Oristano
20 Agosto 2016
Cari amici,
Tornando indietro nel
tempo (intendo nella seconda metà del secolo scorso) posso dirvi
che la più grande aspirazione dei giovani di allora era quella del “posto fisso”.
L'alternativa, allora, era quella del lavoro nei campi o dell'allevamento e praticamente nessuno sognava di continuare su quella strada. Chi si fermava alla licenza media sognava di essere assunto in
una struttura pubblica (Regione, Provincia o Comune) come usciere o impiegato d'ordine, mentre i diplomati e i pochi laureati, che allora avevano
molte più possibilità dei giovani di oggi, sognavano una carriera più
qualificata: fare il Professore o il Segretario comunale, oppure il capo ufficio o il funzionario pubblico
o privato.
Io, per esempio, che mi sono
diplomato a 18 anni Ragioniere e Perito
Commerciale, sognavo di entrare a lavorare in banca (cosa che poi si
verificò, vincendo il concorso indetto dal Banco di Sardegna), con la segreta aspirazione
di diventare, poi, un grande manager. Oggi, però, le cose sono
cambiate: il tempo cambia tutto, anche i desideri e le aspirazioni,
costringendo le nuove generazioni a “fare di necessità virtù”! È quello che sta
avvenendo con i nostri giovani, che, tramontato con grande delusione il sogno
del “posto fisso”, sono ora costretti a rimboccarsi le maniche, sostituendo il sogno-desiderio di fare i dipendenti a vita con quello di diventare “imprenditori”.
Questa realtà è oggi sotto
gli occhi di tutti, certificata dalle varie strutture che monitorano in
continuazione le variabili inerenti il mondo giovanile: schiere sempre più folte di
giovani che, tramontato il sogno del posto sicuro, cercano di cimentarsi come imprenditori. I dati UNIONCAMERE (struttura che ha
tenuto a battesimo il network nazionale degli Sportelli per l'imprenditorialità
giovanile delle Camere di Commercio), riferiti al 2014, evidenziano un numero crescente
di aziende gestite da ‘giovani imprenditori’: tra il 2012 e il 2013 sono state
oltre 70 mila in più le imprese
guidate da giovani under 35, con una crescita pari al 10,48%. In sostanza si
tratta di 70.744 aziende a guida giovanile, frutto di 130.439
nuove iscrizioni e 59.695 chiusure. L’incidenza sul totale del sistema
produttivo ha sfiorato l’11%.
Cari amici, un’inversione
di tendenza, questa, particolarmente importante in un Paese come il nostro, in
cui la disoccupazione giovanile ha superato il 40% e si registra un dato record
quanto ai giovani NEET (circa un milione e mezzo di 15-24enni, pari quasi a un
quarto di questa fascia d’età, che non studiano né lavorano), con elevati tassi
di abbandono scolastico-formativo. Se la
voglia di fare impresa da parte dei giovani sia stata originata dalla
necessità di uscire dal guado dell'inoccupazione, facendo
di necessità virtù, può anche essere, anche se essi (molto diversi dalla nostra
generazione), oggi, hanno un’apertura mentale più ampia della nostra.
I dati UNIONCAMERE
evidenziano che il desiderio giovanile di fare impresa risulta più elevato in
Lombardia, Lazio e Campania (oltre 9 mila aziende create in più in queste Regioni
nel 2013), ma valori significativi sono presenti anche in Regioni più piccole. Sono
le Regioni del Mezzogiorno, tuttavia, a mettere in luce il fatto che “fare
impresa” rappresenta un'alternativa significativa al lavoro dipendente, a chi
ha meno di 35 anni. In Calabria, Campania e Sicilia, infatti, la pattuglia dei
giovani capitani d'impresa supera o sfiora il 15% del totale delle attività
presenti sul territorio, in Puglia raggiunge il 13%, nel Molise e in Basilicata
sfiora il 12%.
Che l’apertura mentale
dei giovani sia oggi molto diversa da quella della generazione precedente (la
mia, insomma), è evidenziato anche da un recente fatto eclatante che mi ha fatto
riflettere: una specie di conferma di quanto affermo. Qualche anno fa l'Anovo, un’azienda di Saronno attiva nell’assistenza post
vendita di dispositivi elettronici, dopo la chiusura per
fallimento dichiarato nel 2010, è stata acquistata e rilanciata da un suo ex dipendente, Enzo Muscia,
che dell’Anovo era dipendente: ricopriva il ruolo di direttore
commerciale.
L’azienda, in precedenza ben inserita
nel mercato, vantava tra i propri clienti anche nomi di spicco, del calibro di Philips
e di Sky. Dopo un periodo in cui le cose andavano a gonfie vele, iniziarono a
prevalere errate logiche manageriali finanziarie che hanno portato l’azienda al
disastro. Facente parte di un gruppo finanziario francese, la Holding, per
salvare i propri bilanci, prese la decisione di gettare a mare le filiali con i maggiori crediti,
tra cui anche la Anovo che chiuse i battenti. Enzo Muscia, però, suo giovane direttore
commerciale, non era disponibile ad arrendersi e decide di fare qualcosa.
Dopo l’avvio della procedura
fallimentare arrivò la chiusura e il licenziamento dei dipendenti: tutti a
casa, compreso Enzo Muscia, che, pur masticando amaro, preparava la sua rivincita. Il giovane manager, infatti, decise di
utilizzare la sua liquidazione per acquistare l’azienda dal fallimento e farla
così ripartire, cambiandole il nome in A-Novo.
La rischiosa scommessa di Enzo (finanziariamente ipotecò i suoi beni personali per avere credito), può essere oggi considerata vinta. I dipendenti in 3 anni sono passati dagli iniziali 8 a 38. Per
ora non sono ancora i 320 dei tempi d’oro, ma le cose stanno andando per il
verso giusto. Il fatturato iniziale è già raddoppiato e dove poteva esserci
l’ennesimo stabilimento abbandonato oggi c’è una realtà viva, dinamica e in
grande salute. “La A-Novo è diventata un serbatoio di motivazione; sappiamo che non
possiamo arrenderci, dobbiamo dare qualcosa di più per stare sul mercato”
ha raccontato Muscia al Corriere della Sera.
Cari amici, credo che
questa vicenda sia un grande esempio per i molti giovani che oggi continuano
a stare inerti, in attesa del nulla, sognando ancora un “posto fisso”, retaggio ormai di
un passato che credo non ritornerà più. È tempo che essi si rimbocchino le
maniche e, forti di una cultura nuova e di non poche capacità, imparino a
volare con le proprie ali. Certo, non dovranno fare tutto da soli: è lo Stato, in primis,
che deve creare le condizioni per consentire loro di avviare nuove imprese,
agevolando le iniziative meritevoli e con un futuro promettente. È tutti insieme che
la battaglia per l’occupazione può essere vinta per davvero!
A domani.
Mario
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