mercoledì, aprile 23, 2014

LE CROCIATE E GLI ORDINI CAVALLERESCHI RELIGIOSI: LA TORMENTATA STORIA DEI TEMPLARI, 2^ PARTE, DALL’ALTARE ALLA POLVERE, LA COSPIRAZIONE CHE ANNIENTO’ L’ORDINE.



Oristano 23 Aprile 2014
Cari amici,
oggi continuiamo con la storia dei Templari che, abbandonata ormai la Terra Santa, dopo la sconfitta di S. Giovanni d'Acri del 1191, fecero rientro in Europa, continuando a prestare il loro servizio in difesa della cristianità.
Nei quasi due secoli trascorsi in Terra Santa, i Cavalieri Templari avevano pagato un grande tributo di sangue: persero, oltre tantissimi cavalieri, sette Gran Maestri in combattimento, cinque in seguito a ferite e due nelle prigioni saracene. In totale, però, il sangue versato fu ben più alto: tredici sui ventitré Gran Maestri di tutta la storia dell'Ordine. 

L'ultimo Gran Maestro, come vedremo tra poco, fu Jacques de Molay, che, al rientro in Francia, si preparava a rendere più forte l'Ordine, regnante Filippo IV il Bello, dopo aver portato con sé il cospicuo tesoro accumulato in Terra Santa. Le ricchezze ottenute dai Cavalieri Templari erano ormai immense, anche per la loro grande capacità di gestirle: essi investivano il denaro soprattutto svolgendo il servizio di tesoreria e di prestiti per nobili e re. Gli affari che svolgevano erano soprattutto di quattro categorie: 1) deposito tributi e somme di denaro per i principi che andavano alle Crociate; 2) trasferimento in Terra Santa di dette somme; 3) riscossione delle decime pontificie per le Crociate; 4) prestiti a principi o nobili, che motivassero tale bisogno di denaro con pii motivi. Essi inventarono anche l’assegno o lettera di cambio: per esempio i pellegrini che si volevano recare in Terra Santa, ma avevano paura di essere rapinati, potevano lasciare i denari in un qualsiasi ufficio templare e ricevere una "quietanza di riscossione"; all’arrivo in Terra Santa portavano la quietanza nel locale ufficio dell'Ordine e tornavano in possesso della somma di denaro lasciata prima della loro partenza. Per quei tempi era un'idea davvero geniale: da Ordine povero, come era all'inizio, era diventato poi economicamente molto ricco! Una nota di colore che da l’idea della loro povertà iniziale: il  famoso sigillo templare (che veniva usato per convalidare gli ordini e le lettere di credito) era un cavallo cavalcato da due cavalieri (si notano i due scudi) che stava ad indicare quanto inizialmente mancassero di tutto, se due cavalieri erano costretti ad andare in guerra con un solo cavallo.
Ormai potentissimo l’Ordine Templare era diventato così ricco ed influente (non solo in Francia, dove pare contasse oltre quindicimila cavalieri) da essere considerato un vero Stato nello Stato. Tanta ricchezza e tanta potenza scatenarono l’invidia del Re di Francia Filippo IV il Bello che determinò, con l’aiuto e l’inettitudine di Papa Clemente V, la fine dell'Ordine. Il Re di Francia infatti, già scomunicato nel 1303 da Papa Bonifacio VIII, impossibilitato a restituire all'Ordine l'emorme debito accumulato, orchestrò in modo tale da liberarsi del Creditore, accusandolo di fatti gravi. Salvare le finanze reali dal grande debito accumulato con i Cavalieri Templari per finanziare le varie guerre, condotte contro Aragonesi, Inglesi e Fiamminghi, era diventato per Lui  "prioritario": era certamente più economico e redditizio “eliminare” l'Ordine dei Cavalieri Templari e impossessarsi dei loro beni! Con grande astuzia mise in piedi un processo-farsa per eresia contro gli appartenenti all’Ordine, che durerà ben sette anni (dal 1307 al 1314), contando sulla testimonianza di due Cavalieri Templari in precedenza espulsi dall’Ordine. Il 14 settembre 1307 il re inviò messaggi sigillati a tutti i balivi, siniscalchi e soldati del Regno, ordinando l'arresto dei Templari e la confisca dei loro beni, operazioni che vennero eseguite il venerdì 13 ottobre 1307. L'astuta mossa riuscì in quanto messa in piedi "in contemporanea" contro tutte le Sedi templari di Francia; i cavalieri, convocati con la scusa di accertamenti fiscali, vennero tutti arrestati.
Le accuse che investirono l’Ordine del Tempio erano infamanti: sodomia, eresia, idolatria. Vennero in particolare accusati di adorare una misteriosa divinità pagana, il Bafometto (o Banfometto, forse la storpiatura in lingua occitana di Maometto). Nelle carceri del re gli arrestati furono torturati finché non iniziarono ad ammettere l'eresia. Il 22 novembre 1307 il Papa Clemente V, messo di fronte alle confessioni, con la bolla “Pastoralis Præminentiæ” ordinò a sua volta l'arresto dei templari in tutta le nazioni cristiane. Il 12 agosto 1308 con la bolla “Faciens Misericordam” furono definite le accuse portate contro l’Ordine. Il re fece avviare dal 1308 sino al 1312, grazie anche alla debolezza di papa Clemente V, diversi processi, tesi a dimostrare le colpe dei cavalieri rosso-crociati di Parigi, Brindisi, Penne, Chieti e Cipro. Nel generale clima di condanna ci fu l'eccezione rappresentata da Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna e responsabile del processo per l'Italia settentrionale: egli assolse i cavalieri e condannò l'uso della tortura per estorcere confessioni (concilio provinciale di Ravenna, 1311). Alla fine l'Ordine fu ufficialmente soppresso dal Papa (per legittima suspicione) con la bolla “Vox in Excelso” del 3 aprile 1312 ed i suoi beni trasferiti ai Cavalieri Ospitalieri il 2 maggio seguente (bolla Ad Providam).
Jacques de Molay, l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine, il quale in un primo momento, come gli altri, aveva confermato le accuse mosse, le ritrattò, spinto da un'ultima fiammata di orgoglio e dignità. Forse Egli sperava di salvarsi con la protezione del Papa, ma Clemente V non seppe o non volle opporsi ai voleri del Re di Francia. Jacques de Molay, dopo aver ritrattato la confessione resa in precedenza, venne condannato al rogo. Il 18 marzo 1314, all'ora del Vespro, il Gran Maestro De Molay e Goffredo di Charney, precettore di Normandia, che pare custodisse la Sacra Sindone, salirono sul rogo che gli uomini di Filippo IV il Bello avevano approntato sull’isoletta della Senna, detta dei Giudei. Questo è ciò che riporta Goffredo di Parigi, testimone del supplizio:" Il Gran Maestro, quando vide il fuoco acceso, si spogliò senza esitazioni. Riferisco come lo vidi. Egli si tolse gli indumenti, esclusa la camicia, lentamente e con aspetto tranquillo, senza affatto tremare, sebbene lo spingessero e lo scuotessero molto. Lo presero per assicurarlo al palo e gli legarono le mani con una corda, ma egli disse ai suoi carnefici:" almeno, lasciatemi congiungere un po’ le mani e dire a Dio la mia preghiera, poiché questo ne è il momento, essendo in punto di morte; e Dio sa, ingiustamente. Ma accadranno ben presto disgrazie a coloro che ci condannano senza giustizia. Dio vendicherà la nostra morte; muoio con questa convinzione. Quanto a voi, Signore, rivolgetemi la faccia, vi prego, verso la Vergine Maria, Madre di Gesù Cristo (Cattedrale di Notre Dame de Paris)". Gli fu concessa questa grazia e la morte lo prese così dolcemente, in questo atteggiamento, che ognuno ne restò meravigliato". La leggenda aggiunge che, prima di morire, il Gran Maestro dei Templari avesse convocato davanti al Tribunale di Dio il Papa entro 40 giorni e il Re di Francia Filippo IV il Bello entro l'anno: trentasette giorni dopo il supplizio morì Clemente V e otto mesi dopo, lo seguì il Re di Francia.
Filippo il Bello, riuscito nel suo intento, iniziò subito la distruzione del sistema bancario dei Templari, e, benché una bolla papale avesse trasferito tutti gli averi dei Templari agli Ospitalieri, riuscì ad incamerare per sé parte del tesoro. L’operazione bancaria messa in atto da Filippo il Bello intendeva in effetti riprendere in mano il controllo delle finanze europee, rimuovendo questo potere dalle mani della Chiesa, riuscendo, in parte, nel suo intento. Visto il destino dei Templari, anche gli Ospitalieri di San Giovanni si convinsero a cessare le proprie operazioni bancarie. Fuori dalla Francia molti sovrani e nobili inizialmente continuarono a sostenere i cavalieri ancora liberi e abbandonarono l'Ordine nei loro reami solo quando fu Loro ordinato da Papa Clemente V. Roberto I, re degli Scoti (scozzesi), che era già stato scomunicato in precedenza per altri motivi, e quindi non certo disposto a prestare attenzione ai comandi papali ospitò, invece, i cavalieri templari: molti membri dell'Ordine si rifugiarono in Scozia. In Portogallo i Cavalieri e il patrimonio del loro Ordine confluirono in un nuovo Ordine, fondato col permesso del Papa per combattere contro i mori nell'Algarve: l’Ordine del Cristo. Il principe Enrico il Navigatore (1394 - 1460) guidò per vent'anni, fino alla propria morte, tale ordine, utilizzandone il denaro per organizzare la prima scuola per navigatori, preparando la via alla supremazia marittima portoghese, che porterà alle grandi esplorazioni cinquecentesche. In Spagna, dove il re si oppose all'incorporazione del patrimonio templare da parte dell'Ordine degli Ospitalieri, fu l'Ordine di Montesa a subentrare a quello dei Templari.
Studi recenti accreditano sempre più la teoria secondo la quale la vera causa della fine dei Templari fu dettata dalla volontà di impossessarsi, da parte del re di Francia, del loro patrimonio, tesi peraltro già sostenuta da Dante Alighieri nel canto XX del Purgatorio. L’idea di risanare le finanze con i beni dell’Ordine, che risultava proprietario, oltre che di denaro, di terre, castelli, fortezze ed abbazie era l’unica praticabile: un tesoro immenso che avrebbe rimesso in piedi il Re e la struttura finanziaria della Nazione. Il sovrano, che in precedenza aveva tentato inutilmente di entrare a far parte dell’Ordine Templare, alla fine incaricò i propri consiglieri (capeggiati dall'astuto Guglielmo di Nogaret) di formulare delle precise accuse contro i ricchi e potenti cavalieri e richiedere il necessario intervento del papato, tra l’altro da poco trasferitosi ad Avignone. Le false confessione estorte convinsero in un primo tempo il Papa (che non si rese subito conto delle manipolazioni effettuate) e successivamente, quando Egli si rese conto dell'errore e dell’emessa condanna, era ormai troppo tardi. La studiosa italiana Barbara Frale ha rinvenuto agli inizi degli anni duemila negli Archivi Vaticani un documento, noto come Pergamena di Chinon, che dimostra come Papa Clemente V intendesse perdonare i Templari nel 1314, assolvendo il loro Gran Maestro e gli altri capi dell'Ordine dall'accusa di eresia, limitandosi a sospendere l'Ordine piuttosto che sopprimerlo. Il documento appartiene alla prima fase del processo, nella quale il pontefice ancora sperava di poter salvare l'Ordine, seppure a costo di assoggettarlo ad una profonda riforma.
Nella pergamena di Chinon è riportato chiaramente il tentativo effettuato dal Papa di salvare i Templari, di preservarli dalle macchinazioni del re di Francia, stabilendo che l'Ordine non era affatto eretico ma solo bisognoso di riforme, sotto l'egida della Chiesa. Le colpe attribuite all’Ordine erano solo fenomeni di malcostume, anche grave, ma non certo di eresia, fatto insanabile, per il quale i Templari erano stati trascinati in un processo. Il tentativo di scagionarli fatto dal Papa non riuscì. Quando divenne evidente che Filippo IV era determinato a sterminare l'Ordine (ed a confiscarne i considerevoli beni e le proprietà all'interno del regno francese), il Papa abbandonò i Templari al loro destino. Al di fuori della Francia la dissoluzione dell'Ordine fu conseguita con molto meno spargimento di sangue, ed i Templari superstiti furono assorbiti da altre Istituzioni religiose. La fine di un Ordine così potente non poteva non creare anche miti e leggende. Impossibile pensare che i superstiti, fra i quali certamente alcuni cavalieri importanti per rango e posizione sociale, una volta messisi in salvo, sia dentro che fuori la Francia, non avessero cercato di rinserrare le fila e ricostituirsi in qualche modo. Se è pur vero che diversi adepti confluirono in altre Istituzioni (alcuni  rientrarono tra i cistercensi in Spagna, negli ordini di Calatrava e Montesa e in Portogallo, dove il re Dinis creò il “Nuovo Ordine dei Cavalieri di Cristo”), è probabile che l'Ordine Templare in qualche modo sia sopravvissuto. Una leggenda vuole che Jacques de Molay prima di morire avesse affidato le reliquie possedute, una parte del tesoro, e i segreti dell’ordine al nipote conte di Beauyeu che riuscì a riunire le fila e fu eletto Gran Maestro. Il suo successore, invece, lasciò la Francia rifugiandosi in Scozia, perpetuando oltremare il Magistero dell’Ordine, che sarebbe in un secondo tempo confluito nella Massoneria di Rito Scozzese. Tutto questo, però, non è provato, e per ora resta solo una bella leggenda!

Amici, grazie dell’attenzione: il prossimo Ordine che esamineremo sarà l’Ordine dei Giovanniti o degli Ospitalieri, diventato successivamente prima di Rodi e poi di Malta.
A presto!

Mario

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