Oristano
1 Ottobre 2016
Cari amici,
Mi piace iniziare i post di Ottobre parlando della nostra antica storia: quella del fiero popolo sardo. Conoscere le nostre origini, che si perdono nella notte dei tempi, non è certo facile, anche se le recenti scoperte fatte nel Sinis di Cabras, in primis quella dei
giganti di Mont’e Prama, continuano a riservarci non poche sorprese. Il sensazionale rinvenimento dei giganti, avvenuto casualmente nel 1974, dopo essere rimasto ‘ignorato’ per anni,
vive ora una fase di grande fermento; dopo la faticosa ricostruzione dei primi “giganti”
ritrovati, altri se ne sono aggiunti e molto altro resta ancora da scoprire. Le
ipotesi più accreditate vanno dalla possibilità di ritrovare altre statue a
quella di riportare alla luce, forse, la città dove le gigantesche statue erano
state costruite e collocate. Insomma, i giganti potrebbero essere solo “la punta
dell’iceberg” di un grande insediamento, forse un’intera città, o perlomeno un
grande santuario votivo, che li celebrava e li venerava come eroi.
Gli scavi di Mont’e
Prama potrebbero essere davvero la scoperta più importante dell'ultimo secolo, e potrebbero
restituirci non solo nuove e importanti informazioni sul mondo nuragico
(dandoci maggiori dettagli sull’evoluzione e la successiva colonizzazione-distruzione
di questa cultura), ma anche sull’importante ruolo che gli abitatori della
Sardegna dell’epoca svolsero nel Mediterraneo, aiutandoci in questo modo a
riposizionare la nostra evoluta civiltà sarda “al posto giusto”, riconoscendole
quel grande valore oggi in gran parte negato.
Grazie all’équipe dell’università
di Cagliari, guidata dal professor Gaetano Ranieri, è stato possibile
scansionare a fondo, con uno speciale Georadar, i terreni dove furono trovati i
Giganti di Monti Prama; lo strumento utilizzato è un’apparecchiatura
scientifica unica al mondo, costituita da sedici georadar posizionati a
distanza di dodici centimetri l’uno dall’altro, e montati su un’auto che
procede alla velocità costante di 20km/h. Le risultanze delle analisi
effettuate sono state in grado di dimostrare la presenza di ben 56 mila anomalie, ovvero di elementi non
compatibili con un terreno allo stato naturale (probabilmente grandi blocchi di
pietra), posizionate ad una profondità tra i 50 e i 180 centimetri.
L’archeologo Prof. Raimondo
Zucca, come ha riportato il quotidiano La Nuova Sardegna, ha dichiarato: “I
giganti dimostrano che la Sardegna, nel Mediterraneo occidentale tra il nono e
l’ottavo secolo avanti Cristo, era una terra di uno straordinario livello
culturale. E questo significa che i sardi avevano notevoli risorse e
proponevano politiche di scambio a livello internazionale. Una sfilata di
statue come quella di Mont ’e Prama è emblematica della presenza di un potere
governativo molto solido e ricco”.
Da queste considerazioni
è facile desumere che quella civiltà era così progredita da presupporre la necessaria
presenza di grandi nuclei urbani, ovvero delle vere e proprie città. Anche la
campagna di rilevamenti condotta dalla Soprintendenza archeologica cagliaritana
e dalle Università degli Studi di Cagliari e di Sassari ha portato
all’individuazione di quelle che sembrano essere strutture murarie di sensibili
dimensioni: saranno queste le tracce della città
dei Giganti di Monte Prama?
Il Prof. Gaetano
Ranieri, professore ordinario di geofisica all’università di Cagliari, al
convegno “Una giornata per il dialogo
tra archeologia e scienza”, ha raccontato il risultato delle indagini da
Lui condotte a Mont’e Prama: strade, tombe, depositi di statue, edifici con
grandi scalinate sarebbero sepolti sotto i campi in cui sono stati ritrovati i
“giganti”. Le numerose anomalie (come detto sono più di 56mila) riscontrate dai rilievi
con il Georadar, dice il Prof. Ranieri, “sono delle strutture complesse di 14 metri
per 26, che potrebbero essere strade dato che sarebbero lastricate, e che sono
state rilevate in tre casi. Poi, tombe di due metri di altezza e costruzioni
che sembrano edifici dotati di scale. Abbiamo individuato diversi fossati,
dentro e fuori dall’area di scavo, che custodirebbero frammenti di statue”.
Certo, il condizionale
è d’obbligo, perché finché non verranno effettuati gli scavi non ci saranno certezze,
ma la convinzione corrente è che a Mont’e Prama ci sarebbe sepolta una vera
grande città. Questo, se dimostrato, evidenzierebbe senza dubbio alcuno che in
Sardegna la civiltà nuragica era così evoluta da sviluppare sia la grande
statuaria che la scrittura, in quanto per il funzionamento di un’organizzazione
sociale complessa non è sufficiente la semplice struttura del “villaggio”, ma
quella più evoluta e razionale di una vera città, dove tutti svolgono una parte
delle incombenze e non il tutto, come nella vita semplice del villaggio.
È l’evoluzione da
villaggio a città quella che dà la dimensione della capacità dell’apparato
sociale di creare strutture collettive di maggiore complessità, applicando specifiche
tecnologie che comprendono la possibilità di coinvolgere una grande
massa di individui in imprese collettive, non realizzabili con il semplice livello
di organizzazione in atto nelle tribù e nei villaggi.
Se l’esistenza della
città fosse accertata, questo fatto avvallerebbe l’ipotesi prima messa sul
tappeto: quella di un’organizzazione sociale evoluta e più complessa,
strutturata gerarchicamente, con un numero limitato di specialisti al vertice
della piramide sociale. Questa élite di specialisti, dispensata dalla necessità
di pensare al proprio sostentamento, poteva così dedicarsi all’organizzazione
della Società, esattamente come succede oggi. In questo modo si potrebbero giustificare
meglio anche gli enormi sforzi fatti per la costruzione dei numerosissimi
nuraghi, in particolare quelli più grandi e complessi.
Cari amici, credo che
il “grande libro della storia”, aperto con la scoperta dei giganti di Mont’e
Prama, sia stato sfogliato solo nelle prime pagine! La storia della Sardegna, scritta
sulla pietra dal suo illuminato popolo fin da epoca preistorica, sicuramente è ancora tutta
da scoprire. Mi auguro che in tempi non troppo lunghi (purtroppo per farlo ci vorranno non
pochi soldi) il nostro passato luminoso possa divenire più chiaro, in modo da
dimostrare al mondo che il popolo sardo non è mai stato secondo a nessuno, e
che la sua civiltà in passato è stata un punto fermo, un vero e proprio “faro”
nel Mediterraneo.
A domani.
Mario
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