venerdì, agosto 26, 2016

L’ITALIA E LA SUA COLLOCAZIONE TRA I 41 PAESI DELL’OCSE: LA FONDAZIONE BERTELSMANN LA BOCCIA SU FAMIGLIA, ASILI, PENSIONI E ISTRUZIONE.



Oristano 26 Agosto 2016
Cari amici,
Il nostro Paese farà pure parte dei “grandi” del G7 (unitamente a Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Canada e Stati Uniti), ma all’interno dei Paesi dell’OCSE la sua collocazione non è delle migliori. I dati forniti dal recente Rapporto della Bertelsmann Stiftung (Fondazione Bertelsmann) “Sustainable Governance Indicator 2016” (pubblicato in Italia da La Stampa) mettono in luce i vari aspetti del sistema socio economico italiano. L’Italia, sostiene il rapporto, ha un sistema pensionistico che non garantisce un futuro ai giovani, fornisce pochi aiuti alle famiglie, evidenzia un indice di povertà fra i più alti, e investimenti del tutto insufficienti in istruzione e in ricerca.
La Bertelsmann Stiftung, per chi non la conosce è una fondazione privata con sede a Gütersloh, in Germania. Da quando è stata fondata nel 1977 risulta particolarmente attiva ed ha investito oltre 800 milioni di euro in più di 700 progetti. Oggi è una delle più grandi fondazioni a livello europeo e nei suoi rapporti analizza, in modo serio e concreto, l’andamento delle economie e dei sistemi sociali nei Paesi sia europei che mondiali.
Il Rapporto 2016 boccia l’Italia sulle politiche sociali, in particolare quelle relative all’educazione, all’inclusione sociale e all’assistenza alle famiglie, collocandola agli ultimi posti dei Paesi OCSE. Nel rapporto è evidenziata la scarsa capacità del nostro sistema politico nel rispondere ai bisogni dei cittadini, tanto che nel welfare l’Italia si colloca appena al 32° posto fra i 41 Paesi dell’Ocse. Certo, il rapporto evidenzia anche le positività del nostro Paese, che vengono individuate nel Jobs Act e nelle misure fiscali varate dal Governo Renzi in favore delle aziende, ma il percorso avviato appare lento e ancora molto lontano dall’obiettivo.
Tra le positività possedute il nostro Paese si piazza un po’ meglio: nella classifica della democrazia (23° posto) e in quella relativa alla qualità della «Governance» (cioè l’efficacia e la trasparenza dell’azione di governo): un 25° posto. Tenendo conto di tutte le variabili, l’Italia si merita un voto di sintesi 5,35 (su 10) per l’efficienza del sistema politico, mentre lucra un 7,23 per la democrazia e un 6,16 per la qualità della «Governance». Resta grave, purtroppo, il problema del welfare.
I dati evidenziati in dettaglio sono impietosi: oltre la scarsa l’attenzione dedicata ai bisogni delle famiglie e dei giovani (in particolare l’inclusione delle donne nel mondo del lavoro), resta alto l’indice di povertà, che risulta pari al 12,7%, esagerato se confrontato con altri Paesi europei. Le famiglie povere in effetti continuano ad aumentare e non ricevono dallo Stato aiuti, se non minimi. Nel Rapporto si legge: “La famiglia (molto spesso vasta) resta ancora oggi il maggior elemento di welfare per i componenti più poveri: bambini, giovani e coppie con lavori precari. Attraverso la famiglia ha luogo una grossa redistribuzione economica, e servizi fondamentali vengono così garantiti: le spese per la cura dei bambini in età prescolare sono sostenute dai nonni. In relazione a questo, il supporto statale nei confronti dei familiari è stato generalmente debole”.
Altro anello debole è quello dell’istruzione. L’Italia continua ad affrontare ondate di migrazioni quasi quotidiane. Per favorire un’integrazione sempre più difficile, la scuola risulta senz’altro il mezzo più efficace, come viene sottolineato anche nel rapporto della Bertelsmann, che nel rapporto dice: “Il sistema scolastico si è dimostrato un fattore positivo nel fattore di integrazione, ma le scuole non hanno ricevuto fondi a sufficienza per consolidare i migliori risultati in questo campo”.
I migranti in effetti forniscono una parte consistente della manodopera indispensabile per il mercato del lavoro italiano. Ciò ha alimentato la crescita di movimenti xenofobi, che hanno convertito le tensioni delle fasce della popolazione più deboli dovute alla mancanza di adeguati strumenti in loro supporto, in odio verso lo straniero. Agricoltura, edilizia, il settore delle cure alle persone anziane e bambini e quello delle pulizie, dipendono spesso dai migranti assunti in modo legale o illegale.
La sociologa Chiara Saraceno, docente universitaria ed esperta di welfare ha dichiarato in un’intervista a Il Fatto Quotidiano: “Il problema di fondo? Si pensa che i servizi siano un costo. E si finanziano solo se c’è denaro che avanza, come fossero un lusso. Invece, come ho cercato di spiegare a tanti ministri, si tratta di un investimento in capitale umano, in coesione sociale, in solidarietà. Un investimento che, se si vuol far ripartire la crescita, dev’essere sullo stesso piano di quelli nella banda larga o nelle ferrovie”.
Cari amici, il rapporto, tra luci e ombre, mette il dito nella piaga: identifica come «particolarmente problematici i settori della politica familiare e delle pensioni», collocando, nelle politiche a sostegno della famiglia, l’Italia è al 36° posto; la carenza è acutissima negli asili nido, cosa che «contribuisce a spiegare la bassa natalità e la bassa presenza delle donne nel mercato del lavoro». Sulle pensioni il rapporto Bertelsmann prende una posizione controversa, lodando la crescita a 67 anni dell’età di uscita dal lavoro ma lanciando anche l’allarme per le «nere prospettive previdenziali dei giovani».
Quali le iniziative da prendere? Bisognerebbe operare «investendo di più nell’istruzione e nella ricerca», se pensiamo che quest’ultima raggranella solo l’1,31% del PIL, contro la media Ue che è del 2%. Ma le possibilità per un’inversione di tendenza sono scarsissime, considerato che il nostro debito pubblico è al 132,6% del PIL e che, anziché diminuire, risulta tuttora in aumento...
A domani.
Mario


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