Oristano 29 Ottobre 2016
Cari amici,
Carbonia già con il suo
nome identifica la sua vocazione di nascita: il Carbone. Città nata nel periodo
fascista per lo sfruttamento delle miniere carbonifere di Serbariu, ha meno di
un secolo di vita: sorse velocemente nel 1937, e per circa un secolo la sua
economia ha ruotato intorno alla monocultura dell’estrazione del carbone.
Situata nel territorio del Sulcis-Iglesiente, Carbonia venne inaugurata davanti
ad una folla oceanica da Benito Mussolini il 18 Dicembre del 1938. Fu la
necessità di reperire materie prime sul suolo patrio, necessarie per
raggiungere l'autosufficienza energetica in virtù della proclamata autarchia, a
spingere verso la sua creazione: il regime così, in soli 300 giorni, riuscì a
far sorgere dal nulla una città, che in poco tempo diventò il fiore
all’occhiello dell’Italia del regime, arrivando ad essere il sito minerario per
l’estrazione di carbone più grande d’Italia e fra i primi in Europa.
In soli due anni la
popolazione della neonata Carbonia arrivò a toccare i 29 mila abitanti,
diventando così la terza città della Sardegna dopo Cagliari e Sassari. Pur
essendo una città fra le più giovani d'Italia, il suo territorio nel 1949
arrivò a contare oltre 48.000 residenti e globalmente circa 60.000 dimoranti,
contando quelli che la raggiungevano per lavoro. Oggi Carbonia è una città
anonima, che conta circa 28 mila abitanti: ha perso di recente anche il blasone
di ‘capoluogo di provincia’ e, nonostante i fasti del passato, non riveste più
l'importanza precedente a causa del crollo dell'industria mineraria.
Dopo la guerra iniziò,
infatti, il lento ma inesorabile declino della sua economia, basata
esclusivamente sul carbone, oggi testimoniata dal suo museo e dalle vecchie
miniere dismesse, a ricordare i fasti del suo glorioso passato. La storia, come
ben sappiamo è fatta di “corsi e ricorsi”, per cui i cambiamenti epocali, come
quello della dismissione delle sue miniere, creano la necessità di
“riciclarsi”, di trovare alternative per la sopravvivenza, soprattutto quando
l’economia precedente era una monocultura, senza possibili alternative valide
per il futuro.
Ecco allora, tra le
tante idee messe in campo per ricreare benessere e posti di lavoro, pensare ad un innovativo riutilizzo delle grande quantità di aree, in precedenza dedicate all’economia
estrattiva, oggi disponibili ma inadatte ad una trasformazione agricola
standard, in quanto aree contaminate o comunque considerate marginali. Su
questo filone è nato un progetto importante, capace di dare vita nuova anche alla
latente economia di Carbonia: quello messo in piedi dall’Unione Europea, che intende operare, nella logica della sostenibilità ambientale, sperimentando delle colture agro-energetiche
da effettuare nei siti marginali o contaminati.
Il progetto in parola
si chiama FORBIO (dal suo acronimo
inglese Fostering Sustainable Feedstock Production for Advanced Biofuels on
under-utilized land in Europe), e intende favorire la produzione sostenibile di
materie prime da utilizzare per ricavare biocarburanti (ad esempio etanolo)
dalle coltivazioni fatte su terreni sotto-utilizzati o contaminati nelle aree
comunitarie europee. Il progetto FORBIO verrà portato avanti inizialmente in
Germania, Italia ed Ucraina, e si avvale dell’apporto di esperte Organizzazioni
internazionali, fornitori di tecnologia, PMI, organizzazioni ed istituti di
ricerca e ONG. Anche la FAO fa parte del progetto e porterà avanti alcune
attività, in particolare la valutazione della sostenibilità dei percorsi
bioenergetici selezionati e l'individuazione e la rimozione degli ostacoli alla
diffusione sul mercato delle bioenergie nei siti scelti come casi di studio.
In Italia il progetto è
seguito e organizzato dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e dell’Analisi
dell’Economia Agraria. In Sardegna Carbonia è rientrata in questo
progetto, e il 13 e 14 Ottobre 2016 ha ospitato il workshop del progetto (http://www.forbio-project.eu/).
Ampiamente partecipato ha avuto un intenso carnet lavori, fatto di tavole
rotonde, a cui hanno preso parte studiosi e responsabili locali (pubblici e
privati), presentazioni tecniche di progetti di ricerca sulle biomasse
energetiche in ambiente mediterraneo (esperienze locali e nazionali), e si è
concluso con una serie di visite ai campi sperimentali già messi in atto.
Cari amici, ho visto
con favore questo progetto per le ragioni che ora cercherò di esporre anche a
Voi. Di recente, quando sono venuto a conoscenza che in Sardegna qualche
multinazionale cercava di convincere diversi proprietari di terreni momentaneamente
incolti (esclusivamente per ragioni di mercato, anche se potenzialmente ottimi
dal punto di vista produttivo), a darli in concessione per l’utilizzo e la
semina di materie prime (cardo selvatico in particolare) per creare biomassa per la fabbricazione
di carburanti vegetali, sono saltato sulla sedia! Possibile, ho pensato, che noi
sardi ci siamo ridotti a questo punto, svendendo e trasformando la Sardegna biologicamente produttiva in
una specie di “deserto petrolifero”, anziché pensare di mettere a dimora bio-colture
di altissimo pregio?
L’operazione FORBIO,
invece, credo che sia non solo accettabile ma da condividere e sostenere.
Recuperare i terreni ormai compromessi da decenni di industria mineraria e con
una grande quantità di metalli pesanti presenti che li hanno resi inadatti
all’agricoltura classica, credo debba essere una via certamente da seguire. Nel
mio concetto, poi, credo anche che dopo anni di coltivazioni destinate a
produrre bio fuel, chi ci dice che lentamente queste terre non potranno tornare
alla normale attività agricola?
Io, nei corsi e ricorsi
della storia continuo a crederci.
A domani.
Mario
CARBONIA OGGI
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