Oristano 3 Novembre 2016
Cari amici,
La mia riflessione di
oggi è focalizzata sul Cappero, un modesto
arbusto che vive abbarbicato sui muri e che praticamente sembra vivere quasi di
niente! Eppure questo piccolo-grande vegetale fu scoperto e utilizzato dall’uomo
fin dall’antichità. Del cappero si parla addirittura nella Bibbia,
nell’Ecclesiaste XII 5, (5:
quando si avrà paura delle alture e degli spauracchi della strada; quando
fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché
l'uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada;)
mentre il medico e farmacista greco Dioscoride, citandoli nel De Materia
Medica, li descrive come un alimento diuretico ed efficace contro il mal di
denti, mettendone in luce l’aspetto terapeutico, oltre che gastronomico; Galeno,
invece, attribuiva alla pianta capacità energetiche e diuretiche, antidoto
contro il mal di denti, e persino utile contro le durezze della milza e i
vermini dell’orecchio.
Anche Plinio il
Vecchio, nel suo Naturalis Historia, sostiene le virtù del cappero, vantando in
particolare quello coltivato in Egitto, mentre per i Romani il cappero era
l’ingrediente basilare del famoso Garum,
la salsa aromatica di pesce più importante dell’epoca. Insomma pianta dalle mille virtù,
se pensiamo che nell’antichità il cappero veniva consumato anche per le sue
proprietà afrodisiache! Ora i farmacologi moderni non si curano più di indagare
sulle sue virtù, anche se la letteratura
officinale se ne interessa ancora, presentando la pianta come tonica,
stimolante e aperitiva. Allora, amici, conosciamolo meglio questo cappero.
Il cappero, nome
scientifico Capparis spinosa L., appartiene alla famiglia delle Capparidaceae
ed una pianta tipica delle zone mediterranee; si ritrova in crescita spontanea, sempre addossato ai muri e
lungo le scarpate; è una pianta annuale arbustiva a portamento
strisciante. Ha un fusto molto ramificato che nella parte basale è lignificato.
Le foglie sono lanceolate, di consistenza carnosa, provviste di picciolo e
leggermente pelose. I fiori sono solitari, ascellari e portati da un lungo peduncolo
e risultano di incredibile bellezza. Il frutto è una capsula di forma ovoidale
chiamata comunemente cucuncio.
Il cappero ama il sole
e l'ambiente caldo e asciutto. I suoi semi, trasportati dalle formiche o
distribuiti dagli uccelli che ne sono ghiotti (passano indenni nel loro
stomaco), crescono facilmente nelle crepe dei vecchi muri o negli anfratti
impervi delle coste rocciose, regalandoci oltre ad una magnifica visuale i
preziosi boccioli che diventano un ingrediente chiave della cucina
mediterranea. Della pianta si consumano in particolare i boccioli, detti
capperi, e più raramente i frutti, i cucunci; entrambi vengono conservati
sott’olio, sotto aceto o sotto sale. In Italia le maggiori produzioni di
capperi sono in Puglia, Campania, Sardegna e Sicilia.
I capperi, cioè i
boccioli del fiore, dopo averli raccolti ancora chiusi vengono conservati sotto
sale o sotto aceto. Grazie al loro potere aromatico, che ben si sposa con
moltissime preparazioni e pietanze, sia a base di carne che di pesce, ma anche
antipasti e primi piatti e come condimento per la pizza o per dei crostini
saporiti, risultano un ingrediente insostituibile. Anche le foglie della pianta
del cappero possono essere mangiate, ma solo dopo averle lessate. Le virtù
del cappero, però, non si fermano al solo piacere di arricchire di sapore le nostre
pietanze, ma svolgono anche una importante azione curativa dei nostri mali.
I capperi, che
contengono solo 23 kcal/100 gr. di prodotto, costituiti prevalentemente da
acqua e fibre, sono ricchi di antiossidanti e sali minerali (calcio, rame,
magnesio), contengono buone quantità di vitamine A, C, E e K, sono ricchi di
quercetina (180 mg per 100 gr. di prodotto), presente in una quantità tale che
i capperi sono secondi soltanto alle foglie del tè. La quercetina ha proprietà
antibatteriche, anticancerogene e analgesiche, protegge dai meccanismi
flogistici che invadono le articolazioni negli stati infiammatori (es. artrite,
artrosi), stimola i condrociti, ossia le cellule che producono cartilagine e
liquido sinoviale. La rutina, invece, rafforza i capillari e inibisce la
formazione di piastrine che si aggregano ai vasi sanguigni. Entrambe queste
azioni rendono fluida la circolazione del sangue nei piccoli vasi sanguigni. La
rutina, inoltre, protegge contro le emorroidi, le vene varicose, le diverse
condizioni di sanguinamento come nei casi di emofilia.
Un potente
antiossidante contenuto nei capperi, il kaempferol, previene la trasformazione
delle cellule normali in tumorali. I capperi hanno anche proprietà
stimolanti, che esplicano i loro benefici soprattutto nei confronti
dell’appetito e nel processo digestivo, al punto che è stato preparato anche il
vino di cappero, ottenuto facendo macerare per lungo tempo 60 grammi di scorza
in almeno 2 litri di vino rosso, mentre dalle radici della pianta si ricava una
tintura oleosa utilizzata per curare le emorroidi e le infiammazioni della
bocca. In passato il decotto della radice della pianta veniva utilizzato per
lavare piaghe e ulcere, considerate le sue proprietà cicatrizzanti. I capperi, però, sono sconsigliati alle persone che soffrono di ipertensione, dato
l’altissimo contenuto in sale (che però si può togliere sciacquando i
capperi ed effettuando un bagno d’acqua fredda per circa dieci minuti).
In Sardegna il cappero
risulta diffuso in particolare nella zona del cagliaritano; a Cagliari, nell'alto rone di
Castello (v. Viale Regina Elena), gli scoscesi costoni rocciosi sono ricoperti
di queste piante, e molti li raccolgono per la provvista familiare. Il tempo
della raccolta dei capperi comincia a Maggio, prima della fioritura, ma poi si
protrae per tutta l’estate, perché i fiori sbocciano in continuazione. Selargius,
a pochi passi da Cagliari, è considerata la patria sarda del cappero: qui
questa pianta è coltivata in maniera intensiva, e “is tapparas”, come in sardo
vengono chiamati i capperi, sono preparati e commercializzati da tempo.
Aldo Domenico Atzei (SFM) in “Le piante
della tradizione popolare della Sardegna”, racconta: “A Selargius i flebotomi (figure
popolari della tradizione che praticavano i salassi, ndr.), che coltivavano
appositamente la pianta, col decotto di corteccia del ceppo curavano le varici
sanguinolente di cui soffrivano le donne selargine”.
Che dire, cari amici,
anche il cappero è un vero e proprio “dono di Dio”, che l’uomo ha ricevuto per poter curare al meglio i suoi mali. A volte, il problema, è che ci
dimentichiamo di questa immensa erboristeria
qual è la natura, in particolare quella incontaminata della nostra bella Sardegna!
Ciao, a domani.
Mario
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