Oristano 10 Novembre 2016
Cari amici,
Secondo studi recenti,
pubblicati nella prestigiosa rivista americana Genetics, il cane pastore fonnese non ha correlazione con
altre razze italiane. I ricercatori lo hanno appurato mettendo a confronto il
genoma di questo cane (il genoma è l'insieme di tutte le informazioni genetiche
depositate nella sequenza del DNA contenuto nel nucleo delle cellule sotto
forma di cromosomi), con una grande varietà di cani, trovando riscontri
genetici non con le altre razze italiane ma con quelle del saluki, un segugio del Medio Oriente, e col komondor, un mastino dell'Ungheria. L'analisi è stata effettuata su
ventotto razze di cani, riuscendo a tracciare la storia genetica di questo eccezionale
animale-guardiano del bestiame sardo,
in particolare di Fonni.
A ricostruirne la
storia è stato un gruppo di ricercatori guidato dalla genetista Elaine
Ostrander del National Human Genome Research Institute (NHGRI), coadiuvato da studiosi dell’Università di Sassari (Raffella
Cocco e Sara Sechi), di Milano e di Chieti Pescara; lo studio ha consentito di
sequenziare l'intero genoma dell’animale. L’isolamento geografico e genetico
dei sardi in effetti ha sempre attirato l’attenzione degli scienziati: la bassa
diversità genetica e le poche variabili rendono più facile studiare l’influenza
dei geni sulle malattie e sull’invecchiamento. Per questo motivo anche i cani fonnesi,
razza endemica della Sardegna, potrebbero in futuro aiutarci a isolare non solo
i geni che influenzano il comportamento ma anche quelli responsabili delle
malattie (cancro) nei cani.
Il fonnese, più noto come cane
di Fonni o cane da pastore sardo,
come “razza” non è stata ancora riconosciuta dall’ENCI (Ente Nazionale della
Cinofilia Italiana), anche se a livello genetico ne ha tutte le caratteristiche.
Selezionati in modo casalingo dagli
allevatori, non tanto per l’aspetto ma per la grande capacità di svolgere precisi
compiti di guardiania, i vari esemplari di questo cane risultano poco uniformi, sia come pelo
che come colore, distinguibili, però, dalle proporzioni del corpo, dagli occhi
molto particolari (rotondi e ambrati), e da uno sguardo particolarmente ombroso:
fedeli ai loro padroni e molto diffidenti nei confronti degli estranei.
Raffaella
Cocco del Dipartimento di Medicina Veterinaria
dell’Università di Sassari, co-autrice dello studio, ha detto: “Gli
allevatori sardi sono sempre stati molto gelosi dei loro fonnesi, al punto che
difficilmente lasciavano si accoppiassero in modo casuale. Non li hanno
selezionati come le razze moderne, eppure la combinazione di fattori naturali e
artificiali li ha resi una razza a tutti gli effetti”. Poi aggiunge: “Tutt’oggi
questo cane è percepito in modo particolare. Mi è capitato di parlare con gli
allevatori delle possibilità legate al riconoscimento ENCI, ad esempio per la
vendita dei cuccioli. Uno mi ha risposto ‘lei venderebbe un membro della sua
famiglia? Potrei vendere un cane da caccia, ma non un fonnese’”.
A questo proposito vorrei
mettervi a conoscenza un episodio che mi ha riguardato personalmente. Come
professione nella mia vita lavorativa sono stato un manager bancario. Negli
anni ’80 del secolo scorso dirigevo una filiale bancaria proprio a Fonni. Poiché
ho un cognato cacciatore (amante oltre misura dei cani), durante la mia
permanenza a Fonni mi chiese di interessarmi per procurargli un cucciolo di
questa razza, tanto ambita e ricercata. Nonostante i vari tentativi fatti (la
mia posizione sotto certi aspetti poteva considerarsi privilegiata), pur non
avendo mai ricevuto dinieghi formali all’acquisto di uno di questi cuccioli, le
“promesse” fattemi circa la possibilità di averne uno (“guardi, glielo procuro alla
prossima cucciolata”), restarono solo promesse. Credo che questo
confermi quanto detto da Raffaella Cocco.
Cari amici, credo che la
ricerca sulle origini di questo cane aiuti anche a ricostruire la storia del
popolo sardo. Stabilire le lontane origini del cane fonnese, conferma che i
sardi hanno sempre girato in lungo e in largo, non solo nel Mediterraneo ma raggiungendo
anche siti lontani, come l’Europa centrale e il Medio Oriente. Incrociando i dati genetici di
questo animale, è venuto fuori che la mappa delle origini è la stessa di quelle
delle migrazioni umane da e per la Sardegna. Questo sta a significare che i
nostri antenati si portavano appresso i loro cani: un parallelismo che potrebbe
aggiungere altri tasselli mancanti alla storia della presenza dell'uomo nella
nostra Isola.
La ricerca ha anche curiosamente
appurato che i cani più longevi vivono nelle stesse zone dove ci sono i
centenari sardi! A questo proposito la Cocco ha detto: “Molti dei cani più longevi
sembrano vivere nelle stesse zone degli ultracentenari sardi, ma uno in
particolare era arrivato ai 26 anni! Non potevamo crederci sulla parola ma
sfruttando una particolarità del cane, una cicatrice sul muso che si era fatto
da cucciolo entrando in un recinto di maiali, siamo riusciti a riconoscerlo nel
corso delle fotografie dei vari momenti della vita dei proprietari”.
Che dire, cari amici,
la storia dell’uomo sardo e del suo cane pastore, appare strettamente legata,
unita da un Fil Rouge che li
accomuna: silenziosi ma fedeli, anche individualisti, ma mai disposti a
vendersi...per poter mangiare senza fatica!
Ciao, a domani.
Mario
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