Oristano
9 Ottobre 2016
Cari amici,
Della mitica Atlantide
posta oltre le colonne d’Ercole se ne parla dai tempi più remoti. Platone
descrive il regno di Atlante nel Timeo e nel Crizia, parlandone come di
«un’isola grande più della Libya e dell’Asia», potente, civile e sacra a Poseidone
dio del mare, i cui abitanti erano «costruttori di torri». L’isola veniva
descritta come una terra ricca di acqua e foreste, con un clima dolce che
permetteva più raccolti all’anno e, soprattutto, tanto ricca di minerali
(argyròphleps nesos, «l’isola dalle vene d’argento»). Incredibili forze naturali, però, si scatenarono su Atlantide, che subì un processo distruttivo che la fece in parte inabissare, forse vittima dell’ira degli
dei, come scrisse Platone, collocando quel terribile disastro «9.000 anni
prima».
Ebbene, se quel che resta della
mitica Atlantide fosse davvero la Sardegna, quanto scritto da Platone potrebbe
coincidere con la fine catastrofica della civiltà nuragica, causata presumibilmente da un’onda
anomala derivata magari dal terrificante schianto di una cometa. Collocare,
però, l’inabissamento di Atlantide «9.000 anni prima» dell’epoca di Platone, fa
pensare ad un grave errore di calcolo. I Novemila anni indicati, in quel caso farebbero
datare la catastrofe a circa 11.550 anni fa: troppi, in quanto si presume che in quei
tempi non esisteva nessuna civiltà nel Mediterraneo. Forse, com’è accaduto
spesso in passato, non di anni (come sostenuto da Platone) ma di mesi poteva trattarsi, e
in tal caso si arriverebbe al 1.200 a.C., momento cruciale in cui la Sardegna
passava dall’età del bronzo a quella del ferro, proprio l'epoca in cui viene segnalata quella
poderosa tempesta sismica detta prima. In questo caso le due cose potrebbero davvero coincidere.
Questa interessante
riflessione sulla civiltà mediterranea, è stata fatta dal giornalista di
“Repubblica” Sergio Frau, autore del recente libro “Le Colonne d’Ercole - Un’inchiesta”, secondo il quale il sud
dell’isola sarebbe una sorta di “Pompei marina” travolta, come sostengono anche altri
studiosi, da un’enorme onda causata dallo schianto di una cometa. Sergio Frau,
54 anni, romano figlio di padre sardo e madre bergamasca, brillante giornalista
e storico, lavora nella redazione Cultura di Repubblica.
L´intuizione di Frau è
confortata dalle analisi geologiche sullo stato del Mediterraneo millenni fa, studi
compiuti da Vittorio Castellani, professore ordinario di Fisica all´Università
di Pisa. Nel libro "Quando il mare
sommerse l´Europa" l´astrofisico spiega che nella protostoria (circa
cinquemila anni fa) il livello del mare Mediterraneo era assai più basso di
adesso, e illustra il tutto con dovizia di cartine. È proprio sfogliando il
libro di Castellani che Frau si è trovato di fronte due mappe che evidenziavano due stretti passaggi: quella sullo
stretto di Gibilterra in una pagina e quello del canale di Sicilia nella pagina
a fianco, dove era evidenziato anche il livello dei fondali che allora erano più
bassi di 200 metri. Praticamente nel Mediterraneo esistevano due stretti, non
uno solo.
Da buon sardo ostinato
Frau comincia allora la sua ricerca, per cercare di capire chi per primo avesse
accreditato la tradizionale collocazione a Gibilterra delle famose colonne
d’Ercole. Consulta i testi di viaggiatori e geografi antichi, li confronta con
le interpretazioni teoriche date nei secoli dagli studiosi e scopre tutta una
serie di incongruenze che vengono analizzate attraverso un lungo sforzo
interpretativo, fino a separare nettamente ciò che gli antichi dicevano e ciò
che gli studiosi oggi pensano. Il primo geografo a piazzare chiaramente le
colonne d´Ercole a Gibilterra fu Eratostene di Cirene (III secolo a.C.), che potrebbe
aver postato lì ‘le colonne’ per esigenze di "simmetria
propagandistica". Eratostene era al servizio di Alessandro Magno, "uno
abbastanza fissato con la geografia - sentenzia Frau -
tanto che in giro per le sue conquiste portava sempre con sé alcuni soldati
addetti a misurare la distanza percorsa contando il numero dei passi
fatti".
Gli enormi spazi
percorsi a Oriente dalle truppe di Alessandro smentivano la tradizione secondo
cui la Grecia fosse il centro del mondo conosciuto: a meno che le colonne
d´Ercole non venissero collocate a Gibilterra. Ed ecco nata la tradizione che,
secondo Frau, non ha niente a che fare con quello che gli antichi greci
pensavano dei veri confini del loro mondo. Nessuna distanza, nessun itinerario
descritto dai viaggiatori della Grecia classica coincide con la mappa del mondo di allora,
considerando l´intero Mediterraneo come "terra
cognita" dagli antichi Greci.
Forse, prima del III
secolo a.C. le Colonne d’Ercole non erano poste a Gibilterra, ma nel Canale di
Sicilia: lì c’è un mare davvero pericoloso da attraversare, ricco di secche e
fondali fangosi (così li descrive Platone), mentre a Gibilterra ci sono 700 metri
di acque limpide e nessun pericolo. Ma chi ha spostato allora le Colonne d’Ercole? La
responsabilità è attribuita proprio ad Eratostene, che per i motivi prima indicati portò le
Colonne a Gibilterra, nell'intento di rimettere Delfi al centro del mondo
allora conosciuto, dopo che era passato il ciclone di Alessandro Magno che aveva
allargato i confini del mondo verso Oriente. Ecco, dunque, il migrare politico
delle Colonne d’Ercole verso Occidente.
Secondo la teoria di
Sergio Frau, la Sardegna può davvero identificarsi con la mitica Atlantide
(Frau preferisce la dizione «isola di Atlante»), in quanto le caratteristiche
possibili di paragone sono riscontrabili in Sardegna e non altrove. In effetti
la Sardegna possedeva un clima eccezionalmente dolce, lì c’erano foreste
immense e acqua in abbondanza, lì c’erano piombo, zinco, argento e la società
era metallurgica fin dagli albori; in Sardegna vivevano i Thyrsenoi (i
Tirreni), ovvero i «costruttori di torri», cioè dei nuraghi. Gli ultimi dati sulla
civiltà nuragica (estrapolati dalle fotografie aeree) evidenziano il fatto che
quasi tutti i nuraghi che si trovavano a quote basse furono sommersi dal
fango e spesso resi irriconoscibili a prima vista, compresa la grande reggia
nuragica di Barumini, disseppellita da 12 metri di fango e portata alla luce
dopo 14 anni di scavi, mentre i nuraghi posti a quote più alte, sulle giare,
sono rimasti intatti e fuori dal fango.
Anche questo fatto
aggiunge acqua al mulino di Sergio Frau: un'ulteriore conferma del passaggio di quello tsunami che pose fine alla civiltà dell’Isola di
Atlante-Sardegna. Fu certamente quella catastrofe di proporzioni enormi a rivoluzionare la vita degli abitanti
dell’isola: i «costruttori di torri» persero molte delle loro costruzioni (i
nuraghi censiti sono 8.000, ma c’è ragione di pensare che siano stati molti di
più), gli approdi sicuri e i porti annegarono sotto il fango, la rete di
commerci millenaria saltò per aria. Successivamente arrivarono i Fenici e gli abitanti
dell'isola di Atlante finirono per vagare nel Mediterraneo: in parte asserviti ai faraoni o utilizzati come fabbri (arte in cui erano specialisti) in altri luoghi. La teoria del gigantesco tsunami oggi è ritenuta possibile anche da
altri studiosi, che accreditano la tesi della
caduta di un enorme meteorite.
Cari amici, che quanto si sostiene sull'esistenza di Atlantide possa essere (come alcuni pensano) solo frutto della
fantasia degli antichi, insomma solo “una metafora platonica”, nessuno può dirlo! Certo, può anche darsi; però, come
scriveva il filosofo neo-platonico Sallustio, «queste storie non avvennero mai, ma sono sempre». Il tempo, come sempre, sarà maestro. La mia convinzione è che, se
ulteriori studi provassero che l’ipotesi è vera, sarebbe necessario riscrivere la
storia della nostra cultura classica, tutta ruotante intorno al mondo greco. Magari c’è ancora bisogno della “prova regina”, ma la Sardegna merita
abbondantemente tutti questi studi e approfondimenti!
Anche la recente scoperta nel Sinis di Cabras delle ormai famose statue dei "Giganti di Mont'e Prama" potrebbe inserirsi in questo percorso di ricerca della nostra identità e della nostra antica cultura, certamente non inferiore a quella greca. Saper per certo che la Sardegna è l'Isola di Atlante, servirebbe a mettere meglio a fuoco la nostra storia, mostrare al mondo le nostre evolute radici. E' come se un pezzo nascosto di noi tornasse finalmente alla luce, mettendo in evidenza quello che finora ci è stato negato: la nostra antica e grande civiltà di sardi indomiti, protagonisti a pieno titolo nel Mediterraneo.
Anche la recente scoperta nel Sinis di Cabras delle ormai famose statue dei "Giganti di Mont'e Prama" potrebbe inserirsi in questo percorso di ricerca della nostra identità e della nostra antica cultura, certamente non inferiore a quella greca. Saper per certo che la Sardegna è l'Isola di Atlante, servirebbe a mettere meglio a fuoco la nostra storia, mostrare al mondo le nostre evolute radici. E' come se un pezzo nascosto di noi tornasse finalmente alla luce, mettendo in evidenza quello che finora ci è stato negato: la nostra antica e grande civiltà di sardi indomiti, protagonisti a pieno titolo nel Mediterraneo.
A domani.
Mario
1 commento:
Il recente libro??? E' del 2002, se non erro!!!
Posta un commento