Oristano
7 Dicembre 2016
Cari amici,
Poco meno di 20 milioni
di italiani hanno detto NO ad una riforma che, poco condivisa, faceva correre
il rischio di vedere ulteriormente diminuito il poco potere rimasto nelle mani
dei cittadini. Uno scacco matto a chi
pensava che con le belle parole si potesse, ancora una volta, “illudere” quell'italico popolo che, in preda a sacrifici sempre più duri, aspettava invece
dal Governo adeguate soluzioni per una ripresa che, man mano che il tempo passava, diventava sempre più
un miraggio. L’Italia non è uscita dalla crisi, nonostante i proclami del Premier
e della sua squadra: il Paese è in deflazione e nessun gioco di prestigio può
illudere chi, con grande fatica, stenta ad arrivare a fine mese.
Mi sembra giusto che ora, chi ha
millantato situazioni positive, chi ha strombazzato in lungo e in largo che l’Italia
era uscita dalla crisi e addirittura, ormai, aveva ripreso ad inseguire e addirittura superare
le altre nazioni europee, abbia capito l’errore fatto, e si sia giustamente
messo da parte.
Perché oggi voglio riflettere con Voi sulle possibili, variegate motivazioni che hanno portato la stragrande maggioranza degli italiani a votare NO al Referendum costituzionale del 4 Dicembre? Perché quel NO espresso in maniera così forte, non era diretto solo ad impedire lo stravolgimento della nostra Costituzione, ma aveva anche il compito di dare il “ben servito” a chi, con mille marchingegni, cercava di far vedere una situazione ben diversa da quella reale.
Perché oggi voglio riflettere con Voi sulle possibili, variegate motivazioni che hanno portato la stragrande maggioranza degli italiani a votare NO al Referendum costituzionale del 4 Dicembre? Perché quel NO espresso in maniera così forte, non era diretto solo ad impedire lo stravolgimento della nostra Costituzione, ma aveva anche il compito di dare il “ben servito” a chi, con mille marchingegni, cercava di far vedere una situazione ben diversa da quella reale.
Mi riferisco ai recenti
aggiornamenti ISTAT sul PIL. Il nostro Istituto di Statistica a Novembre ha comunicato
che nel terzo trimestre del 2016 il prodotto interno lordo era aumentato dello
0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% nei confronti del terzo
trimestre del 2015. Il premier, Matteo Renzi ha esultato per il risultato, scrivendo
su Facebook con un certo compiacimento la frase: «Avanti tutta, l'Italia ha
diritto al futuro». Alle sue parole hanno fatto eco quelle del Ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan: «I dati confermano che l'economia è sulla
strada giusta. Ma occorre spingere per accelerare». Ma il dato ISTAT,
seppur corretto, evidenziava un risultato più apparente che reale. In pratica le percentuali rilevate erano sole briciole: il Paese in realtà continua ad essere fermo allo zero
virgola, mentre il Premier ha cercato di mettere in evidenza una situazione di grande
positività che invece non c'era.
Se Renzi, mostrando uno
stato di salute fittizio della nostra economia, cercava di aumentare il consenso
al SI per l’imminente Referendum Costituzionale, debbo dire che si è illuso: la stragrande
maggioranza degli italiani non è caduta nel tranello. Qualcuno ha addirittura malignato,
ipotizzando un assist dell'Istat a Renzi, in quanto solo una decina di giorni prima
l’Istituto aveva evidenziato che la crescita economica del nostro Paese era in
stand-by. Anche la mossa del Premier di astenersi
sull’approvazione della revisione del bilancio pluriennale dell'UE, è stata
sicuramente strategica, sempre per cercare di aumentare il consenso al Referendum (in
particolare da parte degli euroscettici), anche se poi non ha funzionato.
Ora, dopo la
defatigante e dispendiosa campagna elettorale fatta a man bassa dal Premier e
dal suo staff con osannanti proclami come «Con le riforme sale il Pil, senza riforme
sale lo spread», e «la crescita italiana raggiunge media Euro Zona»,
domina nei fautori del SI lo sconforto e i sostenitori del renzismo piangono calde lacrime. Vinti e vincitori, ora, dopo
le urla iniziali di vittoria da una parte e di sconfitta e lacrime dall’altra, guardano
all’unico “Super Partes” guardiano della nostra Costituzione: il taciturno Capo dello Stato
Sergio Mattarella. L’Italia e gli italiani di entrambi gli schieramenti, si
preparano “al dopo”, aspettando il suo responso.
Come avviene sempre
dopo la conclusione di una grande battaglia, è necessario ritrovare la serenità tra
i contendenti; cosa non facile, perchè c'è bisogno di tempo per sedimentare le
asperità, per cercare di rimarginare le ferite causate da una lotta
combattuta senza esclusione di colpi. Da apprezzare certamente la presa d’atto della
sconfitta fatta da Renzi addirittura prima di conoscere l’esito definitivo del
voto, anche se a qualcuno è sembrato che il suo fosse il “Piano B”, previsto
già ben prima di andare al voto, e quindi accuratamente predisposto. Ora la parola
passa al Capo dello Stato, che, da arbitro imparziale, cercherà la soluzione
migliore per salvaguardare gli interessi della nostra nazione, che vive momenti
di pericolo e di grande precarietà.
C’è da approvare la
legge di bilancio e certamente predisporre una sicura legge elettorale che
possa portare, nel più breve tempo possibile, gli italiani al voto. Sull’attuale
legge elettorale (che era stata fatta a misura della sola Camera dei Deputati,
nella convinzione del SI al referendum) pesa ancora il responso della Consulta,
così come sarà necessario adeguare la normativa per l’elezione del Senato, che
con il NO espresso rimane in piedi. Difficile pensare, dunque, ad un “cambio di
cavallo” immediato, e, stante le ultime novità, il Capo della Stato ha già chiesto e ottenuto da Renzi di “congelare le dimissioni” almeno fino all’approvazione della
legge di bilancio.
Cari amici, certamente
i problemi da risolvere non mancano, ma con attenzione e buona volontà troveranno suluzione. Una cosa è però scaturita con grande
chiarezza da queste elezioni referendarie: la massiccia affluenza alle urne del
popolo italiano, che ha voluto lanciare un "forte messaggio" alla classe politica che ci governa; un monito forte e chiaro: che vuole ancora contare, e che vuole continuare ad essere
l’artefice dei destini della nazione. L’Italia c’è, e gli italiani, con l’ultima
espressione di voto hanno voluto dimostrare che mai rinunceranno ad impugnare scheda
e la matita (sperando sempre che sia non cancellabile), per esprimere un SI o
un NO nei confronti di chi è stato da loro delegato a governare.
A domani.
Mario
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