Oristano
29 Agosto 2016
Cari amici,
La gran parte di Voi
conosce bene Beppe Meloni, giornalista e scrittore, non solo sardo verace ma soprattutto
profondo conoscitore della nostra città e dei fasti del suo passato. Ho avuto
modo diverse volte di parlare di Lui su questo blog, non solo perché legato da
una solida amicizia, ma perché condivido la sua visione ed il suo amore per Oristano
e il suo territorio. Quella che porto oggi alla Vostra attenzione è una sua
recente riflessione sul passato di Oristano e della sua famosa “Via Dritta”, il
Corso Umberto cittadino, in passato vero teatro delle più importanti vicende
della città. Leggete, amici, con quanto amore Beppe ripercorre i tempi passati,
ricordando l’amata via “dello struscio” e delle giovanili “vasche” che i
giovani vi effettuavano. Buona lettura!
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Storie di famiglia
nella via Dritta nell’Ottocento: il senatore Parpaglia, la famiglia Nurra e i
libri del canonico.
Non
è più la via Dritta di una volta, e basta fare su e giù qualche “vasca” per
capire che tutto è cambiato. Purtroppo, in peggio. Il corso Umberto cittadino
sempre più vuoto e deserto, l’antica strada del commercio al minuto, che di
primo mattino si riempiva di vita, tra saluti, incontri e richiami, vive ormai
da lungo tempo la sua stagione più oscura, in un silenzio a volte quasi
irreale. E pure lo “struscio” serale e chiassoso è soltanto un lontano ricordo.
Antiche case che cadono a pezzi, invendute, serrande abbassate, insegne che si
spengono e cambiano velocemente titolare, sono il segno che gli affari
languono, la crisi morde, è dura a morire e non lascia scampo. Eppure da via
Dritta, una volta, tanto tempo fa, è passata gran parte della storia politica,
civile e commerciale della città. Di quella Oristano, come riferiva una guida
storica del tempo, sempre più paese che città: appena 7.000 abitanti, ma che
aveva tutto, i suoi tre alberghi e tutti nella via Tirso, l’ospedale più antico
dell’isola, le scuole, una caserma di fanteria, due banche, l’Agricola Sarda e
il Banco di Cagliari, e addirittura sette Consolati, un ricco museo
archeologico, un sodalizio di “piacevole intrattenimento”, nel titolo
semplicemente “Società del Casino”, Corte d’Assise, Tribunale civile e penale,
Procura del Re, Conciliatura, Arcivescovado, Pretura, Carceri Giudiziarie. Con
personaggi di rilievo al suo interno, come il senatore avvocato Salvatore
Parpaglia.
Origini bosane, classe 1831, personaggio autorevole del liberalismo
progressista e punto di riferimento della loggia massonica Mariano IV. E
proprio in via Dritta, Parpaglia apre lo studio legale con gli avvocati Dettori
Murgia, Era e Manconi. Sindaco del capoluogo del circondario, deputato per la
prima volta nel 1890, sarà poi rieletto tre volte. Il governo Pelloux proporrà
infine il suo nome al Re per la nomina a senatore. Il sovrano firma il decreto
il 17 novembre 1898, la convalida è del 9 dicembre e il solenne giuramento
infine il 13 gennaio 1898. Parpaglia muore a Bosa il 15 giugno 1916, alla bella
età di ottantacinque anni. Tra le case signorili e gentilizie di un tempo, ben
conservata e arredata e meta di numerosi visitatori in occasione di “Monumenti
Aperti”, spicca quella dei fratelli Romolo, Remo e Tommaso Nurra, titolari
della più antica farmacia cittadina, e legati tra l’altro da vincoli di
parentela con la famiglia Parpaglia, perché Romolo aveva sposato Serafina,
nipote del senatore. L’antico stabile è stato rilevato da due oristanesi doc,
il dottor Carlo Manai, nipote di Bruno, storico preside del Liceo De Castro, e
Daniela Angotzi, giovane arredatrice d’interni, che lo hanno messo a
disposizione della curiosità di oristanesi e non attraverso svariate iniziative
culturali. Verso piazza Eleonora, altre vecchie case ci parlano di storie
antiche, interessanti e piene di fascino. Come quella della famiglia
Frongia-Orrù, poi Meloni-Borgonetti al n. 21, all’angolo del portico che
conduce a piazzetta Corrias. Nel suo salotto sono passate figure e personaggi
di rilievo del mondo civile, politico e religioso, arborense e sardo. Segni
inconfondibili della loro presenza, un ricco fondo librario di famiglia di
assoluto rilievo e valore storico-bibliografico, tutto ancora da studiare e
valorizzare, attualmente riconoscibile nel fondo Guastini. Verso il quale è
stato richiesto l’intervento degli Uffici Beni Librari e della Sovrintendenza
ai Beni Culturali della Regione Sarda per definire la giusta paternità del
fondo e consentire uno studio adeguato e una messa in sicurezza dei testi da
salvaguardare nella loro integrità. Il fondo è stato custodito e arricchito dal
canonico monsignor Ignazio Meloni, arciprete del Duomo di Santa Maria Assunta,
che ha chiuso la sua missione religiosa sotto l’arcivescovo Giovanni Saba
(1842-1860), dedicando la sua vita agli studi e coltivando molteplici
interessi. Legati certamente al mondo del diritto civile e canonico, e in
“primis” alle scienze religiose, spaziando fra storia, filosofia e scienze
naturali, e avendo a cuore la valorizzazione della storia, della lingua e della
cultura sarda. Vero fiore all’occhiello della borghesia urbana e rurale,
consapevole della sua propria funzione politica e culturale. Dall’interno di un
“Risorgimento” familiare, vivranno spunti interessanti per una piccola storia
di famiglia, di prossima uscita. Che ha avuto come scenario introduttivo, nel
lontanissimo Seicento sardo, le foreste incantate dei monti di Seui, i paesaggi
magici dell’Ogliastra e della Laconi di Sant’Ignazio, e le vicende storico
politiche di quella Cagliari che si batteva con molto coraggio e scarso
successo per il riconoscimento delle specialità della “Nazione Sarda”.
Beppe
Meloni
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Amici, a qualcuno dei
miei lettori anziani i ricordi di Beppe avranno risvegliato qualche ricordo, ai
giovani sicuramente potranno dare la possibilità di un valido confronto tra i tempi andati e
quelli odierni. Il mio ulteriore commento è che quanto riporta Beppe nei suoi
scritti sul nostro passato risulterà senz’altro utile, e capace di far riflettere
vecchie e nuove generazioni. Il presente che viviamo è frutto del nostro passato e il
futuro affonderà, comunque, le sue radici anch’esso nel presente e nel passato, come in una ininterrotta catena!
A domani.
Mario
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