Oristano 3 dicembre 2024
Cari amici,
Nel nostro Paese “L’ABUSO
D’UFFICIO” era considerato reato fin dall’Ottocento. Pensate che persino
nel Codice del Regno delle due Sicilie del 1819, e poi (con l’unità d’Italia)
nel Codice Zanardelli del 1889, per arrivare al codice Rocco che, nel 1930,
all'articolo 323 sull'abuso d’ufficio, si puniva «il pubblico ufficiale che,
abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, commette, per recare ad altri
un danno o per procurarsi un vantaggio, qualsiasi fatto non previsto come reato
da una particolare disposizione di legge». Questo anomalo comportamento, dunque, è stato
considerato reato ininterrottamente da oltre 200 anni (205), nell’interesse del
cittadino che veniva vessato ingiustamente dall’Autorità.
Ciò nonostante, il Parlamento,
il 25 agosto scorso, ha abrogato l’articolo 323 del Codice penale! Certo, il
Governo in carica premeva da tempo per l’abolizione di questo reato, in quanto favorevole
alla scuola di pensiero di coloro che ravvisavano nella norma una genericità
tale da consentire ai magistrati troppa discrezionalità nell’individuare il
reato; discrezionalità che faceva tremare gli amministratori pubblici, che, per
«paura della firma», si rifugiavano in una paralizzante burocrazia.
Indubbiamente, però, l’abrogazione di questo reato credo che faccia più danno
che guadagno!
L’altra scuola di
pensiero, favorevole invece al mantenimento della norma, sosteneva e sostiene che il mantenimento del
reato di abuso d’ufficio sia funzionale anche come «reato spia», in quanto
capace di far arrivare gli inquirenti all’accertamento di reati più gravi,
quali la corruzione e la concussione. Ora, comunque il “dado è tratto” e il
reato di abuso d’ufficio è stato cancellato dal nostro Codice penale, diventato
un comportamento che non viola la legge! Ciò vuol dire che, ora, il professore
che favorisce il proprio allievo in un concorso universitario, Il poliziotto
che, per ripicca, manda un’ispezione nella discoteca che non ha fatto entrare
dei suoi amici, il Sindaco che approva un progetto o un appalto poco regolare, potranno
impunemente, senza timore, fare questi favoritismi.
Amici, ora la cancellazione
di questo reato non consente solo comportamenti più liberi, aperti e
prevaricanti sul cittadino, ma, “da oggi in poi”, l’abrogazione
dell’abuso d’ufficio (avvenuta – tra l’altro - con una maggioranza compatta: il
provvedimento è stato approvato con 199 sì, 102 contrari e nessun astenuto),
incide anche sul passato! Si, cari lettori, a seguito dell’abrogazione del
reato previsto dall’art. 323 c.p., coloro che in precedenza siano stati
riconosciuti colpevoli del delitto di abuso d’ufficio potranno chiedere la
revoca della loro condanna!
L’abolizione di una
fattispecie di reato, infatti, travolge anche le condanne passate in giudicato.
Al riguardo, l’art. 673 c.p.p. (rubricato “Revoca della sentenza per abolizione
del reato”) dispone che nel caso di abrogazione (o di dichiarazione di illegittimità
costituzionale) della norma incriminatrice, il giudice dell'esecuzione revochi
la sentenza di condanna o il decreto penale, dichiarando che il fatto non è
previsto dalla legge come reato e adotti i provvedimenti conseguenti. Grande
gioia anche per coloro che, imputati di questo reato, sono in attesa di
giudizio.
Ragion per cui, nei diversi processi in corso, istruiti
nei confronti dei soggetti attualmente presunti colpevoli del reato di abuso
d’ufficio, quindi sottoposti ad un procedimento penale pendente, in quanto presunti autori del reato di cui all’art. 323 c.p., gli avvocati difensori
potranno chiedere l’emissione di sentenza di “non doversi procedere”, in quanto
il fatto di cui sono imputati non è più previsto dalla legge come reato. C’è da
dire che all’interno della Magistratura è in atto una forte contestazione per
l’eliminazione di questo reato.
Già diversi tribunali,
nelle scorse settimane, hanno sollevato davanti alla Consulta la possibile
incostituzionalità della legge che ha abrogato l’abuso d’ufficio: sarebbe in
contrasto con l’articolo 117 della Costituzione per la possibile violazione
degli obblighi derivanti dal diritto internazionale della Convenzione ONU di
Merida, e con l’articolo 97 della Costituzione sui principi di imparzialità
della Pubblica Amministrazione. E non è tutto, perché l’abolizione contrasta
anche con le correnti normative europee.
La proposta di Direttiva
del Parlamento Europeo del 3 maggio 2023, all’articolo 11, rubricato «Abuso
d’ufficio», prevede tra l’altro che gli Stati membri «prendono le misure
necessarie affinché sia punibile come reato l’intenzionale esecuzione od
omissione di un atto, in violazione delle leggi, da parte di un funzionario
pubblico nell'esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito
vantaggio per sé o per un terzo». Se la proposta venisse approvata, l’Italia
sarebbe costretta a reintrodurre l’abuso d’ufficio.
Nell’attesa della
decisione della Corte Costituzionale e del Parlamento UE, gli oltre 3.600
condannati per abuso d’ufficio dal 1997 al 2020, hanno diritto di ottenere dal
giudice dell’esecuzione la cancellazione dal casellario giudiziario e torneranno
«immacolati»!
Cari lettori, credo di
non avere null’altro da aggiungere…
A domani.
Mario
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