Oristano
13 Agosto 2016
Cari amici,
Qualche giorno fa, durante
le mie quotidiane scorribande su Internet, mi sono imbattuto in un articolo di
Mauro Pili che, forte della sua appartenenza al Parlamento, è riuscito, in
qualche modo, ad entrare almeno in parte nei “segreti di Stato” delle nostre
basi militari ampiamente dislocate in Sardegna. Debbo dirvi che la cosa mi ha
impressionato non poco, anche perché ormai da tempo immemorabile la Sardegna
viene considerata, per le ragioni più varie, una specie di colonia-cenerentola,
dove lo Stato si è sempre arrogato il diritto di scaricare il peso di una
miriade di servitù, a partire da quelle militari e per finire, magari, per essere utilizzata anche
come “pattumiera” dei pericolosissimi residui nucleari prodotti in altre Regioni.
Per Vostra opportuna conoscenza, ecco quanto riportato dal Deputato sardo nel
suo Post su Internet.
DEPOSITO NUCLEARE
NEL POLIGONO DI TEULADA, NON AMO I SEGRETI DI STATO.
Di Mauro PILI. 6
Agosto 2016 (Quello che
sto per raccontarvi leggetelo qui, difficilmente altri decideranno di farne un
sol minino cenno).
Conosco i motivi di tanto silenzio,
me ne dolgo ma non ci posso far niente. Sono già tanti i nemici di questa terra
che sarebbe tempo perso occuparsi anche delle censure di casa nostra. Vado
avanti, sperando che la goccia alla fine dei conti riesca a spaccare la roccia
dell’omertà, del silenzio, dell’oscurantismo di Stato. Dodici ore non sono
ancora passate da quando un dirigente dell’Arpas Sardegna, in nome e per conto
della Procura di Cagliari, afferma in commissione uranio impoverito che dentro
la base di Teulada sono stati rinvenuti degli spezzoni di missili ancora
radioattivi e che dentro il poligono esiste un deposito di materiali e residui
nucleari. Più di una volta, nell’incalzare delle mie domande in commissione,
emerge la sensazione di non aver capito. Di aver traslato parole e significati.
Sottolineo e ripropongo reiteratamente il quesito: mi sta dicendo che dentro
Teulada sono stati esplosi missili con contenuto radioattivo? Mi sta dicendo
che esiste un deposito di scorie radioattive? Mi sta dicendo che alla procura è
stato negato l’accesso alla tracciabilità di queste scorie nucleari? Non ci
pensa due volte il dirigente e risponde: Sì.
Leggo e rileggo per tutta la notte
gli appunti di quella che doveva essere un’anonima seduta di una blanda
commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito. Alle 8.34 del mattino di
giovedì decido di porre fine ai miei dubbi: la mail parte alla volta del
Ministro della Difesa. Si chiede in base alle norme vigenti di autorizzare
entro le prossime 24 ore la mia visita ispettiva alla base di Teulada. La
risposta arriva in serata: dalle 8.34 di venerdì la sua visita è autorizzata.
C’è un però, però: non potrà visitare nessuna area classificata, ovvero
sottoposta a regime di segreto di stato. E’ la prima volta che il solerte
ministro della difesa utilizza questa formula, che tradotta significa: ti
faccio vedere solo quello che voglio e quello che non voglio ti dico che c’è il
segreto di stato. Siamo all’opacità di chi ha qualcosa da nascondere. E lo
manifesta nel modo più troglodita possibile. Un preavviso nemmeno troppo
sussurrato che in gergo significa: è inutile che vai a Teulada perché tanto non
vedrai niente!
Fisso la mia visita per il primo
pomeriggio di ieri. Cerco di capire chi possa essere il mio accompagnatore
autorizzato per la visita ispettiva. Alla fine opto per me stesso e nomino sul
campo il mio sgangherato tablet come unico testimone. Del resto chiunque avessi
portato con me avrebbero fatto storie e magari lo avrebbero anche inquisito per
falsa testimonianza. Meglio non rischiare, visti i precedenti! I tornanti
per raggiungere una delle coste più belle del mondo, quella di Teulada, sono
l’antipasto di uno sviluppo antropico tendente alla cancellazione. Strade
volutamente tortuose e pericolose per rendere inaccessibile l’area e cancellare
preventivamente le aspettative di chi vorrebbe continuare a vivere nel proprio
paese. Arrivo con qualche minuto di ritardo, un’apixedda da sola è riuscita ad
imporre non meno di un chilometro di fila e tempi non proprio da safety car.
Il cancello è sbarrato. Il filo
spinato è il motivo conduttore. Suono. Nessuna risposta: il catenaccio della
serratura scatta come un colpo di fucile. Il tabellone elettronico segna 33
gradi. Qui, però, tutto è sempre tarato al ribasso. Mi viene incontro con un
fare minaccioso una fotografa, che scatta all’impazzata. Come se dovesse
documentare l’ingresso di un terrorista. Al seguito comandante e ufficiali. Per
dirla senza troppi fronzoli: non vengo percepito come un portatore di rose e
fiori. Nonostante il termometro segnasse temperature sahariane percepisco il
gelo. Superati i fronzoli di protocolli arriviamo al dunque.
Il comandante vuole essere chiaro: può vedere tutto tranne ciò che è area classificata, ovvero sottoposta a segreto di Stato. Gli spiego che mai, anche nelle precedenti visite, mi era stato detto che esistevano aree sottoposte a segreto di Stato e che avrei voluto conoscere i decreti istitutivi. Ovviamente nessuna risposta.
Il comandante vuole essere chiaro: può vedere tutto tranne ciò che è area classificata, ovvero sottoposta a segreto di Stato. Gli spiego che mai, anche nelle precedenti visite, mi era stato detto che esistevano aree sottoposte a segreto di Stato e che avrei voluto conoscere i decreti istitutivi. Ovviamente nessuna risposta.
La replica sembra un’apertura: mi
dica ciò che vorrebbe vedere e vediamo se possiamo accontentarla. Cartina alla
mano snocciolo i punti chiave della mia visita ispettiva: prima di tutto voglio
vedere il deposito di scorie radioattive. La risposta è preparata: lo può
vedere ma non possono essere fatte foto o video. Replico: se non c’è segreto di
stato posso fotografare quello che ritengo necessario! E nessuno me lo può
impedire!
La reazione rallenta la visita per una telefonata degli ufficiali con il gabinetto del ministro che dopo un quarto d’ora sentenzia: niente immagini, vietate.A quel punto siamo già dinanzi a quello che dovrebbe essere il luogo del deposito di scorie radioattive. Lo guardo, resto interdetto. Sono senza parole. Un lucchetto da pollaio di campagna, una rete difensiva che zio Giovanni non usava nemmeno per i maiali. E poi il trifoglio, giallo e nero. Pericolo radiazioni. I cartelli sono affissi come i post della bacheca universitaria, a penzoloni e provvisori. Quel maledetto tablet va in tilt e registra tutto fregandosene del divieto del Ministro della Difesa! E del resto è lo stesso tablet che collegandosi con il sito del ministero aveva accertato che quelle immagini non potevano essere in alcun modo vietate.
La reazione rallenta la visita per una telefonata degli ufficiali con il gabinetto del ministro che dopo un quarto d’ora sentenzia: niente immagini, vietate.A quel punto siamo già dinanzi a quello che dovrebbe essere il luogo del deposito di scorie radioattive. Lo guardo, resto interdetto. Sono senza parole. Un lucchetto da pollaio di campagna, una rete difensiva che zio Giovanni non usava nemmeno per i maiali. E poi il trifoglio, giallo e nero. Pericolo radiazioni. I cartelli sono affissi come i post della bacheca universitaria, a penzoloni e provvisori. Quel maledetto tablet va in tilt e registra tutto fregandosene del divieto del Ministro della Difesa! E del resto è lo stesso tablet che collegandosi con il sito del ministero aveva accertato che quelle immagini non potevano essere in alcun modo vietate.
Tra comandante e ufficiali spunta
un’esperta in radioprotezione. La sua missione è una sola: qui è tutto in
regola, facciamo controlli semestrali, tutto radioprotetto. Mi guardo intorno e
non credo nemmeno ad una monosillabe di quanto mi sta dicendo. Ho visitato
depositi nucleari di bassa, media e alta intensità e mi rendo conto che qui si
sta giocando! Giocando con la vita, con l’ambiente, con il rispetto delle
leggi. Questa è l’unica zona franca della Sardegna, dove tutto è possibile e
non si pagano dazi. Ascolto la litania, ma mi soffermo su un dato esternato con
la stessa preoccupazione di un gelato poco più caldo: le scorie radioattive
contenute in questo deposito superano del doppio o del triplo le norme
consentite. Guardo e riguardo questo stabile che sembra appena uscito da un set
cinematografico di una guerra reale. Oso commentare: lo stabile non mi sembra
proprio messo bene per ospitare un deposito di scorie nucleari. Mai l’avessi
detto, la replica è dura: ma sta scherzando? È il miglior stabile possibile, è
un deposito temporaneo di scorie radioattive. Temporaneo quanto? Le scorie sono
qui dal 2014!
Due anni di provvisorietà per le
scorie nucleari, almeno quelle rinvenute dall’Arpas. Roba da non credere.
Affermazioni di una gravità inaudita raccontate come se niente fosse. E
soggiunge la responsabile radioattiva: in Italia non è facile smaltire le
scorie nucleari! Il comandante si allontana per un attimo. Un ufficiale ha
da riferire l’ultima interlocuzione con il Ministro. Parlano fitto fitto,
dentro le rispettive orecchie. La disposizione è pronunciata con l’aplomb
dell’autorità costituita: niente foto. Lascio correre. E’ inutile
polemizzare! E del resto gli ordini erano in capo al ministro e loro dovevano
solo eseguire. L’ipad, però, non percepisce sino in fondo le disposizioni. La
registrazione si è inceppata e inconsapevolmente tutto viene fissato
digitalmente nel rullino virtuale. Quasi a significare che il momento clou era
ormai giunto uno degli uomini addetto alla radio protezione sfoggia una tuta
bianca nucleare di ultima generazione, che indossa con tanto di maschera e
cappuccio.
Varchiamo il cancello dove il
simbolo nucleare segna il confine teorico tra il lecito e l’illecito. Vengo
tenuto a distanza. Le ante scorrevoli del secondo cancello non sono né blindate
né ignifughe. Ai lati il simbolo giallo nero del trifoglio nucleare. L’uomo di
bianco vestito le fa scorrere. Manco farlo apposta sparati lì da davanti tre
fusti, con la numerazione a tinta rossa ben in vista. Sistemati davanti la
porta, piazzati lì per essere visti da curiosi e ipad insubordinati. Sembra
tutto preparato, per essere visto senza entrare dentro. In fondo un'altra
porta, questa volta in legno, priva di qualsiasi resistenza anche ad un modesto
colpo di vento. Resto senza parole. Guardo i vetri dello stabile, tutti divelti
dal tempo. I muri corrosi dalle intemperie e dalla vetustà dell’età. Del resto
questa era una vecchia officina degli anni 60/70. Abbandonata a se stessa. Ed
ora deposito temporaneo di scorie radioattive. Per i vertici militari,
ovviamente, tutto sotto controllo.
Ma il buon senso dissente, come non
mai. Gli spiego che un deposito temporaneo di scorie radioattive ha un processo
autorizzativo lunghissimo. Rilanciano: ma tutti gli organismi preposti hanno
dato l’autorizzazione. Domando, ma anche la Regione Sarda ha dato
l’autorizzazione? Risposta secca: la Regione Sarda non è competente a queste
autorizzazioni. Dissento: guardi lei non conosce le più elementari leggi di
questa regione. Qui un deposito di scorie nucleari non poteva essere fatto né
provvisoriamente né permanentemente.
Penso e ripenso. Scorro i nomi di
quelle tante vittime silenziose, giovani militari e civili, che per quella
maledetta radioattività hanno smesso di vivere anzitempo. Sono passati 17
anni dal primo impiego in questo poligono dei missili Milan carichi di Torio.
Ed ancor oggi scorie e residui di quella radioattività sono qui. Sempre con lo
stesso spirito: non bisogna parlare, bisogna stare in silenzio, bisogna
nascondere tutto. E del resto me lo ripetono sistematicamente in questa visita:
qui ci lavorano tanti sardi.
E tra me e me rifletto: sardi sotto
ricatto. Mi fanno l’elenco di quanti prendono i soldi per il fermo pesca,
quanti bambini vengono presi con il pulmino dell’esercito per andare al mare,
quanta acqua viene data al comune di Sant’Anna Arresi nei periodi di siccità,
quante spiagge sono concesse ai sardi per due mesi all’anno. Insomma, vi diamo
da bere, da mangiare e possiamo, dunque, stoccare anche le scorie radioattive
del poligono. Replico: in realtà tutte queste cose non dovrebbero essere un
favore ma un diritto. Se fosse per me, gli spiego, i militari sarebbero anche
di più. Ma li userei diversamente, non per farli morire tra torio e uranio, ma
per proteggere i cittadini, l’ambiente, per la sicurezza e la protezione
civile. Mi guardano come un povero illuso. E loro sanno che la Oto Melara la
fabbrica che ha prodotto i missili della morte, quella dei nostri militari, è
ricca e potente. Poco importa, poi, se le scorie nucleari prodotte da quei
missili sono conservate dentro un fabbricato dove nemmeno polli e galline
sarebbero al sicuro.
Lascio la base alle 21. Pubblicherò domani la seconda
parte della visita ispettiva nelle aree dove sono stati trovati gli spezzoni
radioattivi dei missili. Pubblico ora le prime immagini del deposito
radioattivo. E come amava ripetere Pertini: a brigante, brigante e mezzo. Mai
nascondere, mai vietare, mai prevaricare, quando in gioco c’è la vita. Serve
rispetto per una terra da sempre violentata da uno Stato vigliacco che tratta
questa povera isola come una colonia. Reagire è il minimo. Senza se e senza ma.
Sapendo che il silenzio è complice.
Mauro Pili
^^^^^^^^^^^^
Credo che ogni ulteriore commento sia superfluo, se
non che la Sardegna si è già chiaramente espressa sul fatto che non è e non
sarà mai disponibile ad ospitare residui nucleari di nessun tipo.
A domani.
Mario
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