domenica, febbraio 18, 2018

IL CASO DI MARIA GRAZIA MODENA, PRIMARIO AL POLICLINICO MODENESE. ARRESTATA CON TANTO CLAMORE NEL 2012 CON ACCUSE INFAMANTI, È STATA POI ASSOLTA ANCHE IN CASSAZIONE. FU VERA GIUSTIZIA? AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA!



Oristano 18 Febbraio 2018
Cari amici,
Maria Grazia Modena è una cardiologa, nota in tutto il mondo. Esercitava, tempo fa, la sua professione all’Università di Modena e Reggio Emilia, era Presidente della Società Italiana di Cardiologia e primario al Policlinico modenese. La mattina del 9 Novembre del 2012 però, ormai 5 anni fa, i carabinieri bussarono alla sua porta, le misero le manette ai polsi e la portano via. Uno shock terribile, difficile da sopportare, che si tramutò in un inferno. Un'azione forte, violenta, quella messa in atto contro di lei: con un grande spiegamento di forze, perfino con gli elicotteri che volavano sopra casa sua, quasi si stesse andando a prendere un pericoloso boss della mafia. La sua cattura era il completamento, la concretizzazione dell’operazione denominata “Camici sporchi”.
Con Lei, in quel mattino del 2012, furono arrestati altri 8 medici, tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata a sperimentazioni cliniche non autorizzate. Oltre agli arresti vennero effettuate 33 perquisizioni, compresa anche l’interdizione per dodici aziende produttrici di attrezzature cardiologiche, di stipulare contratti con la Pubblica amministrazione. La dottoressa Maria Grazia Modena, come detto prima, all'epoca dei fatti primario di Cardiologia del Policlinico di Modena, era accusata di essere alla testa di un gruppo di "camici sporchi" con cui, secondo l’accusa, commetteva alcuni fra i più gravi reati: associazione a delinquere, truffa al sistema sanitario, corruzione, abuso d’ufficio, sperimentazioni illecite.
Reati indubbiamente gravissimi, investigati dai carabinieri (che nell’operazione “Camici sporchi” impegnarono oltre 150 militari) coordinati dalla Procura di Modena. L’associazione a delinquere attribuita dagli investigatori agli accusati, comprendeva, oltre alle sperimentazioni cliniche non autorizzate, l’installazione di apparecchiature mediche poco funzionali e difettose su pazienti ignari e addirittura la creazione di false cartelle cliniche. Il ruolo apicale, di questa ‘associazione’, sempre secondo le accuse, era svolto proprio dalla professoressa Modena, che, secondo gli accusatori, “promuoveva e tollerava lo svolgimento delle sperimentazioni illegittime presso il reparto da lei diretto, al fine di trarne beneficio in termini di carriera essendo indicata quale autrice di numerose pubblicazioni e Abstract”.
Accuse terribili, di una tale gravità che la fecero “sbattere in prima pagina” nei grandi quotidiani nazionali, con le foto sue e di quelle degli accusati, facendo scattare la classica colpevolezza mediatica che venne, come in molti altri casi, decretata tout court, senza processo alcuno. 
Inizialmente inviata ai domiciliari per 40 giorni, fu successivamente costretta anche a dimorare al di fuori della Provincia di Modena, perché ritenuta pericolosa per l'eventuale reiterazione dei reati contestati. Una volta rientrata a Modena, fu ancora tenuta all’obbligo di firma. Condannata in primo grado col rito abbreviato alla pena di 4 anni e mezzo, a Dicembre dello scorso anno la Corte d’Appello di Bologna ha invece annullato quasi totalmente la sentenza di 1° grado.
Un primo respiro di sollievo per l’ex Direttrice del reparto di Cardiologia dell’ospedale modenese, assolta da tutti i reati (annullata anche l’interdizione dai pubblici uffici) ad eccezione della conferma di condanna a otto mesi (pena sospesa) per falso, per la quale, però, gli avvocati della Modena ricorsero subito dopo in Cassazione. Ciò nonostante, la Procura Generale non si rassegna e contesta la sentenza di secondo grado, ricorrendo anch’essa in Cassazione contro l’assoluzione.
Partita persa però, per la Procura, perché pochi giorni fa la Cassazione ha definitivamente assolto la Modena da tutte le accuse, anche da quella di falso, restituendo ufficialmente alla dottoressa l’integrità professionale e morale che le spettava.
Secondo la dottoressa Modena, che tuttora attende di essere reintegrata al suo posto nel Policlinico di Modena e che l’Ordine dei medici la reintegri nei ranghi dopo la radiazione, “resta la sconfitta morale”, perché l’accanimento contro di lei altro non era che una vendetta politica, con la costruzione di un quadro accusatorio montato ad arte per estrometterla e farla fuori dai ruoli che ricopriva, come Lei, con rabbia, ha avuto modo di raccontare in una intervista a Modena Today.
In un’altra intervista concessa al Corriere della sera, riferendosi al caso, analogo al suo, che riguardò Ilaria Capua, la Modena ha così commentato: “Lei schifata se n'e andata negli Usa, io invece voglio riprendermi il mio ruolo a Modena, in Italia”. Prima di concludere l’intervista ha anche ribadito: "Sì lo ammetto volevo creare una cardiologia d’eccellenza e ci sono riuscita. Ho dato la vita per il lavoro, uscivo alle 6 tornavo alle 9 di sera, niente figli per scelta". 
Si, amici, apprezzo la forza e il coraggio della dottoressa Modena, che caparbiamente, non vuole lasciare l’Italia, non vuole andare via sbattendo la porta: Lei vuole tornare in ospedale, come primario, e riprendere il suo posto e le sue ricerche con i collaboratori fidati. Vuole continuare a combattere la sua battaglia in casa!
Personalmente la ammiro, e sono convinto che da donna caparbia qual è dimostrerà ancora di più, anche ai suoi denigratori, tutto il suo valore, intriso dalla rabbia per l’affronto subito, ma corroborato dalla lotta per la vittoria ottenuta.
A domani.
Mario



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