Oristano 4 Novembre 2016
Cari amici,
Un tempo depositare i soldi in banca senza vincolarli ad una scadenza, liberi
in conto corrente, poteva anche avere una sua convenienza: si poteva
maturare una rendita, capace almeno di coprire l’inflazione e contribuire anche
a migliorare il bilancio familiare. Col passare del tempo, però, in seguito ai
mille cambiamenti avvenuti nell’economia globale, tutto è cambiato, ed oggi avere i soldi
depositati in forma libera, ad interessi praticamente inesistenti (in banca, o
presso Poste Italiane), non è certo conveniente. Cosa può fare, allora, un risparmiatore
per continuare a dare valore ai suoi sudati risparmi?
La riduzione del costo
del denaro portata caparbiamente avanti dalla BCE, ha ormai raggiunto il minimo
storico dello 0,05%, ed è probabile che non cresca di molto nei prossimi
periodi, cosa che ha portato il conto corrente ad essere non solo improduttivo
ma addirittura costoso, in considerazione sia del tasso praticamente
inesistente che dell’imposta di bollo (prelevata nel caso in cui la giacenza
media in un anno superi i 5.000 euro), introdotta nel 2011 e pari a 34,20 euro l’anno.
Il conto corrente,
dunque, privo di rendimenti, anche se risulta indispensabile per ricevere l’accredito
dello stipendio, pagare le bollette e le spese ordinarie della famiglia. Conto
di risparmio ma non certo d’investimento, allora, perché se il risparmio
accumulato ha raggiunto una certa cifra, è necessario che il risparmiatore cerchi
di salvaguardare il suo capitale, che altrimenti perderebbe di anno in anno
una parte del suo valore. Cosa fare allora? La risposta non è certo facile.
Una delle forme più vicine
al c/c (anch’essa comunque remunerata ben poco), è il conto di deposito; si tratta
di una forma di risparmio vincolata ad una scadenza prestabilita, leggermente
più conveniente del c/c libero, che consente alla banca di concedere prestiti
non a vista ma a scadenza, a tassi di interesse più remunerativi. Anche sui
conti deposito, però di applica l’imposta di bollo. Questa, a differenza del
conto corrente che vede l’applicazione di un’imposta fissa di 34,20 euro
l’anno, è calcolata in misura annuale del 2 per mille della somma investita, depauperando
il guadagno teorico previsto dal maggior interesse e portandolo vicino allo
zero. Dal punto di vista pratico, considerato un deposito di 10.000 euro, si
possono ottenere in un anno, anche con un tasso di interesse del 3% (oggi
praticamente impossibile a prescindere dal vincolo), poco più di 140 euro di
interessi.
Anche i famosi BOT,
BTP, etc., prima grande riserva del risparmio degli italiani, cominciano ad essere
poco redditizi o, quelli più convenienti, di durata vicina ai 20 anni. In pratica
i BTP a lunga scadenza permettono di avere un guadagno lordo che può arrivare
al 2,5% ogni 12 mesi, ma è necessario mantenere questa forma di investimento
per circa 20 anni; per i BOT con scadenza entro i 18 mesi, invece, il tasso di
interesse lordo è intorno allo 0,1- 0,2%, tasso da cui occorre scorporare tasse
e costi. Che fare allora? Difficile prendere una decisione ponderata, perché anche
la semplicistica decisione di tenerli fermi in conto corrente non è esente da
problemi.
Statistiche recenti affermano
che una persona su cinque in Italia detiene il 100% della propria ricchezza sul
conto corrente; questo fenomeno, che può sembrare a prima vista una scelta
sicura e prudente anche se poco redditizia, in realtà non lo è affatto. Dal
01/01/2016 è entrato in vigore il Bail-in,
la direttiva europea per la quale le banche in difficoltà non vengono più
salvate dai soldi pubblici ma dai propri azionisti, obbligazionisti e
correntisti con conti superiori ai 100.000€. Allora anche lasciare la propria
ricchezza depositata su un conto corrente con cifre considerevoli è davvero
rischioso. Che fare allora? Un vero e proprio rompicapo!
In tempi di crisi come
quelli che stiamo attraversando, che creano situazioni di preoccupazione e
insicurezza che impattano sulle famiglie, terrorizzate dal pericolo di
depauperare i loro risparmi, l’idea di rischiare in borsa il proprio capitale accumulato
diminuisce fortemente, cosa che non favorisce certo gli investimenti. Eppure mantenere “liquidi”
i capitali che potrebbero essere proficuamente investiti è da considerarsi un errore grave.
Detenere
liquida una quota di ricchezza molto superiore a quanto necessario per la gestione familiare ordinaria, sarebbe sbagliato; decisione che spesso è frutto di una non scelta, a causa del
pericolo di sbagliare e di perdere il capitale. Eppure a ben pensare esistono
sul mercato strumenti abbastanza accessibili e diversificati, anche a partire
da somme molto contenute, che possono fare al caso anche di molti piccoli
risparmiatori. Il costo pagato nel “non cercare” questi strumenti, può essere persino
più alto del rischio che si corre, compreso quello di incappare in una nuova patrimoniale, come quella famigerata impostaci dal governo Amato
nel 1992!
Quando nel luglio del
’92 il governo Amato impose in una notte un prelievo straordinario sui depositi
degli italiani, tutti urlarono al furto di Stato e quello spauracchio è ancora oggi latente. Nel 1992 il prelievo ammontò al 6 per mille. Oggi, a farsi i conti, già si paga sul conto corrente più che
con la patrimoniale del ’92 e soprattutto ogni anno! Ora, con un’imposta di bollo
fissa annua di 34,20 euro su un conto con giacenza media di 5.000 euro, l’imposta
rappresenta quasi il 7 per mille del capitale!
Allora, se vogliamo
almeno mantenere il valore ai nostri risparmi, l’unica regola valida è investire
diversificando, cioè uscire dal conto corrente (dove rimarrà quanto necessario
per le esigenze correnti) e investire
sul mercato, frazionando il nostro denaro in diversi canali, evitando l’acquisto
di un unico prodotto finanziario, e scegliendo prodotti diversi e con scadenze
diverse. Tra i prodotti utilizzabili vi sono le azioni e le obbligazioni, ma
anche investimenti sulle materie prime o su fondi di investimento. Nella scelta
dei prodotti occorre tenere presente non solo quanto essi possano fruttare, ma
anche il costo di gestione degli strumenti stessi: solo in questo modo si potrà
valutare se il prodotto scelto è davvero remunerativo.
Per il resto credo che
anche la fortuna giochi un suo ruolo importante: un vecchio detto dell’antica
Roma diceva che l’alea, il rischio, è necessario correrlo, perchè per avere quello che vogliamo dobbiamo essere
audaci! Il motto diceva proprio: “Audaces fortuna iuvat” (la fortuna
aiuta gli audaci).
A domani.
Mario
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