venerdì, ottobre 07, 2016

SARDEGNA: TRADIZIONI MATRIMONIALI, ANTICHI RITI SCARAMANTICI E PRATICHE DIVINATORIE. I RITUALI PER CONVOLARE A GIUSTE NOZZE.



Oristano 7 Ottobre 2016
Cari amici,
In passato l’innamoramento e l’amore, almeno come li viviamo oggi, possiamo affermare senza ombra di dubbio, che proprio non esistevano! Da epoca antichissima fino ai tempi della civiltà contadina, il matrimonio era qualcosa che aveva poco a che fare con la scintilla dell’amore che travolge, in quanto "convolare a giuste nozze" era un rito che escludeva dalla scelta del partner proprio i veri protagonisti: gli sposi. Il matrimonio era un vero e proprio “contrattato”, stipulato tra le famiglie spesso dopo lunghe e laboriose trattative. Certo, c’erano anche le eccezioni, quando per qualche colpo di fortuna la scelta dei genitori era non solo accettata dai futuri sposi ma anche gradita e condivisa. 
Ebbene, nella mia riflessione di oggi voglio ripercorrere, ancorché velocemente, quegli antichi sentieri che ieri portavano al matrimonio “combinato”, focalizzando la mia attenzione in particolare sugli usi e le consuetudini più note che erano presenti in Sardegna.
Gli abitanti della nostra Isola, come ho avuto modo di raccontare più volte anche su questo blog, hanno sempre vissuto la loro vita impregnandola di magia, applicata in tutte le manifestazioni più importanti dell'esistenza: da quella della nascita a quella del battesimo o della cresima, dal matrimonio alle manifestazioni luttuose, fino al rito della morte. Ogni momento importante era scandito da riti scaramantici e pratiche divinatorie, le cui radici si perdevano nella notte dei tempi e traevano linfa vitale dalla potenza delle forze astrali. Erano la presenza e il movimento degli astri e l'alternarsi delle stagioni ad esercitare forti influssi benefici o negativi sulla vita umana, in particolare quelli esercitati dal sole e della luna. Riti consolidatisi nel tempo e che con l’avvento del cristianesimo non scomparvero, ma vennero rielaborati e trasformati da manifestazioni pagane in pratiche religiose, sovrapponendosi per incorporazione alle abitudini preesistenti.
Principali protagonisti dei rituali, relativamente all’influenza astrale, i due solstizi: quello d’inverno e quello d’estate. Ai solstizi veniva attribuita un’importanza straordinaria; lo stesso termine “solstizio”, che deriva dal latino solstitiu o solstitium (a sua volta derivato da sistere nel senso di “fermarsi”), indicava e metteva a fuoco un fenomeno straordinario: quello del movimento del sole, che nel solstizio dava la sensazione di fermarsi e addirittura di tornare indietro.
Nelle notti oggi chiamate di San Giovanni (il Battista quella del 24 Giugno e l'Evangelista quella del 27 Dicembre), le celebrazioni solstiziali si svolgevano con grandi festeggiamenti. In epoca precristiana i culti erano dedicati a Giano, dio bifronte, signore del principio e della fine, delle porte e dei confini, mentre nell’era cristiana, il “culto solstiziale” fu mutato in "religioso", in ossequio a San Giovanni. La stessa somiglianza fonetica fra Janus (Giano) e Joannes (Giovanni) porterebbe a confermare, in modo evidente, la trasposizione, il passaggio del rito, da pagano a cristiano. Rito di trasformazione che, proprio per evitare la cancellazione del culto arcaico, lo “riscriveva” in chiave cristiana.
Due gli elementi chiave del culto: il fuoco e l’acqua. Secondo un’antica credenza, infatti il sole (fuoco) si sposava con la luna (acqua), e, da questi antichi rituali, derivano le manfiestazioni di oggi, come l'accensione dei falò e il rito della rugiada, molto più presenti in passato nella tradizione contadina e popolare; non a caso gli attributi di San Giovanni sono il fuoco e l’acqua con cui battezzava. Proprio all’interno di questi rituali venivano praticate tantissime forme di divinazione, utilizzando come base principale l’acqua, unita ad altri materiali. Le divinazioni più comuni vertevano proprio sui futuri matrimoni che ci sarebbero stati nella Comunità: per le giovani 'da maritare', insomma, era un gioco a indovinare qualcosa del proprio futuro amoroso e matrimoniale.
Le ragazze da marito, se volevano conoscere qualche dettaglio sulle loro future nozze, dovevano, la sera della vigilia del 24 Giugno, rompere un uovo di gallina bianca e versarne l’albume in un bicchiere o in un vaso pieno d’acqua. Successivamente dovevano mettere il tutto sulla finestra, lasciandolo esposto tutta la notte alla rugiada di San Giovanni. Il mattino successivo, appena levato il sole, si sarebbe preso il bicchiere e, attraverso le forme composte dall’albume nell’acqua, si sarebbero tratti auspici sul futuro matrimonio. Oltre all’uovo poteva venire impiegato il piombo fuso: versato nell’acqua si raffreddava velocemente e, dalla forma assunta, si traevano previsioni sul mestiere del futuro marito.
Giugno, oltre che il mese del solstizio è anche quello dell’abbondanza, per la raccolta dei frutti della terra: proprio per questo era il mese più popolare e utilizzato per i matrimoni. In Sardegna, le coppie spose nel periodo dei solstizi venivano chiamate “compari e comari di san Giovanni”; il rito prevedeva l’offerta di vasi di germogli di grano, come per sottolineare la connessione tra la sessualità umana e la fertilità della natura. Perché il rito fosse più efficace, bisognava aspettare le sere più magiche dell’anno (intorno alla Festa di San Giovanni, Capodanno, Epifania e Sant’Antonio), legate alla chiusura e all’apertura di cicli della natura. In quelle sere, le giovani lanciavano fronde di ulivo nei fuochi: se la combustione fosse stata veloce, il matrimonio entro l’anno era garantito.
Il lento trascorrere del tempo ha cambiato molte cose, ma alcune antiche tradizioni ancora oggi permangono. Anche ai nostri giorni (pur essendo ora gli sposi i protagonisti del matrimonio d'amore) i matrimoni in Sardegna sono contraddistinti da molti rituali e gesti simbolici tramandati da secoli,  tradizioni che vengono mantenute e rispettate. Ad esempio, un’usanza sarda è la rottura sull'uscio di casa de “Sa razzia”, un piatto colmo di riso, grano, sale, monete e petali di rosa, simboli di abbondanza, saggezza, ricchezza e amore, augurio di prosperità per la vita coniugale.
A Selargius in provincia di Cagliari ancora oggi si pratica il Matrimonio Selargino”, che si svolge in Settembre. Tutti gli abitanti partecipano all’evento, alcuni regalando dolci ai passanti, altri girando per il paese con il tipico costume sardo. La sera prima delle nozze si svolge il Palio della Sposa che consiste nel trasporto del mobilio della donna, tra cui il letto nuziale, nella futura casa della coppia. La prima fase dell’antica cerimonia prevede la vestizione degli sposi che ha luogo nelle grandi e antiche case contadine di Selargius, le cosiddette pollas campidanesi.
Quando gli sposi hanno indossato l’abito nuziale, si recano dai genitori per la benedizione. La cerimonia è legata anch'essa ad un antico rituale, che prevede la benedizione del capo con sale e grano e la rottura di un piatto in presenza dello sposo. Lo sposalizio vero e proprio ha luogo nella chiesa parrocchiale dell’Assunta, dove viene celebrato il matrimonio secondo il rito cattolico. Gli sposi vengono accompagnati alla cerimonia da parenti e amici e dai suonatori di launeddas che anticipano gli invitati. Nella Chiesa, tra organi e canti sardi, lo sposo e la sposa si incatenano, a simboleggiare il loro legame indissolubile.
Cari amici, la Sardegna è ancora ricchissima di antiche tradizioni matrimoniali: oltre quella ricordata anche a Santadi, un piccolo paese nel sud-ovest della Sardegna, ogni prima domenica d’Agosto si celebra il Matrimonio Mauritano, anch’esso una rievocazione degli antichi matrimoni sardi. Mauritano deriva "Maurreddus", ovvero "Mori": "Mauritani", dunque, come erano definiti gli abitanti di Santadi e, più genericamente, del basso Sulcis. 
Prima di chiudere la riflessione di oggi mi viene spontanea una domanda: Com’è che ieri, quando i matrimoni erano “combinati” e l’amore, quello che intendiamo noi oggi, poteva essere un sentimento che magari nasceva e si sviluppava “dopo”, le coppie duravano ben più a lungo e la famiglia era allietata da un buon numero di figli? La risposta non è certo semplice, e forse richiederebbe un approfondimento che, forse, mi riservo di fare con Voi in una delle mie prossime riflessioni.
A domani.
Mario

1 commento:

Anonimo ha detto...

Perché non esisteva il divorzio e le donne erano le schiave del marito, elementare Watson. La donna non lavorava.