sabato, febbraio 17, 2018

SEI SICURO DI ESSERE UN “CONSUMATORE RESPONSABILE”? IL CIBO, LA SUA DURATA, E LO SPRECO CHE TUTTI SIAMO TENUTI AD EVITARE.



Oristano 17 Febbraio 2018
Cari amici,
C’è un urlo straziante nel mondo, spesso silenzioso, che vaga da tempo per valli e monti, per foreste e deserti; un grido di dolore che parte dalle zone povere del pianeta, una richiesta d’aiuto, lanciata da chi ha fame e non ha i mezzi per sopravvivere. La richiesta è diretta verso quel mondo opulento, ricco di benessere, costituito dai Paesi industrializzati come il nostro. Ma la pietà non alberga nel cuore di chi non ha fame, di chi ha “la pancia piena”, al quale non importa gettare via una grossa fetta di alimenti non consumati nella spazzatura. Sono tonnellate e tonnellate di cibo, quelle che giornalmente vengono gettate via con l’umido, seppure ancora buone, in grado di sfamare quell’immenso popolo di diseredati che muore letteralmente di fame: un esercito costituito da oltre 800 milioni di persone.
Le impietose statistiche confermano dati che considerare spreco è poca cosa, essendo nella realtà un vero orrore; un peccato gravissimo, se pensiamo che, in questo mondo sempre più disuguale, milioni di persone muoiono letteralmente di fame. Nel nostro pianeta ogni anno viene sprecato circa un terzo del cibo prodotto: 1,3 miliardi di tonnellate su 3,9 miliardi del totale degli alimenti prodotti. Cibo ancora buono che finisce nella spazzatura!  Solo in Europa vengono sprecati circa 88 milioni di tonnellate di alimenti all’anno, equivalenti a una media pro-capite di 173 kg. In Italia anche di più: il valore stimato dello spreco è calcolato in 179 Kg a persona. Sono cifre davvero impressionanti.
“NON SPRECHIAMO IL CIBO”, dovrebbe essere l’imperativo, rivolto a tutti, persone e Paesi, perché non è giusto: è iniquo, che ci sia chi spreca e chi muore per mancanza di risorse alimentari! E, se la vogliamo dire tutta, il danno colpisce due volte: il cibo sprecato non solo è sottratto a chi ne avrebbe bisogno, ma aumenta anche considerevolmente l’utilizzo delle materie prime per produrlo! Buttando in pattumiera un terzo di quanto prodotto per l’alimentazione umana, aumentiamo inutilmente l’utilizzo delle risorse primarie, come acqua, fertilizzanti, suolo, combustibili fossili e fonti energetiche di ogni tipo, ben sapendo che non sono infinite! La gran parte del fabbisogno idrico mondiale, per esempio, è destinato proprio alla produzione di cibo e dunque lo spreco alimentare è sinonimo anche di spreco d’acqua.
Il benessere, cari amici, ha creato mille marchingegni per aumentare i consumi, con la conseguenza di incrementare lo spreco; uno dei marchingegni è la rigida data di scadenza, scritta sulle confezioni dei prodotti alimentari. Due le diciture apposte sulle confezioni: “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”, entrambe seguite dal cosiddetto termine minimo di conservazione (anche TMC). Nel caso di prodotti alimentari non soggetti a rapida deperibilità, non è riportata la dicitura più vincolante “da consumarsi entro”, ma viene indicata l’altra, “da consumarsi preferibilmente entro” (il termine TMC è il termine temporale che indica fino a quando un alimento mantiene, se conservato adeguatamente, le sue specifiche caratteristiche.
Stante le regole prima ricordate, che è giusto che siano state emanate, come possiamo comportarci (anzi meglio scrivere dobbiamo) – se animati dallo spirito di “consumatori responsabili” – per evitare di sprecare il cibo nel modo più corretto? Insomma, cosa fare per evitare di gettare nell’immondizia tanto cibo come avviene ora? 
La risposta è complessa e dipende da diversi fattori comportamentali. Sulle scadenze dobbiamo regolarci in base al tipo di alimento; non è detto che i cibi, a partire dall’indomani della scadenza scritta sulla confezione, debbano essere sempre buttati tra i rifiuti. Certo, quando ci troviamo difronte a una data di scadenza ormai superata, mangiare o meno quel cibo è il primo dubbio che ci assale.
Allora, ferma restando la data, anche per i cibi più deperibili (come latte, yogurt, mozzarelle, formaggi freschi, uova), se conservati perfettamente, il loro consumo può essere esteso anche di una settimana oltre la scadenza; i formaggi stagionati e a pasta dura anche molto di più. I pesci surgelati e in scatola, se ben conservati possono consumarsi anche dopo 2 mesi; gli oli di ottima qualità anche dopo 7/8 mesi, le conserve all’aceto o di pomodoro anche due mesi oltre, un po’ di più panettoni, succhi di frutta e simili. I salumi è meglio consumarli entro la data di scadenza. Pasta e riso invece hanno possibilità di consumo più alte di diversi mesi. Vi sono poi tutta una serie di prodotti che possono essere definiti senza scadenza, o a scadenza lunga. Sono gli alcolici, aceto, sale, zucchero e simili.
La soluzione per evitare lo spreco, però, deve partire da un nostro comportamento antecedente, più consono e responsabile! Amici, il problema non è quello di rassegnarsi a consumare, dubbiosi, un prodotto dopo la scadenza, ma quello, invece, di razionalizzare gli acquisti! Mai fare provviste super abbondanti, ma rifornirsi frequentemente, senza intasare inutilmente il frigorifero. Un altro utile consiglio è quello del riutilizzo: se gli ospiti attesi sono stati inferiori al previsto, quanto cucinato la sera per loro, può essere facilmente consumato da noi l’indomani, magari variato e integrato con una ricetta appropriata, ma non gettato via in pattumiera!
Cari amici, spesso dimentichiamo che in questo mondo non ci sono cittadini di serie A e di serie B. Su questa terra dovremmo essere tutti fratelli: in qualsiasi parte del mondo ci troviamo; allora, perché non aiutarci a vicenda? Quello che non è utile all’uno, può essere messo a disposizione dell’altro. 
Personalmente l’idea di buttare via nella spazzatura un terzo di quello che nel mondo si produce per l’alimentazione mi fa orrore, ribrezzo! E non pensiamo che gli affamati sono solo quelli che vivono nella giungla, o nelle favelas, lontani da noi: di affamati ne abbiamo tanti anche nelle nostre città, anche nel nostro quartiere!
Allora perché non sensibilizzare la grande distribuzione, i mercati generali, i negozi di generi alimentari, i ristoranti, i panifici, le pasticcerie, creando un canale di solidarietà che consenta il recupero dei prodotti non perfetti (frutta ammaccata, lattine che hanno preso un colpo, oppure alle soglie della scadenza), ma perfettamente commestibili, come pane e pasticceria del giorno prima, rimanenze alberghiere e così via, da avviare alle strutture assistenziali come la Caritas, evitando di gettare via tonnellate di buon cibo? Sarebbe una cosa non solo ben fatta ma doverosa!
Pensiamoci seriamente, amici, le risorse del mondo non sono infinite e le migliaia di famiglie in difficoltà, i bambini che ogni giorno patiscono la fame, stanno anche sulla coscienza di tutti noi…
A domani.
Mario

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