decideva di tatuarsi dimostrava grande sicurezza in se stesso e disinteresse per il giudizio altrui! I ragazzi di oggi, invece, spesso scelgono il tatuaggio proprio per il contrario: per l’insicurezza, per esorcizzare la paura, per la solitudine. Ha detto il giapponese Yosihito Nakano, in arte Horyioshi III, massimo esponente dell'irezumi, il tatuaggio tradizionale giapponese: “Il tatuaggio è molte cose. È corpo, ma è anche spirito. Penso che tatuarsi sia legato a una crisi generale di identità: attraverso questa pratica l'uomo riafferma la sua esistenza fisica e mentale. Una moda passeggera? Forse. Ma dietro le mode spesso si celano interrogativi inquietanti, esigenze inspiegabili”.
Quali, oggi, le ragioni di una rinascita cosi forte per il tatuaggio? Gioca certamente un ruolo importante l'influenza che i divi del cinema e le rockstar, hanno sui “gruppi” giovanili che con atto di emulazione adottano le scelte fatte dal Loro idolo. Tatuaggio-mania quindi, esplosa tra i giovani in modo incontrollabile, a cui si aggiunge quella dei piercing, nella più svariate parti del corpo, a partire dal viso. Quella che dieci anni fa sembrava l'ennesima moda “usa e getta”, adottata dai teen ager in cerca di emozioni forti e destinata a finire con l'estate, è diventata, invece, un fenomeno sociale che non accenna a tramontare. Si parla di almeno un milione e mezzo gli italiani tatuati, per lo più fra i 18 e i 30 anni.

Il fascino della “body art” affascina anche i più timorosi, quelli che non riescono a spingersi a realizzarsi decorazioni permanenti sul loro corpo. Cercano, allora, la via di mezzo: la decorazione non permanente, temporanea, applicando sul corpo il tatuaggino "usa e getta". I più nuovi sono i Crystal Tattoo lanciati da Swarovski: piccole gocce di cristallo adesive che disegnano fiori, stelle, farfalle, cuori, fiocchi di neve. L'ultimissima follia? A Manhattan, nei saloni di bellezza importanti,  si applicano questi piccoli cristalli sul pube completamente depilato. Successo assicurato! Pare vi siano liste d’attesa lunghe più di una settimana!
Un uso sicuramente serio per questi tatuaggi temporanei se lo sono inventato, invece, sulla riviera romagnola: stampigliano sul braccino dei bambini il nome dello stabilimento balneare e il numero di telefono al quale rivolgersi in caso di smarrimento. Mica male come idea! A fine estate, con l’abbronzatura, andrà lentamente via anche il tatuaggio identificativo!
Potenza del tatuaggio!
Cari amici, le riflessioni sul pianeta giovani non sono ancora terminate: come promesso, esamineremo altri due argomenti: uno sulla chirurgia estetica ed uno sul sesso. A presto!
Grazie, cari amici della Vostra attenzione.
Mario

giovedì, maggio 02, 2013

PIANETA GIOVANI. MODA E ABBIGLIAMENTO: UN FENOMENO DI “DIFFERENZIAZIONE E CATALOGAZIONE”, UN VERO E PROPRIO CODICE DI APPARTENENZA.”


Oristano 2 Maggio 2013
Cari amici, ho deciso di dedicare il mese di Maggio, mese particolarmente consono, per parlare di “rinascita” in tutti i campi, a partire proprio dai giovani, vera rinascita del mondo. Maggio è il mese del “risveglio” della natura che, uscita dall’inverno, esplode in tutta la sua potenza con luci, colori e profumi. Quattro gli argomenti che voglio affrontare, tutti dedicati ai giovani: moda e abbigliamento, chirurgia estetica, tatuaggi e sesso. Sono tutti argomenti importanti che i giovani, spesso in controtendenza con il mondo degli adulti, vivono creando non pochi problemi di convivenza e conflittualità. Oggi parto dall’argomento più antico ed importante, quello relativo alla Moda ed all’Abbigliamento, da sempre “mezzi differenziatori “ delle varie classi delle Comunità, adottati per evidenziare lo stacco sia sociale che generazionale. Buona lettura.
L’uomo quando per ragioni sia climatiche che sociali iniziò a coprirsi non badava certo a farlo in maniera estetica: la prima funzione della copertura corporea era certamente quella di ripararsi dalle intemperie, dalle variazioni climatiche, fredde o calde che fossero. Lentamente, poi, con lo sviluppo delle attività di filatura e confezione dei tessuti destinati a coprire il nudo corpo, iniziò a pensare anche alla funzione estetica di quanto indossato. Partendo dalle classi più elevate la qualità dell’abbigliamento crebbe in continuazione, attribuendo allo stesso quella funzione di “differenziazione tra individui”, che nel tempo andrà sempre più in crescendo.







Questo fenomeno di differenziazione nel modo di vestirsi tra individui di diversa classe sociale è stato interpretato dagli studiosi come un meccanismo di "imitazione/differenziazione", capace di mettere in luce i vari livelli di potere, in una società costruita a struttura piramidale: secondo questa teoria, l’abito adottato dagli esponenti della classe al vertice non solo ne evidenzia il diverso rango ma crea, successivamente, il bisogno, il desiderio di emulazione, da parte degli altri strati sociali inferiori che, progressivamente, cercano di imitarlo, dando luogo a un processo di diffusione che, se da un lato invoglia gli strati inferiori all’imitazione, dall’altro toglie al capo originario la sua caratteristica di “status symbol” della classe superiore che per prima lo aveva adottato. I ceti superiori vengono così spinti a ricercare continuamente nuovi stili propri, che a loro volta, col tempo, vengono adottati o imitati, avviando così un processo a catena.
I primi fenomeni di variazione della moda nel campo dell'abbigliamento si sono riscontrati in Italia e in Francia alla fine del Medioevo. E’ con lo sviluppo dell'epoca moderna, infatti che inizia un processo di sempre maggiore diversificazione tra l'abbigliamento maschile e quello femminile, sempre partendo dagli strati sociali più elevati. Una volta, come del resto accade ancora tutt’ora, non tutte le persone avevano la possibilità di vestirsi come sognato o desiderato. Fino all’Ottocento, infatti, l’abbigliamento delle classi popolari si modificava molto più lentamente considerati gli alti costi artigianali di produzione. Fu la rivoluzione industriale del Novecento a rendere più semplice ed economica la produzione di tessuti e abiti, creando le premesse per una più larga e meno costosa diffusione. Si assistette, così, ad un maggior uso dell’abbigliamento ricercato, soprattutto femminile, legato allo sviluppo dell'alta moda: nacquero infatti i primi atelier dei grandi sarti.
Alla prima rivoluzione, portata nella storia della moda dalle classi sociali elevate, si aggiunse ben presto, soprattutto a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, quella giovanile. Rivoluzione, quella dei giovani, importati dagli USA, con l’arrivo dei film e dei documentari americani che mettevano in luce un altro mondo, ben diverso da quello vissuto, fino ad allora, dai giovani europei. Un fenomeno che andò in continua crescita, esplodendo, intorno agli anni sessanta, con la progressiva affermazione dell'informalità del “vestire casual”, della funzionalità dell'abbigliamento sportivo e, in particolare, dei blue-jeans. Oggi la tendenza dei giovani a differenziarsi dagli adulti nell’abbigliamento non è solo quel bisogno di praticità, quel vestire “casual”, che fa leva  sull’improvvisazione, sull’invenzione creativa, ma anche quel bisogno di “catalogazione”, ovvero un vero e proprio segno di appartenenza. La moda quindi trasformata in veicolo capace di “fare tendenza”, di evidenziare l’appartenenza ad un gruppo sociale definito. Moda, quindi, “fenomeno importante”, che consente di etichettare e di catalogare individui e gruppi. Tra le regole che i giovani seguono, per il fatto di entrare a fare parte di un gruppo, vi è quella dell’uniformarsi, dell’assimilare e acquisire alcune delle caratteristiche comuni, come il modo di vestire, che rende il gruppo uniforme e coeso.

Si dice che i giovani siano particolarmente ricettivi ai richiami esterni, soprattutto quelli dei Media. A “dettar moda”, infatti non sono solo gli stilisti, ma i talkshow, capaci di trasmettere messaggi alquanto negativi ai giovani (da un uso di italiano scorretto o a un linguaggio volgare come nei reality show), lanciando mode e tendenze bizzarre, capaci di imporre in modo molto forte la loro volontà e, soprattutto, creando dipendenza. Sono messaggi spesso discutibili e pericolosi:  bisogna essere magri, palestrati, vestiti in maniera “trendy” o “fashion”, per imitare l’idolo musicale o l’attore del momento. Sotto la spinta delle pubblicità martellante vengono suggeriti sempre nuovi prodotti: creme antirughe, o snellenti, mascara per ciglia sempre lunghissime, rossetti per labbra voluminose. Fino ad arrivare alla chirurgia estetica, per essere sempre più simili ai loro idoli.
Ma il desiderio di essere o diventare un icona tra gli amici, comporta anche a gravi disturbi che nel passato neanche esistevano: come l’anoressia, ad esempio. La ricerca in tutti i modi, da parte delle giovanissime, del perfetto fisico da “top model” sembra portare, nella gran  grande parte dei casi, a conseguenze disastrose. La molla scatenante è proprio il trasmesso stimolo a “conformarsi”, ad essere simili ai modelli suggeriti (ragazze sottili, alte ed affascinanti senza badare all’aspetto interiore), che  le spinge ad obbedire senza riflettere.
Concludendo, penso che se è pur vero che i giovani, da molte generazioni, hanno cercato di distinguersi dagli adulti, per avere una loro individualità, è anche vero che qualsiasi cambiamento ha dei limiti che è meglio non superare. Vestirsi in un certo “diverso” modo, mettersi in “altri panni”, avere altri gusti è lecito e ammissibile. Ognuno credo sia libero di usare i jeans a vita bassa, coprirsi o scoprirsi la pancia, farsi un tatuaggio o un piercing ma ci sono limiti da non valicare: mai metter in gioco la salute e l’intelletto puntando solo sull’aspetto fisico, dimenticando cose ben più importanti che, alla fine, rendono unica la vita. Cose come lo stare bene fisicamente, la serena vita in famiglia, l’affetto degli amici, un lavoro onesto; in sintesi cose che consentono di godersi la vita, senza farsi condizionare dal bombardamento della pubblicità e da chi utilizza tutto questo non per migliorare gli altri ma “per farsi” del bene, per arricchirsi.
La prossima riflessione su questo blog, sempre dedicata al “Pianeta Giovani”, sarà su:
" GIOVANI E CHIRURGIA ESTETICA "

Grazie della Vostra attenzione.
Mario