venerdì, aprile 20, 2018

LE RISERVE AUREE DELLA BANCA D’ITALIA. IL DIRETTORE GENERALE SALVATORE ROSSI, RIPERCORRENDONE LA STORIA IN UN LIBRO, PARLA ANCHE DELL’EVENTUALE UTILIZZO, ALL’OCCORRENZA, DELL'ORO.


Oristano 20 Aprile 2018
Cari amici,
C’è da poco in commercio un libro avvincente come un romanzo, ma che, invece, racconta fatti veri e reali. Il libro ha per titolo semplicemente “ORO”, ed è scritto dal Direttore Generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi. Nel libro viene raccontata la lunga strada percorsa dalle nostre riserve auree, che, nonostante non siano come una volta la necessaria “copertura” della carta moneta in circolazione, svolgono comunque una funzione ancora molto importante: dare sicurezza al Paese.
Il libro scritto da Rossi è davvero intrigante come un romanzo. Ripercorre la storia delle nostre riserve auree partendo dagli albori, quando erano la "copertura garantita" della circolazione della moneta cartacea, una volta agganciata all’oro. Tappa dietro tappa, il libro si sofferma e mette a fuoco gli attuali depositi in lingotti d’oro ancora presenti nelle diverse banche centrali, che oggi, pur non garantendo la conversione della moneta cartacea, forniscono una certa garanzia di solidità al Paese. I depositi in lingotti d'oro attualmente esistenti, forme residuali dei forzieri aurei del passato, sono stati definiti da Keynes «un relitto barbarico», una inutile eredità del passato.
Salvatore Rossi, attuale Direttore Generale di Bankitalia, dove ha effettuato l’intera carriera della sua vita di bancario, racconta che, poco dopo essere stato assunto gli furono fatti visitare i sotterranei della sede centrale della Banca, dove erano custodite le molte tonnellate di oro che costituivano allora le riserve auree italiane. Quella visione fu per lui impressionante, anzi qualcosa di più: lui ancora oggi la definisce una sensazione soffocante, sopratutto osservando le particolari misure di sicurezza messe a protezione del tesoro; una rigida sicurezza costituita di ascensori blindati, botole, chiavi, funzionari e porte corazzate spesse mezzo metro. Alla fine del percorso compariva quella distesa d’oro, fatta di lingotti a perdita d’occhio: visione da mozzare il fiato.
Qui, amici, consentitemi una piccola “considerazione personale”. Sono stato per diversi anni Consigliere-Censore di una filiale di Bankitalia; quando per ragioni di riordino delle filiali alcune di queste vennero soppresse (tra cui quella che seguivo), fummo convocati a Roma per i ringraziamenti e i saluti. Fummo anche gratificati, in un certo modo: ci fu concesso in via del tutto eccezionale di visitare anche i caveau dell’oro, un privilegio concesso a pochi. Credetemi, ebbi la stessa identica sensazione descritta dal Dr. Rossi!
la visione era scioccante: una distesa immensa di lingotti di varia dimensione e peso, con impresse punzonature diversissime: dalla svastica, alla falce e martello, dalle semplici sigle indicative della provenienza ai numeri indicanti la quantità di metallo puro contenuto. Lingotti, ognuno dei quali aveva una sua storia alle spalle, costituita non solo dal sudore di miniera di chi lo aveva estratto, ma anche derivante dalla sua formazione, magari ottenuta dalla fusione dei più svariati monili aurei, alcuni appartenuti anche ai tanti ebrei diventati poi cenere e sapone nei campi di concentramento. La storia dell'oro è sempre stata legata a crudeli fatti di sangue. 
L’avvincente libro-romanzo, pensate, contiene al suo interno anche una curiosa storia, sempre riferita al nostro oro, avvenuta durante la seconda guerra mondale.
Nel libro Rossi racconta una vicenda riferita all'ultimo periodo di guerra, quello successivo all’8 Settembre del 1943. In Banca d'Italia uno degli alti funzionari dell'Istituto venne chiamato dal suo grande capo, il Governatore, per una missione speciale. Fu messo a conoscenza di un abile "disegno segreto", che doveva servire ad “evitare” la sicura perdita dell’oro che i tedeschi, già entrati a Roma, avrebbero sicuramente cercato di portare via dal deposito; il piano prevedeva uno stratagemma per nascondere segretamente l’oro ed evitarne così la requisizione. Erano state previste due operazioni distinte: una cartacea e una materiale. Con la prima bisognava creare un carteggio che fingesse che l’oro era stato trasferito da qualche mese a Potenza, città dove stavano arrivando gli angloamericani, con la seconda, invece, i lingotti sarebbero stati "fisicamente occultati" nelle intercapedini dei sotterranei, murando immediatamente dopo i passaggi e lasciando in apparenza vuoti i depositi.
L’uomo accettò l’incarico. Fu preparata tutta la documentazione necessaria e, sulla carta, i lingotti risultavano trasferiti come in progetto. Il Governatore Vincenzo Azzolini, però, non si è mai saputo per quale ragione, ci ripensò e ordinò di rimettere l’oro al suo posto. Pochi giorni dopo i tedeschi entrarono a Palazzo Koch e portarono via l’oro. Lo trasferirono prima a Milano, poi in Alto Adige, e infine in una miniera abbandonata in Germania. Una parte di quell’oro sarebbe tornato in possesso dell’Italia oltre 50 anni dopo. 
Amici, la storia raccontata nel libro non è fantasia ma cruda realtà. Per la cronaca, il Governatore Azzolini dopo la guerra fu incriminato e processato, finendo in galera.
Rossi nel suo libro riporta molte altre curiosità. Ve ne riporto una particolarmente interessante. Per esempio: quante tonnellate di oro pensate che la Banca d’Italia possieda oggi? Mica poco: l'equivalente di 90 MILIARDI DI EURO! Sono quasi 2.500 tonnellate di oro, in lingotti ben posizionati nelle sacristie, sempre controllati a vista, con sistemi di sicurezza fra i più raffinati. Seppure le riserve auree oggi non siano più così strettamente legati alla moneta circolante come un tempo, sono sempre, comunque, di grande importanza, e Rossi lo spiega perfettamente nel suo libro.
Rossi nelle sue considerazioni ribadisce anche un concetto davvero importante: «essendo questa grande riserva aurea proprietà del popolo, se serve si può usare. Perché tenere tutta questa ricchezza sotto terra?» Per esempio, una parte di quei 90 miliardi di euro in oro si potrebbero utilizzare per costruire scuole, ospedali, asili, oppure per finanziare l'abolizione della legge Fornero o il reddito di cittadinanza. È il popolo, attraverso le sue Istituzioni, a decidere se questo possa essere fatto. Certo, aggiunge Rossi, ovviamente, ne deriverebbero non poche conseguenze, considerato che l'operazione non sarebbe proprio facilissima.
Se la Banca centrale riversasse sul mercato le sue tonnellate d'oro (a parte il fatto che esistono degli accordi con le altre Banche centrali e la BCE), provocherebbe per prima cosa un drastico calo del suo prezzo. Venderne un po' alla volta, allora? Anche in questo caso la decisione presa sarebbe comunque difficilmente occultabile agli altri Paesi del mondo, che interpreterebbero la decisione come un nostro “segno di disperazione”. Strada impervia, dunque.
Si, amici, riflettendo bene credo che la considerazione di cui gode un Paese, in un caso come quello ipotizzato scenderebbe di colpo, come quando in una famiglia si decide di vendere i pochi ori posseduti, compresa la fede al dito. Eppure, nonostante tutto, c'è da scommettere (considerati i tempi che stiamo correndo), che a qualcuno, tra qualche settimana, magari per adempiere alle promesse elettorali fatte, tornerà in mente questa possibilità e cercherà di mettere sul tappeto una proposta di vendita. Staremo a vedere!
A domani.
Mario

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