Oristano 29 Aprile 2018
Cari amici,
Per raggiungere la meta
il percorso, nella gran parte dei casi, non è mai breve. Questo significa che bisogna caparbiamente continuare a lottare senza mai scoraggiarsi, ma, tenendo sempre la barra a dritta, insistere nel percorrere anche se lentamente la strada intrapresa, senza mai mollare,
accontentandosi anche dei piccoli risultati parziali. Credo che questo discorso
valga anche per la richiesta, ormai sul campo da tempo, di poter celebrare la
S. Messa utilizzando la lingua locale, quella del nostro popolo: la lingua
sarda.
Come ebbi occasione di
scrivere su questo blog il 29 Aprile del 2014 (chi è curioso può andare a
leggere quanto scritto cliccando sul seguente link: http://amicomario.blogspot.it/2014/04/quando-il-popolo-sardo-pregava-nella.html),
la richiesta ufficiale, presentata alle Gerarchie ecclesiastiche della Sardegna per poter celebrare la S.
Messa in sardo, risale ai primi di questo secolo. A parte i tentativi precedenti, nel
2007, don Mario Cugusi ci provò a Cagliari, con una celebrazione prevista nella
Chiesa del Santo Sepolcro, nel cuore di Cagliari. Ma fu una delusione cocente. L’allora
Arcivescovo di Cagliari Mons. Mani, all’ultimo momento, non ritenne di accordare
quel permesso che sembrava cosa fatta! Il diniego dell’arcivescovo fu motivato
da norme inviolabili: «solo la Santa Sede può autorizzare di officiare S. Messe
in modo diverso da quanto prescritto».
Fu interpellato anche Mons.
Angelo Becciu, già Sostituto alla Segreteria di Stato vaticana, che indicò
chiaramente la strada da seguire. “E’ la Conferenza Episcopale Sarda che deve
prendere l’iniziativa e presentare la richiesta alla Santa Sede. Dopo non penso
ci siano problemi a rilasciare le autorizzazioni”. Da allora sono
trascorsi oltre 10 anni e, anche se lentamente, il lavoro sottile e costante
continuò. Di recente, grazie all’azione di un gruppo di intellettuali, il
problema della S. Messa in limba ha avuto un’accelerazione notevole. Il 4
aprile 2017 i vescovi sardi, dopo essersi riuniti e raggiunto l’accordo sulle
modifiche, hanno chiesto ai linguisti la traduzione in sardo dell’Ordinario
della Santa Messa.
Una volta completato il
lavoro, il tutto dovrà essere riesaminato dalla Conferenza Episcopale Sarda, che farà un primo confronto tra il messale
latino (che è quello ufficiale) e quello tradotto in sardo, per accertarne la
perfetta uguaglianza. Solamente dopo che questa coincidenza sarà appurata e i
vescovi sardi avranno espresso il loro definitivo consenso, potrà essere richiesto
il “via libera” da parte del Vaticano per la celebrazione della S. Messa in
limba.
I vescovi della Conferenza Episcopale Sarda
Ebbene, quest'anno per dare un
primo segno di incoraggiamento al popolo sardo da parte del Vaticano, in
occasione della grande festa “Sa Die De Sa Sardigna”, in calendario il 28
Aprile, è stata autorizzata la celebrazione in Cattedrale a Cagliari di una
prima S. Messa contenente molte parti, anche importanti, recitate e cantate in
sardo.
A portare la “lieta
novella” di questa particolare, innovativa celebrazione, sempre Lui, il numero tre del
Vaticano Mons. Angelo Becciu, Sostituto alla Segreteria di Stato, orgoglioso sardo di
Pattada! È stato lui che, unitamente a Mons. Arrigo Miglio, ha dato il via alla celebrazione della 1^ S. Messa “parzialmente tradotta in sardo”; il Sacro Rito, ben inframezzato
di sardo, è stato seguito e ascoltato proprio nel giorno che la Sardegna festeggiava la sua liberazione: nella
"Giornata del popolo sardo", quella celebrata in ricordo della sommossa del 28 Aprile
1794, che si concluse con la cacciata e la fuga da Cagliari del viceré e dei
funzionari sabaudi.
Prima di officiare la storica
Santa Messa, Monsignor Giovanni Angelo Becciu, ha voluto salutare rigorosamente in lingua sarda, tutti i
fedeli e le autorità presenti (in primis il presidente del Consiglio regionale,
Gianfranco Ganau, il sindaco di Cagliari Massimo Zedda e il governatore
Francesco Pigliaru). Alle 9,30 il sacro rito ha avuto inizio. Il popolo ha
potuto ascoltare in “limba” i canti, i riti iniziali, le letture, il salmo, le preghiere
dei fedeli e le orazioni; anche il Santus, l’Agnus Dei e il Padre nostro, sono
stati coralmente recitati in sardo, ma non la preghiera eucaristica. Per questa
parte sostanziale della celebrazione, praticamente il cuore della S. Messa,
servirà l’ufficiale “via libera” che verrà dato dalla Santa Sede, dopo l’espletamento
dell’iter prima indicato.
In una Cattedrale strapiena,
la S. Messa è stata accompagnata da musiche e canti di eccezionale spessore
(musiche del M° Vittorio Montis, voci della mezzo soprano Massimiliana Tocco e del
baritono Gabriele Barria). Nella conclusione finale il canto in sardo della
tradizione: l’Ave Maria in lingua sarda, il
“Deus ti salvet Maria”, da sempre eseguito nelle visite pastorali dei
Pontefici in Sardegna. Il tutto condito con un bel tocco di sardità: lo hanno
dato le “launeddas” suonate dal gruppo “Cuncordia a launeddas”, che hanno accompagnato
degnamente i vari canti. L’intera funzione è stata trasmessa in diretta su Rai 3.
Da vero uomo che non ha
mai dimenticato la sua terra, Monsignor Becciu al termine della celebrazione, esprimendosi
perfettamente in sardo ha detto: "Anche la trasmissione della fede, la
preghiera e la liturgia possono trovare nuova linfa e vigore se espressi nella
propria lingua madre; è un modo per dare voce alle richieste socio economiche
della Sardegna intera che da anni aspettano risposte". Aggiungendo,
poi: "La
nostra terra ne ha bisogno".
Cari amici, il mio
augurio fiducioso è che, nel prossimo anno, possiamo, tutti insieme, festeggiare “Sa die de sa Sardigna” con l’intero
rito officiato, pregato e cantato totalmente in sardo!
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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