sabato, giugno 11, 2016

SCUOLA E VACANZE. I COMPITI DA FARE D’ESTATE: ASSEGNARLI O ELIMINARLI? C’È CHI LI CONSIDERA INUTILI E DANNOSI.



Oristano 11 Giugno 2016
Cari amici,
La nostra scuola sembra ancora legata ai dettami della riforma Gentile (varata a livello nazionale nel 1923), quando in effetti l’informatica era ancora “in mente Dei”. In quest'ottica, avvicinandosi le vacanze, la gran parte degli insegnanti ha già pronte le liste dei compiti “da fare durante l'estate”. Un rito questo certamente obsoleto, che non tiene conto assolutamente delle nuove tecnologie che i ragazzi oggi possono sfruttare, ampliando, magari anche meglio, il loro orizzonte culturale in assoluta libertà, senza costrizioni. La giovane generazione attuale, non per niente definita “generazione digitale” non può e non deve essere oberata di orpelli antichi che sicuramente non fanno parte del loro nuovo DNA.
Ad ogni generazione il suo credo, direi, e insistere su un metodo obsoleto credo che sia solo fatica e tempo sprecati: ore 'rubate' alle vacanze, all’attività fisica all'aperto, al relax e al tempo di relazione dei ragazzi con i loro amici.  Questa chiusura al mondo digitale nei confronti dei nostri ragazzi, statisticamente parlando, li allontana dagli standard dei loro coetanei degli altri Paesi europei. Secondo i dati Istat (Rapporto 2014) nei Paesi nordeuropei la quasi totalità dei giovani (dai 16 ai 24 anni) naviga in rete regolarmente, mentre in Italia il dato si ferma all’84%, collocandosi tra gli ultimi posti della graduatoria europea; il dato italiano risulta appena superiore solo a quello della Bulgaria (80%) e della Romania (76%), risultando peggiore anche di quello della Grecia (89%). Tutti gli altri Stati hanno percentuali superiori al 93%"!
Bisogna cambiare le cose, questo è quanto sostengono esperti analisti e medici, in particolare i pediatri, che affermano che i giovani potrebbero esprimersi al meglio operando liberamente, utilizzando regolarmente le nuove tecnologie. Gli esperti in effetti propongono proprio di “mandare in pensione” il vecchio rito dei compiti a casa d’estate, e, in questo modo, lasciando loro ampio spazio all'utilizzo delle nuove tecnologie, essi potrebbero sicuramente colmare il ritardo informatico maturato nei confronti dei coetanei europei. 
Negli Stati Uniti (da sempre un passo avanti non solo nella tecnologia), su questo argomento è intervenuto anche un ufficio statale: l’US National Education Association, che ha suggerito il carico “ottimale” di compiti da assegnare nel doposcuola: dieci minuti per classe a partire dalla prima e via via incrementando, partendo appunto da un minimo di dieci fino ad un massimo di due ore al giorno per i maturandi. Miriam Clifford, docente e blogger di InformED, non si stanca di esprimere la sua opinione, favorevole ad ‘un’estate in libertà’, ribadendo che la California fin dal 1901 varò una legge per limitare agli studenti il carico dei compiti a casa.
Per meglio chiarire il concetto dell’onerosità dei compiti a casa, certamente poco utili, la Clifford ha elaborato una lista di 20 motivi per cui gli insegnanti dovrebbero evitare di assegnarli durante le vacanze. Ecco, tra questi, i 10 motivi più importanti che difiniscono i campiti:
Anacronistici: in quanto i ragazzi, con l’aiuto di computer e tablet, sono oggi in grado di apprendere di tutto in maniera costante; l’informazione via computer è sempre aggiornatissima ed essi possono non solo apprendere ma anche dialogare tra di loro scambiandosi costantemente pareri ed opinioni.
Inefficaci: secondo alcuni studi della Duke University un carico eccessivo di esercizi finisce col diventare un’attività controproducente: meglio un impegno semplice e breve che dia libero sfogo agli interessi degli studenti, magari coinvolgendo anche le stesse famiglie. Il tablet aiuta molto di più.
Ripetitivi: la Clifford sconsiglia l’abuso delle classiche “schede di lavoro”; ripetitive e frustranti si sono dimostrate inefficaci per l’apprendimento. Meglio una lettura creativa magari proprio sulle vacanze, cosa che si può oggi fare in ogni momento direttamente dal tablet o dal computer.
Non solo libri: certo, ma anche film, spettacoli teatrali, musei o altre attività, liberamente scelte; esse aiutano sia il riposo che lo svago della mente. Inoltre sono in grado di attivare una maggiore socializzazione, abbastanza carente nel resto dell’anno per i mille impegni.
Non solo carta e penna: gli alunni dovrebbero essere stimolati a svolgere attività diverse, osservando e attingendo dal mondo reale, magari aiutando i genitori e osservando e partecipando al lavoro dei grandi; potrebbero così gettare le fondamenta per il loro futuro, orientarsi meglio su ciò che vorranno fare una volta adulti.
Sport e relazioni: troppi compiti levano il tempo da dedicare allo sport e alla coltivazione di sani rapporti sociali, indispensabili nella crescita dei giovani: gli adulti del futuro.
Famiglia: le vacanze sono un momento fondamentale, che raggruppa e tiene finalmente vicina tutta la famiglia; troppi compiti leverebbero del tempo prezioso, che altrimenti i ragazzi potrebbero invece spendere con la propria famiglia.
Compiti a piacere: lo studio, solo se concepito e accolto con un reale interesse dai ragazzi, è qualcosa che si trasforma da attività punitiva e noiosa in materia stimolante e appagante; solo insegnando che studiare non è solo qualcosa che si deve fare per forza ma che può anche divertire, si riesce a fa amare lo studio. Un progetto aperto in cui gli studenti possano approfondire argomenti o materie secondo il loro personale gradimento potrebbe davvero stimolarli.
Volontariato: specialmente durante le vacanze pasquali ed estive, ad esempio, si potrebbe fare qualcosa per la Comunità, come aiutare gli anziani o raccogliere la spazzatura dagli spazi verdi, trasformando una giornata all’aria aperta in un’importante lezione di educazione civica o ecologia.
Risultati: la Clifford ricorda infine che i Paesi che sono soliti assegnare più compiti ai loro ragazzi sono lungi dal riportare risultati migliori: uno studio di Stanford rivela che gli studenti con performance migliori sono proprio quelli che passano meno ore sui libri nel doposcuola, rispetto agli altri.
Che dire, cari amici, studiare, in particolare nell’età della prima giovinezza, non è mai stato un grande piacere. L’importante, per gli educatori, è creare quel giusto clima, assecondando le loro passioni, creando quel feeling capace di far amare loro anche quello che apparentemente pesa, perché risulta necessario, anzi indispensabile creare le condizioni perché essi possano realizzarsi al meglio nella vita.
Grazie, amici, a domani.
Mario


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