Oristano 7 Agosto 2016
Cari amici,
L’allarme è scattato da
tempo: la biodiversità è sempre più in pericolo, e sta mettendo a rischio anche
la salute stessa dell’uomo. La costante distruzione degli habitat naturali, la
crescente diminuzione delle varietà di piante e animali nel mondo, hanno fatto
scendere “sotto il livello di guardia”
l’equilibrio naturale prima esistente, a causa soprattutto dell’irrazionale
sfruttamento agricolo, con conseguenze, potenzialmente disastrose non solo per
gli equilibri ambientali ma anche per la stessa sopravvivenza dell’uomo.
A lanciare l'ultimo allarme,
in ordine temporale è uno studio guidato da ricercatori londinesi, secondo il
quale per oltre la metà della superficie terrestre (che ospita più del 70%
della popolazione mondiale), la costante perdita di biodiversità è andata
talmente in crescendo da minare la capacità stessa degli ecosistemi di
supportare nel futuro la stessa vita umana sul pianeta. Secondo lo studio,
condotto dalla University College London
e i cui risultati sono stati pubblicati sulle pagine di Science, il nostro pianeta sta continuando a perdere così tante
specie, ed ad un ritmo sempre più in crescendo, da portare ad un punto di non
ritorno.
Nello studio i
ricercatori hanno appurato che la distruzione degli habitat naturali ha ridotto
la varietà di piante e animali esistenti al punto che fenomeni naturali, come
l'impollinazione, la decomposizione dei rifiuti, la regolazione del ciclo
globale del carbonio, potrebbero non essere più in grado di funzionare
correttamente, con seri rischi in particolare per l'agricoltura. Basti pensare
che sono moltissime le colture nel mondo, tra cui quelle di moltissimi frutti,
che hanno bisogno di impollinatori come api e farfalle per sopravvivere. Tundra
e foreste boreali sono le aree meno colpite, al contrario delle praterie, dove
si concentra la maggior parte dell'industria agricola.
La causa principale,
diretta o indiretta, della scomparsa della biodiversità è la presenza dell'uomo.
Dal 1961 al 1980 sono stati convertiti ad uso agricolo 200 milioni di ettari di
foresta e 11 milioni di ettari di prateria, localizzati quasi tutti in Paesi in
via di sviluppo e quasi sempre in seguito a pressioni economiche esercitate dai
Paesi ricchi. Il tasso naturale di
estinzione è stimato in circa una specie all'anno; l'antropizzazione degli
ambienti, con la conseguente deforestazione e la pratica agricola delle
monoculture determinano un tasso annuale diecimila
volte superiore! Ciò vuol dire che ogni ora sul pianeta scompaiono 3
specie. Un’accelerazione che rischia di far arrivare la terra presto al
tracollo.
Le specie viventi che
compongono un ecosistema sono strettamente legate tra loro, in un equilibrio
dinamico che consente l’armonico funzionamento del sistema. Quando una specie
scompare, l'equilibrio viene alterato. L'ecosistema quando può riequilibrare la
perdita di una specie, ma se le specie che vengono a mancare sono tante,
l'ecosistema non è più in grado sopperire e di conseguenza scompare. La consapevolezza di
questo ha portato alla Convenzione sulla Biodiversità, che impegna le nazioni del
mondo che vi hanno aderito a trovare un punto di equilibrio tra la produzione
di beni ottenuti dalle risorse naturali e la conservazione degli ecosistemi.
Questo approccio è comunemente definito "sviluppo
sostenibile".
In questo pericoloso ‘caos globale’ l’Italia è pienamente coinvolta, se pensiamo che uno dei patrimoni più importanti della nostra Penisola è proprio la
sua "natura". La
biodiversità italiana è, dunque, anch’essa in grande pericolo. Nonostante le
dichiarazioni di buona volontà dei nostri politici e gli sforzi costanti delle
associazioni ambientaliste, flora e fauna italiane, vero grande patrimonio del Paese, sono
sempre più in sofferenza. Grazie alla sua caratteristica forma allungata,
l'Italia vanta una formidabile ricchezza di ecosistemi differenti, che vanno
dai laghi vulcanici alle piccole isole, dai grandi ghiacciai alle steppe
predesertiche fino al particolare ecosistema endemico dell’arcipelago Sardo-Corso.
Il
Forestale, la pubblicazione del Corpo forestale dello Stato
da cui sono tratti questi dati, denuncia la perdita di biodiversità come
un'emergenza su cui è necessario intervenire con misure di conservazione a
livello normativo, che promuovano azioni di tutela attraverso il monitoraggio
continuo delle specie a rischio, con le conseguenti pratiche di gestione del
territorio più appropriate. Sono già molte le specie che oggi godono di particolari
misure di salvaguardia o che vengono tutelate da convenzioni internazionali:
specie che un tempo venivano considerate nocive come il lupo, la lontra, il
gufo reale, l'aquila, l'orso.
Il nostro Paese ospita ancora
oggi oltre 68.000 specie di piante e animali: il 43% di quelle descritte in
tutta Europa e il 4% di quelle dell'intero pianeta. Un paradiso di biodiversità
che però vanta anche un record negativo: quello di tante specie a rischio. I
dati sono sconfortanti: vantiamo il maggior numero di animali e piante
minacciati di estinzione (il 35% di flora e fauna d'Europa, si trova proprio
nell'area del Mediterraneo e in particolare lungo lo stivale). A questo
dobbiamo aggiungere che sono ancora di più le specie minacciate che non vengono
ancora protette da nessuna Legge: per esempio, tra gli insetti c'è il macaone sardo
(Papilio hospiton), una farfalla che vive solo in Sardegna e in Corsica, specie che
viene sempre più minacciata dai tanti incendi che distruggono le ombrellifere di cui si
nutre.
L'elenco delle specie a
rischio è abbastanza lungo, ma si può sintetizzare così: l'Italia vede a
rischio estinzione il 28% delle specie animali vertebrate, 138 terrestri e 23
marine, a fronte di un patrimonio di 672 specie (fonte: IUCN, 2013). Analogo
discorso per la flora: l'Italia è un hot spot di biodiversità a livello
mondiale, con una flora molto ricca, fra cui molte specie endemiche; anche la
biodiversità vegetale risulta fortemente minacciata dai cambiamenti ambientali,
provocati dalle dinamiche socio-economiche e da erronei o esagerati utilizzi
del suolo.
Cari amici, le
conseguenze di tutto ciò sono difficilmente calcolabili. Quanto alle cause, le
principali sono certamente da addebitare ai cambiamenti climatici (e l’uomo ne
è la causa principale), all'introduzione di specie aliene, al sovra-sfruttamento
e all'uso non sostenibile delle risorse naturali; a questo dobbiamo aggiungere le
fonti inquinanti, la perdita degli habitat, gli incendi boschivi, il
bracconaggio... e molto altro ancora. Tutte cause e concause che anziché diminuire
tendono ad aggravarsi, nonostante l'Italia "formalmente" sia tra i primi firmatari della
Convenzione sulla diversità biologica.
Ogni commento a questo punto mi sembra
del tutto superfluo.
A domani.
Mario
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