Oristano
23 Ottobre 2016
Cari amici,
In Italia l'economia sommersa,
quella che sfugge al fisco in quanto non dichiarata o derivante da attività
illegali, nel 2014 valeva circa 211 miliardi di euro, pari al 13% del PIL. Il
dato viene da fonte certa, l’ISTAT, che per il 2014 ha rilevato che “questo
buco nero”, il valore aggiunto mancante
al PIL, è stato così calcolato: 194,4 miliardi di euro (12% del Pil) quello
non dichiarato, mentre quello connesso alle attività illegali (incluso
l'indotto) è pari a circa 17 miliardi di euro (1% del Pil). Il dato, rispetto
alle rilevazioni precedenti, risulta in aumento, in quanto tra il 2011 e il
2014 il peso che il sommerso ha avuto sul Pil, è passato dal 12,4% al 13,0%.
Il valore aggiunto
generato dall'economia sommersa nel 2014 è derivato per il 46,9% (47,9% nel
2013) dalla componente relativa alla sotto-dichiarazione da parte degli
operatori economici, mentre la parte restante è attribuibile per il 36,5%
all'impiego di lavoro irregolare (34,7% nel 2013), per l'8,6% alle altre componenti
(affitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l'8% alle
attività illegali.
L’ISTAT, in dettaglio,
ha rilevato che “il nero”, ovvero le varie attività non dichiarate o
sotto-dichiarate, sono presenti in tutti i settori dell’economia: dalle
Attività dei servizi (33,6% nel 2014), dalle Attività Commerciali, trasporti, alloggio e ristorazione (25,9%) e dal settore delle Costruzioni
(23,5%). La componente di valore aggiunto generata dall'impiego di lavoro
irregolare è particolarmente rilevante nel settore degli Altri servizi alle persone (23,3% nel 2014), dove è principalmente
connessa al lavoro domestico e nell'Agricoltura, silvicoltura e pesca (16,3%).
Nel 2014 le unità di lavoro irregolari sono state 3 milioni 667mila, in
prevalenza dipendenti (2 milioni 595 mila), in significativo aumento sull'anno
precedente.
Anche il Rapporto 2016 dell’EURISPES ha rilevato che, rispetto al
PIL ufficiale di circa 1.500 miliardi di euro, il
PIL-SOMMERSO si aggira intorno ai 500 miliardi, che, considerando una tassazione di
circa il 50%, comporta effettivamente un’evasione di circa 250 miliardi di
euro, importo sicuramente di non poco conto! La domanda che ci poniamo è dunque questa:
“Allora siamo tutti evasori?” Secondo l’Eurispes probabilmente sì, chi più chi meno, stante
la constatazione dell'esistenza di un vero e proprio fenomeno di massa, in cui trova particolare terreno fertile
il lavoro nero.
Uno
studio della Stratfor Global
Intelligence di Austin, Texas, una delle maggiori società americane di
analisi geopolitiche, analizzando la situazione italiana, attraverso un sottile ragionamento afferma che «Il paradosso dell'economia sommersa italiana» è che, grazie all'evasione fiscale, l'Italia è riuscita fino a oggi a
scongiurare il default economico e a restare a galla con onore. In altre parole
(che in questo caso si traducono in fatti) l'Italia, attraverso l'artifizio (per furbizia o merito) della sua biasimata «economia sommersa» e all'utilizzo del lavoro nero, risulta «molto più in salute di quanto appaia».
La Stratfor, presieduta
dal politologo George Friedman, nel rapporto sostiene che «le più accreditate e
indipendenti analisi ritengono che l'Italia abbia una delle maggiori economie
sommerse dell'Europa occidentale, pari al doppio di quelle di Germania e
Francia». Naturalmente in casa nostra il cuore del problema è
rappresentato da un'evasione sempre più spinta, che si palesa in forme differenti,
«dall'elusione alla sovrastima dei costi di produzione».
Cari amici, quelli
esposti sono dati che dovrebbero far riflettere non poco chi ci governa. Se non si cercano (e ovviamente si trovano) credibili soluzioni ad un’evasione
che appare sempre più incontrollabile, credo che il futuro socio-economico si presenterà sempre
più fosco, costringendo i nostri giovani a continuare ad ingrossare l'esercito dei
disoccupati, oppure a prendere la valigia ed emigrare, portando all’estero il
nostro sapere e di conseguenza impoverendo il futuro della nostra Nazione. Il peso delle tasse, come ben sappiamo, è in
Italia tremendamente alto e senza diminuirlo non ci potrà essere crescita.
Anche l’attuale
Legge finanziaria in corso di presentazione, ad un primo esame sembra voler
salvaguardare solo determinate categorie (come i pensionati) ma tra le pieghe dei numeri non si intravvedono provvedimenti che possano favorire il lavoro dei giovani. Il malessere a lungo covato,
da parte di quella immensa schiera delle nuove
generazioni prive di occupazione, può rivelarsi un potente boomerang che potrebbe
creare seri problemi al governo, compreso quello di farlo cadere.
Consiglierei al Governo
di meditare di più sui giovani: se il loro futuro è a rischio, lo è anche quello
di questo Governo! Una delle prime difficili “forche caudine” da attraversare è proprio il
prossimo Referendum del 4 Novembre.
A domani.
Mario
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