Oristano 21 Ottobre 2016
Cari amici,
“I padri che 'rubano' il lavoro ai figli”: questa la battuta più frequente che si
sente in giro: una triste realtà che ormai non può più essere ignorata. La colpa
maggiore viene attribuita alle riforma pensionistica, che, allungando l’età
della pensione e facendo restare al lavoro fino a tarda età, di conseguenza
incrementa quell’esercito di giovani ‘senza lavoro’ che diventa di giorno in
giorno sempre più numeroso. In tanti continuano a restare in famiglia, in
attesa di qualcosa che forse mai arriverà, oppure prendono la valigia, come ai
vecchi tempi, ed emigrano. Le ragioni del fenomeno in realtà sono parecchio complesse,
anche se la riforma pensionistica è solo la risultante di cause, nate in
precedenza, e difficili da eliminare.
Uno dei motivi più
evidenti per esempio, che ha messo in crisi il nostro sistema previdenziale, è il
drastico calo delle nascite, che ha falcidiato in modo brutale il consolidato e
oliato turnover lavoratori/pensionati, che in precedenza consentiva un
facile pagamento delle pensioni con l’introito derivante dai contributi dei nuovi
lavoratori. Per chiarire, è meglio precisare che l’INPS, il nostro Ente
previdenziale, non ha (come in teoria avrebbe dovuto) “accantonato” (salvaguardandolo) il montante
dei versamenti incassati ieri dagli attuali pensionati, avendoli utilizzati per far fronte ad erogazioni che nulla hanno a che fare con il fine previdenziale. Per cui, in barba alle
regole assicurative che invece avrebbe dovuto avere, paga oggi le
pensioni con gli introiti “nuovi”, quelli rinvenienti dai contributi dei lavoratori in
servizio: se questi mancano, non ci sono denari sufficienti per pagare le
pensioni.
Altra causa di non poco
conto è la profonda crisi che le aziende italiane, a partire dalle più grandi,
attraversano per la ormai difficile concorrenza creata dai Paesi emergenti, che,
mettendo in commercio prodotti a costo molto più basso del nostro, hanno fatto
cadere in disgrazia tutta una serie di aziende, costrette a licenziare decine
di migliaia di lavoratori o addirittura a chiudere. Sono questi i riflessi
della “Globalizzazione”, che, vista inizialmente come un toccasana che avrebbe
creato più giustizia nel mondo, si è rivelata invece un boomerang, le cui
conseguente non sono ancora del tutto note.
Ormai nessuna nazione è in grado di trovare da sola le “ricette” per risolvere le proprie situazioni critiche, in quanto tutto il mondo, non solo quello del lavoro e della finanza, è collegato e interdipendente in tempo reale!
Ormai nessuna nazione è in grado di trovare da sola le “ricette” per risolvere le proprie situazioni critiche, in quanto tutto il mondo, non solo quello del lavoro e della finanza, è collegato e interdipendente in tempo reale!
Crisi, dunque, di
difficile soluzione, che ha portato non solo a “tenere in parcheggio” un
imponente numero di giovani preparati (diplomati, laureati e con diversi
master), ma ha messo in ginocchio anche i lavoratori di mezza età, i così detti
Cinquantenni, che a seguito delle sempre più numerose chiusure di aziende, si ritrovano senza
lavoro e con famiglia e figli da mantenere. A conferma della difficile
situazione in cui il nostro Paese si trova, gli ultimi dati Eurostat, evidenziano che in Italia “6 giovani adulti su 10”, cioè fino ai 34
anni, continuano a vivere a casa dei genitori. Anche un recente rapporto
presentato al MIUR (il Ministero
dell’Istruzione e Università) ha messo in luce che meno della metà dei giovani
in Italia decide di proseguire con la laurea dopo il diploma, ritenendo inutile
farlo.
Insomma, il quadro che
emerge non è quello di un semplice e fisiologico calo della disoccupazione, scodellato ammorbidito e corretto dal Governo attraverso i Media, ma quello di un Paese in cui dopo
un anno di Jobs Act (e dei miliardi erogati negli sgravi fiscali alle aziende), per i giovani non c’è ancora futuro! La verità è che per loro il lavoro
ancora non c’è, perchè il lavoro lo creano le aziende e queste per ora stentano a restare sul mercato in modo competitivo! A star peggio di loro sono gli over 50 (persone che in pratica sono, almeno in parte, i genitori dei ragazzi senza lavoro), che lottano
per “ritrovare” il lavoro perduto e praticamente sono costretti anch’essi a
“rubare” il lavoro ai loro figli, complice quella cattiva riforma delle pensioni che ha allungato la prospettiva di
lavoro per questa fascia di età.
Insomma, nonostante gli
strombazzati proclami del Governo, questo 2016 sta navigando come il 2015, se non peggio: i
giovani, sempre più disillusi, continuano a vivere a casa dei genitori, privi
della dignità di un lavoro o al massimo facendo lavori precari e sottopagati. In questo caos, dove è difficile trovare il bandolo della matassa, ecco cosa rimane: i padri sono costretti a rubare il lavoro
ai figli. Giustificazioni e attenuanti possono essere considerate valide solo per loro, non certo per i nostri
governanti! Non si può ignorare il dramma di chi dopo i 50 anni si ritrova senza
lavoro, con l’azienda che chiude, o la necessità di passare da un contratto a
tempo a un altro, di sei mesi in sei mesi. Farlo significherebbe mettere i paraocchi, ignorare le
cause che hanno causato questo disastro.
Ignorare la realtà,
questo è ormai il luogo comune, come quando il governo ci viene a dire pomposamente che: “È diminuita la disoccupazione”, facendo
finta di ignorare che la percentuale dei giovani che sono privi del lavoro ha
raggiunto la stratosferica cifra del 41,6%, ovvero che la metà di essi è priva
di dignità (perché il lavoro per l’uomo è dignità), mentre la Nazione perde il
loro possibile grande apporto, fatto di professionalità e innovazione, lasciando che finisca magari all’estero. Tristi e insoddisfatti, i nostri giovani continuano così a vivere 'senza futuro', sopravvivendo con le
pensioni dei loro padri e dei loro nonni! L’unico augurio che mi sento di fare
loro e che “il Buon Dio, sia
misericordioso e che padri e nonni, li conservi ancora a lungo”!
Ogni ulteriore commento
mi sembra superfluo. A domani.
Mario
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