Oristano
19 Dicembre 2016
Cari amici,
Che la Sardegna sia una
terra antica, tanto da essere addirittura considerata la mitica Atlantide (in
greco Ἀτλαντὶς νῆσος, "isola di Atlante"), è cosa nota e quindi non
meraviglia certo una scoperta recente, che ha messo in luce che la nostra Isola
è stata anche la prima patria del vino! Si, lo dicono gli esperti, dopo l’effettuazione
di approfonditi esami su alcuni reperti trovati presso Monastir (Cagliari). La
prova di questa primogenitura viene dall'esame dei materiali rinvenuti
all'interno di un torchio per il vino a torricella, con vasca risalente all'Età
del Ferro, un manufatto in arenaria ritrovato nel 1993 nel villaggio nuragico
di Bia de Monti - Monte Zara (900/850 - 725 a.C.) dall'archeologo Giovanni
Ugas.
All’interno del torchio
in pietra, infatti, gli esperti del Dipartimento di Chimica dell’Università di
Cagliari hanno trovato le tracce dell’acido tartarico presente nell’uva e da
questo si è capito che quel torchio serviva proprio per produrre il vino. Le
campagne del Campidano migliaia di anni fa erano certamente ricche di vite
selvatica e gli Shardana, dopo aver torchiato i grappoli, bevevano un vino, presumibilmente
rosso, forse una specie di Cannonau di quasi tremila anni fa.
Quella fatta dall’equipe
archeobotanica dell’Università di Cagliari è certamente una scoperta importante,
direi fondamentale, in quanto ha permesso di ricavare un buon tassello per individuare le prime produzioni vinarie in assoluto nel mondo; la
risultante è stata che i sardi sono stati i primi a produrre il vino. Questa
scoperta ha fatto vacillare la precedente teoria che la vite fosse stata
introdotta in Sardegna dai Fenici, dimostrando invece che in Sardegna la
coltivazione della vite era ben precedente, effettuata con vitigni autoctoni,
non d'importazione.
Un’ulteriore
dimostrazione della presenza autoctona della vite in Sardegna, si è avuta dopo
il ritrovamento di semi di uva vernaccia e malvasia, risalenti a circa tremila anni
fa, a “Sa Osa”, località tra Oristano e Cabras. A fare la scoperta
gli studiosi dell'Università di Cagliari: l'équipe archeobotanica del Centro
Conservazione Biodiversità (CCB), guidata dal professor Gianluigi Bacchetta. Nel
pozzo che faceva da 'frigorifero' a un nuraghe posto nelle vicinanze di Cabras,
tra una grande varietà di semi vi erano anche quelli di alcuni tipi di vite. La
prova del carbonio 14 effettuata dal Centro di ricerca ha confermato la
datazione, facendo risalire quelle colture all'età del bronzo. Una scoperta,
come detto prima, che impone di riscrivere la storia della viticultura
dell'intero Mediterraneo occidentale.
Entrambi
questi ritrovamenti dimostrano, in maniera inequivocabile, la vocazione degli
antichi sardi per la vite e per il suo frutto, l’uva, ottimo alimento da
consumare subito, oppure da trasformare con la vinificazione. Chi riteneva che
avessimo conosciuto le tecniche vinarie dai Fenici, si dovrà ricredere, così come
anche i francesi, finora certi di essere stati i primi produrre e a bere il vino.
Ora gli studiosi sardi hanno spazzato via le precedenti convinzioni. «Sì,
è vero, in Francia è custodito un altro torchio di grande importanza storica – spiega
Martino Orrù, ricercatore del Dipartimento “Scienze della vita e dell’ambiente”
dell’ateneo cagliaritano – Ma quel reperto risale al V secolo avanti
Cristo, mentre quello venuto alla luce nelle campagne di Monastir risale al IX
secolo: i nostri studi, dunque, si sono basati sul ritrovamento in assoluto più
antico nel bacino del Mediterraneo».
Cari amici, non
sappiamo ancora con certezza il tipo di vino che bevessero i nostri antenati
del cagliaritano (anche se il prof. Bacchetta sostiene che «…le sostanze analizzate ritrovate,
sono tracce di vitigni autoctoni e in particolare a bacca rossa», mentre
abbiamo sufficiente certezza, considerato che i semi ritrovati a Sa Osa sono di
Vernaccia e Malvasia, che questi ultimi siano di uve bianche.
Che dire, amici, la
Sardegna, scoperta dietro scoperta, chissà quanti altri misteri ci riserva
ancora! La nostra Isola è sempre di più terra bella e gagliarda, meta nei secoli per
la sua felice posizione, di mille popoli che non solo hanno ritenuto di
abitarla con piacere, ma anche di colonizzarla. Questo se da un lato può
considerarsi positivo, dall’altro ha fatto di noi sardi, dei soggetti (ancora)
succubi dei conquistatori del passato e...pure del presente, considerato che continuiamo
a dar loro credito, senza pretendere in cambio alcuna garanzia…
Detto avervi detto questo, nulla
voglio aggiungere: a buon intenditor, poche parole!
A domani.
Mario
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